Uno dei punti su cui ribatte con maggiore insistenza la propaganda morale e culturale del nostro tempo riguarda l’ingiunzione a comprendere le “ragioni dell’altro”: mai, come nella nostra epoca, “l’altro”, colui cioè che non veicola i nostri valori ma ne rappresenta di diversi, va rispettato e compreso. Che sia l’assassino seriale, lo stupratore drogato o il membro di una cultura etnica esotica, “l’altro” oggi si è assicurato comprensione e mitezza di giudizio, in omaggio ai valori di ascolto, tolleranza, accoglienza etica. In base a questi punti di vista, prendiamo allora “l’altro” più “altro” che esista, quello che rappresenta il “male assoluto”, il rovescio “cattivo” della nostra società, un “altro” ormai storicizzato, poiché è la voce di un’epoca trascorsa che non ha più diritto, nel mondo, ad avere un ascolto: il nazionalsocialismo. E cerchiamo, per quanto possibile, di calarci al suo interno, come cercano di fare molte volte gli storici, assumendone per un attimo il punto di vista, come richiedono le giuste tavole di un atteggiamento aperto e democratico. Ce ne fornisce l’occasione la recente pubblicazione di un testo di propaganda ideologica diffuso all’inizio del 1944 alle truppe combattenti tedesche per iniziativa dell’Oberkommando della Wehrmacht e intitolato Wofür kämpfen wir?: Per che cosa combattiamo? Il libro, uscito a cura dell’Editrice Thule Italia, è un documento eccezionale, mai tradotto prima in italiano, che ci apre sul mondo degli sconfitti, sulle loro ragioni, sul loro modo di ragionare, e che costituisce uno strumento importante che aiuta a comprendere, dal punto di vista sia storico sia ideologico, le motivazioni che dovettero presiedere al comportamento straordinariamente tenace del soldato tedesco, specialmente negli ultimi anni di guerra.
Il volume, strutturato come un manuale di indottrinamento, impostato sulla formula della domanda e della risposta, è ricco di sorprese, per chi non sia uso affrancarsi dalla concezione corrente circa la malvagità indistintamente di tutti i Tedeschi che combatterono quella guerra ideologica. Innanzi tutto, veniamo così a sapere che i Tedeschi si sentivano “perseguitati” dagli Ebrei: si dirà, ma come è possibile? Effettivamente, la Germania presentò se stessa come la vittima di una congiura mondiale, organizzata dalla capacità ebraica di assemblare i governi delle democrazie occidentali e quello sovietico per eliminare dal gioco politico la Germania, con Hitler divenuta ufficialmente antisemita e quindi sgradito ingombro da rimuovere con ogni mezzo. La pubblicazione propagandistica spiega: «La Germania nazionalsocialista ostacola il tentativo del dominio mondiale da parte del Giudaismo. Ha agito contro lo sfruttamento ebraico dei popoli d’Europa e ha così infranto l’egemonia ebraica in Europa. Questo è il motivo per cui il Giudaismo ci perseguita con odio mortale e ci ha giurato guerra fino alla morte». È un tragico gioco di specchi, nel quale bisogna pur concedere al perdente e al “cattivo” di aver avuto le proprie ragioni. Un intero mondo di nemici viene dunque passato in rassegna: America, Inghilterra, Russia sovietica, tutte descritte come impregnate di spirito ebraico e da questo guidate alla crociata di sterminio anti-tedesca. E la lotta viene descritta come apocalittica. C’era in Hitler, e profonda, e sin dall’inizio, questa convinzione di essere di fronte a una guerra per la vita e per la morte: tale sostanza di vicenda escatologica, che avrebbe deciso il futuro del mondo per i secoli a venire, viene in questo testo semplificata ed elaborata per un pubblico vasto: il libro venne divulgato in centinaia di migliaia di copie, e riporta all’inizio non solo il beneplacito di Hitler alla sua diffusione, ma anche l’ordine tassativo di portarlo a conoscenza di ufficiali e soldati, facendone una specie di manuale ideologico di guerra.
Ci sono dunque le ragioni del “contro”: e dei numerosi nemici vengono spiegati la concezione materialista, lo stile di vita individualistico e grettamente antisociale, il sistema basato sull’esclusiva ricerca della ricchezza attraverso lo sfruttamento dei popoli (gli angloamericani); oppure quello ottusamente collettivista, da macchine-insetti sottoposte a un distruttivo dispotismo (i sovietici). Ma si utilizzano anche categorie interpretative più raffinate: e di tutti viene spiegata l’ambizione al dominio mondiale, a ritenersi eletti e prescelti: gli angloamericani, in virtù della saldatura fra puritanesimo ed ebraismo, che figurano come antefatti religiosi della volontà politica liberale di dominio universale: «L’idea universalistica di un governo mondiale della libertà, del progresso, della ragione nel senso razionalistico era lo spirito della missione. Chi negli Stati Uniti si opponeva alla “liberazione dell’uomo”, assurgeva a nemico dell’umanità e comunque della libertà». Questa individuazione – per altro ancora oggi decisamente attuale – si combinava con il riconoscimento che nel sistema sovietico agiva un’equivalente eredità dell’antico spirito russo verso l’espansione per la salvezza del mondo: «Accanto all’idea marxista, sono in un certo qual modo in azione anche le dottrine del secolo scorso: le idee religiose di miglioramento del mondo di Dostoevskij e di Tolstoj, la dottrina del Panslavismo e del Nichilismo». E anche questo non appare un argomento peregrino e solo propagandistico, dato che è stato anche materia di studi importanti: l’unione fra bolscevismo e pan-slavismo è un dato che agì a fondo nelle motivazioni del popolo russo verso la lotta anti-tedesca.
Poi ci sono le ragioni del “pro”. I tedeschi combattono per il loro avanzato sistema sociale, per la loro idea di comunità anti-individualistica, per l’eredità etnica, per il principio della “responsabile partecipazione” (il Führerprinzip), per l’attaccamento alla terra, per il “diritto al lavoro”, per i propri sistemi di insegnamento popolare gratuito, per le forze spirituali (di cui il termine Weltanschauung viene detto l’espressione, in quanto racchiude l’idea di “visione interiore”), per un’idea di religione – su cui il testo insiste molto – che viene definita devozione all’«ordine divino del mondo»: «Crediamo che l’uomo, come essere spirituale autocosciente, abbia ricevuto dal Creatore il compito di creare forme e missioni di vita, quindi di formare una civiltà, che è cosa più alta di una mera soddisfazione dei bisogni di vita primari». Si parla anche di «libertà interiore, libertà di coscienza, libertà della piena espressione della personalità», da attuarsi secondo le antiche doti germaniche della fierezza e della «elevata concezione dell’onore e della fedeltà», in cui si «rivela la nobiltà dell’uomo tedesco». L’ufficiale e il soldato tedesco non dovevano essere per forza e per legge malvagi e criminali, se si possono leggere frasi come questa «Ubbidiente, l’Ufficiale assolve il proprio dovere, ma è soddisfatto, perché lo fa da uomo libero e orgoglioso. E così sta pure di fronte al suo Dio, dritto, con la preghiera di potenza e la forza per sopportare tutto con onore».
Ma, infine, ciò che connota questo scritto, è la volontà di difendere disperatamente la civiltà europea, minacciata da Ovest e da Est da una promessa di annientamento senza sconti. Questo elemento è ben richiamato da Maurizio Rossi nell’introduzione: «Per i nazionalsocialisti esisteva invece uno specifico “modello europeo” che non doveva essere assolutamente equivocato, tanto meno confuso con l’Occidente contrassegnato dalle democrazie capitalistiche, oppure con l’Oriente asiatico-bolscevico». Si trattava di quel “socialismo europeo” per il quale si stavano battendo anche uomini come Drieu La Rochelle, e che parve per un momento la chiave della rinascita europea, in grado di sottrarsi alla doppia seduzione materialistica, quella capitalista occidentale e quella collettivista orientale. Il gran parlare di “sangue” e di “razza” assume allora un particolare significato, di fronte alla documentazione iconografica riportata nel libro, in cui vi è un ricco prontuario di soggetti familiari, agresti, nostalgicamente naturisti e romanticamente tesi a un’idea pacifica di eterna bellezza. Tutto ciò ci fa venire in mente che quella guerra apocalittica era combattuta dall’uomo tedesco per un’ideologia nemica delle catastrofi disumanizzanti del mondo moderno: la protezione di uno stile di vita antico e semplice, il mondo contadino, il sorriso di un operaio, la pace della campagna ben lavorata, un volto sereno di donna, un gruppo di bambini all’aria aperta, sotto l’antica quercia. Tutte cose che la brutale modernità imponeva di difendere con gli aerei a reazione e con i missili V2.
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Wofür kämpfen wir?, Editrice Thlue Italia, 2010, prefazione di Maurizio Rossi, pagine 232, 55 foto originali, prezzo 25,00 euro.
Per ordini: thule@thule-italia.org tel. 340/4948046.
ettore
Al contrario di ciò che lei pensa signor Rimbotti, nella nostra società non esiste quel rispetto per l'altro, di cui lei parla con sottile disprezzo. Nella nostra modernità l'altro non viene ascoltato, ciò che è difforme dal pensiero unico viene soppresso, e tutto ciò che è "Altro" è considerato pericoloso distruttivo o malato, oppure, al limite, grazioso e curioso, ma mai in nessun caso scrutabile. Non c'è rispetto per l'altro, giacchè se l'altro è un immigrato che solca il mare per fame, lo si assimila a una cultura a lui estranea, concedendogli una dignità solo al prezzo della sua identità, e se l'altro è un artista, uno spirito differente, lo si qualifica "genio" e lo si fa rientrare in pacifici schemi preordinati, o pazzo, e lo si emargina e demonizza.
Il rispetto per l'altro è solo apparente e propagandato. E cercare invece di capire cos'è l'altro, cercare di afferrare l'essenza di ciò che da noi è dissimile, è un esercizio necessario, vitale per noi, dove il noi sta sia come comunità culturale, etnica, e storica, sia come individui, perpetuamente bisognosi di arricchirci nel confronto. Perchè solo nel confronto sta la crescita, solo nel porci onestamente di fronte all'altro sta il progresso.
Sia il nazionalsocialismo sia la modernità rigettano l'altro, e si chiudono in una gabbia di parole sicure, fugando ogni dubbio e problema. Ma questo non può essere il comportamento di una società sana: è invece il miglior modo per annientare ciò che abbiamo di positivo, e per subire un collasso totale, che sia storico, culturale, ideologico o identitario.
Ebbene sì anche identitario, perchè non si difende la propria identità fuggendo gli altri: al contrario è nel vedere i diversi da noi che possiamo capire veramente chi siamo, giacchè la nostra identità può essere definita solo se ne esistono altre a noi estranee.
Un saluto,
Ettore
Ales
Per l’interessante articolo di infarinatura ai neofiti: la Germania non era “ufficiosamente” antiebraica più di quanto non lo fossero Francia, Polonia, Ungheria, Russia, Romania, anzi, le fonti ebraiche stesse la ritenevano infinitamente meno pericolosa sotto l’aspetto dell’incolumità fisica e, ante 1935 e 1938, della legislazione. L’idea del manuale dimostra la sostanziale apoliticità delle FFAA e delle Waffen SS (come le lezioni ideologiche -“di visione del mondo”- obbligatorie per ufficiali delle Waffen SS e dell’esercito richieste negli ultimi anni). “Weltanschauulich” usato tantissimo nei dipartimenti del Reich come aggettivo, va tradotto, perdendone l’etimologia (“visione del mondo”), come “ideologico” quando esce dalla filosofia.
Ales
Già in questo periodo questa milizia (nata nel 1934) è più statale che mai:i ranghi sono composti dal personale di leva e i comandi da colonnelli e maggiori del vecchio esercito, alcuni affatto SS, ma gleichgeschaltete: Hausser da membro dei nonni reduci dello Stalhelm si trova assorbito nelle SA e poi nelle SS militari. I miliziani SS dell’ordine monastico himmleriano a 360 gradi – con l’obbligo del permesso di matrimonio per la famiglia Ss, con i dogmi di Weitzel –certamente affascinanti — (Peiper, Panzer Mayer) sono rari e nascono con Himmler (1929) per terminare con le necessità logistiche della guerra: dal 1940 cade la selezione genealogica draconiana di Himmler (l’ultimo arrivato nella gerarchia SS!), e interi contigenti di soldati “SS” sono coscritti non volontari stornati dalla Polizia, dalla Aeronautica, fin dalle colossali perdite del 1939-1940 e dalla Marina nel 1944 (uno tra tanti è Günther Grass) e neppure con l’obbligo del grande certificato di arianità, che diventa lettera morta.
Ales
Non è strano quindi che i corsi politici di guerra siano rivolti agli ufficiali subalterni tanto delle Waffen SS che dell’esercito. Nelle Waffen SS (quindi dal 1940) non avveniva L’istruzione politica, non c’era una catechesi politico-razziale, quella era già stato impartita a fondo nella Hitlerjugend, tranne che per la minoranza nelle SS civili part-time d’anteguerra. Ma l’indottrinamento c’era nei reggimenti S.A. della Wehrmacht! (parà dell’aeronautica, carristi e fanteria Feldherrnhalle dell’esercito). I prontuari guida “vichinghi” delle SS civili e himmleriane, mal tradotti dagli “esperti” suddetti come “quaderni”, venivano letti come non letti da soldati SS che fumavano, avevano la ragazza russa, deridevano Himmler e la sua erboristeria (mai un vero loro comandante, ma un “ragioniere supervisore”) e soprattutto quando coscritti di guerra, erano cristiani non osservanti (punto dolente, sarebbe stato interessante un vero neopaganesimo, che spesso era solo di facciata tra le apostasie forzate dalle caserme della SS-VT e SS-TV d’anteguerra).
Ales
La truppa SS coscritta volontariamente prima del 1940 proviene dai distretti dell’esercito e serve per una leva di durata doppia di quella normale, o lavora come polizia penitenziaria (politicizzata) nei KZ, con la sicurezza di alti punteggi per i concorsi pubblici una volta congedati. I più alti comandanti militari non sono di alcuna branca SS, vengono dall’esercito, dalla polizia e molti quadri dell’esercito vi vengono trasferito dopo il 1941. Hausser è un membro dell’associazione reducistica Elmo D’acciaio, che viene inglobato automaticamente prima nelle S.A. senza farne domanda diretta, e poi nelle S.S. militari. Peiper, Panzer Meyer, si sono sempre definiti soldati della Wehrmacht, o delle SS nella WH. Anche vari contingenti della Marina verranno trasferiti, come le SS militari, di guardia presso i recinti esterni-le fabbriche dei lager.
Ales
La Wehrmacht non aveva neanche l’intera dirigenza a-nazista/anti-nazista. Il tentato putsch viene fatto con l’inganno: truppe che credono di stroncare degli antinazisti! Al comando dell’ufficiale più NS dell’esercito! Otto Ernst Remer. I vecchi della casta aristocratica militare non NS (ma altrettanti loro colleghi Junker saranno NS), si dolevano che tutti i giovani ufficiali fossero troppo “ubriachi di Hitler”. C’era una parte della “migrazione interna” ma lontano dai comandi (Jünger, Benn) e non si trattava certo di avversari. Il Panzergraf, il conte panzer von Strachwitz, e Topp l’asso degli U-Boot, sono SS della milizia civile anti-golpe, part-time ma a vita. Hajo Hermann, Rudel, Remer, sono i militanti neonazisti del dopoguerra e sono dell’Esercito e dell’Aeronautica, quelli delle Waffen SS molto spesso hanno la tessera della SVP! (che nei tempi moderni indice un divieto di tessera appositamente per loro). Skorzeny (SS militare dal 1940, cioè un “NS”, Nur-Soldat, “solo soldato” non miliziano di Himmler) patteggia con gli Usa e si dice che collabori anche col mossad, del resto non era perseguitato fino al Rio delle Amazzoni come le SS di Himmler.
Ales
La milizia sia originaria di Dietrich che di Himmler viene molto annacquata ideologicamente dai coscritti di guerra (jolly con le tre forze armate tradizionali) ma già dai comandanti dell’esercito e dai coscritti dal 1934 che optano solo per una leva alternativa. Il comandante delle unità SS militari Felix Steiner predica un ritorno al cristianesimo per quei militari che avevano abiurato prima del 1939, quando c’era un minimo di indottrinamento, e una comunità europea includente i Russi. I dipartimenti di Himmler con gli scritti nordici e pagani (interessanti, per carità) di Johst e Pastenaci sono lontani e di contorno. Non parliamo poi di colonnelli, generali, ma anche soldati di truppa di Esercito, Marina, Aeronautica trasferiti d’ufficio nelle Waffen SS nel 1940, nel 1942, fino al 1945. Gli SS-Leithefte e il paganesimo sono quindi tutt’altro che diffusi, ci sono annunci dei caduti candidamente cristiani, critiche interne di coscritti (anche volontari) molto al di sotto dello standard ideologico di base della HJ. La potestà strategica di Himmler su questa, di fatto, 4ta forza armata della Wehrmacht, è puramente formale.
Ales
E la migrazione interna al NS, di militanti-militari non aderenti al NS-regime (che perde nel 1935 più della metà dei primi capi) e all’hitlerismo monocorde nelle S.A. (anche provenendo dalle prime SS non himmleriane e più militari) e nell’Aeronautica: Klintzsch, von Salomon, Maurice, Berchtold. Non dimentichiamo che gli epurati gratuitamente Schneidhuber e Heiden sono a lungo compianti anche da figure ufficiali del regime.
Ales
Lungi dall’essere tutti apostati neopagani, le SS civili part time, le SS del teschio e le SS militari VT-LAH lo sono solo in (significative ma non maggioritarie) percentuali, era più che altro un copione scenografico. È Himmler che ogni volta vieta alle Waffen SS denominazioni dell’esercito e vestiario dell’esercito. Per non sottolineare quei soldati della Leibstandarte Adolf Hitler del periodo di pace (gli ufficiali del 1943) che diranno francamente di avere scelto la Guardia perché l’uniforme era più bella di quella delle altre forze armate. La truppa SS coscritta volontariamente prima del 1940 proviene dai distretti dell’esercito e serve per una leva di durata doppia di quella normale, o lavora come polizia penitenziaria (politicizzata) nei KZ, con la sicurezza di alti punteggi per i concorsi pubblici una volta congedati. I più alti comandanti militari non sono di alcuna branca SS, vengono dall’esercito, dalla polizia e molti quadri dell’esercito vi vengono trasferito dopo il 1941.
Ales
Hausser è un membro dell’associazione reducistica Elmo D’acciaio, che viene inglobato automaticamente prima nelle S.A. senza farne domanda diretta, e poi nelle S.S. militari. Peiper, Panzer Meyer, si sono sempre definiti soldati della Wehrmacht, o delle SS nella WH. Anche vari contingenti della Marina verranno trasferiti, come le SS militari, di guardia presso i recinti esterni-le fabbriche dei lager. La Wehrmacht non aveva neanche l’intera dirigenza a-nazista/anti-nazista. Il tentato putsch viene fatto con l’inganno: truppe che credono di stroncare degli antinazisti! Al comando dell’ufficiale più NS dell’esercito! Otto Ernst Remer. I vecchi della casta aristocratica militare non NS (ma altrettanti loro colleghi Junker saranno NS), si dolevano che tutti i giovani ufficiali fossero troppo “ubriachi di Hitler”.
Ales
C’era una parte della “migrazione interna” ma lontano dai comandi (Jünger, Benn) e non si trattava certo di avversari. Il Panzergraf, il conte panzer von Strachwitz, e Topp l’asso degli U-Boot, sono SS della milizia civile anti-golpe, part-time ma a vita. Hajo Hermann, Rudel, Remer, sono i militanti neonazisti del dopoguerra e sono dell’Esercito e dell’Aeronautica, quelli delle Waffen SS molto spesso hanno la tessera della SVP! (che nei tempi moderni indice un divieto di tessera appositamente per loro). Skorzeny (SS militare dal 1940, cioè un “NS”, Nur-Soldat, “solo soldato” non miliziano di Himmler) patteggia con gli Usa e si dice che collabori anche col mossad, del resto non era perseguitato fino al Rio delle Amazzoni come le SS di Himmler.
Ales
In realtà commento-madre era: che questo libro-manuale non era qualcosa di “istituzionale” ad esclusivo appannaggio delle 3 forze armate tradizionali “escluse le SS” come se queste a guerra inoltrata fossero un blocco particolarmente fine a sé stesso, pagano, particolarmente politico, ecc con i suoi “SS-Leithefte”. Affermazioni di certi cosidetti esperti militanti del settore (non il Rimbotti che vede giusto) che compiono un’analisi dozzinale e non sono così specialisti di Germania come credono (Strasser, si scrive con la –ss, che non è intercambiabile con la -ß). Le “ SS non originali”, cioè gli anziani civili dei dipartimenti di Himmler, curatori dei manuali guida “SS-Leithefte”, della nuova filosofia-religione antagonista, sono quella parrocchia particolare oggi così suggestiva, ma si tratta di poche migliaia di persone non presenti sul campo.