Oggi parliamo dell’ultimo libro di Luciano Pellicani, Le radici pagane dell’Europa (Rubbettino). Il titolo trae in inganno. In realtà, si tratta di un atto d’accusa contro il Cristianesimo e di un’esaltazione del “libero pensiero” laico e democratico. Il quale, del tutto fuori luogo, viene associato addirittura al paganesimo…
Leggiamo dunque che l’affermazione della Modernità con tutti i suoi straordinari “progressi” – individualismo, liberazione dall’oppressione teologica cristiana, trionfo della Ragione, libera critica, secolarizzazione, etc. – sarebbe il frutto di una lotta intrapresa dal mercato, sin dal Medioevo, contro la teocrazia. Il mercator, devoto alla legge laica del profitto, avrebbe smantellato l’edificio religioso e piantato le basi della società moderna. Insomma, dovremmo esser grati al mercante: il suo lavoro, attraverso le tappe del libero Comune medievale, del Rinascimento laico e dell’Illuminismo, ci avrebbe donato tutti i “benefici” della Modernità. Siamo dunque, ancora una volta, all’elogio veteromarxista della borghesia. Un’altra apoteosi dell’ideologia del profitto e dello spirito laico. Ma non è questo il punto.
Il fatto è che adesso l’attuale società individualista e laica, per il solo motivo che si sarebbe emancipata dalla teologia cristiana, viene assurdamente chiamata “neo-pagana”. Una società – quella pagana antica – che era radicalmente comunitarista e sacrale viene spacciata come la diretta anticipatrice del suo contrario. Le radici pagane dell’Europa vengono fatte coincidere dunque con l’utilitarismo agnostico, con l’egoismo economico e di classe. Platone e Aristotele si rivolteranno nella tomba…
Questo propagandistico esercizio di manomissione ideologica e di incultura storica va segnalato come reperto che documenta, una volta di più, l’identità genetica tra capitalismo e progressismo democratico. Immancabilmente, infatti, alla fine, venga da destra o da sinistra, il progressista è un sostenitore del liberalismo e dell’economia di mercato.
Pellicani, direttore della sopravvissuta rivista del PSI “Mondoperaio”, studioso delle profezie gnostiche rivoluzionarie (dalle sette puritane al bolscevismo), rappresenta al meglio quell’infaustissimo pensiero lib-lab, in cui si saldano dialettiche libertarie e fissazioni globalizzatrici di marca liberal-laburista. Siamo nel cuore del Pensiero Unico e dell’intolleranza democratica.
Il laico Pellicani, infatti, ha una fede assoluta: l’Illuminismo. Egli narra che è grazie al suo prevalere sul dogma ecclesiastico che la luce del progresso un bel giorno è apparsa, rivelando all’uomo moderno tutte le “grazie” dell’individualismo liberale. Lo studioso si oppone a quella storiografia che – sulla scorta di Max Weber – vide nel settarismo puritano e nella sua religione dell’accumulo l’origine dell’utilitarismo capitalistico. Da avversario ideologico del Cristianesimo, l’autore non tollera che si attribuisca a una scheggia cristiana il “merito” di aver costruito l’etica capitalistica e, con questa, il grande “capolavoro” liberista. E sentenzia: non furono i puritani calvinisti a creare l’individualismo. Fu la borghesia laica. E questo lavoro può ben definirsi “neo-pagano”. Ipse dixit. Sembra un incubo.
La grande borghesia globalista che gestisce la finanza mondiale, davvero non ha un background ideologico fortemente religioso, e per la precisione giudaico-cristiano? Allora chiediamoci: e i teo-con al potere a Washington, perfetta incarnazione della “società dei giusti” di matrice settaria? Non sono forse dei fanatici e aperti divulgatori del messaggio biblico di dominazione mondiale? E le appartenenze massonico-anabattiste dei vari Bush? E le logge quacchero-evangeliste che dominano in lungo e in largo l’economia e la politica liberal? E la promessa di un Millennio di liberazione democratica del mondo, circa il quale ci giungono quotidiane assicurazioni da parte dei turbocapitalisti? E il legame occulto tra il potere finanziario mondialista e il templarismo di matrice ebraico-biblista? Ma poi: non era forse l’inventore stesso del liberismo, John Locke, soprattutto un prete riformato? E non dicono da sempre gli Stati Uniti, patria del capitalismo liberal, di essere per l’appunto la “nuova Sion”? Anche i ciechi vedono che il capitalismo cosmopolita attinge i suoi valori da un grumo ideologico universalista per nulla laico. Per dire: che ci sta a fare il triangolo massonico – traslato del dogma trinitario «che illumina il vasto universo» – sulla banconota da un dollaro?
Paganesimo? Che c’entra in tutto questo il paganesimo? Forse si parla di quel mondo fondato sulla Tradizione, sulle gerarchie sacre, sull’anti-egualitarismo, sul politeismo, sul primato della stirpe nei confronti dell’individuo, sul relativismo culturale, sulla concezione eroica e anti-utilitaria della vita, ciò che fece grandi le antiche civiltà, prime tra tutte la Grecia e Roma? Se è così, cosa c’entra il mondo moderno con il paganesimo?
Il mondo moderno, come conferma Pellicani, è individualismo, desacralizzazione, tradimento dell’ethnos, sovvertimento della Tradizione. Il mondo antico, se non andiamo errati, è il suo esatto contrario. Dice Pellicani che l’Antichità pagana è assimilabile alla Modernità, poiché la filosofia greca era «interamente dominata – quanto meno nelle sue punte più alte – dalla ragione e dal libero esame». E dice anche che grazie all’Illuminismo liberale, finalmente l’Atene del libero pensiero ha oggi trionfato sulla Gerusalemme teocratica… Castroneria più enorme non era davvero pensabile. Il razionalismo ellenico, lungi dall’avere qualcosa a che spartire con quello moderno, ne rappresenta anzi l’antitesi geometrica. Il razionalismo ionico non è quello illuminista… A dimostrazione di quanto poco contasse per i Greci l’individuo in confronto alla polis, ricordiamo che persino Socrate il dialettico accettò la propria condanna a morte, riconoscendo lui per primo la prevalenza dell’etica comunitaria tradizionale sulle sue libere opinioni.
La Grecia pagana non conobbe mai un primato della ragione autonoma. In essa, al contrario, fu sempre egemone l’incanto per il mondo, al punto che il mito – ben più del logos – determinava i valori della polis comunitaria. Il razionalismo ellenico era quanto mai religioso e devoto ai sacrali risvolti della vita, quanto mai rispettoso del differenzialismo che è in natura… al punto da trovare perfettamente naturale l’onnipotenza dello Stato schiavile su ogni condizione individualistica… Questi sono concetti scontati e a tutti noti. Il differenzialismo razzialista delle costituzioni ateniese o spartana, come pure il generale disdegno per le pratiche speculative del commercio, erano indiscussi tra i Greci. La partecipazione politica del cittadino greco – definita democrazia totalitaria dagli studiosi, a cominciare da Finley – era talmente poco individualista, talmente incentrata sul primato della stirpe e delle tradizioni, talmente ignara di inauditi “diritti” individuali, che l’individuo sradicato, astratto dal retaggio del clan familiare o dalla synghéneia, cioè la comunità di sangue, e avulso dal contesto di una sacrale autoctonìa sul suolo dei padri, in Grecia rimase sempre inconcepibile. Ciò che unicamente contava era il radicale prevalere della legge comunitaria sul singolo. Figurarsi, poi, se il singolo era un mercante… figura, questa, senz’altro sottoposta a disprezzo sociale.
A quanto pare, il solo Pellicani non sa che, come ha scritto ad esempio lo storico dell’economia antica Thomas Pekàry, ad Atene «gli affari finanziari erano considerati indegni e poco puliti dai liberi cittadini, così come più tardi dai senatori romani». In Grecia, il mestiere del banchiere privato era riservato ai meteci e ai liberti, cioè agli stranieri e agli schiavi riscattati, esclusi gli uni e gli altri dalla cittadinanza e pesantemente discriminati dalla società… e le banche esistevano, certo – nel IV secolo ad Atene se ne contavano otto – ma non esisteva il sistema dell’investimento commerciale privato, essendo la banca – specialmente quella “centrale” statale, situata nel santuario sull’isola di Delo – una riserva di ricchezza da utilizzare comunitariamente, e sottoposta alla garanzia divina assicurata dal patrocinio del Dio Apollo… dica un po’ Pellicani dove rintraccia il laicismo e il “libero pensiero” individualista nella Grecia pagana!
Ma neppure il Comune medievale o il Rinascimento furono mai luoghi grazie ai quali il borghese affermò le sue logiche sovversive. Egli le affermò contro quei sistemi. Nel Comune e nella Signoria – lo si sa almeno dai tempi del Burckhardt – divenne egemone, tutto all’opposto, proprio «la funzione affatto moderna dell’onnipotenza dello Stato». Col protagonismo politico dei Comuni, per un attimo si ruppe il predominio ecclesiastico… ma in nome di una “modernità” ben diversa da quella che piace a Pellicani. Una “modernità” che ribadiva la Tradizione sull’esempio degli antichi: il primato della politica sull’economia, la comunità giurata (si vedano gli studi di Paolo Prodi sul giuramento politico alla base del sacramento del potere in epoca umanistica), il popolo in armi, la religione della Patria… Basta pensare a Machiavelli – che definì demoniaco il potere finanziario – e all’ideologia comunale repubblicana… E il Rinascimento? Ma cos’altro fu, se non una riproposta del vero paganesimo antico, garantito non dalla ragione, ma al contrario dalla fede nel magico e nel misterico? Ficino, Poliziano, Pico della Mirandola, la cultura ermetica rinascimentale: tutti elementi estranei al laicismo mercantile… Piuttosto, dia Pellicani un’occhiata agli studi di Quinzio sulle radici ebraiche del moderno…
La catastrofe europea cominciò per l’appunto non appena tutti i poteri tradizionali medievali e rinascimentali vennero scalzati dalla borghesia commerciale, in asse col potere ecclesiastico: dal Trecento in poi, sull’élite guerriera si ebbe il crescente prevalere del potere economico-finanziario, non di rado gestito dai vescovi e dagli Ebrei non meno che dai borghesi. Segnaliamo che molti papi rinascimentali provenivano giusto da quelle famiglie laiche di banchieri (ad esempio i Medici) che assicurarono il dominio usurario su quello comunitario. Dalla “donazione di Sutri” nel secolo VIII fino a Marcinkus e alla finanza vaticana, la Chiesa ha sempre conciliato a meraviglia apostolato e capitalismo… Contrariamente a quanto afferma Pellicani, oggi registriamo proprio la schiacciante vittoria di Gerusalemme su Atene. Quanto sia violento questo dominio del Pensiero Unico a guida usuraria, lo sanno bene quei popoli che sperimentano ogni giorno il vero messaggio “libertario” della democrazia liberale ebraico-cristiana: speculazione finanziaria ed etnocidio.
* * *
Tratto da Linea del 4 luglio 2008.
Diro
Questo perché il sistema comunitario pagano deriva e parte dallo studio razionale dell'individio. "Conosci te stesso…" c'era scritto nel tempio di Apollo.
Diro
Per il resto pure hai ragione, finale eccellente: le radici del moderno, purtroppo, sono proprio giudaiche-cristiane.