Sintesi di storia d’Italia politicamente scorretta

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Pubblichiamo di seguito un breve estratto dalla prefazione di Giovanni Sessa al volume di Marco Rossi, Sintesi di storia d’Italia politicamente scorretta, Pagine editore  (per ordini:06/45468600, pp. 217, euro 18,00). Il testo di Sessa qui presentato muove dal crollo dell’Urss e giunge all’insediamento dell’attuale governo in Italia.

Il crollo del mondo comunista spinse gli USA a decidere di porre fine, in termini definitivi, all’autonomia italiana. Lo strumento privilegiato, scelto allo scopo, fu l’unificazione europea, atta, più di ogni altro espediente, ad indebolire gli Stati nazionali ed impedir loro di opporsi ai processi globalizzanti: «L’Europa unita […] è un raffinato modo di riunificare il continente sotto vassalli più affidabili (Germania e Francia)», che consentono agli USA di dominarla. Per tale ragione gli Stati Uniti hanno lavorato alacremente per l’euro che, entrato in vigore come divisa europea, è stato gestito da banche private e svincolato da qualsiasi controllo politico degli Stati sovrani. Passo finale in tale direzione fu la ratifica del Trattato di Maastricht, sottoscritto da Andreotti nel 1992. Dieci giorni dopo la sua ratifica, non casualmente, esplose Tangentopoli con l’arresto di Mario Chiesa: operazione internazionale, realizzata con la collaborazione di ampi settori della magistratura e mirata a spazzare vie la vecchia classe dirigente del pentapartito, esemplarmente incarnata da Craxi, e a sostituirla con il neonato PDS di Occhetto, ormai pienamente normalizzato, immemore delle battaglie per i diritti sociali e del lavoro, e trasformatosi in tutore dei «diritti dell’uomo», delle libertà borghesi e dei processi di globalizzazione.

Per giungere a tanto erano necessarie tappe intermedie. Il Nuovo Regime della governance ebbe in Giuliano Amato il primo solerte interprete. Egli svalutò la lira del 25%, agevolando gli speculatori stranieri che acquistarono le nostre industrie pubbliche con sconto prossimo al 30%. Azeglio Ciampi fu il secondo «Gran Ciambellano» di regime. Ma, purtroppo per i nostri nemici nazionali ed internazionali, un primo inciampo per realizzare lo smantellamento definitivo della sovranità nazionale, venne dall’imprevista vittoria elettorale di Berlusconi del 1994, che ruppe, momentaneamente, le uova nel paniere dei globalizzatori. Il fronte di fuoco aperto dalla magistratura contro l’imprenditore televisivo, spianò la via a governi che eliminarono innanzitutto quanto sopravviveva della sovranità monetaria e subito dopo, provvidero a svendere il patrimonio dell’IRI. L’introduzione dell’euro, l’abolizione della distinzione tra banche operanti sul mercato e banche speculative-finanziarie, nonché il suicidio ideale della destra e della sinistra su piazza, ormai prone ai voleri dei potentati economici, completarono il lavoro, Così, quando tali potentati, nel 2011, decisero di sbarazzarsi con un golpe finanziario-politico dell’ultimo governo Berlusconi, non trovarono alcuna opposizione capace di contrastarli.

La situazione economica si era aggravata per la crisi strutturale del 2008, e la speculazione sul nostro debito pubblico, voluta da Germania e BCE fece volare lo spread, con il plauso della  sinistra di casa nostra. Nacque così il famigerato governo Monti con l’inspiegabile (ma non troppo) appoggio politico di tutte le forze politiche ad esclusione della Lega. Tale esecutivo, nonostante si sia macchiato di una politica economica da «macelleria sociale», fece aumentare il debito pubblico, tanto in termini nominali, che in relazione al PIL. Monti, podestà straniero o proconsole, chiosa Rossi, al servizio del turbo capitalismo, fu punito alle elezioni del 2013 dal successo elettorale della forze populiste (M5S e Lega). Così, dopo la breve parentesi del governo Letta, ecco manifestarsi l’irresistibile ascesa di Renzi, considerato dai padroni del vapore (significative le dichiarazioni rilasciate in tema da Marchionne), proconsole più brillante di Monti. Il  governo «decisionista» di Renzi fu sostenuto , fatto paradossale e chiarificatore, anche da ex-berlusconiani. L’ex boy-scout ha smantellato le residue tutele sociali. Inoltre, in quegli anni il nostro paese vide aprirsi massicciamente le porte all’immigrazione, al fine di creare, a beneficio dell’imprenditoria transnazionale, ciò che Marx ha chiamato «l’esercito di riserva», finalizzato a sostituire, a salari inferiori, il proletariato italiano. Tale situazione, oltre a creare evidente disagio tra i ceti popolari, colpisce al cuore tanto l’identità degli accoglienti, quanto quella dei migranti stessi. L’intera operazione mira, in quanto non si è ancora conclusa, a creare un uomo ridotto alle mere dimensioni del produrre e del consumare.

La fine del renzismo, decretata dal referendum costituzionale, ha aperto la strada a nuove elezioni che hanno visto, nel marzo 2018, l’affermazione del M5S e della Lega, forze politiche che a giugno di quell’anno sono diventate componenti del nuovo governo giallo-verde. I poteri forti hanno imposto, a questo Gabinetto, dei ministri che moderassero le istanze maggiormente «rivoluzionarie» e si ponessero quali interlocutori accreditati presso le istituzioni europee (Tria e Moavero). Nonostante tale handicap di partenza, il nuovo esecutivo ha suscitato attese di rilievo, sintetizzate dal filosofo russo Alexander Dugin, che in esso ha individuato un primo esempio di  politica realizzata nell’interesse del popolo e contro i privilegi della Nuova Classe, rappresentante l’1% della popolazione. Tra le scelte messe in atto dal governo giallo-verde vanno annoverate: l’azzeramento dei flussi migratori, il legame statuito tra finanziamenti pubblici alle imprese e investimenti delle stesse sul territorio italiano, l’introduzione di ‘Quota  Cento’, atto legislativo con il quale è stata smantellata la legge sulle pensioni del ministro Fornero, ed il reddito di cittadinanza.

Il rapporto Lega-M5S, dialettico e critico, si è incrinato con le elezioni europee del 2019, che hanno fatto registrare lo straordinario successo della Lega ed un arretramento consistente dei grillini. A luglio, questi ultimi, in contraddizione con la propria storia politica, hanno votato la fiducia al governo europeo della Van Der Leyen. Dopo di che, il M5S ha dato vita a un nuovo esecutivo con sinistre e PD. Per tale ragione Rossi accusa i grillini di tradimento delle istanze  populiste. Per quanto ci riguarda, chiamati nel 2017 a dare un giudizio sul M5S e sulla sua possibile evoluzione in senso tradizionale, esprimemmo più di un dubbio sulla reale consistenza di tale raggruppamento politico. Anzi, scrivemmo che non ci pareva allora casuale che i grillini sottraessero spazio politico a populismi identitari: «Riteniamo […] non sia un caso che il M5S abbia sottratto spazi politici ad altri populismi, più vicini alle tesi tradizionali, e avanziamo l’ipotesi che ciò sia stato volutamente pianificato». Il nuovo governo giallo-fucsia non ci sembra il prodotto di un tradimento, ma di un lavoro portato a termine con solerzia dai 5S, che hanno riportato nell’ovile di sistema un elettorato, come dice Rossi, ancora presente su piazza, che avrebbe potuto imboccare davvero strade politiche alternative al presente di «mercificazione universale» .

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Giovanni Sessa è nato a Milano nel 1957 e insegna filosofia e storia nei licei. Suoi scritti sono comparsi su riviste e quotidiani, nonché in volumi collettanei ed Atti di Convegni di studio. Ha pubblicato le monografie Oltre la persuasione. Saggio su Carlo Michelstaedter (Roma 2008) e La meraviglia del nulla. Vita e filosofia di Andrea Emo (Milano 2014). E' segretario della Scuola Romana di Filosofia Politica, collaboratore della Fondazione Evola e portavoce del movimento di pensiero "Per una nuova oggettività".

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