Periodicamente, con una frequenza quasi imbarazzante, i mass media propongono rievocazioni storiche di quello che può, a buon titolo, essere considerato non solo uno dei più grandi Pontefici del ‘900, ma anche una delle figure sociali più importanti del “secolo breve”: Karol Wojtyła, o meglio Sua Santità Papa Giovanni Paolo II.
La cosa non appare per nulla stupefacente: è assolutamente indubitabile che Wojtyła abbia rappresentato un nodo fondamentale per lo sviluppo dell’oggi sotto molti punti di vista e che sia stato anche una figura di estrema “rottura” (ma non certamente la sola e, in questo senso, basti pensare a Papa Roncalli) nella immagine del Pontificato.
Le motivazioni della grandezza del Papa che il popolo cattolico, alla sua morte, ha richiesto diventare “santo subito” sono numerose e vengono così di sovente ribadite che risulta pressoché inutile analizzarle in questa sede. Solo per accenni possiamo ricordare che:
– certamente Papa Giovanni Paolo II è stato una delle concause dello sgretolarsi del blocco comunista e della conseguente fine della logica dei blocchi. Per comprendere la parte avuta dal Pontefice in questa vicenda, è necessario ricordare che l’uomo Wojtyła aveva vissuto gran parte della sua vita sotto la tirannia: prima quella nazista, con i tedeschi che avevano invaso la Polonia quando aveva solo diciannove anni, obbligandolo a trasformarsi da studente universitario a lavoratore manuale, poi, per ben 33 anni, quella dei “liberatori” sovietici, con il loro tentativo di diffondere un totalitarismo ateo. Così come la risposta di Wojtyła al nazismo era stata l’entrata nell’UNIA, un ampio movimento di resistenza nazionale, la sua risposta al comunismo fu basarsi sul pensiero relativo alla dignità umana e alla libertà elaborato dell’Arcivescovo Sapieha, conosciuto durante la frequentazione del seminario sotterraneo[1]. Una volta divenuto a sua volta Arcivescovo di Cracovia, Wojtyła evitò lo scontro diretto con il governo ma continuò a diffondere, quasi porta a porta, il sentimento di un umanesimo cristiano capace di minare il marxismo dalle fondamenta e a utilizzare tutte le armi psicologiche e di autorità morale in suo possesso per difendere i diritti del popolo cristiano. Infine, eletto Papa nel 1978, la sua azione si fece più diretta e incisiva, già a partire da quel “non abbiate paura” che oggi suona come un grido di battaglia contro i regimi dell’est e poi, via via, con i discorsi sulla libertà di culto all’O.N.U., i pellegrinaggi in Polonia per ricordare ai suoi connazionali che il Papato era loro vicino, l’incoraggiamento alle autorità ecclesiastiche (si pensi all’appoggio al Cardinale ceco Tomasek) e il supporto (morale, economico e logistico) a quel libero sindacato Solidarnosc che, fondato da un oscuro elettricista di Danzica, avrebbe determinato le prima libere elezioni in Polonia in cinquant’anni e che mai avrebbe potuto sopravvivere senza l’aiuto e la difesa (si pensi alla lettera scritta direttamente dal Papa a Breznev per metterlo in guardia dalla possibilità di sviluppare una invasione in stile ungherese o praghese[2]) della guida spirituale di due miliardi di persone[3];
– un fondamentale contributo di Giovanni Paolo II alla contemporaneità è stata l’apertura verso le altre Religioni. Fin dall’inizio del suo Pontificato il “Papa polacco” coltivò contatti personali con i leader ebrei e continuò ad affermare, come già aveva fatto in patria, che gli Ebrei erano, per i Cristiani, “fratelli maggiori nella fede“. Nel 1986 fu il primo Pontefice (almeno di cui si abbia conoscenza) ad entrare in una Sinagoga (e, in quell’occasione, abbracciò il Rabbino capo della Sinagoga Maggiore di Roma); nel 1990 dichiarò l’antisemitismo un peccato contro Dio e contro l’umanità e, alla fine del 1993, spinse il Vaticano a riconoscere lo Stato di Israele, ignorando le obiezioni dei funzionari vaticani preoccupati per le conseguenze per le minoranze cristiane nei Paesi arabi[4]. Nel 2000, inoltre, Giovanni Paolo II fu il primo leader cattolico-romano ad incontrare lo sceicco di al-Azhar, una delle più alte autorità religiose dell’Islam sunnita; nel maggio 2001 divenne il primo Papa a entrare in una Moschea (la Grande Moschea degli Omayyadi di Damasco) e a pregare in compagnia di Religiosi musulmani e, lungo tutto il corso del suo Pontificato, tenne circa 50 riunioni per discutere con i leader islamici (molte di più di quelle di tutti i Papi precedenti messi insieme)[5]. Infine, Papa Wojtyła pregò nel 1982 con l’Arcivescovo di Canterbury, nel 1999 con il Patriarca della Chiesa Ortodossa Rumena, nel 2001 fu il primo Pontefice a visitare la Grecia dopo 1291 anni (e a visitare il Patriarca della Chiesa Greco-Ortodossa) e incontrò otto volte il Dalai Lama[6];
– la sua opera evangelizzatrice in tutto il mondo è stata senza precedenti. Durante il suo Regno, Giovanni Paolo II (non a caso detto dalla stampa “il Papa pellegrino”[7]) compì 104 viaggi all’estero (più di tutti i Papi precedenti messi insieme), per un totale di più di 1.167.000 chilometri[8]: mentre alcuni dei suoi viaggi furono in luoghi già visitati da Paolo VI (il primo Papa a viaggiare estensivamente), molti altri furono in Paesi mai toccati prima da un Papa e in cui le grandi folle che assistettero ai suoi discorsi e alle sue celebrazioni ricevettero una fortissima riassicurazione di essere, in ogni caso, una parte importante di quella Cattolicità che la presenza papale rafforzava enormemente;
– le “richieste di perdono” del Papa segnarono momenti storici. Nel 1992 Papa Wojtyła chiese perdono da parte della Chiesa per la persecuzione di Galileo Galilei[9], ancora nel 1992 per il coinvolgimento di cattolici nella tratta degli schiavi africani[10]; nel 1995 per le guerre religiose che seguirono la Riforma protestante[11], di nuovo nel 1995 per le ingiustizie compiute verso le donne nel nome di Cristo[12], nelle celebrazioni in Vaticano per il Giubileo del 2000, per i peccati commessi in ogni epoca dai Cattolici che violarono “i diritti di gruppi etnici e intere popolazioni, e dimostrarono disprezzo per le loro culture e tradizioni religiose“[13] e, nel 2001, via internet per gli abusi dei missionari contro le popolazioni del Pacifico meridionale[14];
– quella di Papa Wojtyła è stata una vera e propria crociata per la riscoperta dei valori cristiani, illustrati attraverso un numero enorme di “esempi” da seguire: il numero dei personaggi fatti ascendere agli onori degli altari è stato senza precedenti, con ben 500 Santi e 1350 Beati provenienti da tutti gli ambiti della Chiesa e da tutte le latitudini, a fronte di 296 Santi e 1319 Beati da parte di 33 papi precedenti. In particolare, risulta notevole la differenza con alcuni degli ultimi Papi, come come Pio X (che in undici anni di Pontificato proclamò solo quattro Santi), Benedetto XV (tre Santi in otto anni) e Giovanni XXIII (dieci Santi in cinque anni)[15];
– infine, la capacità mediatica e comunicativa di Giovanni Paolo II è stata senza precedenti nella storia della Chiesa, con una vera e propria maestria nella gestione dell’immagine personale ed istituzionale[16] e, soprattutto, nella interazione dialogica con singoli e masse, cosa che, indubbiamente ha avuto un peso enorme, soprattutto presso i giovani, nel frenare la tendenza alla laicizzazione estrema del nostro tempo.
Tutte queste sono, come detto, cose note, così sottolineate da chiunque si occupi del Papato wojtyłiano che hanno finito per formare una sorta di icona stereotipata e ripetuta fino all’eccesso.
Di un elemento, però, si è parlato forse davvero troppo poco, soprattutto se si tiene conto della sua centralità: quale era l’idea di fondo di Chiesa di Papa Wojtyła? O, in altre parole, su quali basi ideologiche si è sviluppata la teologia che ha improntato il suo Regno?
Per rispondere a questa domanda è, senza dubbio, utile partire dalle opinioni di chi, durante e dopo il terzo Papato più lungo della storia, ha sempre continuato a cantare fuori dal coro del “santo subito” popolare: l’amico personale e feroce “avversario politico” di Wojtyła Hans Küng.
Küng, da molti considerato il più importante e profondo teologo del ‘900, dichiaratamente progressista[17], non poteva certamente allinearsi sulle posizioni evidentemente (e molto comprensibilmente, sulla base sia di caratteristiche proprie del Cattolicesimo polacco, con la sua interpretazione fortemente mistica della Fede, sia della storia personale e culturale dell’uomo Karol Wojtyła, vissuto per buona parte della sua vita in un ambito in cui l’attaccamento alla tradizione religiosa era, più che un’arma, addirittura una bandiera) conservatrici in campo morale di Papa Giovanni Paolo II. Ebbene, proprio al termine del Pontificato di Wojtyła, un articolo di Küng[18] ha fatto scalpore, nel momento in cui il Sacerdote svizzero ha elencato tutti quelli che, secondo lui, erano stati gli “errori”, dettati proprio da una ideologia ultra-conservativa e pre-conciliare, compiuti dal Papa. Ripercorriamo tali critiche, che, condivisibili o meno che siano (e, in questo, ovviamente, molto dipende dall’ottica di base di chi le legge) danno, comunque, una idea dell’impianto ideologico su cui il Papato di Giovanni Paolo II si è basato.
La prima critica (Küng le definisce “contraddizioni”) riguarda la negazione da parte della Santa Sede dei diritti dei suoi “sudditi”, con la non sottoscrizione vaticana della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del Consiglio d’Europa. La ragione di tale rifiuto è, in sostanza, la teocrazia che governa il diritto ecclesiastico, con la mancata separazione dei poteri: sottoscrivere la Dichiarazione avrebbe significato dover rivedere troppi principi fondativi che, comunque, rendono la Santa Sede l’ultimo stato medievale d’Europa.
Sempre di stampo per molti versi medievale è la condizione femminile propagandata dalla Chiesa e fortemente ribadita durante il Pontificato di Wojtyła. Di fatto, riaffermando l’uso della pillola come facente parte della cosiddetta “cultura della morte[19]” e negando, nonostante la enorme ammirazione per Maria, il Sacerdozio femminile[20], Giovanni Paolo II ha posto la donna in uno stato d’inferiorità rispetto all’uomo che non trova più riscontro nella situazione sociale corrente e che, inevitabilmente, porta all’allontanamento dalla Chiesa di molte fedeli o all’assunzione da parte di un numero notevole di Cattolici di una sorta di “doppia morale”, una per l’ambito religioso e una per la vita quotidiana.
Tra l’altro, la questione del controllo delle nascite è fonte di un altro gravissimo errore vaticano: prendere posizione, come ha fatto Wojtyła nel 1994 alla Conferenza del Cairo[21], contro l’uso della pillola o del profilattico, significa condannare, in nome di principi molto discutibili e discussi persino in seno alla stessa gerarchia ecclesiastica, molti Paesi ad una crescita demografica incontrollata e, conseguentemente, all’indigenza, ma anche alla proliferazione di malattie epidemiche come l’HIV che stanno falcidiando intere nazioni, in particolare africane.
Anche sul versante maschile, la conservazione, fortemente voluta da Giovanni Paolo II[22], di un celibato ecclesiastico che non solo appare fuori dal tempo, ma che sembra, secondo Küng, totalmente ignorare la dottrina biblica e la tradizione proto-cristiana nel segno del mantenimento di diktat sessuofobici altomedievali finisce per avere conseguenze catastrofiche sul numero delle vocazioni e corollari ancora peggiori con casi di pedofilia sacerdotale sempre più pubblicizzati e aventi un effetto dirompente sulla credibilità stessa della Chiesa.
Sempre sulla linea della “restaurazione” conservatrice sono state numerose delle canonizzazioni volute dal Papa, che hanno posto di fronte ai Cristiani come esempi da imitare figure molto discutibili come l’ultrareazionario imperatore asburgico Carlo I[23], l’ultimo “Papa-re” Pio IX[24], che, tra l’altro, si distinse anche per aver mandato soldati mercenari a sparare sui rivoltosi di Perugia nel 1859, il fiancheggiatore del governo ustascia Cardinal Stepinac[25] o il notoriamente filo-fascista fondatore dell’Opus Dei Josémaria Escrivá[26]. Di contro, ogni pensiero critico interno alla Chiesa (Schillebeeckx, Balasuriya, Boff, Bulányi, Curran, Fox, Drewermann, etc.)[27] è stato soffocato con uno stile da inquisizione, svilendo i grandi pensatori e portando i teologi a scrivere unicamente in modo conformista o a tacere.
D’altra parte, indubbiamente, durante il Pontificato di Giovanni Paolo II, è tutto lo spazio di libertà interna alla Chiesa che si è drammaticamente ridotto: Wojtyła ha partecipato al Concilio Vaticano II e ha sempre dichiarato fedeltà ai suoi dettami ma, divenuto Papa, si è allontanato radicalmente da quella collegialità tra Pontefice e Vescovi che era stata uno dei maggiori lasciti conciliari[28]. Così, aggiornamento, dialogo, collegialità e apertura ecumenica hanno lasciato il passo a restaurazione, magistero, obbedienza, ri-romanizzazione e il criterio principe di nomina dei nuovi Vescovi è diventato la fedeltà assoluta verso Roma, con un logico abbassamento intellettuale del livello di discussione teologica.
Anche un altro grande tema conciliare, quello dell’ecumenismo, è stato, nonostante le apparenze di un notevole riavvicinamento alle altre Fedi, largamente disatteso durante il Papato di Wojtyła: i rapporti con le Chiese ortodosse e con quelle riformate sono stati fortemente compromessi dal rifiuto vaticano di riconoscere numerosi loro funzionari e dall’assoluto divieto di ospitalità eucaristica[29], i rapporti con gli Ortodossi russi si sono infranti sullo scoglio della missionarietà di Vescovi cattolici inviati in aree unicamente ortodosse[30] e, in linea generale, ogni reale dialogo inter-religioso è stato frenato dall’affermazione che ogni Religione non-cristiana è una “forma deficitaria di fede”[31].
A livello politico, inoltre, invece che garantire alla Chiesa un ruolo di moderatrice tra opposte fazioni, il Papato di Wojtyła ha sviluppato una strategia di dura contrapposizione contro tutti coloro che, sia in sede di Parlamenti nazionali che di Parlamento europeo, dimostravano posizioni contrarie alle sue sui temi della morale sessuale che coinvolgevano elementi della cosiddette “cultura di morte” (con ciò intendendo non solo la più che lecita questione sull’aborto, ma anche quelle relative a contraccezione, divorzio e inseminazione artificiale), finendo per creare situazioni di ingerenza indebita ben lontane dalla sacrosanta separazione tra Stato e Chiesa[32].
Infine, veniamo al tanto lodato rapporto tra Papa e giovani. Questo rapporto è senza dubbio esistito ma è stato spesso mediato da nuovi movimenti “radicali” e ultraconservatori (Focolarini, Opus Dei, Sant’Egidio, Legionari di Cristo, Regnum Christi, etc.) che hanno portato ai grandi raduni mondiali migliaia di ragazzi spesso acriticamente attratti più dalla figura del Papa che dai contenuti da lui trasmessi. Ciò ha finito, tra l’altro, per aprire canali privilegiati tra gruppi, Ordini e Congregazioni chiaramente tradizionaliste e spesso anche politicamente orientate al conservatorismo estremo e Vaticano[33].
Tutti questi elementi non possono che far pensare ad una vera e propria svolta conservatrice della Chiesa nel lungo periodo di regno di Wojtyła, una svolta che, al di là dell’affermazione legittima di un pensiero forte e di una identità religiosa profonda da parte delle alte sfere cattoliche, ha sicuramente riavvicinato alla Chiesa il popolo tradizionalista per qualche tempo disorientato dagli orientamenti progressisti del Concilio Vaticano II e quella parte di gioventù che, lasciata senza punti di riferimento, andava alla ricerca di messaggi netti e indiscutibili, ma ha finito per allontanare o almeno intiepidire quella parte di fedeli che ha visto in indirizzamenti come quelli menzionati un passo indietro del Cattolicesimo rispetto ai progressi degli anni ’60[34].
Con l’ascesa al Soglio di Pietro del Cardinale Joseph Ratzinger, ex Prefetto della Congregazione per la Retta Dottrina durante il Regno di Giovanni Paolo II e, in sostanza, da molti visto come “braccio destro” del Papa polacco, un certo numero di fedeli si aspettava una linea di continuità assoluta con il suo predecessore tanto da rimanere addirittura sorpreso dal fatto che il nuovo Papa tedesco, non scegliendo di chiamarsi Giovanni Paolo III, mostrasse al mondo un legame ideale con Benedetto XV, il Pontefice della Prima Guerra Mondiale, e non con Wojtyła.
In realtà, chi si occupa di questioni vaticane sapeva che, pur nella stretta collaborazione che li univa, Wojtyła e Ratzinger avevano avuto spesso idee piuttosto distanti.
Ad esempio, Ratzinger non amava le grandi Liturgie di massa di Giovanni Paolo II, né certi “scivolamenti” verso atteggiamenti capaci sì di attirare le simpatie del grande pubblico, ma anche passibili di biasimo perché interpretabili come “scadimenti” dell’altissima dignità della figura papale (si pensi alle celeberrime immagini di Wojtyła con copricapi tribali, così lontane dalla riproposizione ratzingeriana del camauro)[35]. Ma, più che su aspetti puramente formali, le sue critiche, per altro sempre apertamente espresse (seppur nel velato stile tipico delle alte sfere trasteverine), si incentravano su questioni sostanziali, teologiche. Il futuro Papa Benedetto XVI, solo per citare qualche elemento paradigmatico, non fu mai un sostenitore degli incontri interreligiosi (al primo, ad Assisi nel 1986, neppure partecipò), ritenendoli pericolosi perché leggibili come attestazioni di “indifferentismo” (e, non a caso, nel 2000 la dichiarazione Dominus Jesus della Congregazione da lui diretta spazzò ogni dubbio in questo senso); allo stesso modo, fu notevolmente contrariato dai vari “mea culpa” del pontificato wojtyłiano e reagì contro essi in modo peculiarmente curiale, con una lettera pastorale in cui “difendeva” il Papa dalle obiezioni mosse da alcuni Cardinali conservatori (come il Cardinal Biffi di Bologna) ma facendo in modo che tali obiezioni risaltassero nel documento ben più delle risposte ad esse, apparentemente deboli e inconcludenti[36]. Neppure l’enorme numero di canonizzazioni di Giovanni Paolo II vide il Papa polacco e il Cardinale bavarese concordi: Ratzinger fece in modo che la sua opinione, riguardante il fatto che troppi Santi “anonimi” rischiavano di confondere i fedeli più di pochi chiari esempi di virtù, fosse ben chiara e nota e, infatti, il rallentamento delle canonizzazioni è ora sotto gli occhi di tutti[37].
Su una cosa, però, Wojtyła e Ratzinger sono sempre apparsi concordi e Benedetto XVI sembra oggi mantenere una linea di continuità con il suo predecessore: l’ossequio formale e la critica sostanziale effettuate ai risultati del Concilio Vaticano II e, conseguentemente, il ritorno ad un sistema di pensiero ecclesiastico tradizionale.
Forse, in questo senso, la posizione di Ratzinger è ancora più netta di quella di Wojtyła e, certamente, è stata espressa con maggiore chiarezza in un testo di circa venticinque anni fa, una lunga intervista rilasciata a Vittorio Messori nel Seminario di Bressanone in cui l’allora Prefetto della Congregazione per la Retta Dottrina, che pure aveva partecipato al Concilio come perito del Cardinale di Colonia Joseph Frings, esprimeva tutte le sue perplessità per un rinnovamento che aveva permesso a tutti di fare tutto, di interpretare la Fede a proprio piacimento e di trasformare la Liturgia (quella stessa Liturgia da lui riproposta come possibile anche in latino) in uno spettacolo[38].
E sul ritorno ad una Fede “pura”, aliena da ogni forma anche velata di accodiscendimento alla morale corrente, da ogni “dittatura del relativismo”, non vi è alcun dubbio, a partire dal suo programma che vuole i Cristiani “adulti nella Fede … e non fanciulli in stato di minorità, sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina“[39]. Poco importa al Papa che come Cardinale aveva bollato come gravemente erronea, in un documento del 1984 contro la “Teologia della liberazione”, ogni indulgenza al socialismo (teoria definita “vergogna del nostro tempo” e “schiavitù indegna dell’uomo“[40]), se ciò porta ad essere bollati come fondamentalisti (quando si tratta solo di avere una “Fede chiara”), poco importa se i rapporti con le Chiese orientali si stanno spegnando alla luce della cosiddetta “dottrina Ratzinger” (“Roma deve esigere dalle Chiese ortodosse per ciò che riguarda il primato del Papa niente più di ciò che nel primo millennio venne stabilito e vissuto“[41]) e se le relazioni con il mondo islamico sono state messe duramente alla prova dal “Discorso di Ratisbona”, poco importa se Ordini che da secoli formano l'”intellighenzia” della Chiesa come quello Gesuita vengono sostituiti nelle “grazie” pontificie da Prelature personali e Movimenti che si sono attirati le critiche di gran parte del mondo laico (e non solo) per la loro visione medievalizzante della Cristianità, poco importa se persino un insospettabile come il Cardinal Kasper si è lamentato (nel 2000) dell’ultra-centralismo romano ed è stato duramente redarguito da Ratzinger: ciò che conta è che venga a cadere questa cultura che si è imposta in Europa e che “costituisce la contraddizione in assoluto più radicale non solo del cristianesimo, ma delle tradizioni religiose dell’umanità“[42].
Il dubbio, verrebbe da pensare, è se sia solo riaffermazione legittima (forse doverosa) di “pensiero forte” o non ci sia, in questa linea, qualche venatura di “Deus lo vult”.
Di fatto, la costante diminuzione dei praticanti (solo circa il 20% dei battezzati secondo gli ultimi sondaggi[43]) non può che impensierire …
[1] G. Weigel, Witness to Hope : The Biography of Pope John Paul II, HarperCollins 2005, pp.43-178 passim.
[2] Lettera del Papa a Leonid Breznev durante la prima crisi di Solidarnosc, dicembre 1980.
[3] G. Weigel, Citato, pp. 248 ss.
[4] D. G. Dalin, John Paul II and the Jewish People: A Christian-Jewish Dialogue, Rowman & Littlefield Publishers, Inc. 2007, passim.
[5] K. Wojtyła (SS. Giovanni Paolo II), B. L. Sherwin, H. Kasimow, John Paul II and Interreligious Dialogue, Orbis Books 1999, pp. 81-128.
[6] Ivi, passim.
[7] Così su CBS, BBC, CNS, e un numero enorme di giornali di tutto il mondo.
[8] Dato tratto da AA.VV., Pope John Paul II: The Epic Life Of A Pilgrim Pope, Triumph Books 2005, p. 12.
[9] “Grazie alla sua intuizione di fisico geniale e appoggiandosi su argomenti diversi, Galileo, che ha praticamente inventato il metodo sperimentale, ha capito perché solo il sole potesse funzionare come il centro del mondo, come era allora conosciuto, vale a dire, come un sistema planetario. L’errore dei teologi del tempo, quando hanno mantenuto la centralità della Terra, è stato quello di pensare che la nostra comprensione della struttura del mondo fisico fosse, in qualche modo, imposta dal senso letterale della Sacra Scrittura ….” (SS. Giovanni Paolo II, “L’Osservatore Romano” N. 44 – 1264 , 4 Novembre 1992).
[10] “[Chiediamo perdono per] l’orribile aberrazione di coloro che hanno ridotto in schiavitù i fratelli e le sorelle che il Vangelo aveva destinato per la libertà“. (SS. Giovanni Paolo II, “Discorso a Gorée Island – Senegal”, Febbraio 1992).
[11] K. Wojtyła (SS. Giovanni Paolo II), “Discorso nella Repubblica Ceca”, Maggio 1995.
[12] K. Wojtyła (SS. Giovanni Paolo II), Lettera Pastorale Mulieribus ex Omnibus Nationibus, 29 giugno 1995.
[13] K. Wojtyła (SS. Giovanni Paolo II), Omelia del 12 marzo 2000.
[14] K. Wojtyła (SS. Giovanni Paolo II), Messaggio per la Giornata mondiale della Pace, 8 dicembre 2001.
[15] Dati tratti dagli Annuari Pontifici (www.vatican.va).
[16] P. Mitchell, John Paul II, We Love You: Young People Encounter the Pope, Servant Books 2007, pp.14-15.
[17] H. Küng, My Struggle for Freedom: Memoirs, Wm. B. Eerdmans Publishing Company 2003, p.11.
[18] In “Der Spiegel”, 8 aprile 2005.
[19] K. Wojtyła (SS. Giovanni Paolo II), Veritatis Splendor, Ed. Vaticana 1993.
[20] K. Wojtyła (SS. Giovanni Paolo II), Lettera Apostolica Ordinatio Sacerdotalis, 22 maggio 1994.
[21] K. Wojtyła (SS. Giovanni Paolo II), Discorso alla “Conferenza internazionale per la popolazione e lo sviluppo”, Il Cairo, settembre 1994.
[22] Ad esempio in K. Wojtyła (SS. Giovanni Paolo II), Esortazione apostolica Pastores Dabo Vobis, Ed. Vaticana 1992.
[23] Beatificato il 3 ottobre 2004.
[24] Beatificato il 3 settembre 2000.
[25] Beatificato il 3 ottobre 1998.
[26] Beatificato il 17 maggio 1992 e santificato il 6 ottobre 2002.
[27] Sulla questione del trattamento riservato al dissenso cattolico si vedano, ad esempio, J. L. Allen, All the Pope’s Men: The Inside Story of How the Vatican Really Thinks, Image 2006 e L.M.F. Sudbury, Il Regno Visto da Sinistra, Seneca Edizioni 2010.
[28] Si pensi, in questo senso ai “motu proprio” Ad Tuendam Fidem e Apostolos Suos, entrambi del 1998.
[29] K. Wojtyła (SS. Giovanni Paolo II), Ecclesia de Eucharistia, Ed. Vaticana 2003.
[30] Si veda, sull’argomento, M. Martin, Keys of This Blood: Pope John Paul II Versus Russia and the West for Control of the New World Order, Simon & Schuster 1991.
[31] Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Dominus Iesus, approvata da Papa Giovanni Paolo II il 16 giugno 2000.
[32] A tal proposito si legga: C. Holloway, The Way of Life: John Paul II and the Challenge of Liberal Modernity, Baylor University Press 2008.
[33] J. Cornwell, Un Papa d’Inverno. Trionfi e Conflitti nel Pontificato di Giovanni Paolo II, Garzanti 2005, pp. 267 ss.
[34] Ivi, pp202 ss.
[35] Qui e in seguito, cfr. A. Derrouriex, John Paul II and Benedict XVI: Two Popes and Their Love and Hate Relation, Carmel Books 2009, passim.
[36] S. Magister, “Benedetto XVI. Il papa, il programma”, Espresso Online, 20 aprile 2005.
[37] Ivi.
[38] J. Ratzinger (SS.Benedetto XVI), V. Messori, Rapporto sulla Fede, San Paolo 1984, p. 86 ss.
[39] Missa Pro Eligendo Romano Pontefice: Omelia del Card. J. Ratzinger, 18 aprile 2005.
[40] Congregazione per la Dottrina della Fede, Libertatis Nuntius, Ed. Vaticana 1984.
[41] Congregazione per la Dottrina della Fede, Risposte ai Quesiti Riguardanti Alcuni Aspetti Circa la Dottrina sulla Chiesa, Ed. Vaticana, 29 giugno 2007.
[42] J. Ratzinger (SS. Benedetto XVI), L’Europa di Benedetto nella Crisi delle Culture, Cantagalli 2005, p. 37.
[43] Dati AVIR-Europe 2009.
Lascia un commento