Questa parola ci viene dal latino focus (‘focolare’), che, come scrisse Giacomo Devoto, è «privo di connessioni indoeuropee evidenti». Tra gli Indoeuropei, infatti, prevalsero essenzialmente due altre forme comuni per designare il fuoco: *egni- e *pūr(o). Entrambe sono stato ricostruite sulla base di numerose testimonianze nelle lingue storiche: la prima si ritrova nel latino ignis, nel nome personale ittita Agnis, nel lituano ugnìs, nello slavo antico ognĭ e nel sanscrito agnis. La seconda radice, vale a dire *pūr(o), trova testimonianze ancora più diffuse, e comprende anche l’area germanica ove è largamente attestato. Questo secondo termine si trova in qualche modo connesso al concetto di “puro”, che ancora nella nostra lingua – tramite il latino – si conserva pressoché immutato da millenni. È assai interessante, riguardo il senso delle parole indicanti il fuoco, la seguente osservazione di Robert S. P. Beekes: «i due principali termini (appunto *egni- e *pūr(o), n.d.a.) significano entrambi ‘fuoco’, ma si è pensato che abbiano costituito, in origine, un’opposizione. La prima parola, regolarmente di genere maschile, si pensa rappresenti il concetto di ‘fuoco’ come qualcosa di attivo, da cui la sua deificazione nell’antico indiano Agni (‘dio fuoco’), che è una delle divinità più invocate nei Rg-veda. In contrasto, *pūr(o) è di genere neutro e viene tradizionalmente interpretato come la concezione inattiva del fuoco, ossia come sostanza puramente materiale».
Il fuoco ha un ruolo di enorme rilievo in numerosissimi culti e tradizioni religiose. Il suo simbolismo è talmente variegato e complesso, e le diversità di significati sono talmente tante, anche presso il medesimo popolo, che è difficile dar conto delle caratteristiche fondamentali. Eppure, come per ogni simbolo, esse sono le stesse che lo caratterizzano nella sua materialità: così, esso rimanda alla trasformazione, alla purificazione, al potere vivificante e a quello distruttivo. Pochi simboli infatti mostrano la loro dualità come questo: la fiamma che scalda e dona vita può con pari intensità distruggere. Così, chi è sovrano del fuoco è anche sovrano dei suoi immensi poteri e diviene uno con il dio del fuoco. Vi è chi ne domina le potenzialità tecniche – Efesto e Vulcano: ma costoro sono zoppi, quindi dèi imperfetti – poiché è del solo aspetto “pirico” (secondo il significato chiarito in precedenza) che sono sovrani. In alchimia, il fuoco è elemento fondamentale e necessario, poiché unisce e stabilizza.
Il fuoco ha inoltre un ruolo centrale presso gli Indoeuropei sia nei sacrifici rituali sia nel vero e proprio “culto del fuoco” (argomento su cui molto ha scritto G. Dumézil). Essenzialmente, in numerosi riti fuochi simbolici e con funzioni “cosmiche” venivano posti in alcune posizioni precisamente determinate, onde probabilmente vincolare l’attività di dèi e demoni. Inoltre il fuoco sacro veniva preservato e alimentato da uno speciale gruppo di conservatori, insieme alla conoscenza dei suoi misteri, sovrintesa da specifiche divinità (Vesta a Roma, gli arcangeli in Iran, Agni in India etc.).
* * *
Tratto da La Padania del 6 gennaio 2002.
Lascia un commento