Chi voglia entrare appieno nello spirito e nella religiosità che caratterizzava il mondo antico non può evitare di prestare attenzione ai ritmi con cui il tempo veniva scandito, secondo precisi criteri di analogia tra il ciclo annuale e quello della vita umana. Si tratta di fenomeni praticamente senza confini di spazio o età: ovunque e in ogni tempo assistiamo infatti a celebrazioni dei grandi momenti “cruciali” dell’anno (legati per esempio al fiorire della primavera, all’appassire autunnale, ai rigori del cuore dell’inverno e via dicendo), che ci comunicano chiaramente come il microcosmo dell’uomo sia intimamente e indissolubilmente legato al macrocosmo in cui esso si sviluppa.
Da sempre attento al sacro, al simbolismo e al richiamo del passato, Alfredo Cattabiani ha dedicato al ciclo annuale un libro bello e ricco, che si intitola Lunario. Dodici mesi di miti, feste, leggende e tradizioni popolari d’Italia. Ripubblicato recentemente (a otto anni dalla sua prima uscita) in una nuova edizione assai arricchita negli Oscar Mondadori, questo testo associa ai pregi di una scrittura godibilissima le profondità e le altezze delle intuizioni del suo autore, studioso torinese assai noto e apprezzato da un pubblico ampio e affezionato.
Il volume è ordinato secondo un criterio assai semplice, ossia quello della divisione dell’anno in mesi: in un ciclo che va quindi da gennaio a dicembre, come era il caso di tanti vecchi almanacchi e lunarii, appunto, il lettore è condotto all’esplorazione e scoperta dei simboli, dei significati, dei proverbi, delle leggende legati al fluire del tempo, e così pure di tanti personaggi emblematici e leggendari, di divinità, colori, pietre preziose, piante, fiori, animali, costellazioni e via dicendo: l’immagine che il lettore ne trae è quella di un ricchissimo affresco della civiltà contadina. Il metodo e persino il risultato di questo lavoro ci ricordano tanto da vicino quelli del grande studioso delle religioni Mircea Eliade, della lettura del cui celeberrimo Trattato di storia delle religioni questo libro di Cattabiani costituisce – a mio avviso – una sorta di ricco e utile corredo, poiché la sua indagine è incentrata particolarmente sull’Italia.
E così, dal nero erebo della notte dell’anno, nel freddo inverno, percorriamo i lunghi sentieri che attraversano le varie feste della luce, giungiamo ai tanti carnevali con le loro varianti, peculiarità e prove iniziatiche e già intravediamo la luna dell’equinozio di primavera; ci soffermiamo sulla Quaresima e la Pasqua, gli animali emblematici che vi sono collegati e il simbolismo dell’uovo; arriva il famoso “pesce d’aprile” e poi la dominazione zodiacale del toro, giungiamo al Natale di Roma e al bel Calendimaggio, con i suoi canti e le sue feste di abbondanza. Dal mese mariano, poi ci si addentra sempre più verso l’estate, che culmina con le feste solstiziali di San Giovanni, con le ruote infuocate e i falò, le mille feste di luglio e agosto, fino ai mesi che portano alla maturità e vecchiaia dell’anno, con il suo lento declinare: è questa l’epoca di funghi e castagne. Con Samain-Ognissanti si è poi già in un certo senso al Capodanno, come ben spiega Cattabiani riferendosi alla tradizione celtica e citando Yeats. Attraversato novembre si giunge al mese del trionfo della notte, con la morte e la resurrezione del dio-sole, che ci appare infatti bambino nell’immagine cristiana: siamo così giunti al solstizio d’inverno e all’inizio di un nuovo ciclo.
L’autore ci ammonisce in più occasioni circa i pericoli cui va incontro chi perda il contatto con i ritmi della natura: nella sua breve introduzione scrive che «certo, si continuano a celebrare feste e sagre che tuttavia, come alcuni borghi trasformati in residenze di cittadini depressi alla ricerca di un’evasione settimanale nella natura, hanno assunto spesso un significato e una funzione diversa da quella tradizionale. Anche il patrimonio di proverbi calendariali, legati alla civiltà contadina, è ormai soltanto la testimonianza di modelli di vita diversi da quelli di chi abita nel nuovo villaggio tecnologico». Eppure, dietro il velo della loro consunzione i simboli celano una potenza inattenuata: anche l’uomo più metropolitano e “multimediale” non può sfuggire alla meccanica del tempo, e riconoscere – in modo più o meno cosciente – il richiamo di certe immagini. Ma perché si possa tornare a forgiare creativamente nuovi simboli sarà probabilmente necessaria un’inversione generale del processo di decadenza cui il nostro mondo attuale sembra destinato: sarà forse l’epoca del ritorno, sotto nuove forme, degli Olimpici.
* * *
A. Cattabiani, Lunario, Mondadori, Milano 2002.
Tratto da Vie della Tradizione 129 (2003), pp. 55-56.
Lascia un commento