Marco Zagni ha portato a completamento la serie dei suoi saggi dedicati all’Ahnenerbe, l’organizzazione voluta dal Reichsführer SS Heinrich Himmler cui collaborarono attivamente alcune tra le più brillanti menti tedesche nel periodo tra le due guerre. Con Il Sole e la Runa, dedicato ai rapporti tra la Germania nazionalsocialista e il Giappone imperiale, si chiude la trilogia iniziata dieci anni fa con La Svastica e la Runa e proseguita, nel 2015, con Il Fascio e la Runa (tutti per le Edizioni Mursia); oltre a questi lavori va però menzionato anche Archeologi di Himmler, che era uscito per Ritter un paio d’anni prima e che costituisce il punto di riferimento dei tre lavori successivi.
Con Il Sole e la Runa, come detto, Marco Zagni ha focalizzato l’attenzione sui rapporti, spesso poco conosciuti, tra le due potenze alleate con l’Italia nella lotta per la supremazia mondiale durante la seconda guerra mondiale, la Germania e il Giappone. Parlando di “rapporti”, Zagni non si riferisce solo all’avvicinamento culturale da parte tedesca al paese del Sol Levante, ma anche alle relazioni politiche, diplomatiche e, più in generale, agli scambi di informazioni di carattere tecnologico e militare.
Constatiamo che in Germania l’alleato nipponico venne presentato, sia da singoli scrittori, sia dalla propaganda ufficiale del Partito, come la patria dei signori dell’Oriente, verso i quali si ravvisava una profonda affinità di sentire: nonostante le enormi differenze di cultura e tradizioni, vi erano nel Giappone dei samurai, fondato com’era sul culto dell’onore, della gerarchia, del culto degli antenati, su una precisa estetica del vivere e del morire, significative analogie con la tradizione cavalleresca europea, con il Führerprinzip nazionalsocialista, e comunque una comune aspirazione alla fondazione di un Nuovo Ordine, capace di coniugare efficacemente tradizione e modernità.
Tra le pagine del libro si trova una gran quantità di informazioni piccole e grandi su vicende, personaggi e legami, talvolta poco o nulla conosciuti. Leggiamo di Karl Haushofer e di Sven Hedin, il “padre della geopolitica” e il grande esploratore dell’Asia; del libro sui samurai di Heinz Corazza, pubblicato dall’editrice centrale della NSDAP, così come dei vari articoli usciti su «SS Leitheft» dedicati a temi nipponici, tra cui uno studio della colonizzazione della Manciuria; sui doppi-giochi della spia tedesca in Giappone Richard Sorge, che in realtà era al servizio dell’Unione Sovietica; sui misteriosi “Documenti Takeuchi”, che avrebbero descritto la più remota antichità del pianeta; sui contatti tra i servizi segreti dei due paesi e sulle difficili missioni degli U-Boote che trasportarono materiali, armamenti e tecnologie dall’Europa al Giappone. Troviamo anche, di passata, alcune informazioni sul trasporto sottomarino di aeroplani, poi assemblati e prodotti in Giappone su modello tedesco, di cui avevamo avuto notizia già da un altro libro di Zagni, I velivoli segreti dell’Asse. Questa notevole messe di informazioni è corredata, come d’uso nei libri di Zagni, da una ricca appendice documentale, in cui vengono riportati ampi stralci dei testi cui l’autore fa principale riferimento.
Leggendo il libro sorgono diverse domande: per esempio, se le vicende della guerra nel Pacifico avessero lasciato maggiore tranquillità ai Giapponesi, questi avrebbero attaccato i Russi in Siberia? Oppure: se le sorti del conflitto avessero preso una piega diversa, in uno dei momenti-chiave decisivi, su quale linea si sarebbe attestata la demarcazione delle zone di influenza tedesca e giapponese? E ancora: quanti dei dati raccolti da Marco Zagni nel libro – nella maggior parte poco conosciuti dagli appassionati e dagli storici occidentali – sono invece noti nel Giappone odierno? Ma soprattutto, viene spontaneo interrogarsi su quanto diversa sarebbe stata la storia del mondo, se i due alleati di cui qui sono raccontate le relazioni, avessero potuto realizzare i loro piani di egemonia mondiale.
Giancarlo Villa
Sto leggendo il primo libro della Trilogia di Zagni, lo raccomando.