Dall’altra parte dello specchio

Certamente saprete – perché molti di voi condivideranno di sicuro la mia stessa ossessione – che le suggestioni provocate in noi dalla letteratura seguono spesso percorsi carsici, s’inerpicano lungo sentieri tortuosi e ogni testo ne richiama alla memoria altri, quasi fosse un gioco di scatole cinesi. Leggendo Come il giorno e la notte dello psichiatra svizzero tedesco Hans Schmid – Guisan (1881 – 1932) che da poco la talentuosa Camilla Scarpa ha aggiunto, gemma tra le gemme, ad impreziosire il raffinato catalogo della sua casa editrice Aspis, ho avuto la sensazione tangibile di aver già visitato luoghi simili a quelli evocati in questa intrigante fiaba psichica, approdata sugli scaffali delle nostre librerie nella prima traduzione in lingua italiana. Rovistando nei reconditi recessi della mia memoria, che più passa il tempo e più assomiglia ad un quadro di Michael Hutter (ognuno deve fare i conti con i propri demoni), mi sono ricordato di un romanzo distopico dal titolo enigmatico, Epepe, opera maestra dello scrittore ungherese Ferenc Karinthy (1921 – 1992) apparsa qualche anno fa presso Adelphi, che mostra più di qualche affinità elettiva con il libro che è argomento di queste poche righe. Spero quindi che la diretta interessata vorrà mostrare indulgenza verso la mia inveterata abitudine alle elucubrazioni funamboliche se azzarderò un parallelismo.

Linguista insigne in viaggio per Helsinki dove è stato invitato a prendere parte ad un convegno internazionale, per un beffardo scherzo della sorte il giovane Budai si ritrova suo malgrado, senza denaro né documenti, in una città sconosciuta, diversa dalla destinazione prevista e abitata da un’umanità brulicante della quale il protagonista non riesce, malgrado la sua consumata perizia, in alcun modo a decifrare l’idioma. Nessuno esercita su di lui la benché minima forma di coercizione diretta e tuttavia la barriera linguistica trasforma questo luogo surreale, collocato fuori dal tempo e dallo spazio e non segnato sulle carte, in una kafkiana prigione a cielo aperto dalla quale il protagonista non riesce ad evadere, avendo quale unico conforto la muta compagnia di Epepe, la ragazza che dà il titolo al racconto e si offre di accompagnarlo in questo allucinante universo parallelo.

Nel romanzo di Hans Schmid – Guisan la natura claustrofobica degli ambienti nei quali si consuma la vicenda narrata si carica di realistica enfasi grazie alla ciclopica muraglia che divide in due l’Isola sulla quale sbarca la voce narrante, pastore luterano al quale è stata affidata la cura delle anime di questa remota contrada. All’interno delle mura della città vive una comunità operosa consacrata al culto dell’efficienza e rispettosa delle regole al limite della maniacalità. E’ il luogo della Legge. La serafica calma che sembra regnare per le strade di Collettivopoli non impedisce comunque al dissenso di manifestarsi poiché alcuni, i cui antenati in passato hanno fomentato una rabbiosa ribellione soffocata nel sangue, si mostrano poco inclini ad adeguarsi al pensiero dominante. A costoro, per antico decreto, è concesso di condurre una doppia vita, oltrepassando nottetempo i varchi presenti lungo il perimetro della muraglia per inoltrarsi, in compagnia di guide addestrate alla bisogna, nelle tenebrose regioni di Individua, la vasta landa boscosa che si estende a perdita d’occhio appena oltre i cancelli. I cittadini timorati del Signore non parlano volentieri di quel luogo, poiché non sanno con esattezza a quali blasfeme pratiche si dedichino coloro che osano avventurarvisi, molti dei quali non hanno fatto mai ritorno.

Con l’approssimarsi delle tenebre, che sono le grandi, vere protagoniste di queste pagine, alcune persone escono da loro stesse, come i Benandanti delle leggende friulane. Quali esseri – sembra domandarsi l’Autore – scivolano sotto la luce della luna mentre il loro doppio dorme pacifico tra le quattro mura domestiche? Che cosa nasconde l’oscurità una volta che ci siamo scrollati di dosso il misurato decoro borghese, orpello necessario a scandire la nostra vita diurna e raziocinante?

Frutto tardivo e perciò prelibato della grande stagione del Simbolismo europeo, questo romanzo inusuale offre, al di là dei riferimenti più o meno espliciti alla tradizione ermetica che aprono ad una possibile lettura in chiave esoterica, uno spunto di riflessione non peregrino in merito alla dialettica tra individuo e potere. Lo psichiatra junghiano ci rammenta che ogni sistema politico tende alla sua autoconservazione e, per acquistare corpo e solidità, articola una propria interpretazione degli eventi, una specifica narrazione, così bene enucleata dal Presidente della Società Corale. Il fatto che alcuni avvertano la natura insincera delle sue parole e decidano quindi di sottrarsi al meccanismo che esse alimentano scegliendo la via del passaggio al bosco non intacca il corretto funzionamento del Sistema. Il dissenso è anzi funzionale al potere perché in un certo senso lo legittima, così come i due amanti nel castello sono complementari l’uno all’altro e Lucifero, nel dispiegare la propria azione nel mondo, adempie in realtà al disegno di Dio. La differenza tra i proni esecutori della volontà del Sistema e i ribelli risiede nel fatto che questi ultimi sono consapevoli di ciò che accade intorno a loro. Nondimeno, come nella città fantasma di Karinthy, una reale via di fuga non esiste.

Hans Schmid – Guisan, Come il giorno e la notte, Aspis Edizioni, Milano, 2022; pag. 332 € 24,00.

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