Il mondo sacro degli Etruschi

Giovanni Feo, Il mondo sacro degli Etruschi, Effigi Edizioni, Arcidosso 2021, pp. 192 ill., Euro 18,00.

È finalmente disponibile l’ultimo libro, postumo, di Giovanni Feo, giustamente definito dal prefatore “un testamento e un monumento”.

Un testamento, perché Giovanni lo ha scritto negli ultimi mesi di vita, quando già si apprestava a lasciare non solo gli amori, gli affetti e i ricordi, ma soprattutto quella specialissima terra che lui amava e conosceva così bene[1]”, quella Maremma tosco-laziale con la sua macchia mediterranea che aveva percorso e ripercorso in lungo e largo essendo un grande camminatore. Ed anche un monumento nel senso etimologico del termine: “tutto quello che richiama il ricordo”. Costituendo questo libro “un po’ la summa di quello che Giovanni ha fatto – ha visto, ha ragionato, ha capito, ha scritto – negli ultimi quarant’anni[2]”.

Ricercatore dei segni delle antiche presenze umane anche in luoghi impervi, si deve a lui la scoperta santuario astronomico di Poggio Rota, sito rinaldoniano fino allora nascosto tra la vegetazione del bosco.

Il libro di Feo “Il mondo sacro degli Etruschi” fa chiarezza partendo dagli “Archetipi territoriali”. Essendo stati i fiumi le vie privilegiate percorse dagli Etruschi e dai loro predecessori, sopra i prospicenti poggi rupestri furo fondati i primi “luoghi alti”. Come ci ricorda Feo: “Alti, non solo in senso fisico, ma anche perché là il potere sacrale, il sacer, era elevato e manifesto, ovvero ciò che i latini chiamavano il genius loci, lo specifico potere sacro inerente ad un luogo. Tale specificità è ciò che dava nome e vita e che creava la storia, il “canto”, il mito di un luogo sacro. Il suo genius loci[3]”.

Il lago di Bolsena ed il territorio vulcanico del tufo e delle lave intorno al suo cratere è stato per tradizione millenaria il centro, l’ombelico sacro, della confederazione delle dodici lucomonie etrusche. “Ma la centralità e la sacralità del lago risalgono all’età pre-etrusca, alla prima età dei metalli, intorno al 4000 a.C., quando l’area lacustre di Bolsena venne abitata da un primo stanziamento[4]” dei cosiddetti Rinaldoniani. Come osserva Feo l’importanza delle vie fluviali, dei laghi vulcanici, delle sorgenti calde e termali “fa emergere la figura di quella che per i popoli dell’antica Etruria fu la Grande Dea delle acque e della fertilità, chiamata con tanti nomi: Ursia, Norzia Voltumna, e in età latina Fortuna, l’antica Bona Dea, il primordiale principio femmine creatore di vita[5]”. Anche il principio maschile è presente. “Sorano, evoca un lungo “canto” di intrecciate storie e leggende. Soranus, Surianus, Sora, Soratte, Surrina, Sorrento… Acsoranus, infine Suri, dio etrusco domiciliato su particolari montagne sacre, dove l’astro di luce veniva osservato sorgere, o tramontare, nelle date solstiziali dell’antico calendario ieratico[6]. Dio-lupo, Sorano o Suri, fu patrono dei guerrieri-lupo e dei sacerdoti-lupo, parèdro della dea-lupa Feronia, ambedue connessi al mito lupesco della fondazione di Roma, il fatale sito dei sette colli[7]”.

Molte sarebbero le pagine da segnalare positivamente ai lettori ma è preferibile rinviarli alla facile e stimolante lettura del libro.

Vorrei invece segnalare che il volume contiene a mo’ di appendice una lunga “intervista”: “Il viaggio interiore. Conversazione di Martina Aquili con Giovanni Feo[8]. Oltre alle vicissitudini giovanili e la fame di conoscenza, tramite l’insegnamento con Namkae Norbu Rinpoche, comprese di avere un compito. “Non era quello di cercare un maestro o un altro maestro, ma diventare il maestro di me stesso e quindi portare a termine quel percorso di auto-conoscenza che già avevo iniziato da tempo[9]”. Ammette che quando si trasferì a Pitigliano non sapeva della sua importanza come centro della civiltà etrusca e pre-etrusca. “Mi ero interessato alle antiche civiltà in generale come la tibetana, la indiana, ma non particolarmente a quella etrusca[10]”. Nel frattempo, entrò in contatto con “la cosiddetta tradizione tolteca riattualizzata dall’antropologo Carlos Castaneda[11]” praticando “Tensegrità per un tempo sufficiente da coglierne elementi molto importanti[12]”. Il suo grande interesse per il mondo e la spiritualità induisti lo portò a fermarsi a lungo in un celebrato Ashram.

Mi piace concludere con la risposta data all’intervistatrice che chiedeva cosa avessero in comune le tradizioni da lui citate.

In tutte ho ritrovato quelle radici universali che C. G. Jung ha definito archetipiche. Credo che in antico sia esistita una tradizione cognitiva e spirituale condivisa universalmente, su tutta la Terra[13]”.

Mario Enzo Migliori

N.d.R.: A inizio Dicembre, in un telegiornale, è stato reso noto il ritrovamento nelle profondità del lago di Bolsena (luogo indicato da Feo in “Arthos” n° 27, p. 56) a scoperta di vasi fittili e di un bronzetto, risalenti all’antica civiltà di Rinaldone.

[Pubblicato in: “Arthos”, XLIX, n.s., 30, 2021, pp. 237-238]

Note

[1] Leonardo Magini, Un saluto da e a Giovanni [Introduzione all’op. recensita], p. 7.

[2] Id., p. 9.

[3] P. 12 dell’Op. recensita.

[4] Id.

[5] Id.

[6] In sanscrito Surya significa sole. La Siria è “la terra del sole”. (N.d.A.)

[7] Id. pp. 14-15.

[8] Pp. 165-176 dell’Op. recensita.

[9] Id. p. 172.

[10] Id.

[11] Id. p. 173.

[12] Id.

[13] Id. p. 174.

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Nato a Prato nel 1953. Collabora alle seguenti riviste di studi storici e tradizionali: Arthos; La Cittadella; Vie della Tradizione; ha collaborato a Convivium ed a Mos Maiorum. Socio della Società Pratese di Storia Patria; dell'Istituto Internazionale di Studi Liguri e del Centro Camuno di Studi Preistorici. E' stato tra i Fondatori del Gruppo Archeologico Carmignanese.

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