Memorie del Terzo Reich

Non c’è dubbio che queste Memorie di Albert Speer – rilasciate dal carcere di Spandau nel 1966 – rappresentino un documento indispensabile per chiunque voglia studiare la storia del Terzo Reich.

Ciò non per le astratte considerazioni moralistiche alle quali indulge l’autore, considerazioni che ci fanno sorridere in un mondo ancora dominato dalla forza.

Ma l’importanza della testimonianza consegnata in queste pagine è tale da far passar sopra al modesto sermoneggiare del testimone.

Giovane architetto di ventott’anni, Speer incontra Hitler, da poco Cancelliere.

Subito ne ottiene la simpatia e diventa l’arbitro supremo della coreografia e della architettura nazista. A Speer Hitler delega l’incarico di costruire la Nuova Cancelleria; Speer disegna il gigantesco scenario dello Zeppelinfeld a Norimberga e, compito ancora più illustre, Hitler affida a Speer i piani della nuova Berlino. Ma uno degli effetti più notevoli della sua carriera di architetto Speer lo raggiunge con quelle coreografie che ebbero tanta parte nella mistica nazionalsocialista, le «cattedrali di luce» che colpivan la fantasia di Brasillach:

«Migliaia di bandiere, appartenenti a tutte le sezioni della Germania si sarebbero concentrate dietro l’argine dello Zeppelinfeld. Ad un dato momento, queste bandiere si sarebbero ordinate su dieci colonne e avrebbero invaso il campo… Dieci potenti riflettori avrebbero investito coi loro fasci di luce le bandiere e le scintillanti aquile dei puntali creando un effetto fantasmagorico. Ma tutto ciò non mi sembrava bastare. Mi attraversavano la mente i fasci di luce che avevo visto proiettati a grandissima distanza dai nuovi riflettori della nostra contraerea e non fui soddisfatto finché non potei chiederne a Hitler centotrenta… L’effetto superò di gran lunga la mia aspettativa. I centotrenta fasci di luce, disposti intorno al campo a non più di dodici metri l’uno dall’altro, saettavano nitidi fino a sei o sette chilometri d’altezza formando in alto una specie di volta luminosa. Si aveva l’impressione di essere in un immenso ambiente sorretto da pilastri altissimi e poderosi. Di tanto in tanto, una nuvola attraversava questo cerchio di luce conferendo alla scena un tocco di surrealismo… “Bella e solenne ad un tempo – scrisse l’ambasciatore britannico Henderson – sembrava di essere in una cattedrale di ghiaccio”».

Scoppiata la guerra, Speer deve addossarsi ben più gravose responsabilità. Dopo l’incidente aereo in cui ha perduto la vita il Ministro dell’Armamento dottor Todt, Hitler lo insignisce di quella carica affidandogli la responsabilità dell’intera produzione bellica.

Speer dapprima dubita di poter assolvere un compito così gravoso e, per lui, inusitato. Ma presto la sua mente lucida si impadronisce di tutti i dettagli della produzione di guerra. Si responsabilizzano gli industriali, si affida a tecnici la direzione di settori fino allora soffocati dalla burocrazia. Molti trovano da ridire su questo ministero antiburocratico che lavora in maniche di camicia con a capo un ministro di trentasei anni. Ma Hitler in persona interviene per rimuovere ogni ostacolo che Speer incontri sul suo cammino.

I risultati non tardano a farsi vedere. Speer è entrato in carica nel febbraio del 1942. Già nell’agosto la produzione globale degli armamenti è cresciuta del 27%, quella dei carri armati del 25%, quella delle munizioni del 97%.

Il nuovo impulso da lui dato trasforma il ritmo produttivo della Germania.

Si può dire che fino al ’42 non si è fatto sul serio. Dopo la rapida campagna contro la Polonia, dopo la folgorante vittoria del giugno ’40 e i facili successi nei Balcani la Germania si è addormentata sugli allori. Solo la tenace resistenza sovietica e l’ingresso in guerra dell’America creano la mentalità della guerra totale.

In lotta contro il tempo, in condizioni sempre più disperate, Speer inizia la sua folle rincorsa agli indici della produzione americana. Sotto i bombardamenti del 1943 e quelli ancora più disastrosi del 1944, la produzione bellica della Germania continua a crescere. In luogo di 5.200 carri fabbricati nel ‘41, se ne fabbricato 27.300 nel ’44; in luogo di 2.964 caccia, 23.805; in luogo di 7.000 cannoni, 41.000, mentre la produzione delle munizioni passa da 540.000 tonnellate a 3.350.000.

Intanto si apprestano le «armi nuove». Ma i fisici nucleari Hahn ed Heisenberg sono scettici circa la possibilità di adoperare a fini pratici la disintegrazione dell’atomo e, comunque, le loro ricerche dovrebbero protrarsi fino al 1946.

Si inventa il primo missile, la V1, e poi la V2. Ma anche qui effetti pratici tardano a farsi vedere. Cosa sono di fronte alle 3.000 tonnellate giornaliere di bombe sganciate dall’aviazione nemica sulla Germania, le 24 tonnellate giornaliere di V2 lanciate contro l’Inghilterra?

Le vere armi rivoluzionarie erano altre: il caccia a reazione Messerchmitt 262, capace di volare più in alto di ogni aereo alleato, e il missile terra-aria Wasserfall in grado di portare contro le formazioni di bombardieri nemici 300 tonnellate di esplosivi. Ma proprio queste due armi vennero trascurate finché non ci fu più tempo per produrne.

Un libro di grande interesse queste Memorie di Speer. Un libro che ci pone il seguente interrogativo: cosa sarebbe avvenuto se la Germania avesse prodotto fin dal principio della guerra i quantitativi di aerei e carri armati prodotti nel 1944? Non c’è dubbio infatti che il conflitto avrebbe preso un altro corso.

Albert Speer, Memorie del Terzo Reich, Ed. Mondadori, pag. 756, Lire 4.000.

Tratto da «L’Italiano», anno X, dicembre 1971.

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