La concezione della storia di Comte

Auguste Comte (Montpellier, 19 gennaio 1798 – Parigi, 5 settembre 1857)
Auguste Comte (Montpellier, 19 gennaio 1798 – Parigi, 5 settembre 1857)

In questo articolo prenderemo in considerazione la concezione della storia di Comte ed effettueremo alcune riflessioni sugli elementi più importanti che caratterizzano la concezione della storia del filosofo e sociologo francese.

Filosofie della storia: Comte ed Hegel

Vogliamo metter in evidenza che l’unica filosofia della storia che per vastità di orizzonti può essere paragonata a quella di Comte è quella di Hegel, sebbene la concezione della storia di Hegel sia superiore a quella di Comte in quanto a profondità di pensiero e spessore concettuale. Entrambe non sono pure e semplici filosofie della storia, ma devono essere considerate anzitutto filosofie storiche, ovvero filosofie che sono strettamente legate e tengono conto degli eventi storici, permeate nel loro metodo dal senso storico, quale che sia in particolare l’oggetto delle loro considerazioni.

Come Hegel, anche Comte è convinto che nessun fenomeno può venir compreso filosoficamente senza esser compreso storicamente mediante l’individuazione della sua origine e destinazione temporale, della sua funzione e della sua giustificazione nell’intero processo storico. In sintesi possiamo dire che l’intento di Comte, come quello di Hegel, è dare un senso al confuso insieme di sistemi di pensiero e azioni che costituiscono il corso degli eventi storici. Entrambi i filosofi sono cioé convinti che il fine degli eventi storici, anche di quelli apparentemente contraddittori, sia quello di permettere l’evoluzione del genere umano.

Per entrambi lo sviluppo e l’evoluzione storica dell’umanità non sono fenomeni universali, ma il punto di partenza unitario e determinante nella razza bianca dell’occidente cristiano. Per entrambi i filosofi soltanto la civiltà occidentale è dinamica, progressiva nel suo svolgimento e nel raggiungimento del suo fine ultimo, ovvero il continuo progresso del genere umano. Ma mentre Hegel riconduceva la superiorità del mondo occidentale sugli altri continenti alla presenza del cristianesimo, Comte sosteneva che la superiorità del mondo occidentale era dovuta alle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche della razza bianca.

Ambedue devono essere considerati pensatori post-rivoluzionari, in quanto entrambi sono fortemente influenzati dalle ideologie della rivoluzione francese. Tuttavia  tentano di introdurre nel pensiero della rivoluzione francese un elemento di stabilità, che per Hegel è rappresentato dal carattere assoluto dello “Spirito”, mentre per Comte l’elemento di stabilità che si introduce nel dinamismo continuo del pensiero rivoluzionario è rappresentato dalla “religione dell’umanità”.

Concludiamo questo parallelismo tra Hegel e Comte mettendo in evidenza che per entrambi ogni evento storico ha un senso che spesso può essere compreso solamente con un’indagine di tipo retrospettivo.

La legge dei tre stadi

Comte partiva dall’idea che l’unica legge che governa il corso degli eventi storici è la legge naturale dell’evoluzione e del progresso. A detta di Comte, la filosofia positiva si distingueva dalla teologia e dalla metafisica della storia soprattutto perché mentre queste erano assolute nella loro concezione ed arbitrarie nella loro applicazione, al contrario la filosofia positiva della storia era relativa nella sua concezione e razionale nella sua applicazione. Tuttavia, malgrado Comte insista spesso nel radicale rifiuto di qualsiasi pretesa di assolutezza, in realtà resta a sua volta legato a quella pretesa di assolutezza che egli afferma di rifiutare. Infatti, a nostro avviso, Comte finisce per sostituire l’assolutismo teologico e metafisico da lui duramente combattuti con l’assolutismo del continuo ed inevitabile progresso scientifico che per lui, come abbiamo detto in precedenza, costituisce il significato ed il fine ultimo della storia. Ma se ben riflettiam,o il concetto di sviluppo continuo verso un fine ultimo futuro presuppone che si assolutizzi il concetto di sviluppo scientifico e filosofico.

Possiamo dire che lo scopo generale dell’opera di Comte è quello di comprendere le tappe fondamentali dello sviluppo e del progresso dell’umanità. A dire di Comte tale sviluppo e tale progresso continui sono comprensibili partendo dalla conoscenza e dalla comprensione di quella che egli definisce “la grande legge fondamentale” ovvero la “legge dei tre stadi”. Secondo tale legge l’intero sviluppo storico attraversa tre stadi: teologico, metafisico e scientifico. Lo stadio scientifico o positivo rappresenta l’ultimo stadio che caratterizza il progresso storico dell’umanità. Tale stadio, a dire del filosofo e sociologo francese, aveva avuto inizio con Bacone, Galileo e Cartesio, la cui opera doveva essere ampliata e completata mediante l’elaborazione del metodo storico-sociologico, che faceva sì che la filosofia della storia divenisse una scienza. Comte era cioè convinto che le teorie cartesiane, per quanto ammirevoli, fossero incomplete, in quanto il sistema di pensiero cartesiano basato sulle scienze naturali andava completato e perfezionato introducendo quella che Comte chiama “fisica sociale”, che altro non è che quella scienza che oggi noi chiamiamo sociologia.

A questo punto riteniamo opportuno dire qualcosa di più sui tre stadi che secondo Comte caratterizzano il progresso del genere umano. Nello stadio teologico lo spirito umano cerca di conoscere la vera natura della cose, le loro cause prime ed ultime, nonché la loro origine ed il loro fine: la mente umana cerca di raggiungere quella che ritiene la conoscenza assoluta di tutte le cose. Per giungere a tale conoscenza essa considera tutti i fenomeni come un prodotto dell’intervento diretto e continuo di molteplici entità soprannaturali (politeismo) oppure di un’unica entità divina (monoteismo).

Dopo lo stadio teologico, secondo Comte, l’umanità passa allo stadio metafisico: gli esseri umani non sono più convinti che tutti i fenomeni storici e sociali siano dovuti all’azione di entità soprannaturali oppure di un’unica entità soprannaturale, poiché si afferma la convinzione che tutti gli eventi storici e sociali siano spiegabili utilizzando concetti assoluti ed immutabili di tipo metafisico.

Nel terzo stadio lo spirito umano non cerca più di spiegare gli eventi storici e sociali chiamando in causa entità divine o astratte, ma limita la sua indagine al tentativo di individuare e conoscere le leggi scientifiche naturali che regolano tutti i fenomeni storici e sociali. Di conseguenza gli esseri umani rinunciano alla pretesa di comprendere l’origine dell’universo, rendendosi conto che tale conoscenza non è alla portata della mente umana. Nello stadio positivo comprendere un fenomeno significa stabilire le relazioni che esistono tra quel fenomeno e gli altri che hanno un collegamento con esso e anche individuare le leggi di carattere generale che possono facilitare la comprensione del fenomeno in questione. Una delle affermazioni più significative di Comte è che il numero delle leggi generali necessarie per comprendere i vari fenomeni diminuisca sempre più con il progresso della scienza. Comte afferma a chiare lettere che l’ideale irraggiungibile al quale deve tendere il progresso scientifico è la spiegazione di tutti i fenomeni utilizzando un’unica legge generale, come quella della gravitazione.

Comte esalta lo stadio positivo ma giustifica tuttavia la necessità storica dello stadio teologico. Egli evidenzia come nello stadio positivo la mente umana cerchi di spiegare in modo scientifico i fenomeni utilizzando le leggi di carattere generale e le relazioni esistenti tra i singoli fenomeni. Tuttavia, il genere umano doveva dare inizio al suo tentativo di comprendere la realtà basandosi sulla convinzione che le entità soprannaturali siano le cause ultime e dirette dei fenomeni osservati, in quanto questa è la spiegazione più semplice, l’unica alla portata della mente umana agli albori della storia. Comte afferma che tale convinzione, sebbene errata, fornì agli esseri umani le motivazioni necessarie per iniziare il duro e faticoso lavoro mentale e spirituale necessario per fare i primi passi sulla difficile strada della comprensione della realtà.

Anche lo stadio metafisico è assolutamente indispensabile per giungere allo stadio positivo. Infatti il passaggio dallo stadio teologico a quello metafisico permise al genere umano di spiegare i fenomeni naturali e storico-sociali non più chiamando in causa entità divine ma utilizzando concetti di tipo metafisico che vennero considerati le cause ultime di tutti i fenomeni. Di conseguenza, sebbene queste ultime non erano altro che astrazioni prive di riscontri empirici, diedero in ogni caso la possibilità al genere umano di compiere un notevole balzo in avanti sulla strada della conoscenza, e resero inoltre possibile il raggiungimento dello stadio positivo o scientifico.

Vogliamo precisare che il fine generale a cui tenderebbe la storia secondo Comte è il progresso scientifico del genere umano; ma Comte non si accontenta di limitare il progresso alla scienza, essendo convinto che si debba verificare nel corso della storia anche un progresso continuo sul piano morale, in quanto senza quest’ultimo quello scientifico ed intellettuale non garantirebbe quella riorganizzazione sociale che Comte ritiene indispensabile per migliorare la condizione esistenziale degli esseri umani.

Secondo il filosofo e sociologo francese la grande crisi politica e morale in cui si trovavano le più importanti nazioni era dovuta all’anarchia spirituale e morale del suo tempo. Per tale ragione Comte sostenne che bisognava dare grande importanza non solo alle scienze naturali ma anche alla sociologia (Comte definiva la sociologia fisica sociale) in quanto solamente quest’ultima poteva permettere il miglioramento delle strutture sociali nonché il ristabilimento dell’ordine sociale gravemente compromesso dall’anarchia spirituale e morale.

Filosofia positiva e religione

Comte era convinto che per controbilanciare le forze sociali che tendevano ad instaurare l’anarchia morale, spirituale e sociale si dovesse costruire un sistema sociale in grado di conciliare l’ordine conservatore con il progresso rivoluzionario. Per il filosofo e sociologo francese ordine e progresso, che secondo gli autori del passato si escludevano l’un l’altro, potevano coesistere in una società ben costruita; anzi, Comte affermava che se si voleva costruire un mondo migliore dovevano necessariamente coesistere. In diversi passi della sua opera afferma che nella filosofia positiva “sono due facce della stessa medaglia”.

Comte mette in evidenza che la Chiesa cattolica fu la grande conservatrice della tradizione, della gerarchia e dell’ordine sociale mentre al contrario il protestantesimo diede un grande impulso al progresso. Tuttavia la nuova società che caratterizzerà il terzo stadio (quello scientifico) non sarà né cattolica né protestante ma sarà semplicemente una società guidata e caratterizzata dalle leggi naturali della storia sociale. La religione cattolica e, in proporzione minore, quella protestante, nello stadio scientifico non potevano più avere nessun ruolo in quanto solamente la scienza poteva guidare l’umanità verso il progresso morale, sociale e culturale.

Vogliamo evidenziare che Comte dedica ampio spazio al ruolo rivestito dalla religione cristiana nel passato, tanto è vero che afferma a chiare lettere che il primo passo verso il progresso umano fu reso possibile dal cristianesimo, che proclamando la superiorità della legge evangelica su quella mosaica diede origine all’idea di uno sviluppo progressivo della storia verso il suo compimento finale. Tuttavia Comte sostiene che il cristianesimo non fu in grado di elaborare una teoria scientifica del progresso sociale poiché questa avrebbe clamorosamente contraddetto la pretesa della religione cristiana di rappresentare lo stadio finale dell’evoluzione spirituale dell’umanità. Forse uno dei punti di più difficile comprensione della filosofia della storia di Comte è proprio la valutazione e il giudizio che egli formula sulla religione cristiana. In un passo della sua opera egli precisa che la sua preferenza per il sistema cristiano, come garante di un’organizzazione sociale stabile, non dipendeva dal fatto che egli era stato educato al cattolicesimo. Comte sostiene che tale preferenza dipendeva dal fatto che, a suo dire, esisteva una forte affinità tra il pensiero cattolico e quello della filosofia positiva, in quanto entrambi avevano lo scopo e la capacità di creare un vero organismo sociale, seppure su basi diverse. Per quanto possa sembrare sorprendente troviamo in molti passi dell’opera di Comte non solamente il riconoscimento delle qualità politiche e sociali di uomini come Bossuet, ma anche una forte ammirazione per la religione cristiana. Tuttavia questa ammirazione non è rivolta tanto a Gesù e alla sua predicazione del messaggio evangelico quanto all’apostolo Paolo, che viene definito dal filosofo e sociologo francese un “grand’uomo”, paragonabile solamente a uomini eccezionali come Cesare e Carlo Magno. Inoltre Comte afferma a chiare lettere la sua immensa ammirazione per il Medioevo, considerato un periodo felice della storia del genere umano.

Tuttavia, come abbiamo già accennato, per Comte il tempo del cristianesimo è ormai finito, cosicché tale religione non può più svolgere alcun ruolo nello stadio scientifico, in cui la filosofia positiva ha il compito di portare a compimento e perfezionare tutto ciò che il cristianesimo ha costruito nel corso dei secoli. Tra l’altro egli era anche convinto che dopo il Medioevo si era verificata un’inarrestabile degenerazione della dottrina cattolica, dovuta a una continua involuzione e a quella che Comte definisce un’agonia cronica. Pertanto Comte effettua una distinzione di fondamentale importanza per comprendere il suo giudizio sul cristianesimo: a causa della degenerazione la dottrina cattolica era condannata ad un irreversibile declino, mentre l’organizzazione della Chiesa cattolica era destinata ad essere presa come modello dalla filosofia positiva. Dell’organizzazione cattolica Comte apprezzava soprattutto la separazione del potere spirituale da quello temporale, separazione che a suo avviso non esisteva nel paganesimo classico.

A nostro avviso è insostenibile che nel cristianesimo esistesse una separazione tra potere spirituale e temporale, e ciò soprattutto nel Medioevo tanto esaltato da Comte, poiché il Papa non era soltanto il capo spirituale del popolo cristiano ma anche il sovrano dello Stato della Chiesa, detenendo così sia un potere spirituale che un potere temporale. A dire il vero, il Papa ha detenuto sia il potere temporale sia quello spirituale fino alla caduta dello Stato della Chiesa avvenuta con la conquista di Roma da parte dell’esercito italiano.

Comte dimostra una grande ammirazione per la morale personale, domestica e sociale della religione cristiana. Per quanto riguarda la morale personale cristiana Comte sostiene che mentre le virtù morali personali nel mondo classico si riducevano solamente alla magnanimità e alla saggezza, nella morale personale cristiana furono introdotte nuove virtù quali l’umiltà, e inoltre il suicidio, considerato ammirevole presso i pagani, venne condannato. La morale domestica del cristianesimo permise un salto di qualità rispetto al mondo pagano, in quanto stabilì l’indissolubilità del matrimonio e diede maggiore importanza ai rapporti interpersonali esistenti all’interno della famiglia. Per quanto riguarda infine la morale sociale Comte attribuisce alla religione cristiana il merito di aver moderato l’intransigente patriottismo del mondo classico mediante il sentimento della fratellanza universale esistente tra gli uomini indipendentemente dalla loro nazionalità.

Tuttavia Comte in diversi punti della sua opera mette in evidenza con rammarico la graduale ed irreversibile crisi e degenerazione della dottrina cristiana. Egli era convinto di poter risolvere il problema creato dalla degenerazione della dottrina cattolica utilizzando i principi della filosofia positiva. Ma in che modo? Comte pensava che per risolvere i problemi dell’umanità la filosofia positiva (ovvero scientifica) dovesse costruire una nuova religione che prendesse il posto di quella cristiana: tale nuova religione viene definita “la religione dell’umanità”.

La “religione dell’umanità”

Cercheremo ora di individuare quali dovevano essere per Comte le caratteristiche principali di tale nuova religione. Per prima cosa nella religione dell’umanità l’autorità spirituale avrebbe dovuto esser messa nelle mani di una sorta di “clero filosofico”, mentre il potere secolare avrebbe dovuto essere esercitato dai magnati dell’industria e della finanza. Comte si sottopose anche all’immane fatica di elaborare tutti i particolari che dovevano far parte della nuova società positiva. Egli giunse perfino al punto di stabilire quale doveva essere la nuova bandiera di tale Stato, nonché un nuovo calendario con nuove feste, nuovi santi positivi e nuove chiese.

Comte affermò che tuttavia nei primi tempi la religione dell’umanità avrebbe ancora dovuto servirsi delle chiese cristiane, che a poco a poco si sarebbero svuotate. In una lettera del 1851 Comte si spinse fino al punto di profetizzare che egli prima del 1860 avrebbe predicato nella chiesa di Notre Dame il vangelo del positivismo da lui definito “l’unica religione reale e perfetta”.

Dobbiamo mettere in evidenza che la religione immaginata da Comte aveva un carattere molto anomalo in quanto l’umanità avrebbe costituito allo stesso tempo l’oggetto di culto e gli adepti della nuova religione. Nell’elaborare questo nuovo tipo di religione Comte cadde in diverse contraddizioni che costituiscono uno dei maggiori punti deboli del suo sistema di pensiero e della sua concezione della storia, che è con ogni evidenza una concezione utopistica. A nostro avviso lo stesso Comte si rese in parte conto dei problemi logici a cui andava incontro, tanto è vero che con onestà intellettuale in un famoso passo della sua opera ammette di non sapere quale categoria di uomini potrà costituire il “clero filosofico” della religione dell’umanità. Mentre era facile dire quali uomini non avrebbero potuto far parte del “clero filosofico” era addirittura impossibile dire quale categoria di uomini avrebbe invece potuto far parte di tale clero filosofico.

Un ingenuo utopismo

A nostro avviso Comte era un uomo dotato di una grande onestà intellettuale, di un brillante ingegno e di un ammirevole e raro dono della semplificazione, ma il fatto di aver ceduto passivamente (e quasi completamente) al fascino delle teorie utopistiche ha fatto sì che il suo sistema di pensiero presenti innegabili contraddizioni e punti deboli e spesso non brilli né per spessore concettuale né per profondità di pensiero. Se vogliamo essere obbiettivi dobbiamo però evidenziare che oggi, epoca in cui i suoi principi generali del positivismo appaiono non scientifici, ma completamente utopistici, è passato molto tempo dal 1848 (anno in cui Comte pubblicò la sua opera).

Un esempio significativo del carattere utopistico delle idee di Comte è dato dalla modalità con la quale Comte voleva costruire il nuovo Stato perfetto governato dalla filosofia positivista. A suo dire il nuovo Stato avrebbe preso il nome di “grande repubblica occidentale” e sarebbe stato costituito dalle cinque nazioni europee più progredite (Francia, Italia, Spagna, Inghilterra e Germania). Se Comte avesse effettivamente ragionato in maniera razionale, e non utopistica, non avrebbe potuto ipotizzare uno Stato costituito dall’unione dei territori di tali nazioni, così come non avrebbe potuto teorizzare una religione tanto utopistica che egli stesso non era in grado di dire quali categorie di individui avrebbero potuto costituirne il clero.

Ma quelli che abbiamo messo in evidenza non sono gli unici punti deboli ed utopistici della concezione della storia di Comte. Anche il modo in cui secondo Comte si sarebbe dovuti giungere all’abolizione totale delle guerre è altrettanto utopistico. L’abolizione delle guerre sarebbe stata una diretta ed automatica conseguenza dello sviluppo industriale. L’ascesa dell’industrialismo avrebbe determinato la graduale decadenza del militarismo (come ben sappiamo i fatti storici gli hanno dato completamente torto). Comte era convinto che il militarismo di Napoleone sarebbe stato l’ultima espressione della tendenza degli uomini a praticare una politica imperialistica e a risolvere i problemi e conflitti con la guerra. Anche in questo caso i fatti storici hanno clamorosamente smentito le teorie utopistiche di Comte.

Comte e i suoi molti discepoli e ammiratori credevano fermamente di aver trovato il modo per risolvere tutti i problemi dell’umanità con l’introduzione della filosofia positiva. Ma se accettiamo – come accettava lo stesso Comte – che la previsione e la predizione razionale devono essere il criterio ultimo ed inappellabile della filosofia scientifica come lo sono nelle scienze naturali appare evidente che i fatti storici hanno confutato le teorie utopistiche di Comte in maniera più radicale di quanto qualsiasi critica di tipo intellettuale potesse fare.

A differenza di Burckhardt, che si rese conto che lo sviluppo dell’industria moderna non solo non avrebbe facilitato l’abolizione delle guerre ma al contrario avrebbe favorito lo scoppio di nuove guerre, per il semplice motivo che si sarebbe verificata un’alleanza tra gli industriali e le alte gerarchie militari delle principali nazioni europee, Comte si illuse che lo sviluppo dell’industria avrebbe favorito l’abolizione delle guerre. Burckhardt si mostrò molto più realista di Comte quando affermò che i detentori del potere economico e del potere militare avrebbero fatto sì che i maggiori Stati europei adottassero politiche imperialiste e colonialiste al fine di conquistare l’egemonia sulle altre nazioni europee e non europee (Burckhardt afferma che gran parte dell’industria moderna avrebbe tratto vantaggio dalle guerre) .

Vogliamo chiudere il nostro discorso sulla concezione della storia di Comte mettendo in evidenza che in diversi punti del suo sistema di pensiero egli privilegia in maniera esagerata gli interessi della collettività, dando poca o nessuna importanza agli interessi dei singoli individui. Sebbene Comte non se ne rendesse conto, la sottovalutazione dei diritti dell’individuo in nome dei diritti della collettività finisce per aprire la strada all’avvento di regimi dittatoriali che, come la storia ci insegna, hanno svolto un ruolo allo stesso tempo importante e tragico nell’Europa del Novecento (vedasi il nazismo in Germania, il fascismo in Italia, il regime di Franco in Spagna e il comunismo nell’ex Unione Sovietica). Il forte utopismo impedì a Comte di comprendere la vera essenza degli eventi storici. La profondità di pensiero, d’altronde, manca spesso nella sua concezione della storia. Egli infatti si dimostrò molto superficiale sia nell’ipotizzare la religione dell’umanità, sia nel credere che la semplice razionalità fosse sufficiente a risolvere tutti i problemi dell’umanità, sia nel pensare che fosse facile eliminare le guerre dalla storia, sia nel credere che l’interesse degli industriali fosse quello di metter fine alle guerre, sia nell’assolutizzare il progresso scientifico, sia nel non rendersi conto che la sua sottovalutazione dei diritti dell’individuo per privilegiare quelli della collettività apre la strada all’avvento dei regimi dittatoriali.

Le idee utopistiche hanno portato Comte completamente fuori strada, facendolo incorrere in numerosi errori, sebbene in fondo egli fosse un uomo dotato di un intelletto brillante e non comune, dimostrato dalla elaboratezza della sua filosofia della storia e dalla vastità dei suoi interessi culturali.

Purtroppo la storia intellettuale dell’umanità ci dimostra che anche gli intellettuali più brillanti, maggiormente dotati di amore per lo studio e di onestà intellettuale quando diventano schiavi delle idee utopistiche cadono inevitabilmente in contraddizioni e ambiguità e soprattutto non riescono più a cogliere la realtà dei fenomeni storici e sociali e non riescono più a formulare previsioni razionali attendibili riguardo il futuro dell’umanità.

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