La Storia, passata e recente, si scrive basandosi su testimonianze e documenti, anche se entrambi possono essere analizzati in modo diverso, giungendo a interpretazioni e conclusioni anche opposte a seconda dello storico che se ne occupa. Però sono fondamentali. Ma i documenti pubblici e privati in genere sono custoditi in archivi di difficile o impossibile accesso per la gente comune, per il lettore qualsiasi. Ora però una iniziativa editoriale da edicola e in fondo a prezzo accessibilissimo porta a disposizione del pubblico una serie di documenti quasi banali, ma fondamentali per capire il nostro recente passato, anche se è ormai di ottanta anni fa.
La case editrice Hachette Fascicoli ha pubblicato per un intero anno una serie settimanale intitolata Giornali di guerra 1940-1945 che alla cifra di soli 4,90 euri offriva ogni volta la riproduzione integrale e in formato reale di tre o quattro quotidiani italiani o anche di una intera rivista illustrate dell’epoca, insieme ad un manifesto dello stesso periodo, accompagnati da un fascicolo che esaminasse il momento del conflitto, con articoli, ricostruzioni, foto e cartine geografiche. Con questo tipo di prodotto editoriale, il lettore, grazie alle moderne tecnologia digitali, può quindi farsi una idea di quanto avveniva in presa diretta e leggere un apparato informativo, non banale e soprattutto non fazioso, che riguarda non solo gli eventi bellici ma anche fatti concomitanti di cronaca e di costume e può formarsi una opinione personale, non di parte e non indotta, come ancora oggi spesso accade.
Ora, giunti alla fine di questa serie di 52 fascicoli, e visto il suo successo, si è pensato di effettuare la stessa operazione con il periodo precedente, vale a dire pubblicare i giornali del fascismo 1919-1939 (si è partiti infatti dal “biennio rosso”), dal Popolo d’Italia a l’Avanti!, da L’Ambrosiano a La Stampa, o periodici come L’asino. Idea più complessa e in fondo delicata trattandosi, nonostante il tempo trascorso, di un nervo sempre scoperto in un paese che non è ancora riuscito a storicizzare veramente questo periodo della sua esistenza che fra non molto segnerà il traguardo di un secolo, ma che serve ancora per un uso politico-ideologico (Anpi docet). Per sapere di più su questa ulteriore iniziativa di Hachette, ci siano rivolti direttamente ad uno dei due autori di tutti gli 87 fascicoli: il professor Marco Cimmino, storico militare, socio della SISM, noto specialista della prima guerra mondiale (alla quale ha dedicato una storia in tre volumi che uscirà l’anno prossimlo per Gaspari) e membro del comitato scientifico del festival “èStoria” di Gorizia.
Professore, in cosa consisterà, esattamente, questa ulteriore serie di fascicoli di Hachette?
I nuovi trentacinque fascicoli copriranno, in pratica, tutto l’arco del Ventennio, terminando là dove erano cominciati i 52 dedicati al conflitto, soffermandosi sui momenti fondamentali della storia del fascismo, dai suoi prodromi fino all’affermazione del regime, all’epoca del consenso, all’alleanza con la Germania nazista. L’impostazione del prequel è la stessa dei Giornali di Guerra: alla copia anastatica di giornali dell’epoca si accompagneranno dei fascicoli di analisi e commento, parte scritti da me e parte da un collega. I giornali vengono selezionati in base a due criteri fondamentali: la varietà, allo scopo di mostrare il più possibile tutte le voci che formavano il coro della stampa di regime, e l’importanza delle notizie oggetto di editoriali e corsivi.
Come è stato impostato il taglio di quest’opera, visto il suo carattere decisamente divulgativo e le sue esigenze, diciamo così, commerciali?
Il taglio storiografico di tutta l’opera è, come si è detto, divulgativo, ma non per questo il livello va considerato “popolare” in senso negativo. Ogni fascicolo, infatti, contiene tanto elementi di ricostruzione storica ambientale, allo scopo di descrivere il complesso di avvenimenti che caratterizzarono questo o quel momento della storia del fascismo, quanto analisi, anche abbastanza articolate, sul valore attribuito dalla propaganda fascista ai singoli eventi, cercando, nei limiti del possibile e compatibilmente con lo spirito di un’opera di questo genere, di informare in maniera esatta e di condurre il lettore attraverso un percorso interpretativo del fenomeno fascismo, che ne riproduca l’enorme varietà e complessità. Naturalmente, la quadratura del cerchio sarebbe poter spiegare con parole semplici cose molto complicate, ma qualunque storico sa che è utopistico mirare a simile obbiettivo: tuttavia, gli autori e gli editori hanno creduto nella scommessa di “rendere semplice”, almeno in parte, un periodo lungo ed articolato delle nostra storia.
Come si è posto nei confronti degli inevitabili pregiudizi ideologici che hanno quasi sempre accompagnato l’analisi storica del fascismo?
Uno storico, se è un buon professionista, non deve tener conto dei pregiudizi, ma solo della propria scienza, tanta o poca che sia, e delle fonti: l’ideologia e il pregiudizio politico hanno fatto danni enormi alla storiografia contemporanea, oltre che, ovviamente, allo studio scolastico della storia. Io credo sia ormai giunto il tempo di parlare, anche in un’opera ad ampia diffusione e a carattere divulgativo, di questa storia controversa e spesso fatta oggetto a vulgate e manipolazioni storiche di diversa tendenza, in maniera piana e senza tabù ideologici particolari.
All’atto pratico, come avviene, dunque, questo rapporto tra fonti e scienza di cui parla?
La stretta corrispondenza tra i fascicoli e le copie di giornali e riviste rende molto più comprensibile al pubblico la lettura degli uni e degli altri e, quindi, possiamo dire che, spesso, le fonti parlino da sole: si tratta, in un certo senso, di un’operazione filologica, oltre che storica, in cui si restituisce al documento la funzione di parlare alla gente (e proprio i giornali hanno questa funzione…). Naturalmente, ogni documento deve essere, in varia misura, adattato alla divulgazione: essere reso comprensibile e, in un certo senso, tradotto. Proprio qui si manifesta la professionalità degli storici: nella capacità di trasmettere il senso genuino della fonte, rendendola, contemporaneamente, decifrabile da parte del profano.
E chi sono i protagonisti di questo lavoro: chi sono gli uomini dietro i Giornali del Ventennio?
Ogni fascicolo è il frutto del lavoro di molte persone: dalla ricerca d’archivio alla grafica, dall’impaginazione alla scelta dei temi, un notevole numero di professionisti contribuisce alla buona riuscita del lavoro. Agli studiosi, che, va detto, sono supportati da un lavoro di squadra davvero eccezionale da parte dell’équipe di Milanoedit, formata da giovani, entusiasti e bravissimi professionisti, che cura la produzione dei fascicoli per Hachette, rimane la responsabilità di un’analisi storica che si basi sulla scienza e non su ruggini ideologiche obsolete o personali inclinazioni politiche: ma questo si può dire di qualunque storico e di qualunque opera storiografica. Alla fine, il notevolissimo successo tributato dal pubblico a questa operazione, tanto da convincere Hachette ad allungarla con questa coda di 35 settimane, sembra indicare la bontà del progetto: la gente ha ancora voglia di storia, purché si tratti di storia di qualità, scevra da ridondanze didattiche e da pistolotti politico-morali. Perché la gente vuole sapere e poco pare gradire, di questi tempi, filtri e chiavi di lettura che non appartengano alla scienza e alla ricerca.
Insomma, lei, in definitiva, come giudica questo suo lavoro, che, bene o male, la sta impegnando da più di un anno e andrà avanti ancora per parecchi mesi?
Io, sinceramente, mi diverto molto: nella mia totale incapacità di organizzarmi, il fatto che ci sia qualcuno che mi impone dei tempi mi aiuta ad essere meno dispersivo. Inoltre, come ho già detto, le persone con cui lavoro sono tutte di prim’ordine: preparate, pragmatiche e molto capaci professionalmente. Produrre fascicoli a grande tiratura non è come scrivere un saggio: bisogna rispettare i tempi, le procedure, l’uniformità di stile e di livello, per cui diventa essenziale la capacità di lavorare in squadra. E, questo, per uno storico, è una grande lezione. Sono sicuro che, quando uscirà in edicola il fascicolo numero 87, proverò un po’ di dispiacere. Ma non è detto che non salti fuori qualche altra iniziativa: magari sui giornali della Grande Guerra…
Questo articolo è stato originariamente pubblicato, in versione ridotta, su Il Giornale dell’8 ottobre 2016.
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