Il “problema” indoeuropeo. Parte II

Adesso vi dico come stanno veramente le cose. Non è mai esistita un’Europa “non bianca”, “pre-indoeuropea”, e poi indoeuropeizzata. Assolutamente non è andata così. L’Europa è stata sempre Patria dei nordici Cro-Magnon, sebbene prima ancora dei Neandertaliani (attenzione, sempre caratterizzati da complessione bianca, capelli ed occhi chiari, altezza tra 1,65 e 1,68 m.), e prima ancora degli Heidelbergenses (sempre caratterizzati da complessione piuttosto chiara, altezza tra 1,70 e 1,75 m.)[1]. Ma spazzati via gli ultimi due, i soli Cro-Magnon sono stati i padroni assoluti della loro casa, l’Europa (qui le teorie sull’assimilazione del genoma Neandertal da parte del Cro-Magnon si dividono ancora, ed io sinceramente mi voglio fermare al 2003-2004, quando ancora si parlava di inammissibilità, pure considerando la possibilità di interfecondità tra le specie del genere Homo)[2]. Detto in modo molto semplice: i Cro-Magnon si sono diffusi in tutto il vasto continente europeo, fino alla catena uralica a partire da epicentri di irradiamento assolutamente europei, dal Nord, frammentandosi gradualmente nel corso di molti millenni. Molti di questi gruppi, raggiungendo le varie parti del continente europeo, fino anche in Nord Africa (e fino alla catena uralica) hanno creato i vari strati paleo-demografici del nostro continente, hanno sviluppato culture e civiltà; ma il nucleo rimasto nelle sedi ancestrali nordiche è stato quello che poi è divenuto indoeuropeo. Gli Indoeuropei non provengono dalle steppe russe, assolutamente no. Ed il buon Gustaf Kossinna aveva addotto quale fosse la reale Urheimat indoeuropea. Purtroppo, nel dopoguerra, l’ipotesi (non teoria) tutta strampalata ed al servizio New Age della lituana Gimbutas ha preso il sopravvento. Cerco di essere ancora più semplice: la Cultura dei Kurgan è stata espressione di quegli Indoeuropei migrati dal Nord Europa verso Est, in direzione Asia e Medio-Oriente (Regno di Mitanni, poi Medi e Persiani), in pratica tutti i gruppi indoeuropei del ramo orientale e satəm (quelli rimasti in Occidente sono infatti quelli del ramo kentum). Poi, ovviamente, c’è stato un riflusso da Est verso Ovest, ed ecco che si sono avvicinati Balti, Slavi, Traci, Daci, Geti, Cimmeri; mentre Sciti (sebbene fossero gli indo-iranici più affacciati all’Europa), Sarmati, Saci, Arii, Medi e Persiani hanno tutti svoltato ad Est, inoltrandosi nell’Asia. Anche alcuni gruppi kentum presero la strada verso l’Est: i Tocari giunsero in Cina; gli Ittiti e le popolazioni luviche raggiunsero la penisola anatolica; gli Armeno-Misi giunsero nella loro sede storica; i Frigi passarono in Anatolia. I Germani furono quelli che rimasero più a lungo (e tuttora lo sono) nell’Urheimat ancestrale.

Cosa dire allora delle popolazioni bianche del nostro continente (e lo sono sempre state tutte quante) considerate “non/pre-indoeuropee”? Chi sono allora i Baschi, ad esempio? Semplice, i nostri consanguinei Baschi sono i discendenti di quei cugini di primo grado Cro-Magnon migrati prima di noi verso Ovest ed insediatisi nei Pirenei. Lo dimostra la loro lingua, ma prima di tutto i loro caratteri fisiognomici. Il sangue non mente mai: Sannhet i Blodet “la Verità è nel Sangue”. Faccio un esempio (che in realtà ho molto approfondito sui miei libri, anche di prossima pubblicazione): se prendo la parola “acqua” in Basco ura vi è da notare al livello fonico l’equivalenza con la radice indoeuropea *wdehxr– > *udehxr-; e così se prendo il pronome personale singolare “tu”, che in Basco/Euskara è “zu“’, dove sempre si nota la comune remota origine (z < ts + w). Se si prendono le glosse che fanno riferimento a cose essenziali nella vita di un essere umano e pertanto appartengono al bagaglio lessicale più antico ed insostituibile, allora abbiamo a che fare con comparazioni sistematiche a livello sia fonico, sia radicale sia semantemico. Non si scappa da ciò. Stessa cosa dicasi per vettä “acqua” in Finlandese (vesi in Estone, sempre lingua del gruppo finnico) e sinä “tu” (questa volta comparabile con il morfema verbale-pronominale della seconda persona singolare –si in Indoeuropeo, così come minä “io” corrisponde sempre al morfema verbale-pronominale della prima persona singolare –mi in Indoeuropeo): di certo i Finni non hanno aspettato i Germani indoeuropei per farsi spiegare cos’è l’acqua, o come indicare “io” e “tu”. Sono legami molto antichi, che scendono a profondità del tempo davvero vertiginose, e questo conferma ancora la nostra stretta parentela e soprattutto la nostra antichissima ed originaria presenza nel continente europeo. Quanto di poco documentato sulla lingua dei Guanci delle Canarie, i biondi ed occhicerulei Guanci, testimonia ancora una volta ciò, che è pertanto innegabile. I primi uomini della Sicilia furono proprio i Cro-Magnon, alti anche ben oltre 1,80 m., Europidi e strettamente imparentati con quelli dei Pirenei (gli studi abbondano su questo tema). Tutto ancora rimanda indubbiamente alle origini nordiche (sebbene quello che dico escluda assolutamente le asserzioni di Theo Vennemann, sia chiaro). Circa gli Etruschi: in questo caso essi sono assolutamente indoeuropei. Trattasi di un popolo sorto per sinecismo, ovvero per aggregazione di più popoli, tutti indoeuropei, la cui fusione ha comportato il noto fenomeno linguistico del pidgin, la creolizzazione. Il primo nucleo degli Etruschi è stato quello ur-celtico della Cultura mitteleuropea dei campi di urne della tarda età del Bronzo (XIII-XII sec. a.C.), e ciò è testimoniato da tutti i lemmi più antichi (arcaismi) del loro linguaggio, a cui si sono aggiunti sempre più disparati elementi a partire dalle origini della loro Cultura proto-villanoviana, elementi proto-latini/falisci, elementi proto-illirici pelasgici, elementi osco-umbri, elementi tirreno-anatolici degli Shardana, ed infine vari elementi ellenici, soprattutto dorici: dal “tavola di pietra sepolcrale”, Ais “Dio/Divinità”, il teonimo Tinia, Dio del Tuono e della Folgore (molto simile a Taranis), Usil “Sole”, clan “figlio”, thura “fratello” (forma diminutiva di brathura), tuthi/tuthina “popolo”, hiul “gufo”, lautun “gruppo familiare”, tutti lemmi dal corpus ur-celtico della Cultura dei campi di urne (la cui diffusione in Italia prende il nome di Cultura proto-villanoviana); Keru “creatore” dai proto-Latini/Falisci; hermu “statua”, aska “vaso”, klarukhie “erede” dal dialetto ellenico dorico e così via. E non solo, ma questa totale corrispondenza indoeuropea si vede, cosa ancora più importante, a livello di desinenze, di morfemi, di struttura sintattica, il che è assolutamente indubbio.

Come abbiamo visto pocanzi, cosa si potrebbe mai dire per il caso del Finlandese e delle lingue ugro-finniche, sebbene questa comparazione vada a sondare strati glottologici molto più antichi e dunque molto più complessi da comprendere, ma comunque sempre indubbi (a modo suo, Uhlenbeck aveva ragione)? Tutte le popolazioni “mediterranee” neolitiche, pacifiste, “comuniste” o “liberali” che fossero, di cui spesso si fa menzione (scure, basse, di origine medio-orientale, sebbene di presenza innegabile, perché ovviamente ci sono, se non quale apporto più recente però, non neolitico) non sono mai esistite: l’agricoltura è stata una rivoluzione assolutamente autoctona per ogni popolazione su questo pianeta, pur ammettendo ancora una possibile influenza tecnica, e ciò lo dimostra sia la fisionomia di questi agricoltori antichi che è cro-magnoide in quella parte danubiana dell’Europa, sia le specie vegetali che coltivavano che sono quasi tutte europee, non levantine. Mi spiace per loro (i “politicamente corretti”), ma … MAI ex Oriente Lux, solo a Septemtrione Lux. Come il Maestro Evola disse: “semmai dall’Oriente giunsero soltanto le tenebre”.

Monile aureo etrusco dalla necropoli di Bolsena, VII sec. a.C., conservato nel Museo del Louvre (Francia), rappresentante una tipica nordica simbologia solare inerente al passaggio post mortem nella sfera celeste, sede numica: un Sole con al centro un contorno di anatidi, uccelli acquatici che rappresentano la trasmigrazione spirituale; quattro Svastica; quattro cerchi concentrici disposti a croce solare. Retaggio nordico, retaggio indoeuropeo: il nostro retaggio, la nostra via.

Note

[1] Proprio questa sequenza antropica del continente europeo, Homo Heidelbergensis, Homo Neanderthalensis ed infine l’Uomo di Cro-Magnon, la nostra razza, mi fa pensare a Rígsþula, ossia il “Canto di Rígr” eddico, nel quale si narra della discesa sulla Terra del Dio bianco Heimdallr (il Dio “Guardiano della Terra”, come ben si evince dal teonimo, così come è anche Guardiano di Ásgarðr, sede celeste degli Æsir) ed il suo incontro con gli uomini manifestandosi con il nome Rígr.

[2] Cfr. D. Caramelli, C. Lalueza-Fox, C. Vernesi, M. Lari, A. Casoli, F. Mallegni, B. Chiarelli, I. Dupanloup, J. Bertranpetit, G. Barbujani & G. Bertorelle, Evidence for a genetic discontinuity between Neandertals and 24,000-year-old anatomically modern Europeans, in Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, Vol. 100, n. 11, ed. Maggio 2003, pagg. 6593-6597; M. Currat & L. Excoffier, Modern Humans Did Not Admix with Neanderthals during Their Range Expansion into Europe, in PLoS Biol, Vol. 2, n. 12, ed. 30 Novembre 2004, pag. e421; S. Benazzi, V. Slon & S. Talamo, The makers of the Protoaurignacian and implications for Neandertal extinction, in Science, Vol. 348, n. 6236, ed. 15 Maggio 2015, pagg. 793-796. Mi voglio fermare qui, ma le fonti da citare sarebbero davvero tante.

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  1. M. B-M CHANTREAULT de GUILDARE
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    Très bel article. Je le conserve et l’enregistre.
    Existe t’il un edition française des ouvrages de M. BONFANTI ?

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