La religione degli Etruschi

        Giovanni Feo, noto etruscologo ‘fuori dal coro’, è l’autore di apprezzabili saggi ‘alternativi’ sull’argomento. Scrittore e ricercatore, vive da circa trent’anni in Maremma, dove ha svolto un’estesa ricerca sul campo, mirata a un’approfondita conoscenza del territorio etrusco e pre-etrusco portandolo a significative scoperte tra le quali l’osservatorio astronomico rupestre di Poggio Rota nei pressi di Pitigliano. Naturalmente chi conosce la sua produzione saggistica non si aspetterà un manuale, strictu sensu, sulla religione etrusca e non rimarrà deluso dalla lettura di questo suo nuovo libro.  Feo ripercorre la religione degli Etruschi dalle origini, da ricercare anteriormente alla formazione dell’ethnos etrusco, per arrivare alle persistenze, più o meno occulte, sopravvissute fino a epoche recenti.

         Secondo l’Autore, giustamente, “nella religione etrusca sopravvisse un’antica eredità, fatta di credenze, culti e riti provenienti dai remoti secoli del primo politeismo. Tracce se ne ritrovano in Anatolia (Çatal Hüyük), nella religione ittita, in quella mesopotamica. Ma anche nella religione druidica dei Celti, in quella dei Baschi, di Sardi e Cretesi” (p. 9).

         La trasmissione e perpetuazione della tradizione sacra fu tramandata durante un periodo di secoli estremamente lungo. I Romani chiamarono questa millenaria tradizione, comprendente i libri sacri, più un insieme di norme e conoscenze su ogni aspetto del vivere, l’Etrusca Disciplina[1]. Scienza sacra il cui carisma perdurò durante tutto l’impero romano e ancora nel V secolo dell’e.v. papa Innocenzo dovette chiedere l’intervento degli aruspici e dei fulgoratori etruschi per salvare magicamente Roma dal pericolo di un’invasione, come già i sacerdoti venuti dall’Etruria avevano fatto salvando coi fulmini Narni assediata dai barbari.

         Palesi sono i rapporti fra la religione etrusca e quella romana, anzi possiamo senz’altro affermare che la prima sarà ricompresa nella seconda. Basti ricordare la triade capitolina Giove, Giunone e Minerva similmente composta come la triade divina etrusca Tinia, Uni e Menerva, e soprattutto l’esistenza del prestigioso ordo LX haruspicum che riuniva gli haruspices impiegati dallo stato romano[2].

         La cosiddetta geomanzia o geografia sacra forse si occupava di quell’energia chiamata dai Romani “sacer della terra” (dalla radice etrusca sac-) “reputata di origine divina, un potere creatore quanto distruttore. E distinguevano tra il sacer della terra e quello celeste, il sacer dell’acqua e il sacer specifico di ogni esuberante e portentoso fenomeno naturale” (p. 19). Dopo aver illustrato il Pantheon etrusco analizzando il famoso fegato di Piacenza evidenzia la rete di simbolismi numerali sottesa nella struttura religiosa. Dobbiamo purtroppo costatare il mancato rifermento al numero 16 rilevabile dalle sedici caselle esterne del fegato bronzeo e alla divisione del templum celeste in sedici parti[3].

         Ricco d’interessanti spunti e considerazioni è il capitolo dedicato ad Angeli, Lase e Sibille. Gli angeli sono esseri sempre più emarginati dalla cristianità ufficiale, ormai ritenuto argomento squisitamente teologico, forse perché la loro tradizione risaliva ad antiche epoche precristiane. Divinità femminili minori con caratteristiche esplicitamente angeliche sono le Lase. Spesso ricoprono il ruolo di ancelle e accompagnatrici di Turan, la Venere etrusca, “la loro esibita nudità non ha un valore soltanto estetico o erotico, ma è anzitutto l’attributo di dèi, eroi e semidei. Il comune mortale indossa abiti che ne determinano la specifica condizione, gli esseri divini possono invece mostrarsi nudi perché la loro condizione è sovrumana, non bisognosa di vesti e orpelli. Essi esprimono la nuda verità, la loro realtà trascende le apparenze” (p. 41). Dopo aver dimostrato i nessi fra questi esseri divini e le sibille, il Nostro può affermare che “la famiglia delle lase è imparentata a quella delle sibille, delle ninfe e delle fate che popolavano campagne, boschi, sorgenti e luoghi sacri” (p. 42).

         A proposito di Turan, il cui nome può tradursi “La Signora”, ci piace ricordare che ebbe un ruolo di primo piano nella religione etrusca, “soprattutto quale dea patrona di tutto il popolo, che nel suo nome si riconosceva. Analogo è il caso di Venere a Roma. Fu la dea a guidare Enea e i Troiani nel Lazio vetus, per fondare la nuova Troia” (pp. 47-48). 

          Non vogliamo ripercorrere tutti i capitoli dell’opera ché rimandiamo alla piacevole lettura diretta. Tra l’altro il volume è accuratamente integrato da una sapiente scelta d’illustrazioni e da gradevoli scelte grafiche. Ci piace ricordare, con Feo, l’importanza degli studi e delle ricerche dell’antropologo americano Charles Godfrey Leland il cui materiale pubblicato rivela “l’incredibile sopravvivenza, in tempi moderni, di tradizioni etrusche” (p. 53). D’altronde le bolle papali di età medievale, emesse contro “coloro che praticavano riti etruschi”, tradiscono un fatto per nulla scontato: nel medioevo si praticavano ancora “riti etruschi”.

         Concludiamo con quest’affermazione tratta dal libro recensito (p. 30): “Con il mondo etrusco ebbe termine in Italia il mondo antico[4]. Ed iniziò l’era moderna, materialista e razionalista, che oggi prosegue nell’Occidente tecnocratico”.


GIOVANNI FEO, La religione degli Etruschi. Divinità, miti e sopravvivenze, Edizioni Effigi, Arcidosso 2011, pp. 96, € 12,00.

[Pubblicato in: “Arthos”, XVI, n.s., 20, 2012, pp. 92-93].



Note

[1] M. KORNMÜLLER, Etrusca Disciplina, Irradiazioni, Roma 2006 (cfr. la mia rec. in: “La Cittadella”, VII, n.s., n. 31-32, lug.-dic. 2008, pp. 113-114).

[2] Cfr. M. E. MIGLIORI, Haruspices e mos maiorum, in: “Vie della Tradizione”, 145, gen.-apr. 2007, pp. 22-29.

[3] Cfr. A. MAGGIANI, Deorum sedes: divinazione etrusca o dottrina augurale romana?, in AA. VV., Gli Etruschi e Roma, fasi monarchica e alto-repubblicana, Ann. Museo Faina, XVI, 2009, pp. 221-237.

[4] Secondo molti studiosi, e noi siamo dello stesso avviso, il termine del mondo etrusco va ravvisato con la fine dell’utilizzo dei responsi degli aruspici pubblici e la persecuzione da parte degli imperatori cristiani dei culti tradizionali (cfr. M. E. MIGLIORI, Haruspices e mos maiorum cit.).

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Nato a Prato nel 1953. Collabora alle seguenti riviste di studi storici e tradizionali: Arthos; La Cittadella; Vie della Tradizione; ha collaborato a Convivium ed a Mos Maiorum. Socio della Società Pratese di Storia Patria; dell'Istituto Internazionale di Studi Liguri e del Centro Camuno di Studi Preistorici. E' stato tra i Fondatori del Gruppo Archeologico Carmignanese.

2 Responses

  1. Musashi
    | Rispondi

    ….." D’altronde le bolle papali di età medievale, emesse contro “coloro che praticavano riti etruschi”, tradiscono un fatto per nulla scontato: nel medioevo si praticavano ancora “riti etruschi”."

    "papa Innocenzo dovette chiedere l’intervento degli aruspici e dei fulgoratori etruschi per salvare magicamente Roma dal pericolo di un’invasione, come già i sacerdoti venuti dall’Etruria avevano fatto salvando coi fulmini Narni assediata dai barbari".
    Non lo diciamo però, altrimenti ci rimangono male i cattolici che leggono il sito…!!
    Il papa Innocenzo fu sant'Innocenzo I, famoso tra l'altro per le persecuzioni contro i manichei, i fotiniani e i montaniani, insomma già all'epoca si dilettavano nella suprema e nobile arte esecratoria….

    Sì è che quando i Goti di Alarico scesero nell'Italia centrale ci si difese anche con la magia, e con ogni altro mezzo. Il collegio sacerdotale etrusco di Narni -consacrato a Tinia (Giove)- riportò un notevole successo travolgendo l'armata dei Alarico con una scarica di fulmini, raccontano le fonti.
    Del resto la magia tempestaria era un'eccellenza delle conoscenze sacerdotali etrusche.
    Tanto che anche il papa ne fu stupefatto e decise di tentare il tutto per tutto: una operazione coperta (da secret services si direbbe oggi) per proteggere magicamente roma ( e lo stesso soglio pontificio). Convocò quindi il collegio sacerdotale etrusco chiedendone l'intervento in cambio di lauta e legittima ricompensa.

    Insomma: pensateci voi..che vi devo dire? il nostro Dio ste cose non sa le saprà fare, oppure siamo noi che non sappiamo chiamarlo, siamo suoi rappresentanti per così dire..per riscuotere le decime e ingrassare il clero ignorante, ma che pensate che veramente abbiamo potestà di convocare le armate celesti?
    suvvia cari, pensateci voi, che siete maghi e magoni e poi tanto siete pagani: le forze della natura obbediscono a voi sicuramente. Dateci un bel segno celeste chè stavolta dobbiamo fare sul serio, mica dobbiamo convertire quattro babbasoni delle classi popolari, per quello eravamo buoni anche noi.
    Ma stavolta vengono i Goti con gli spadoni, e questi fanno sul serio, che gli raccontiamo? Ci inventiamo un'altra parabola?
    Lo capite anche voi che non regge, no?
    Suvvia dateci una mano e vedrete che il Signore -e l'erario- vi saranno riconoscenti…

    Non sappiamo se si dissero queste parole, probabilmente il papa assunse un tono più curiale e pontificale, ma in fondo il senso doveva esser quello…..

    Però tuttavia il responso degli auguri fu un po' diverso da quello che il papa si aspettava.
    Perchè ovviamente si trattava di un rito di protezione collettiva e dunque non poteva ridursi a mero culto privato.
    In effetti antichi rituali come quello, di protezione di una città (non si trattava certo di mandar giù qualche fulmine, quello sarebbe solo un epifenomeno, si tratta di smuovere corde sottili assai profonde), avrebbero richiesto una parte segreta e una pubblica, forse si doveva evocare il Nome segreto dell'Urbs, di cui i sacerdoti etruschi sicuramente erano a conoscenza dato che vi era una continuità fra collegi sacerdotali romani e religione etrusca. vabbe per farla breve si doveva evocare l'eggregore di Roma capitolina e i sacerdoti sapevano che questo rituale avrebbe richiesto la partecipazione del Senato (poichè nel sangue dei Patres, degli aristocratici, risiede l'influenza sottile degli eroi archegeti, i Fondatori della Patria). E coinvolgere 600 senatori significa rito pubblico, e poi si doveva svolgere in Campidoglio, o su altri luoghi della religione civile dei Romani.
    Insomma questo fu troppo anche per l'intrallazzone Innocenzo. Inammissibile! Non si poteva fare questa concessione agli dei pagani! Che avrebbe pensato il popolaccio bove così faticosamente convertito a suon di martiri e persecuzioni????
    Non se ne fa nulla: meglio i Goti, tanto magari col tempo forse si sarebbero convertiti anche loro….

    E così 50.000 tra Goti e ex schiavi liberati si riversarono sulla Capitale del Mondo (e dello stesso cristianesimo) e di certo le cose non furono così piacevoli come sembra narrarcele il Gregorovius, con dei barbari pii e facile a commuoversi, rispettosi dei luoghi di culto, come devoti pastorelli del presepe.
    Sappiamo che ci furono violenze inaudite soprattutto perche l'esercito di Alarico era formato da ex schiavi di varia provenienza che aveva liberato in molte zone d'Italia e che provavano un forte desiderio di vendetta.
    Sangue a fiumi a parte, l'umiliazione della capitale di un impero dileggiata da orde di razziatori cosmopoliti e raccogliticci fu un fatto epocale (e gravissimo).
    E giù sant'Agostino a parlare dell'imminente fine del mondo e della giusta punizione della capitale del paganesimo (ma come? se Roma era cristiana già da un secolo?…ma si sa: uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi…..)

    Insomma un triste affare

    Ma tutto a maggior gloria del cristianesimo.

  2. paolo
    | Rispondi

    Non conosco i libri di Giovanni Feo. Da quanto leggo, si direbbe questi uno studioso non del tutto profano e che pare anzi aver penetrato almeno in parte l'aura sacrale della Religione Etrusca.
    Una piacevole e sorprendente scoperta.

    Il Cristianesimo? Una strana, incredibile bevuta e non perchè non sia contenuto in esso un nucleo sacrale, ma per lo scadimento mentale a volte spinto all'estremo di quasi tutti coloro che hanno aderito a tale Religione, salutandola come il 'terminus ad quem' di una presunta evolutività racchiusa nel divenire religioso dell'Umanità. Da tanto tempo vorrei conoscere i presupposti invisibili di tale affermazione quasi bimillenaria. Forse un giorno qualcuno di noi arriverà ad afferrarne i perchè.

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