Premessa a questo breve scritto: Die Gedanken sind frei!
Qualche settimana fa scrissi ad una lista di insegnanti di tedesco del Goethe Institut (tedesco-lis@goethe.de) per chiedere se qualcuno degli iscritti potesse fornirmi una traduzione (per errore scrissi tradizione) della poesia di Josef Weinheber “Künstler und Volk”. Non osavo avventurarmi nella traduzione di un grande poeta con il mio tedesco approssimativo ed appena sufficiente per la sopravvivenza in terre tedesche.
Prima di questo mio intervento avevo solamente segnalato agli iscritti alla lista un canto lanzichenecco del 1525 e un incisione di Georg Sluyterman von Langeweyde che illustrava un Volkslied.
Non conoscevo assolutamente nulla di Weinheber: sapevo solo che era stato un grande poeta, un nazionalsocialista e si era suicidato nel 1945. Semplicemente mi incuriosiva un suo canto che avevo sentito in un filmato trovato sulla rete. Appena qualche giorno dopo dalla lista sorsero 5 o 6 feroci inquisitori che minacciavano sfracelli perché avevo inserito “propaganda nazista”. Chiedevano la mia rimozione, severe sanzioni, forse sognavano il mio internamento. Qualcuno ancora più zelante si diede alla caccia grossa. Trovò sulla rete il nome “Harm Wulf” scoprendo addirittura che avevo scritto articoli su artisti e scrittori con un passato non democraticamente doc (vedi lista).
La cosa pietosa di questa demenziale vicenda è che non uno degli iscritti alla lista osò prendere posizione per spiegare (missione impossibile) ai solerti ed occhialuti inquisitori che se il poeta austriaco Josef Weinheber poteva essere catalogato tra i proscritti come “nazista” si sarebbe dovuto procedere con lo stesso criterio ad una catartica Bücherverbrennung (rogo di libri di bruna memoria) inserendo nella pira i testi e le opere di altri “maledetti nazi” quali Martin Heidegger, Carl Schmitt, Ernst Jünger, Gottfried Benn, Richard Strauss, Herbert von Karajan, Arno Breker, Knut Hamsun, Ezra Pound, Mircea Eliade, Emil Cioran, Louis Ferdinand Céline ed altri quattro debosciati nella lista di proscrizione al sito: http://www.vho.org/censor/tA.html
Comunico ai solerti inquisitori che purtroppo, anche oggi: Die Gedanken sind frei! http://ingeb.org/refer/diegedan.MP3
P.S.: Ai censori della lista consiglio di intervenire sul municipio di Vienna che ha addirittura fatto erigere nel 1975 un monumento al “nazista” nello Schillerpark (infame opera dello scultore Josef Bock), chiedendone la rimozione immediata.
Josef Weinheber
(9/3/1892 Vienna – 8/4/1945 Kirchstetten)
«La terra che un giorno ci partorì
di nuovo ci accolse per purificarsi
E come ci inginocchiamo, al tuo servizio
la sua polvere ci donerà ali per divenire uomini».
Tratto da L. L. Rimbotti in http://www.uomo-libero.com/articolo.php?id=348
Secondo Marino Freschi in La letteratura nel Terzo Reich (Editori Riuniti), Josef Weinheber è: “il più autentico poeta di lingua tedesca che aderisce al nazismo”.
Weinheber nasce a Vienna nel 1892 nel quartiere di Ottakring e perde nel 1904 i genitori e la sorella minore per la tubercolosi. Nel 1910 muore della stessa malattia anche la sorella più vecchia. Trascorre sei lunghi anni in un orfanatrofio in condizioni economiche precarie e nel degrado sociale prima che la madre di un compagno di scuola lo prenda a vivere con se.
Dopo il liceo serale, nel 1911, riesce a farsi assumere in un ufficio postale e trascorre molti anni in questo impiego, dedicandosi ad uno studio durissimo da autodidatta. Per leggere i classici impara il greco ed il latino e si dedica alla poesia di Hölderlin. Inizia un attività poetica priva di riconoscimenti malgrado la sua indiscussa maestria nello scrivere versi. Nel 1919 Weinheber sposa una giovane ebrea, Emma Fröhlich, che lo incoraggia al lavoro artistico della poesia e della pittura. Il matrimonio finisce in meno di un anno per il rifiuto dell’artista a formare una famiglia, compito a cui non si sentiva pronto.
Dal 1919 collabora con il periodico satirico viennese “Die Muskete” e viene influenzato delle opere di A. Wilgans, R. M. Rilke e K. Kraus. Del 1920 è la prima raccolta Der einsame Mensch (L’uomo solitario). Nel 1923 esce il suo primo libro, Von beiden Ufern (Da entrambe le sponde), e nel 1924 l’autobiografia Das Weisenhaus (L’orfanatrofio) che viene pubblicata dal giornale socialista Arbeiterzeitung e nel 1926 Boot in der Bucht (La nave nella baia).
Nel 1927 si converte al protestantesimo e si sposa per la seconda volta con Hedwig Krebs, una collega di ufficio. Entra nel partito nazionalsocialista nel 1931 fino alla sua messa fuorilegge in Austria nel 1933. Frequenta gli amici M. Jelusich e R. Hohlbaum. Fino al 1932, anno di pubblicazione di Adel und Untergang (Nobiltà e tramonto), ampliato nel 1934, non ottiene nessun tipo di riconoscimento da parte della critica letteraria, che non apprezza il suo rigoroso formalismo classico, il riferimento all’eroismo ed al richiamo del sangue. Queste tematiche, tipiche del movimento völkisch, e l’idea che il poeta incarni l’essenza del popolo piuttosto che la sua individualità, lo avvicineranno al movimento nazionalsocialista.
“Weinheber si batte contro l’irresponsabilità dell’industria culturale, rivendicando la dignità immacolata della lingua tedesca, evocata dal poeta in ascetica solitudine, lontano dalla trivialità della società e dalla commercializzazione praticata dalla cultura moderna. Lo scrittore resta incurante del disprezzo sociale e superiore al successo e al consenso. Così vorrebbe restare, ma in realtà è tutt’altro che distaccato. Nel 1934 in Sprache zur Abwehr (Motto di difesa) esprime questo suo straziante complesso psicologico e poetico di risentimento e insieme di intenso visionarismo, che si eleva ad una conciliazione tra individualità e comunità popolare. “Mich vollendend, diene ich dem Volke” (compiendo me stesso servo il popolo). Si chiarisce il collegamento tra il titanismo eroico del singolo, dell’artista e la comunità attraverso quel servizio alla lingua identificato con la parola d’ordine nazionalsocialista di servire il popolo”. (M. Freschi, op. cit. pag. 188).
Nel 1936 gli viene attribuito del Wolfgang Amadeus Mozart-Preis, un premio istituito dal cittadino americano Ernst Toepfer e dal fratello Alfred industriale di Amburgo per riparare i torti subiti dal popolo tedesco dall’iniquo trattato di Versailles. Con il denaro del premio acquista una casa a Kirchstetten, la “Aigenhof”, dove vivrà con la moglie fino al 1945: molte delle sue poesie nasceranno in questa casa. Nel 1937 esce O Mensch, gib acht (O uomo, fai attenzione) schizzi e canzoni in forma popolare. Nel 1938 Zwischen Götter und Dämonen (Tra dei e demoni) quattro odi sulla visione della realtà in cui raggiunge la perfezione formale del classico ispirandosi ancora ad Orazio e a F. Hölderlin. Il meglio della sua poesia è tuttavia contenuto in Kammermusik (1939; Musica da camera). È anche autore della raccolta di strofe popolari, in parte in dialetto viennese, Wienwörtlich (1935; Vienna alla lettera). Nel 1941 ottiene il premio letterario Grillparzer-Preis insieme a Mirko Jelusich. Nel 1944 esce la raccolta di liriche Dokumente des Herzens (Documenti del cuore).
L’8 aprile 1945 Josef Weinheber sceglieva il suicido o meglio la libera morte, in tedesco “Freitod”, per non cadere nelle mani dei russi. Secondo Ida Magli (in http://leguerrecivili.splinder.com/archive/2004-06 ) “si spegneva così una delle ultime voci di consapevolezza tedesca”.
Con i sovietici già dentro Vienna il poeta, pochi giorni prima del suicidio, scrive questa nota:
“E’ necessario rappresentare ancora una volta la sostanza di tutta la poesia occidentale prima che essa venga travolta nel generale naufragio dello spirito”.
Poi, prima della sua tragica scelta:
“Una povera esistenza si salva sempre
nella venale eredità di un giorno venale
grande è soltanto il nostro sacrificio.
Anche la terra si disperde e gli dei muoiono
eppure, anche la morte continua.
Permane l’inutilità e dura anche la notte che ci avvolge.
A noi non si addice domandare.
A noi si addice cadere, ciascuno sul proprio scudo”.
Nel 1947 viene pubblicato postumo Hier das Wort (Qui è la parola). Per diverso tempo i libri del poeta furono proscritti dal governo austriaco, ma la raccolta completa del suo lavoro apparve tra il 1953 ed il 1956 in cinque volumi. Nella stessa cittadina di Kirchstetten nel 1958 acquisterà una casa il poeta inglese Wystan Hugh Auden 1907-1973 che è sepolto nel cimitero della chiesa cattolica. La sua abitazione (Hinterholz 6 oggi museo) distava pochi metri da quella di Weinheber. Auden dedicherà una poesia al poeta austriaco che, malgrado si fosse riavvicinato al cattolicesimo, non poté essere sepolto nel cimitero della chiesa. Auden scrisse nella raccolta Cinque poesie d’occasione “Joseph Weinheber” inserita nella raccolta City Without Walls and Other Poems del 1965 (traduzione italiana Città senza mura, 1981, Mondadori, pagina 50):
“Reaching my gate, a narrow
lane from the village
passes on into a wood:
when I walk that way
it seems befitting to stop
and look through the fence
of your garden where (under
the circs they had to)
they buried you like a loved
old family dog”.
“Giunge al mio cancello, uno stretto sentiero dal villaggio e s’inoltra in un bosco: quando vado in quel senso sembra giusto fermarmi e guardare dal recinto del giardino nel quale (lo dovevano in quelle circostanze) ti seppellirono come un vecchio amato cane di famiglia.”
Nella poesia Auden ricorda con tristezza la parabola artistica ed esistenziale di Weinheber che immagina “irretito” da “uomini astute e pericolosi” che lo hanno tenuto all’oscuro dei loro crimini per avere il suo appoggio. La pietà affiora alla conclusione della poesia: “…Guardando in fondo alla nostra valle… rispetterei anche te, mio Vicino e Collega.”
Nel novembre del 1995 la collezione Weinheber è diventata ufficialmente il Museo Josef Weinheber in cui si trovano gli scritti, le fotografie e gli oggetti appartenuti al poeta. Nel giardino della casa museo diretta dal figlio Christian Weinheber-Janota c’è la tomba del poeta (Museo Josef Weinheber- Josef Weinheber-Straße 36, 3062 Kirchstetten – Austria; Tel. (0043) (0)2743 89 89; http://www.kirchstetten.at/ – http://www.weinheber.at/)
1932
QUID PRO QUO
Ich sehe mich ganz
“überliefert” schon
reden Juden von unserer
“Tradition”.
Mi vedo già
“consegnato”
parlano gli ebrei della nostra
“tradizione”.
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1933
DIE NICHTEXISTENTEN
Das Wort Jude ist tabu.
Gibt es welche? Gibt es keine?
was verbirgt es, das Getu?
Ach wir kämen nie ins reine,
bliebe da der Grund getrübt,
nicht die Wirkung starr bestehen:
Daß es Antisemiten gibt,
wird wohl kaum zu leugnen gehen.
GLI INESISTENTI
La parola Giudeo è tabù.
Ce ne sono? Non ce ne sono?
cosa nasconde il Getu?
Ahimé, non ci metteremo mai d’accordo
se il motivo resta torbido,
non considerare l’azione severamente
che ci siano antisemiti,
non si può certo negare.
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DEUTSCHER FRÜHLING 1933
Die Dichtkunst schloß sich freudig an.
Es riecht nach Konjunktur.
Herr Spunda trägt ein Hakenkreuz
so groß wie seine Uhr.
PRIMAVERA TEDESCA 1933
L’arte della poesia si chiuse allegramente
Puzza di congiuntura.
Il signor Spunda porta una croce uncinata
grande quanto il suo orologio.
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1934
DER FÜHRER DOLLFUSS
Ein Kurpfuscher in Rotweißrot
verordnet unseren Nöten Not.
Ein Frömmling, keiner Fliege gram,
raubt, foltert, mordet ohne Scham.
Ein blutbefleckter Ministrant
zu Grabe läutet Volk und Land.
Ein grausiger Analphabet
den Sinn des Seins nach hinten dreht.
Ein Nichts, das überall zur Stell,
aufstört das Weltall mit Gebell,
ein Waisenknabenangesicht
verdeckt die Sonn: Der Führer spricht.
Der “Führer” spricht.
IL FÜHRER DOLLFUSS
Un ciaraltano in rossobiancorosso
decide i nostri bisogni.
Un bigotto, indegno di una mosca,
ruba, tortura, uccide senza vergogna.
Un chierico sporco di sangue
Suona a morto per il popolo e la terra.
Un terribile analfabeta
ruota al contrario il senso dell’essere.
Un nulla, che trovi ovunque,
disturba l’universo con latrati,
un volto da orfano
copre il sole: il Fuehrer parla.
Parla “la guida”.
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Aforismi
Gegen nichts sollte man mehr Mißtrauen hegen als gegen die Vielseitigen.
“Er kann alles”:
Das bezeichnet in 999 von tausend Fällen nicht einen
Renaissance-Menschen, sondern – den jüdischen Reporter.
La diffidenza non andrebbe nutrita verso nulla se non il molteplice.
“Egli può tutto”:
Ciò identifica in 999 casi su 1000 non un uomo rinascimentale,
bensì un reporter ebreo.
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Die Polizei ist das schlechte Gewissen des Staates.
La polizia è la cattiva coscienza dello stato.
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Kein Tier hat Religion, weil es den Tod nicht fürchtet!
Nessun animale ha religione, poiché essi non temono la morte!
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Deutschland: Das Sklavenvolk mit der Herrengeste.
Germania: il popolo di schiavi con movenze da Signori.
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Staatsmänner werden gestürzt oder gehen.
Sie sind nichts Dauerndes.
Gli uomini di governo vengono rovesciati o se ne vanno.
Non rappresentano nulla di eterno.
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Il video celebra il canto del poeta austriaco Künstler und Volk:
Molte delle opere del filmato si trovano in http://www.galleria.thule-italia.com/
Künstler und Volk testo di Josef Weinheber http://ingeb.org/Lieder/lebteinl.html
Lebt ein Leib ohne Herz?
Und du Volk, lebst ferne der Kunst?
Adelst die Hände nicht, die den Traum deiner Stirn,
getreu, binden an das Gesetz? Siehe die bildenden!
Wie? Du leidest, und Leid beraubt
dich, zu horchen hinab, wo das Geheimnis ruht?
Wann denn hätte nicht jeglich Leid
Ehr gezollt dem Gefäß, Ehrfurcht des Leidens Maß,
Ruhm dem Herzen? Du duldest, Volk:
Aber, bittrer allein, duldet dein Genius.
Not des Leibs, sie vergeht im Leib,
doch das Opfer der Kunst, da es vergeblich war,
kann nicht hingehn. Es zeugt, es weist
allem spätern Geschlecht stumm die Entartung vor.
Denn so leidet kein Hungernder;
und der Sterbende wird besser, fürwahr, erlöst.
Ach, ein Volk, das nicht hört, sein Herz
nicht mehr hört, ist vorbei. Jeder Altar versöhnt
den ihm eigenen Gott. Ein Rauch-
werk ins Leere ist Hohn, frevelnder. Denk es, Volk!
Artista e popolo
Vive un corpo senza il cuore?
E tu, popolo, vivi lontano dall’arte?
Non nobiliti le mani che, fedeli vincolano alla legge
il sogno della tua fronte? Guarda i creatori di forme!
Come? Tu soffri e la pena ti impoverisce
fin giù dove riposa il segreto?
Quando non avrebbe ogni pena tributato
onore al contenitore, rispetto alla grandezza della sofferenza,
gloria al cuore? Tu soffri popolo:
ma, più amaramente da solo, soffre il tuo genio.
La miseria del corpo svanisce nel corpo
ma il sacrificio dell’arte, poiché era invano,
non può svanire. Mostra e testimonia
alle mute stirpi future la degenerazione.
Poiché così nessuno ne soffre;
e il moribondo viene confortato davvero meglio.
Ahimé, un popolo che non ascolta
più il suo cuore è finito. Ogni altare riconcilia
il suo proprio Dio. Scherno è una boccata di fumo nel vuoto,
un sacrilegio. Pensa a ciò popolo!
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