La Rinascita della tragedia

la-nascita-della-tragediaCosa si può dire di questo ormai secolare libro di Nietzsche, senza intaccare la forza schietta con cui è stato scritto?

Quest’opera, dedicata in prefazione a Richard Wagner, è il sunto delle conoscenze filologiche dello scrittore e non solo, poiché è facilmente comprensibile anche da chi di storia antica non ne sa nulla. Scritta da un Nietzsche neanche trentenne, La nascita della tragedia contiene le sue speranze di vedere rifiorire l’arte dionisiaca, attraverso compositori del suo tempo come Bach, Beethoven e soprattutto Wagner, il portavoce dello splendore della tragedia greca rinascente nella musica con rinnovato vigore. Il risveglio della musica tedesca avrebbe dovuto eliminare qualsiasi sentimento antidionisiaco, vale a dire ogni atteggiamento volto a chiudere l’uomo in se stesso, senza fargli provare l’ebbrezza di sentirsi dio, e dar luogo così alla rinascita del mito.

Secondo Nietzsche, lo sviluppo dell’arte è legato alla duplicità e al continuo avvicendarsi dell’elemento apollineo e di quello dionisiaco, dove il primo è simboleggiato dalla scultura, per via della sua illusorietà e della composta rigidezza, mentre al secondo si può affiancare l’arte non figurativa della musica, che trasporta i cuori in alto, nell’ebbrezza più totale.

Apollo, il bellissimo dio spesso raffigurato come il sole, era il protettore delle arti e della musica. Sempre distinto dalla lira a sette corde di sua invenzione in mano, per il nostro filologo era il portavoce dell’arte intesa come sogno, dove ogni cosa è sentita come divina e proprio questo permette di liberarsi attraverso la gioiosa illusione di bellezza. Le prerogative dell’apollineo sono la conoscenza di sé e la misura nei propri atteggiamenti, al contrario dell’eccesso dionisiaco. Eccesso che non è altro che la figurazione della verità, da cui dipende però l’affannoso mondo dei sogni, il quale non può continuare ad esistere, dopo che ha conosciuto l’angoscia. Così Dioniso, grazie al quale l’arte e la natura rivivono quell’esaltazione mistica che nell’ebbrezza squarcia il velo dell’apparenza, identificando l’individuo con la natura e il dolore primordiale, scalza Apollo e i due continuano a battagliare finché non si giunge all’unione di entrambi nella tragedia Attica e nei ditirambi drammatici. Infatti, «la musica spinge all’intuizione simbolica dell’universalità dionisiaca, e in secondo luogo la musica fa risaltare l’immagine simbolica in una suprema dignificazione».

guida-alla-lettura-della-nascita-della-tragediaSe Apollo è l’apostolo dell’eternità dell’apparenza, Dioniso è il motore che crea il mutamento delle apparenze, fino a distruggere il velo di Maia (per l’induismo è il velo che copre la realtà agli occhi dei non risvegliati) destando finalmente l’uomo dal suo assopimento (l’immagine del coro ditirambico è per lo scrittore la perfetta immagine di un coro di trasformati, di ritornati).

Raggiunta la conoscenza del dolore come della gioia, possiamo identificarci nell’uno assoluto. “La conoscenza fondamentale dell’unità di tutto ciò che esiste, la concezione dell’individuazione come causa prima del male, l’arte come lieta speranza che il dominio dell’individuazione possa essere spezzato, come presentimento di una ripristinata unità” (parlando di una presunta dottrina misterica della tragedia, con una visione del mondo profonda e pessimistica). L’immagine di un satiro danzante è, infatti, l’esempio lampante di una propria serenità che sfida ogni morale, andando anche contro gli dei, alzando il peccato attivo a “vera virtù prometeica”. Inoltre esso rappresenta l’emozione di ogni uomo e il desiderio di libertà, portati verso l’assoluto. Così come la musica, rappresenta la pura volontà. E proprio nella musica che portavano avanti i sopraccitati compositori, Nietzsche sentiva i riesumatori di una musica creata non per stimolare e né per evocare (tipiche dello spirito antidionisiaco), ma soltanto per limpida ebbrezza, per gioia e dolore – e anche un po’ per follia.

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