La Fondazione per il Museo “Claudio Faina” di Orvieto è nota, oltre che per le preziose raccolte del proprio museo – sito di fronte a quel gioiello dell’arte italiana, capolavoro dell’architettura gotica, che è il Duomo di questa vetusta città etrusca –, per il prestigio dei suoi convegni reso possibile dal livello del dibattito che li ha sempre caratterizzati. Incominciati nel 1980, essi sono divenuti un appuntamento di rilievo per l’archeologia italiana, animati da studiosi di grande prestigio e seguiti da un pubblico qualificato composto di archeologi affermati, da giovani promettenti studiosi e da studenti universitari alle loro prime esperienze di ricerca. Anche per me divenuti un irrinunciabile appuntamento annuale, voglio ricordare i due precedenti convegni dedicati rispettivamente a “Gli Etruschi e Roma. Fasi monarchica e alto-repubblicana” e a “La grande Roma dei Tarquini”, sui quali conto di ritornare prossimamente per recensirne gli Atti.
Quanto mai azzeccata la scelta del tema di quest’anno, anticipando, di fatto, le celebrazioni collegate al 150° anniversario della costituzione dello Stato unitario. Difficilmente sembrerebbe concepibile l’esistenza di un legame che colleghi gli Etruschi all’Unità d’Italia, mentre nota è la relazione fra gli studi e le ricerche archeologiche dedicate a questo popolo e la dinastia medicea i cui esponenti divennero Duces Etruriae. Dal 3 al 5 dicembre 2010 si è svolto il diciottesimo Convegno dedicato a “La Fortuna degli Etruschi nella Costruzione dell’Italia Unita”. Esisteva un legame a volte sottile altre anche ‘fisico’: archeologi e studiosi che contemporaneamente erano patrioti attivi (ricordiamo Francesco Orioli, Ariodante Fabretti e Achille Gennarelli, partecipi della gloriosa esperienza della Repubblica Romana) ovvero patrioti divenuti archeologi come Isidoro Falchi, al quale si deve la scoperta di Vetulonia; circoli letterari che si occupavano sia dell’attività politica patriottica sia della ricerca archeologica, come quello che si riuniva intorno ai coniugi Gozzadini (Giovanni e Maria Teresa Serego Alighieri, legati alle scoperte di Marzabotto e agli scavi di Villanova di Castenaso, con i quali iniziarono la conoscenza della civiltà Villanoviana, risalente all’età del ferro), il cui salotto culturale era arricchito dalla presenza di personaggi come Marco Minghetti, Aleardo Aleardi, Giosue Carducci, Francesco Paolo Perez, Almerico da Schio e molti altri.
Gli Etruschi erano visti come i primi unificatori dei popoli italici avanti la conquista romana e grande successo avevano le opere di Giuseppe Micali dedicate agli antichi popoli della nostra penisola. I popoli di Ausonia, dall’antico nome poetico dell’Italia; e “Ausonia” fu anche il nome dato a una nuova loggia massonica nel 1859. Il Fascio etrusco fu adottato come simbolo della libertà italica. Va peraltro ricordata anche l’istituzione in Vaticano del museo Etrusco prima e di quello Egizio poi (1837-39), che oltre a collocare Gregorio XVI nella tradizione dei papi mecenati e antiquari, dimostra l’attenzione e l’ascolto all’evolversi della cultura e dell’antiquaria laica, con conseguente, consapevole e mirata, risposta culturale e politica insieme.
Non prive d’interesse le vicissitudini della Collezione Campana, legata a doppio filo a quelle di Giovanni Pietro Campana, Direttore del Monte di Pietà di Roma dal 1833 al 1857. Nel 1854, a causa di gravi problemi finanziari, fu costretto a impegnare la sua collezione di gioielli e, con la garanzia delle altre collezioni, contrattò successivamente numerosi prestiti. Purtroppo la situazione gli sfuggì presto di mano e Campana iniziò a ricorrere a pratiche illegali che lo portarono all’arresto e successiva condanna, così che per pagare i debiti, l’intera collezione, circa 15.000 pezzi, sarà venduta all’asta e dispersa fra Russia (i pezzi migliori sono all’Ermitage di San Pietroburgo), Francia, Inghilterra, Svizzera e Italia. Fortunatamente tutt’altro fu il corso degli eventi per la Collezione Casuccini di Chiusi, che grazie al neonato Regno d’Italia, dopo il mancato acquisto da parte del Museo Archeologico fiorentino, per mancanza di fondi sufficienti, fu acquistata per il Museo Archeologico di Palermo proprio per il peculiare legame che univa la civiltà etrusca con l’Italia, l’antica Terra Italiae, che era particolarmente vivo e sentito nell’Ottocento.
Nella temperie risorgimentale dettero il loro contributo diretto o indiretto personaggi stranieri amanti dell’Italia e delle sue antichità (leggi bellezze). Il più noto dei quali è senz’altro Georges Dennis, il “Pausania dell’Etruria”, che nel suo The cities and cemeteries of Etruria, denso di notizie sui luoghi abitati dagli Etruschi (ancora oggi quadro insuperato di un paesaggio che in molti casi non esiste più, un classico dell’etruscologia e della letteratura inglese), consiglia a chi vuole visitare l’Etruria di leggere intensamente le storie di Livio e di altri autori latini.
Ricordiamo le relazioni del Convegno, comprese quelle dei relatori assenti per impedimenti involontari perché speriamo e presumiamo che i loro contributi non mancheranno nella pubblicazione degli Atti: Carmine Ampolo, Le nazioni italiane e gli Etruschi nell’opera di Carlo Denina; Paolo Desideri, Gli Etruschi di Giuseppe Micali fra antiquaria e ideologia politica; Giovanni Colonna, Lo studio degli Etruschi e il Risorgimento italiano; Armando Cherici, “Mirari vos”: la politica museale di Gregorio XVI tra storia e antistoria; Roberto Macellari, Gaetano Chierici e la questione nazionale; Alessandro Mandolesi, Etruschi e Piemonte sabaudo: dalla diffusione del gusto “all’etrusca” al collezionismo archeologico; Giovannangelo Camporeale, Isidoro Falchi e le questioni di Vetulonia e Populonia; Mario Torelli, Il mito degli Italici nell’Italia risorgimentale; Stefano Bruni, Capponi, Viesseux, Capei e gli Etruschi. Gli scavi della Società Colombaria e il Museo Etrusco di Firenze; Adriano Maggiani, 1859-1861: le ricerche della Società Colombaria a Sovana e a Chiusi; Giulio Paolucci, “Scopritore di tali magnificenze sepolcrali che renderanno immortale il di lui nome”. Nuovi dati sulla collezione Casuccini di Chiusi; Françoise Gaultier, La dispersione della Collezione Campana negli anni dell’unificazione politica dell’Italia; Giuseppe M. Della Fina, La nuova Italia e i beni archeologici: il caso della scoperta delle tombe Golini I e II; Stephan Steingräber, George Dennis e la sua opera nell’ambito dello sviluppo dell’Etruscologia nell’Ottocento; Filippo Delpino – Rachele Dubbini, Pietro Rosa e la tutela delle antichità a Roma tra il 1870 e il 1875; Maria Bonghi Jovino, La scuola archeologica di Pompei e le due anime dell’archeologia risorgimentale; Maurizio Harari, Giosue Carducci e i selvaggi di Villanova; Giuseppe Sassatelli, Bologna: il carnevale degli Etruschi e l’identità cittadina. Atti che puntuali troveremo ad attenderci in occasione del prossimo Convegno.
Last but not least, è da ricordare la presentazione in anteprima ai partecipanti al Convegno, presso il Museo Archeologico Statale di Orvieto, dell’allestimento della sezione dedicata agli scavi di Campo di Fiera: il presumibile sito del Fanum Voltumnae.
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[Originariamente pubblicato in La Cittadella, 41-42 n.s. [Il nostro 150°, Risorgimento e Romanità], genn.-mar./apr.-giu. 2011, 126-130].
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