È stato indubbiamente uno dei personaggi più enigmatici del XX secolo. Ben più vittima che carnefice. Attorno alla sua figura, poi, si sono intrecciate storie, più spesso fiabe, narrazioni inventate di sana pianta, che hanno contribuito a portare confusione anziché chiarezza. Rudolf Hess, il “delfino” di Hitler nella gerarchia del Partito nazionalsocialista, era il numero tre del regime: nel settembre 1939 Hitler lo mise dopo Goering nella scala di successione. Era dunque uno degli uomini di maggior spicco dell’Europa dell’epoca. Negli anni, la figura di Hess ha interessato poco o nulla dal punto di vista politico, ma molto per il suo celebre viaggio solitario in Gran Bretagna nel maggio 1941 quando, compiendo una delle azioni più spettacolari ma anche più misteriose della Seconda guerra mondiale, volò fino in Scozia per vedere di trovare con gli inglesi – presso i quali aveva molti amici, a cominciare dal duca di Hamilton, conosciuto al tempo delle Olimpiadi di Berlino – quella pace che con Churchill al potere non sarebbe mai arrivata. Hess, inoltre, è stato malauguratamente trascinato al centro del pedestre filone “nazi-esoterico”, che è oggi tra i più redditizi dal punto di vista editoriale. Il solo fatto che da giovane – come Rosenberg, Frank ed altri futuri capi hitleriani – fosse stato affiliato all’associazione pangermanica Thule, da cui poi nacque di lì a poco il Partito nazionalsocialista, ha costituito per un’intera falange di ricercatori del brivido l’eccitante premessa per edificare una storiografia popolare da ciarlatani dell’occulto: e dispiace che nella rete di questa rivendita di aria fritta sia caduto anche un politologo di buon nome come Giorgio Galli, che da una ventincinquina d’anni ci propina la stessa storia del volo di Hess come l’esito delle sue trame esoteriche con le cerchie inglesi della Golden Dawn.
Adesso, a trarre Hess fuori dal circo esoterico, e a ricollocarlo nella sua posizione più seria e autentica di protagonista del Novecento, provvede una pubblicazione di qualità, “Ho osato”. Rudolf Hess: il vice di Hitler e araldo di pace, di Ernesto Zucconi, pubblicato dalla Novantico Editrice. Si tratta di una bella edizione, ben curata, di grande formato, con un ricco apparato iconografico e, ciò che non guasta, con un testo sobrio ed essenziale, che nulla concede ai sensazionalismi. È la storia di Hess, cioè di un uomo che anche i suoi nemici hanno riconosciuto essere stato coerente ed onesto: un idealista, un puro, figura strana ed eccentrica, bisogna ammetterlo, soprattutto in relazione a quel mondo di spie, ricattatori e manipolatori in mezzo ai quali letteralmente cadde dal cielo in quel 10 maggio 1941. E che per i quarantasei anni seguenti lo utilizzarono ai loro fini, inquinando la vicenda con depistaggi e falsificazioni di ogni genere.
Quella di Rudolf Hess è una figura tragica. Uomo dimesso e umile, quando era al potere – e che potere! – mantenne sempre un’attitudine composta e defilata, di fedelissimo seguace del suo Führer, quasi sacerdotale nei suoi modi semplici e spartani. Uomo tragicamente vittima, una volta che venne incarcerato e tenuto a Spandau per oltre quarant’anni, al centro delle mene anglo-americane e russe, scalpo dei vincitori e oggetto di ricatti reciproci. La sua dirittura e linearità di onesto credente fu ciò che lo portò a intraprendere l’iniziativa del volo. Ancora oggi non sappiamo se quel gesto fu concordato con Hitler o se invece fu una sua iniziativa, per pervenire attraverso un’azione clamorosa alla pace fra Germania e Gran Bretagna. Non appena ebbe la certezza che si stava preparando la guerra preventiva contro l’Unione Sovietica, Hess, in ogni caso, presentò la sua offerta di pace come un atto di nobile raziocinio: davvero non esistevano motivi di continuare una guerra senza senso fra due nazioni che non avevano motivo di distruggersi a vicenda. Hitler aveva offerto parecchie volte la pace agli inglesi nel 1940: ma le offerte fatte nei suoi discorsi, la cui diffusione venne proibita in Inghilterra, per evitare che sorgessero movimenti d’opinione sfavorevoli alla guerra, caddero nel nulla. Churchill volle in tutti i modi la guerra e continuò la sua guerra, anche a costo di allearsi con i comunisti e di causare – come causò – la fine politica dell’Europa. Ai suoi amici americani aveva già promesso di farli intervenire, permettendo così a Roosevelt di salvarsi dal tracollo economico attraverso una comoda, lunga e lucrosa guerra in Europa e nel Pacifico.
Tutte queste mire di potere mondiale corsero molto al di sopra della testa di Hess, la cui ingenuità nel fare appello alla lealtà inglese faceva a cazzotti con il freddo disegno anglo-americano di andare fino in fondo con la guerra e di sbarazzarsi una volta per tutte sia della Germania sia del Giappone, preferendo spartirsi il mondo con la Russia, ritenuta – giustamente, come la storia ha poi dimostrato – un avversario assai più morbido e conciliante.
Zucconi fa alcune importanti precisazioni. Innanzi tutto, tende a credere che il volo non fu il disegno di un allucinato fuori dal mondo. Quell’iniziativa avrebbe anche potuto aver successo. E, qualora le cose fossero andate nel verso giusto, l’intera storia del secolo sarebbe stata diversa: «Certo i margini di successo non erano ampi – e qui sta il suo coraggio – ma neppure così esigui da liquidare come temeraria l’impresa che si accingeva a compiere», scrive Zucconi. E precisa: «E se Hess fosse riuscito a ribaltare la situazione spingendo i fautori della pace ad ottenere le dimissioni di Churchill, quasi certamente l’operazione “Barbarossa” sarebbe rientrata». È un fatto che, a quel punto, le pretese della Russia sull’Europa orientale si sarebbero smorzate, gli Stati Uniti sarebbero stati indotti a rinfoderare i loro propositi bellicisti e un’alleanza fra Germania e Gran Bretagna avrebbe ridisegnato altrimenti il destino dell’Europa. Ma Churchill ebbe la meglio e sappiamo com’è andata.
A dispetto del fatto di essere stato l’unico uomo al mondo a insorgere contro la guerra e ad aver rischiato la vita di persona per fermare le armi, come è noto a Norimberga Hess è stato condannato all’ergastolo per aver commesso “crimini contro la pace”. Un simile, grottesco controsenso è tipico di quel nonsenso storico e giuridico che fu il processo “alleato” alla Germania, in base a capi d’imputazione che – come riconobbero anche molti tra i vincitori e, in Italia, Benedetto Croce – non stavano in piedi nel merito e nei modi: i vincitori che giudicano i vinti in base ad articoli di un codice che all’epoca non esisteva e secondo imputazioni retroattive, è un monstrum giuridico che ancora oggi pesa come un macigno sulla credibilità di quei giudici: tra i quali sedevano, non da ultimo, anche i rappresentanti del più formidabile potere criminale del secolo XX, quello sovietico. Inoltre, Zucconi mostra di non credere alla estenuante affabulazione secondo cui Hess sarebbe stato eliminato sin da subito dagli inglesi e sostituito da un sosia: aspetto, anche questo, che ha contribuito non poco a far discendere la vicenda al livello di una rozza letteratura “gialla”, in nessun contatto con la documentazione storica. Infine, tra le molte altre cose, resta da dire che l’ormai vegliardo Hess venne, con tutta probabilità, eliminato dai servizi segreti inglesi in quel 17 agosto 1987, sotto la pressione internazionale che ne chiedeva il rilascio per motivi di salute: il timore che l’uomo, imprevedibile e lucido fino alla fine, ad onta della tante distorsioni propagate in materia, una volta libero sbottasse in qualche sensazionale rivelazione, dovette consigliare agli inglesi l’eliminazione dello scomodo personaggio con metodi sbrigativi. Come ricorda Zucconi, Hess fu trovato morto con un fil di ferro attorcigliato attorno al collo: in base alla ricostruzione dello storico Robert Brydon, la morte sopraggiunse per strangolamento e non per sospensione: evento quanto mai improbabile in un vecchio di 93 anni, fortemente debilitato da ben 46 anni di duro isolamento carcerario. «Ho osato», sta scritto sulla lapide della tomba in cui Hess è sepolto, nella località bavarese di Wunsiedel. Difatti, osò interferire nei piani di Churchill, di ordire, insieme a Roosevelt e a Stalin, una mortale congiura contro l’Europa. E, anziché dargli il premio Nobel per la pace, è stato rinchiuso a Spandau per tutta la vita e, alla fine, liquidato alla maniera mafiosa.
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Tratto da Linea del 19 febbraio 2011.
Enzo Di Giacomo
Un interessante punto di vista. Restituisce alla storia della seconda guerra mondiale il "giusto" livello di complessità competente a quel tragico (ed è minimizzare) periodo della civiltà occidentale. Guerra fratricida (70 milioni di morti in 5 anni concentrati in 3 anni) fra Stati Nazione ed Imperi Coloniali supportata dal grottesco conflitto economico (ancora in atto purtroppo) fra liberismo e stato sociale.
W. Montecuccoli-Kuch
Si inquadra bene la prospettiva europea, ma cancellare in un sol colpo tutto il bagaglio culturale e ideologico ideale, , romantico-politico germanico dei paesi di cultura nordeuropea, credendo che siano di spirito “marmoreo”, materiale lineare e solare come i movimenti mediterranei è un bel buco nell’acqua. Le attinenze tra certi circoli inglesi e tedeschi (cosa che i tedeschi non potevano avere in comune con gli italiani) sono ben attestate.
W. Montecuccoli-Kuch
PS: i legami con Hess dei vari italiani esoterici, come Leale Martelli, ecc. non sono paragonabili e di ospiti esterni si trattava.
Diacono
Leale Martelli capitano ss italiane,per lui la guerra non e‘ ancora finita.