1. La pubblicistica degli Anni ’30 e la Rivolta contro il mondo moderno.
Le esperienze pubblicistiche degli Anni ’20 e della prima metà dei ’30 fecero notare Evola da più parti. Iniziò così la sua collaborazione a numerose testate dell’epoca, prime fra tutte “La vita italiana”1 di Giovanni Preziosi e “Il regime fascista” di Roberto Farinacci. Sul quotidiano del ras di Cremona, esponente del fascismo intransigente e squadristico, Evola dispose dal 1934 di una speciale pagina culturale quindicinale, che prese il nome di “Diorama filosofico”2. Su quelle pagine, per dieci anni, si alternarono alcune delle firme più prestigiose del conservatorismo aristocratico europeo dell’epoca (sir Ch. Petrie, il principe Rohan, O. Spann, E. Dodsworth, F. Everling, W. Stapel, W. Heinrich); inoltre contribuirono esponenti di spicco del pensiero tradizionalista (R. Guénon, G. De Giorgio), studiosi dell’antichità (tra cui lo storico della romanità Fr. Altheim), scrittori di grande fama (G. Benn, P. Valéry) e buona parte degli ex-collaboratori de “La Torre”3. Evola ricorda l’esperienza del “Diorama filosofico” in questi termini: “Fu, questo, un tentativo unico nel suo genere nell’ambiente del tempo. Fu anche un appello la cui risposta, nell’insieme, doveva però essere negativa”4. La causa di ciò, sempre secondo Evola, fu che “nel campo della cultura in senso proprio la “rivoluzione” fu uno scherzo. Per poter rappresentare la “cultura fascista” l’essenziale era essere iscritti al partito e tributare un omaggio formale e conformistico al Duce. Il resto, era più o meno indifferente”5. In un simile squallido panorama le pretese aristocratiche e tradizionali di Evola e del suo gruppo di collaboratori dovevano andare per necessità frustrate.
Dopo aver collaborato all’Enciclopedia Italiana sul finire degli Anni ’206, nei tredici anni successivi l’attività pubblicistica di Evola si fece ancora più intensa. Vanno ricordati anche, tra gli altri, i numerosi scritti per “Il corriere padano” (quotidiano di Ferrara), “Bibliografia fascista”7, “Augustea”, “Lo Stato”8, “La rivista del C.A.I.”9 e, dal 1939, “La difesa della razza”. Il suo pensiero andava in quegli anni facendosi sempre più radicalmente tradizionalista. Nel 1934 usciva quello che da molti è considerato il suo libro più importante e significativo, Rivolta contro il mondo moderno10, in cui esponeva una vera e propria visione metafisica della storia e della civiltà; si interessava inoltre di varî altri temi, come in Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo, del 1932, ne Il mistero del Graal e la tradizione ghibellina dell’impero11, del 1937, e ne Il mito del sangue12, dello stesso anno.
Prima che l’argomento iniziasse a divenire una moda culturale a seguito dell’emanazione delle famose “leggi razziali” del 1938 (tema in quegli anni spesso affrontato senza la debita preparazione), Evola si occupò dello studio delle razze umane, formulando una singolare dottrina razziale incentrata sull’elemento spirituale. Partendo dalla tripartizione tradizionale dell’uomo in corpo, anima e spirito, egli evidenziava l’esistenza di altrettante razze, corrispondenti ai tre diversi livelli. In tale visione si possono di conseguenza delineare, gerarchicamente ordinati, un razzismo del corpo, uno dell’anima e uno dello spirito. Va in ogni caso precisato, con Adriano Romualdi, che “avrebbe poco senso definire il razzismo di Evola un “razzismo dello spirito”, perché la razza è innanzitutto un dato psico-fisico. Esso è piuttosto un’analisi del fatto razziale integrata in una dimensione più profonda”13.
Alcuni dei libri che il filosofo tradizionalista scrisse sull’argomento (oltre al già citato Il mito del sangue, Tre aspetti del problema ebraico, del 193614; Sintesi di dottrina della razza, del 194115; Indirizzi per una educazione razziale, dello stesso anno16) e anche alcuni articoli17 furono notati da Mussolini, che convocato Evola a Palazzo Venezia gli espresse il suo plauso per la concezione spiritualista della razza che vi vedeva espressa. Fu a seguito di quell’incontro che Evola ebbe rapporti di collaborazione con il Ministero della cultura popolare (e probabilmente da lì presero spunto, più o meno direttamente, anche alcune collaborazioni giornalistiche)18 e che nacquero almeno un paio di iniziative di carattere ufficiale, tra le quali la pubblicazione in lingua tedesca di Sintesi di dottrina della razza con il titolo di Grundrisse des faschistischen Rassenlehre19, il progetto di rivista bilingue “Sangue e spirito”20 e una sorta di “mappatura razziale d’Italia” condotta a livello scientifico sui tre livelli dell’uomo prima elencati. Questi due ultimi progetti però non giunsero a buon esito21.
In un’intervista del dopoguerra Evola espone in tre punti quelle che a suo avviso furono le ragioni dell’interesse suscitato in Mussolini dalla sua opera: “All’epoca in cui parlavo in Germania, Mussolini si interessava al razzismo. Per tre ragioni: 1) avevamo conquistato l’Etiopia; si trattava di suscitare una specie di orgoglio nazionale nell’elemento italiano per impedire le mescolanze di sangue. Questo razzismo assomigliava meno al razzismo fanatico tedesco di quello che i bravi inglesi hanno sempre praticato nelle colonie. 2) D’altronde Mussolini aveva riconosciuto il fatto che una rivoluzione sarebbe diventata una burla se non si fosse creato un tipo umano nuovo […]. 3) In terzo luogo, dal momento in cui l’Italia fosse divenuta alleata della Germania, l’ebreo sarebbe diventato suo nemico. All’inizio del regime fascista, in Italia, al contrario della Germania e della Francia di Gobineau e di Achille de la Ponge (errore per Georges Vacher De Lapouge, N.d.A.), vi erano solo antropologi limitati”22.
Se nel 1934, in concomitanza con l’uscita della prima edizione della Rivolta Evola ancora riteneva del fascismo “che si poteva sempre tentare di rafforzare le potenzialità positive presenti nei movimenti politici in discorso, separandole da quelle negative e problematiche”23, e se probabilmente sulla base di una simile veduta svolse anche, in modo più o meno ufficioso, alcuni ruoli paradiplomatici in stati dell’Europa orientale24, questa tenue speranza di una restaurazione dell’ordine tradizionale parve dissolversi al crollo di tali regimi.
Evola continuerà nel dopoguerra a dare indicazioni politiche agli uomini dell’Ordine, che avrebbero dovuto opporsi alla decadenza contemporanea. Ma tali indicazioni appaiono ormai quasi esclusivamente l’additare la “giusta battaglia”, senza che più un realismo politico o una minima prospettiva di successo a esse minimamente arrida. Si tratta di una visione “guerriera”, ignara e priva di “compromessi, illusioni e finzioni di sorta”25, che nel suo ascetismo legionario si richiama idealmente alla Repubblica Sociale Italiana.
2. La Repubblica Sociale Italiana.
Dopo l’otto settembre 1943 Evola non si accodò ai tanti intellettuali cresciuti nel fascismo e pronti a vendere la propria intelligenza al nuovo padrone, americano o sovietico che fosse. Pur se critico nei confronti del fascismo durante il potere di questo, non può che schierarsi dalla parte del fascismo quando, nel grande conflitto, lo vede opporsi alle forze dell’antitradizione capitalista e comunista. Come aveva già scritto sin nel maggio 1929, “ad Oriente, è la Russia. Ad Occidente, è l’America. Due forme, due poli di un pericolo che, come due branche di una unica tenaglia, cominciano a serrarsi lentamente intorno al nucleo della nostra Europa”26. Due forme di civiltà accomunate da uno stesso materialismo, da uno stesso primato dell’economia, da uno stesso ideale “da bestiame bovino” di produzione e consumo. Risultano ancora oggi profetiche le parole che Evola scrisse oltre settanta anni orsono a tale proposito27: “Se il bolscevismo ha destato, ed ancora continuerà a destare, delle reazioni precise come per una cosa mortale per tutta la tradizione della nostra cultura, l’Europa tuttavia in mille forme va ogni giorno più subendo l’influenza dell’americanismo, epperò del pervertimento di valori e di ideali che sta dietro all’americanismo e che il bolscevismo conduce al vertice […]. L’americanizzazione di alcuni aspetti della vita europea rappresenta una specie di cavallo di Troia con cui l’America – forse senza pensarci e senza volerlo, ma volendolo invece la nostra debolezza – dissolverà la civiltà del vecchio continente, fra cui d’altra parte sotto specie di ideologie comunistico-pacifiste, internazionalistiche, bolsceviche e democratiche, serpeggia il fermento di decomposizione”28.
Date simili premesse ideologiche e culturali lo schierarsi evoliano dalla parte della R.S.I. è un’adesione necessitata, di estrema e coraggiosa coerenza. Anche per lui può valere la classificazione di quella scelta come quella di “onore”, presa in un momento in cui i destini del conflitto pendevano già con tragica evidenza dalla parte del nemico.
Gianfranco De Turris ha ricostruito dettagliatamente, sulla base dei documenti esistenti, il poco che si sa sul periodo 1943-1945 nella vita di Evola29, e ha tratto dal suo studio queste conclusioni: “Julius Evola ha avuto una posizione quantomeno singolare all’interno dell’esperienza della Repubblica Sociale. Operò nella R.S.I., ma non fece parte propriamente della R.S.I.: infatti, almeno allo stato attuale delle ricerche, non risulta che ebbe incarichi ufficiali nella Repubblica, a parte i rapporti di collaborazione esterna con il Ministero della Cultura Popolare sino all’ottobre 1943; né continuò la sua intensissima attività pubblicistica, come era stato in precedenza sino al luglio 1943: infatti, da quanto è stato possibile fino ad ora controllare, sui giornali della R.S.I. risultano appena due suoi soli articoli”. Si tratta delle collaborazioni giornalistiche con il quotidiano torinese “La Stampa”30. A esse va aggiunta la pubblicazione, nello stesso anno, de La dottrina del risveglio31. Va menzionata altresì l’attività svolta a Vienna – dove Evola visse in quegli anni sotto falsa identità32, e dove, nel marzo 194533 riportò la lesione al midollo spinale che lo costrinse alla immobilità degli arti inferiori per il resto dei suoi giorni – di ricerca sulla massoneria e simili movimenti, che avrebbe dovuto portare alla stesura di una Storia segreta delle società segrete, mai andata in porto, e l’attività di collaborazione a organi politici, sulla quale però ben poco si sa34.
Un dato di fatto acclarato è però che Evola fu uno dei pochissimi italiani a incontrare Mussolini al Quartier Generale di Hitler dopo la liberazione del Duce dal Gran Sasso a opera di Otto Skorzeny, nel novembre 194335.
3. Il dopoguerra: un mondo di rovine.
Come accennato, nel 1945 Evola riportò una lesione al midollo osseo che lo costrinse all’immobilità degli arti inferiori per il resto della sua vita36. Trascorse così circa tre anni girando tra diversi ospedali, prima in Austria e poi in Italia. Questi problemi fisici non menomarono però in alcuna misura le sue facoltà intellettive: anzi, egli interpretò quella forzata immobilità quasi come il segno di una volontà superiore che la sua attitudine “guerriera” si sviluppasse sul piano esclusivamente culturale.
Dopo la fine del conflitto e “dopo aver trascorso circa un anno e mezzo in cliniche austriache, nel 1948 rientrai in Italia. Qui mi aspettavo di trovare solo un mondo di rovine, spirituali ancor più che materiali. Restai sorpreso nel constatare che esistevano invece dei gruppi, soprattutto di giovani, che non si erano lasciati trascinare nel crollo generale. Specie nei loro ambienti il mio nome era noto e i miei libri erano molto letti”37. Si avviò così un fecondo rapporto intellettuale tra Evola e quella gioventù “non spezzata”: tra i ragazzi che primi entrarono in contatto con Evola vi sono Clemente Graziani38, Fausto Gianfranceschi39, Roberto Melchionda40, G.A. Spadaro41, Enzo Erra42, Paolo Andriani43, Rutilio Sermonti e Pino Rauti. Quest’ultimo rammenta con queste parole la “scoperta” di Evola: “non lo conoscevamo. Durante il regime fascista aveva avuto scarso rilievo ufficiale, anche se gli articoli che scrisse su “Diorama” furono, a mio parere, una cosa enorme. Ma noi ignoravamo tutto della vita culturale del fascismo […]. Evola lo scoprimmo durante uno dei nostri tanti soggiorni in carcere. Leggemmo Rivolta contro il mondo moderno, che per noi ebbe un’importanza decisiva”44.
Con quei giovani – nucleo dal cui ambiente sarebbero sorte varie iniziative politiche e culturali45 – si instaura un importante rapporto; ed è essenzialmente per quella gioventù che Evola scrive, nei primi anni del dopoguerra, i suoi principali saggî di argomento politico. Si tratta del settore della Destra giovanile e culturale di quegli anni, vicina al (o all’interno del) Movimento Sociale Italiano e soprattutto si tratta della corrente di Ordine Nuovo: “Si era […] formato un “Movimento Sociale Italiano”, composto di vecchi fascisti, ma anche di giovani; sono loro che combattono il comunismo per le strade e all’università. Conta circa due milioni di membri. […]. Ma un altro gruppo, “Ordine Nuovo”, ha adottato totalmente le mie idee”46. Il giudizio sui membri di “Ordine Nuovo” non fu sempre dei migliori: “anche dal lato dottrinale la situazione è critica, appunto per la mancanza di studiosi qualificati di tale indirizzo: lo si vede dallo stesso caso del gruppo di “Ordine Nuovo” che volentieri vorrebbe seguire una linea tradizionale non cattolica o cristiana, ma che manca quasi completamente degli accennati elementi qualificati, per cui ogni volta che vogliono far uscire un numero della rivista si trovano di fronte al problema dei collaboratori”47.
La gioventù di Destra manterrà con Evola un rapporto privilegiato sino alla morte di questi. Negli anni successivi gravitarono intono alla sua casa di Via Vittorio Emanuele, tra gli altri, Mario Merlino48, Gianfranco De Turris49, Gaspare Cannizzo50, Renato Del Ponte51 e soprattutto Adriano Romualdi, che fu senza dubbio il suo migliore interprete, oltre che l’autore della prima biografia evoliana52.
Adriano Romualdi (1941-1973), figlio di Pino, (che fu vicesegretario del P.F.R., tra i fondatori del M.S.I. e presidente dello stesso, oltre che direttore della rivista mensile “L’Italiano”) fu una delle più coscienti e acute menti critiche della Destra italiana. Tra i suoi testi più propriamente politici figurano un saggio sulla konservative Revolution tedesca53, la già citata biografia interpretativa di Evola, il saggio postumo Il fascismo come fenomeno europeo54, il lirico saggio Le ultime ore dell’Europa, che rappresenta una drammatica narrazione della conclusione della seconda guerra mondiale, la lettura critica di pensatori di spicco della storia della filosofia e della letteratura (Nietzsche55, Platone56, Spengler57, Drieu La Rochelle58) e due saggî, oggi raccolti in un volume unico59, dal titolo, rispettivamente, Idee per una cultura di Destra e La Destra e la crisi del nazionalismo.
Occorre chiarire che Evola rimase del tutto estraneo alla politica in senso stretto. Come non era mai stato iscritto al P.N.F., allo stesso modo non aderì ad alcun partito nel dopoguerra. Nei confronti del M.S.I. in una lettera del 1948 a un vecchio amico (Girolamo Comi) così si espresse: “La prima impressione circa la vita della nuova Italia, quale l’ho potuta avere da qualche giornale e dallo stile di chi si trova qui, è quella di una particolare turbolenza […]. Quanto a “posizioni”, le più decenti mi sembrano quelle del MSI, ma unicamente perché negano senza eccezioni gli altri partiti e sono balie asciutte per i “liberatori” sia del blocco occidentale che di quello orientale. Ma, quanto al lato positivo, nemmeno essi vanno un passo avanti oltre il pantano”60.
Nell’aprile del 1951 Evola venne arrestato con l’accusa di essere stato “maestro” e “ispiratore” dei F.A.R. (Fasci di Azione Rivoluzionaria), un movimento politico costituitosi su basi spontaneistiche, membri del quale avevano fatto esplodere alcune bombe-carta nella capitale. Il collegamento a Evola fu presunto sulla base della sua pubblicazione di Orientamenti per conto di “Imperium” e delle sue collaborazioni giornalistiche con alcune delle riviste sopra citate61. Dopo sei mesi circa di custodia cautelare in carcere, Evola, patrocinato gratuitamente dal famoso professore Francesco Carnelutti, pronunciò la famosa Autodifesa, poi ripubblicata anche nella rivista “L’eloquenza”62. Fu assolto il 20 novembre del 1951 con formula piena – sebbene il Pubblico Ministero avesse chiesto otto mesi di reclusione. Nella sua autobiografia definì poi tale episodio come una “comica vicenda”63. Oltretutto, rilevava, “nella mia autodifesa ebbi occasione di mettere in chiaro un punto fondamentale. Dissi che attribuirmi idee “fasciste” era un assurdo. Non in quanto erano “fasciste”, ma solo in quanto rappresentavano, nel fascismo, la riapparizione di principî della grande tradizione politica europea di Destra in genere, io potevo aver difeso e potevo continuare a difendere certe concezioni in fatto di dottrina dello Stato”64.
Su questa stessa linea sono i saggi evoliani Il Fascismo visto dalla Destra65 e Gli uomini e le rovine66. Affini nella stessa struttura, questi saggi affrontano il problema politico in chiave storiografica il primo e di teoria generale il secondo (con commistioni in entrambi i casi): già in Orientamenti erano presenti le idee-base e la struttura generale dei due saggi teorici successivi.
Sulla nascita de Gli uomini e le rovine, in particolare, ricorda Evola: “mi parve non inutile esporre in un libro quei presupposti d’ordine generale che, nel campo della dottrina dello Stato e della visione generale della vita, si prestassero per l’orientamento di detto schieramento”67. Un dato è in particolare interessante: “Gli uomini e le rovine uscì con una presentazione del principe Valerio J. Borghese, assai noto come esponente dei combattenti dell’ultima guerra, essendo egli stato a capo di forze della marina italiana, che, fra l’altro, con una impresa audacissima colarono a picco nel porto di Alessandria due corazzate e altre navi inglesi e avendo egli poi combattuto fino all’ultimo come comandante del corpo chiamato Decima Mas. Questa associazione del suo nome col mio doveva avere un carattere simbolico: entrambi eravamo uomini che avevano seguito liberamente una linea ideale, rifuggendo dal piano più basso della politica, l’uno potendo rappresentare il combattentismo, l’altro il teorico di una precisa idea di Destra. Pensai che un tale binomio avrebbe forse potuto cristallizzare in Italia forze per quel nuovo fronte. […]. Ciò, in termini diversi da un partito politico, piuttosto in quelli di quadri potenziali di un ordine nuovo. […]. Dunque: da un lato lo schieramento di un’élite di Destra, dall’altro, come controparte, questi quadri potenziali per l’azione; un partito, unicamente per una funzione tattica contingente. Tutto questo progetto non ebbe seguito alcuno”68. Adriano Romualdi descrive Gli uomini e le rovine con queste parole: “un libro “reazionario”, nel senso positivo e legittimo del termine, il libro di chi reagisce, e duramente, contro il sudiciume del mondo democratico-marxista”69.
Evola avrebbe dovuto cioè constatare e sempre più negli anni convincersi di come i tempi non fossero più maturi per una restaurazione, in alcuna forma, dell’ordine tradizionale che teorizzava. Il capitolo della sua autobiografia dedicato alla Ricerca di uomini fra le rovine si conclude dunque con questa amara constatazione: “In genere, sembrano non esistere, in Italia, i presupposti necessari per una seria azione di risollevamento ideale e politico. Purtroppo come sostanza umana s’incontra dappertutto quella del politicante che rimane tale anche quando combatte il comunismo e professa idee “nazionali”. Gli intrighi parlamentari hanno assorbito a poco a poco anche i migliori”70.
Note
1 I contributi al quindicinale di Preziosi sono stati poi raccolti: J. Evola, Gli articoli de “La vita italiana” durante il periodo bellico, Centro Studi Tradizionali di Treviso, Treviso 1988. Molti scritti sono riportati anche in J. Evola, Il “genio d’Israele”. L’azione distruttrice dell’ebraismo, Il Cinabro, Catania 1992.
2 Gli articoli dei primi due anni (1934 e 1935) furono raccolti in un volume: J. Evola, Diorama filosofico. Problemi dello spirito nell’etica fascista, Europa, Roma 1974. Il libro recava la dicitura “volume I”; ma non è mai seguita l’edizione di volumi successivi. Rimando necessariamente all’ampio studio del prof. R. Del Ponte, Gli orizzonti europei del tradizionalismo nel “Diorama filosofico” (1934-1943), in M. Bernardi Guardi e M. Rossi (cur.), Delle rovine e oltre. Saggi su Julius Evola, Pellicani, Roma 1995, pp. 167-197. Del Ponte (n. 23 p. 177) vi preannunciava (si era nel 1995) la futura edizione critica, in almeno sei volumi, dell’intero “Diorama”, per conto delle edizioni Sear. Anche questo secondo progetto non è però mai andato in porto, per via delle difficoltà incontrate nella prima metà degli Anni ’90 dalla casa editrice.
3 Cfr. J. Evola, La Torre, Il Falco, Milano 1977. Su D. Rudatis in particolare cfr. L. Pignatelli, Sport, cultura, tradizione. Domenico Rudatis collaboratore del “Diorama filosofico” evoliano, in “Futuro presente” 6 (1995), pp. 175-180.
4 J. Evola, Il cammino del cinabro, Scheiwiller, Milano 19722, p. 104.
5 J. Evola, Il cammino del cinabro, cit., p. 105.
6 Cfr. St. Arcella, La collaborazione di Evola con l’Enciclopedia Italiana, in “Studi evoliani” 1 (1998), pp. 82-92, che conclude: “la collaborazione di Evola con la Treccani si inserisce […] in una strategia della presenza volta a garantire all’orientamento spirituale e culturale che rappresentava uno spazio istituzionale di espressione all’interno delle strutture culturali ufficiali” (pp. 91-92). La sola voce Atan\ r, di sicura attribuzione a J. Evola, è stata ripubblicata in “Algiza” 13 (1999), p. 21.
7 Gli scritti sono stati raccolti nel libro in due volumi J. Evola, Esplorazioni e disamine. Gli scritti di “Bibliografia fascista”, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 1994 e 1995.
8 I contributi a “Lo Stato” sono stati organicamente raccolti in un’edizione curata da G.F. Lami: J. Evola, Lo Stato (1934-1943), Fondazione Julius Evola, Roma 1995.
9 Pubblicati, con altri e a cura di R. Del Ponte, nel volume J. Evola, Meditazioni delle vette, Il Tridente, La Spezia 1974 (l’ultima edizione, la quarta, è Sear, Borzano 1997). Sull’Evola alpinista cfr. anche E. Longo (cur.), Il regno perduto. Note sul simbolismo tradizionale della montagna, Ar, Padova 1989; id., Montagne di ghiaccio e di luce: la metafisica delle vette in Julius Evola, in “Convivium” 18 (1994), pp. 13-19; id., Il fuoco e le vette, Il Ventaglio, Roma 1996, passim; id., Swastika. Il mistero dell’alpinismo esoterico, in “Algiza” 13 (1999), pp. 13-17.
10 J. Evola, Rivolta contro il mondo moderno, Hoepli, Milano 1934. L’ultima versione, la quarta, è Mediterranee, Roma 1998.
11 J. Evola, Il mistero del Graal e la tradizione ghibellina dell’impero, Laterza, Bari 1937. L’ultima edizione, la quarta, è Il mistero del Graal, Mediterranee, Roma 1994. Sulla genesi editoriale del libro, in cui giocò una parte di rilevo anche l’intermediazione di Benedetto Croce presso l’editore Laterza di Bari, cfr. J. Evola, La biblioteca esoterica. Evola Croce Laterza carteggi editoriali 1925-1959 (a cura di A. Barbera), Fondazione Julius Evola, Roma 1997.
12 J. Evola, Il mito del sangue, Hoepli, Milano 1937. Ne seguì una seconda edizione nel 1942 presso lo stesso editore. Di entrambe le versioni sono oggi disponibili edizioni anastatiche, rispettivamente Ar, Padova 1978 e Sear, Borzano 1995. Si noti che le riproduzioni sono entrambe uscite dopo la morte dell’autore, poiché questi si era opposto alla riproposizione di tali libri dopo il secondo conflitto mondiale.
13 A. Romualdi, Julius Evola: l’uomo e l’opera, Volpe, Roma 1968, ora in id., Su Evola, Fondazione Julius Evola, Roma 1998, p. 86.
14 J. Evola, Tre aspetti del problema ebraico, nel mondo spirituale, nel mondo culturale, nel mondo economico sociale, Mediterranee, Roma 1936. Ne esiste oggi un’edizione anastatica (Ar, Padova 1978).
15 J. Evola, Sintesi di dottrina della razza, Hoepli, Milano 1941. Edizione anastatica Ar, Padova 1978.
16 J. Evola, Indirizzi per una educazione razziale, Conte, Napoli 1941. Ne esiste una seconda edizione ricomposta (Ar, Padova 1994).
17 Il riferimento è in particolare a J. Evola, Razza e cultura, in “Rassegna italiana” 188/XVII (1934), pp. 11-16, e di imminente riedizione nel volume da me curato J. Evola, Il “mistero iperboreo”. Scritti sugli Indoeuropei 1934-1956, Fondazione Evola, Roma 2001. Ne Il Cammino del cinabro (cit., p. 148) Evola ricorda erroneamente il 1935, anziché il 1934, come anno di edizione dell’articolo.
18 Tra queste cfr. U. Indrio, Da “Roma fascista” al “Corriere della Sera”. Cinquant’anni di storia italiana nelle memorie di un giornalista, Edizioni Lavoro, Roma 1987, 116-117. Il riferimento è alla collaborazione evoliana a “Roma fascista”, resa possibile tramite l’intermediazione di Massimo Scaligero. Cfr. infra anche il caso della collaborazione evoliana al quotidiano torinese “La stampa”.
19 J. Evola, Grundrisse des faschistischen Rassenlehre, Runge Verlag, Berlin o.D. (1943).
20 “”Le propongo di creare una rivista italo-tedesca che si chiamerebbe “Sangue e spirito”” Mussolini approvava; io m’incaricavo quindi della parte italiana, Rosenberg e Gross di quella tedesca; purtroppo la cosa non è continuata”, ricorda Evola in E. Antebi, Un’intervista a Julius Evola, in “Heliodromos” 6 (1995), p. 19. Cfr. sul tema l’ampia documentazione dell’auswärtiges Amt in N. Cospito – H. W. Neulen, J. Evola nei documenti segreti del Terzo Reich, Europa, Roma 1986, pp. 85-109. Da essa si apprende che dopo l’incontro con Mussolini dell’agosto 1941 Evola ebbe modo di sentirsi confermare il proposito del Duce nuovamente nel dicembre 1941.
21 J. Evola, Il cammino del cinabro, cit., pp. 147-160. Rileviamo di passata come una “mappatura razziale”, di tipo nettamente materialistico, sia stata invece stilata nel dopoguerra tramite gli studi genetici e sulla tipologia del sangue dall’antropologo L. Cavalli-Sforza.
22 E. Antebi, Un’intervista a Julius Evola, cit., p. 18.
23 J. Evola, Il cammino del cinabro, cit., p. 131.
24 Cfr. il documentato lavoro di C. Mutti, Julius Evola sul fronte dell’Est, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 1998. Gli Stati cui si fa riferimento sono la Cecoslovacchia, la Romania e l’Ungheria.
25 Espressioni evoliane riferite, nel dopoguerra, alle prospettive aperte da Rivolta contro il mondo moderno (J. Evola, Il cammino del cinabro, cit., p. 132).
26 J. Evola, Americanismo e bolscevismo, in “La nuova antologia” 10 (maggio 1929), ora in J. Evola, I saggi della Nuova Antologia, Ar, Padova 19822, p. 35.
27 Scriveva F. Freda (sub nomine Edizioni di Ar) nella Nota introduttiva a J. Evola, I saggi della Nuova Antologia, cit., pp. 10-11: “nella lucida diagnosi sul modo d’essere e di manifestarsi dell’americanismo e del bolscevismo, accanto ad affermazioni che assumono il valore di vere e proprie predizioni di ciò che gli eventi hanno in seguito confermato, l’Autore è incline a ritenere esistenti tra i due sistemi delle differenze che gli avvenimenti successivi hanno provveduto a negare e superare […]. Egualmente pare – quanto meno a noi – che oggi non siano più americanismo e bolscevismo a comporre le membra della Bestia e a suscitarne i movimenti. Forze più sottili, non ancora precisatesi e “incarnatesi”, stanno concentrandosi per dirigerla sino al fondo”.
28 J. Evola, Americanismo e bolscevismo, cit., p. 52.
29 G. De Turris, Un tradizionalista nella R.S.I. Julius Evola 1943-1945, in AA.VV., Uomini e scelte della R.S.I., Bastogi, Milano 2000.
30 In una ricerca d’archivio, ho portato alla luce l’intera collaborazione evoliana a “La Stampa”. Essa ammonta a un totale di sedici articoli, tutti usciti in tempo di guerra, e due dei quali editi durante il periodo della R.S.I. Ne ho dato un primo resoconto (A. Lombardo, Quando Evola collaborava a La Stampa, in “Area” 45 (2000), pp. 79-80), e ne è in preparazione l’edizione critica completa per conto della Fondazione Evola nella “Biblioteca evoliana”. È verosimile che la collaborazione evoliana con “La stampa” abbia preso avvio a seguito del rapporto di collaborazione di Evola con il Ministero della cultura popolare favorito dall’incontro con Mussolini cui sopra accennavo.
31 J. Evola, La dottrina del risveglio, saggio sull’ascesi buddhista, Laterza, Bari 1943. L’ultima edizione, la quarta, è Mediterranee, Roma 1995.
32 J. Evola, Il cammino del cinabro, cit., p. 163.
33 La data di marzo, e del giorno dodici in particolare, anziché quella correntemente ritenuta di aprile, risulta più verosimile, secondo il calcolo che ha fatto lo studioso viennese M. Schwarz, cui sono debitore dell’informazione. La sua tesi si fonda soprattutto sul fatto che il bombardamento del dodici marzo fu il più disastroso per Vienna, e in tale data fu forse anche distrutto, almeno in parte, il palazzo di Neuer Markt 3 in Wien 1 dove Evola aveva certamente vissuto negli anni precedenti. Si trattava del settimo anniversario dell’Anschluss. Il bombardamento alleato (non russo come si ritiene correntemente, dunque) contro i civili, rammentiamo di passata, non aveva di per sé alcun interesse militare. Oggi nel pieno centro di Vienna, a pochi isolati da dove Evola visse, e dove vi furono la maggior parte dei morti, una statua e una lapide ricordano i molti caduti di quel 12 marzo, che vengono definiti (con una logica piuttosto tortuosa) “vittime del nazifascismo”. Secondo un’altra fonte, rileva però lo stesso Schwarz, è possibile che il ferimento di Evola avvenne nella o presso la Schwarzenbergplatz, dove si trovavano diversi centri ufficiali e delle SS. De Turris (nota del curatore ad A. Romualdi, Julius Evola: l’uomo e l’opera, cit., n. 4 p. 90), scrive: “secondo quanto riferisce il medico personale, Evola venne sbalzato dallo spostamento d’aria provocato da una esplosione e sbattuto contro una struttura di legno – delle impalcature – che erano in una piazza: il che provocò la compressione della colonna vertebrale”.
34 Cfr. J. Evola, Il cammino del cinabro, cit., pp. 135, 140-146, 161-163; G. De Turris, Un tradizionalista nella R.S.I., cit., passim; H. Th. Hansen, Julius Evolas politisches Wirken, che costituisce l’ampia Einführung a J. Evola, Menschen inmitten von Ruinen, Hohenrain, Tübingen 1991, pp. 60-65.
35 J. Evola, Diario 1943-1944, Sear, Scandiano 1989, pp. 32-37 (come correttamente rileva G. De Turris nel suo Un tradizionalista nella R.S.I., cit., n. 3, sotto questo titolo sono stati riuniti i cinque articoli che Evola pubblicò sul quotidiano di Roma “Il popolo italiano” dal 14 al 24 marzo 1957 sotto l’intestazione complessiva Con Mussolini al Quartier Generale di Hitler). Cfr. anche J. Evola, Il cammino del cinabro, cit., p. 135.
36 Circa tale periodo, cfr. G. De Turris, Ventimila lire per andare a Lourdes, in “Letture” 549 (1998), pp. 29-32; id. (cur.), Lettere di Julius Evola a Girolamo Comi (1934-1962), Fondazione Evola, Roma 1987.
37 J. Evola, Il cammino del cinabro, cit., p. 164. Sul rapporto ideale e politico tra Evola e la gioventù italiana (e i suoi riflessi sino ai giorni nostri) mi permetto di rimandare ad A. Lombardo, Evolas Rezeption in Italien, in “Kshatriya” R. 9 (2000), pp. 1-3.
38 Cfr. E. Massagrande, Per ventidue anni compagno di latitanza, in S. Forte, Clemente Graziani. La vita, le idee, Settimo sigillo, Roma 1997, p. 40: “fu lui che mi fece conoscere certi autori (Evola anche di persona)”.
39 F. Gianfranceschi, L’influenza di Evola sulla generazione che non ha fatto in tempo a perdere la guerra, in G. De Turris (cur.), Testimonianze su Evola, Mediterranee, Roma 19852, pp. 130-134.
40 Cfr. R. Del Ponte, L’attività pubblicistica di Evola negli anni del secondo dopoguerra sino a “Ordine Nuovo”, in “Convivium” 17 (1994), p. 44.
41 Dopo la morte del filosofo tradizionalista, Spadaro fu il primo presidente della Fondazione Evola. Di lui si cfr. il ricordo di Evola La forza interiore, in “Raido” 11/12 (1998), pp. I-II.
42 Cfr. E. Erra, Il mistero di Evola, in G. De Turris, Testimonianze su Evola, cit., pp. 248-259; R. Del Ponte, L’attività pubblicistica di Evola…, cit., p. 45. Enzo Erra fu il direttore di “Imperium” sin dal maggio 1950, in cui la rivista fu fondata. Per conto di tale testata, la cui linea editoriale era nettamente spiritualista e antisocialista, Evola scrisse l’opuscolo Orientamenti (Imperium, Roma 1950). Su posizioni analoghe a quelle di “Imperium” si attestò il Centro Studi Ordine Nuovo, fondato nel 1954 da Pino Rauti, che dall’anno successivo diresse “Ordine Nuovo” (che si definiva Mensile di politica rivoluzionaria), cui lo stesso Evola collaborò con almeno undici articoli. Sulla storia di “Ordine Nuovo” cfr. Il movimento politico “Ordine Nuovo”. Precisazioni, in “Noi” 1 (1971), pp. 2-4 e 27-29; C. Graziani, Processo a “Ordine Nuovo”: processo alle idee, Roma 1972, passim; F. Ferraresi, La destra eversiva, in id. (cur.), La destra radicale, Milano 1984, pp. 62-66 (per queste indicazioni bibliografiche sono debitore al prof. R. Del Ponte). Come precisa Del Ponte (L’attività pubblicistica di Evola…, cit., p. 49 n. 28), “Non bisogna confondere il “Movimento Politico Ordine Nuovo”, gruppo extraparlamentare creato il 21 dicembre 1969, col “Centro Politico Ordine Nuovo” [probabilmente si tratta di un lapsus per “Centro Studi Ordine Nuovo”, N.d.A.], diretto da Rauti e confluito nel Novembre dello stesso anno nel MSI, anche se è dalle ceneri del secondo che il primo deriva”.
43 Cfr. p. es. P. Andriani, Cambiare rotta, in “Imperium” II/1 (1951). L’avv. Andriani fu il secondo presidente della Fondazione Evola, dopo il prof. G.A. Spadaro.
44 Sono parole di P. Rauti nell’intervista rilasciata a M. Brambilla e pubblicata nel volume da questi curato Interrogatorio alle destre, Rizzoli, Milano 1995, p. 25.
45 A parte la citata “Imperium”, tra le varie testate nazionaliste, nostalgiche, combattentistiche e fasciste di quegli anni ricordiamo “Asso di bastoni”, “Rosso e nero”, “Rataplan”, “Il Nazionale”, “Il meridiano d’Italia”, “Rivolta ideale”.
46 Sono parole di J. Evola in E. Antebi, Un’intervista a Julius Evola, cit., p. 20.
47 J. Evola, Lettere 1955-1974. L’epistolario evoliano raccolto, catalogato e annotato da Renato del Ponte, La Terra degli Avi, Finale Emilia s.d. (1995), p. 15. Si tratta della lettera del 18.II.1963 a Salvatore Ruta.
48 M.M. Merlino, Ed il vento racconta…, in “Raido” 11-12 (1998), pp. II-V, in part. p. IV.
49 M. Brambilla (cur.), Interrogatorio alle destre, cit., p. 152.
50 J. Evola, Lettere 1955-1974 (cur. R. Del Ponte), La Terra degli Avi, Finale Emilia 1995, pp. 95-113 e soprattutto G. Cannizzo, Premessa a J. Evola, Scritti per Vie della Tradizione 1971-1974, Vie della Tradizione, Palermo 1996, p. 7 e G. Cannizzo, Il consigliere silenzioso, in G. De Turris (cur.), Testimonianze su Evola, cit., p. 69-71.
51 J. Evola, Lettere 1955-1974 (cur. R. Del Ponte), cit., p. 155 n. 2.
52 A. Romualdi, J. Evola: l’uomo e l’opera, cit. Circa l’influenza di Evola sulle generazioni di giovani successive cfr. M. Veneziani, Evola e la generazione che non ha fatto in tempo a perdere il Sessantotto, in G. De Turris (cur.), Testimonianze su Evola, cit., pp. 324-331; E. Nistri, Evola e la generazione che non ha fatto in tempo a perdere il Sessantotto, in “Studi evoliani” 1 (1998), pp. 120-131 (in cui Nistri scrive a p. 125, riferendosi a Gli uomini e le rovine: “Nelle sezioni missine dei primi Anni Settanta la lettura di questo vademecum politico era considerata una sorta di prova di iniziazione, una cartina di tornasole per valutare l’equazione personale di un militante, il primo passo per la cooptazione degli iscritti più promettenti sotto il profilo culturale”); A. Piscitelli, Evola e la generazione che non ha fatto in tempo a perdere un bel nulla perché ha già perso tutto, in “Studi evoliani” 1 (1998), pp. 132-138. Cfr. anche G. De Turris, Evola e le rovine elettroniche degli Anni Novanta, introduzione a J. Evola, Gli uomini e le rovine4, cit., pp. I-XXXVIII.
53 A. Romualdi, Le correnti politiche e culturali della destra tedesca dal 1918 al 1932, L’italiano, s.i.l e d.
54 A. Romualdi, Il fascismo come fenomeno europeo, Settimo sigillo, Roma 1984.
55 A. Romualdi, Nietzsche e la mitologia egualitaria, Ar, Padova 1981.
56 A. Romualdi, Platone, Settimo sigillo, Roma 1992.
57 A. Romualdi, Oswald Spengler. Ombre sull’Occidente, Volpe, Roma 1973.
58 A. Romualdi – G. Giannettini – M. Prisco, Drieu La Rochelle, il mito dell’Europa, La Salamandra, Roma 1965.
59 A. Romualdi, Una cultura per l’Europa, Settimo sigillo, Roma 19962.
60 G. De Turris (cur.), Lettere di Julius Evola a Girolamo Comi (1934-1962), cit., p. 23. Si tratta di una lettera manoscritta autografa di due facciate inviata da Evola da Cuasso al Monte il 31 agosto 1948.
61 Cfr. F. Gianfranceschi, In carcere con Evola, in “Studi evoliani” 1 (1998), pp. 117-119.
62 J. Evola, Autodifesa, in “L’eloquenza” 11-12 (1951); ora Fondazione Evola, Roma s.d. (1976).
63 J. Evola, Il cammino del cinabro, cit., p. 165.
64 J. Evola, Il cammino del cinabro, cit., p. 166.
65 J. Evola, Il Fascismo. Saggio di una analisi critica dal punto di vista della Destra, Volpe, Roma 1963. Nella seconda edizione (Volpe, Roma 1970) il saggio uscì con in appendice un saggio parallelo intitolato Note sul terzo Reich.
66 J. Evola, Gli uomini e le rovine, Edizioni dell’Ascia, Roma 1953. L’ultima edizione, la quarta, è Settimo Sigillo, Roma 1990; ma ne è imminente l’uscita di una quinta, da parte delle Edizioni Mediterranee.
67 J. Evola, Il cammino del cinabro, cit., p. 167.
68 J. Evola, Il cammino del cinabro, cit., pp.175-176.
69 A. Romualdi, Julius Evola: l’uomo e l’opera, cit., p. 91.
70 J. Evola, Il cammino del cinabro, cit., p. 177.
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