Lo studio e la conoscenza del mithraismo romano – questo vasto e complesso fenomeno spirituale misterico che si diffuse nell’Impero Romano fra il I e il IV secolo d.C. ma i cui primi contatti con l’Occidente risalgono alla campagna militare di Silla in Asia Minore ed a quella di Pompeo contro la pirateria nel Mediterraneo e, in particolare contro i pirati Cilici – ha avuto una grande fioritura a partire dalla fine dell’ 800 nell’ambito della cultura accademica europea di indirizzo storico-religioso.
La cultura universitaria non è stata, comunque, l’unica fonte di riscoperta del mitraismo romano. Altro contributo saliente è stato dato dalla cultura esoterica italiana di orientamento “tradizionale” e, in particolare, dalla rivista di studi esoterici UR che, nel 1927, pubblicò, per la prima volta, in Italia, il Rituale Mitriaco del “Gran Papiro Magico” di Parigi, con una introduzione ed un commento elaborati da esoteristi quali Arturo Reghini, Giovanni Colazza, Julius Evola, Giulio Parise (1).
Nel 1926, sulla rivista Ultra – organo della Lega Teosofica Indipendente di Roma, diretta da Decio Calvari – il filosofo Julius Evola pubblicò un saggio che, per la prima volta, forniva una lettura “sub specie interioritatis” dei Misteri di Mithra, andando ad illuminare in profondità il senso del percorso iniziatico simboleggiato dalla tauromachìa, scena centrale dell’iconografia dei mitrei in tutto l’Impero (2).
Entrando subito nel merito dell’argomento del presente contributo, occorre partire dalla stratificazione culturale che, storicamente, si è formata nel culto di Mithra, nel quale alla radice indo-iranica si è sovrapposta la revisione zoroastriana che non nega il dio-eroe, ma lo ricolloca e lo ridimensiona all’interno di una diversa gerarchia divina, in una nuova trama di rapporti. Questa formazione religiosa si incontra, a sua volta, con la cultura filosofica e con la religione greca – nonché con l’astrologia babilonese – negli stati ellenistici, nati dalla disgregazione dell’Impero d’Alessandro Magno e conosce le assimilazioni, le equiparazioni e i sincretismi di cui il santuario di Nemrut-Dagh in Commagene (nell’attuale Turchia orientale) è l’espressione più efficace e plastica (3).
Come si sia formato il mitraismo romano, è problema tuttora dibattuto fra gli studiosi. Franz Cumont lo leggeva come una riforma dell’antica religione iranica, più precisamente come un mazdeismo riformato (4).
Oggi sembra ormai accreditato l’orientamento che vede in questa religione mistèrica una formazione nuova ed originale, la quale riprende elementi significativi dell’antica spiritualità iranica e zoroastriana impregnata d’assimilazioni ellenistiche, ma ricollocandola in una trama di rapporti nuovi, che risentono dell’impatto con la cultura romana e nell’ambito dei quali ciascun elemento costitutivo – risalente al materiale preesistente – assume nuovi significati e nuove funzioni (5).
Rispetto a tale indirizzo interpretativo, il Merkelbach ha formulato una diversa ipotesi di cui ha riconosciuto la non dimostrabilità sul piano scientifico, ma che tuttavia possiede una sua plausibilità. Il mitraismo romano sarebbe stato fondato, secondo lo studioso tedesco, da una sola personalità religiosa, originaria di qualche stato ellenistico dell’Asia Minore e che alla profonda conoscenza della spiritualità iranica univa quella della cultura greca, in un momento storico in cui l’Asia Minore era già dominata da Roma e rientrava quindi nell’ambito dell’Impero (6).
Propongo, rispetto a quella del Merkelbach, una ipotesi integrativa sulle finalità perseguite da questa (o da queste) personalità, di rango probabilmente sacerdotale; è un’ipotesi che scaturisce dalla coordinazione dei dati storico-culturali via via acquisiti e che, pur non potendo essere dimostrata con certezza, in mancanza di fonti, è tuttavia dotata di una sua verosimiglianza.
Questo fondatore religioso ( ma potrebbe trattarsi anche di un nucleo sacerdotale di fondatori e non necessariamente di una sola persona) avrebbe elaborato una nuova sintesi cultuale e culturale (e qui concordo con la teoria sull’aspetto innovativo), grazie alla quale si svincolava Mithra dal suo contesto originario ed adattando il culto mitriaco alla cultura greco-romana, si veicolava la religiosità iranica in Occidente, offrendo un potente sostegno alla coesione spirituale, etica e sociale dell’Impero Romano, in una prospettiva di difesa di quell’ordine internazionale di cui l’Impero era visto come garante. E’ la concezione iranico-ellenistica dell’Impero come rappresentazione terrena dell’ordine cosmico che qui riemerge in una nuova forma, storicamente aggiornata.
Come Mithra, col suo atto salvifico primordiale (il sacrificio del toro primordiale da cui sarebbe scaturito l’Universo), ha dato vita ed ordine al cosmo, così l’Impero deve dare ordine e salvezza al mondo umano ed il nuovo culto mitriaco deve offrire a tale istituzione sovranazionale la forza mistica e il sostegno etico per favorirne la coesione e la stabilità. Come Mithra ha combattuto e vinto contro il toro primordiale, così il nuovo Impero combatterà e dovrà vincere contro gli elementi disgregatori.
Si consideri quanto è stato giustamente evidenziato dal Filippani-Ronconi (7) sulla base di una testimonianza di Velleio Patercolo (8 ), in ordine ai rapporti fra mondo iranico-ellenistico e cultura romana: quando Silla giunse in Asia Minore e si incontrò con Mithridate, i sacerdoti del re del Ponto dissero poi di aver visto sul capo del condottiero romano l’aureola dello xvarenāh, la “gloria di luce” sovrannaturale che connotava i comandanti protetti dal favore divino. E’ qui che la spiritualità iranico-ellenistica si incontra con la cultura romana, dando luogo a quel complesso sincretismo che conosciamo come mithraismo romano.
Intendo ora sintetizzare – come proposta e contributo al dibattito – gli aspetti salienti della originalità del mitraismo romano rispetto a quello iranico.
1) La centralità e sovranità della figura di Mithra.
Mentre nella religione indo-iranica Mithra è una delle figure divine più significative, accanto ad altre (ricordiamo la coppia Mitra-Varuna in India della quale ci parla ampiamente Georges Dumézil), nel culto occidentale egli compare come figura unica e sovrana nell’ambito dei mitrei; infatti, in questi templi ipogéi la scena della tauromachìa ha sempre un rilievo preminente e centrale e nel linguaggio epigrafico compare quasi sempre la dedica al Mithra Sol Invictus (o, in molte varianti, al “Deo Invicto Mithrae”).
Occorreva offrire il modello di un dio combattivo e invitto, quale riferimento per i legionari dell’Impero; questo dio è, al tempo stesso, il dio del patto e della giustizia, il “teòs dìcaios”, tutore della fedeltà e della lealtà, che domina incontrastato l’universo religioso dei suoi seguaci. Ciò non vuol dire che questo culto presentasse caratteri di esclusivismo e di settarismo, perché anzi la documentazione epigrafica disponibile dimostra come diversi sacerdoti di Mitra fossero anche seguaci di altri culti (9), la tolleranza ed il pluralismo religioso essendo una peculiarità fondamentale del mondo religioso romano, prima che il Cristianesimo divenisse la religione egemone.
2) Il vino quale bevanda rituale.
Nella religione indo-iranica pre-zoroastriana, il Soma-Haoma (Soma per gli indo-ari, Haoma per gli iranici) era la bevanda sacra ed estatica, che propiziava uno stato di apertura della coscienza in cui era possibile il contatto con la divinità (10).
Nel mitraismo romano, questa bevanda è sostituita col vino (di cui abbiamo attestazioni attraverso i dipinti e le sculture dei mitrei che rappresentano la scena del pasto rituale), bevanda non solo adatta al clima ed alla vegetazione mediterranea, ma già dotata, nella religione romana, sin da epoca arcaica, di un suo specifico significato religioso, essendo sacra a Giove. Era infatti il Flamen Dialis – il sacerdote di Giove – a tagliare e consacrare il primo grappolo d’uva al momento della vendemmia (11), durante una festa rituale – i Vinalia – che aveva un suo posto ben definito nel calendario religioso.
Siamo in presenza di un adattamento significativo del culto iranico originario, di un innesto iranico sul tronco della tradizione religiosa romana; ne risulta una nuova formazione in cui il vino è bevanda consacrata al dio invitto.
3) Il grado sacerdotale del Pater.
Sul valore sacrale del concetto giuridico-religioso di pater nella tradizione romana sappiamo molto dalle fonti del diritto romano. Che il mitraismo romano abbia scelto proprio questo termine – e il relativo concetto – per designare il più alto grado della gerarchia misterica è sintomatico della volontà del fondatore (o dei fondatori) di entrare in consonanza con la religio romana, nonché con i mores maiorum (i costumi degli antenati) e con l’impostazione stessa del diritto privato romano (12).
Non è da escludere che, in epoca più antica, nell’ambito esoterico del culto mitriaco iranico, i gradi di iniziazione culminassero nel Perses, poiché il Persiano, in quanto tale, è colui che regge spiritualmente il peso della nazione persiana, colui che personifica, per così dire, il genio religioso del suo popolo. E’ possibile, in altri termini, che non solo il titolo ma il grado di Pater sia stato aggiunto successivamente; sarebbe stato incomprensibile, infatti, presentare agli uomini del mondo romano un culto in cui il grado di iniziazione più alto fosse il Persiano, che, nel suo stesso nome, evocava un mondo religioso ma anche politico e militare – quello dei Parti – tradizionalmente ostile all’Impero Romano. Si tratta, comunque, solo di una ipotesi che mi sembra comunque dotata di una sua logica interna e di una sua plausibilità. Posso peraltro aggiungere che il prof. Filippani Ronconi, nel corso di varie conversazioni private coi suoi allievi, ebbe a formulare tale ipotesi, della quale si mostrava fortemente convinto.
4) Saturno dio tutelare del Pater.
Il legame fra il Pater e la tutela di Saturno è una ulteriore dimostrazione della romanizzazione del culto iranico. Saturno è il dio dell’età dell’oro che, secondo la tradizione, si sarebbe nascosto nel Lazio (dal verbo latère = nascondere), allusione simbolica all’occultamento della tradizione primordiale attraverso un centro iniziatico secondario di cui ci parla ampiamente l’esoterista René Guénon (13) e del quale, peraltro, si trovano tracce anche nella tradizione mitologica concernente Alba Longa. Stando alla testimonianza delle fonti, sul Campidoglio, ben prima che sorgesse Roma, esisteva la città di Saturnia (14).
Porre il Pater “in tutela Saturni” vuol dire ricollegare il culto mitriaco alle radici stesse della tradizione romana, colta nei suoi aspetti più interni e profondi. Siamo in presenza di un recupero del retaggio arcaico, in una versione nuova, al fine di rivitalizzarlo e rilanciarlo come riferimento sacrale, destinato soprattutto ai legionari ed ai funzionari civili dell’ Impero.
5) Mithra Sol Invictus e la teologia solare dell’Impero.
Nella seconda metà del III secolo, l’assunzione del culto del Sol Invictus quale culto ufficiale di Stato, da parte dell’imperatore Aureliano e l’inserimento nel calendario religioso della festività pubblica del Natalis Solis Invicti, pone il culto di Mithra in consonanza con una concezione sacrale dell’istituzione imperiale in cui l’imperator è l’emanazione stessa, sul piano terreno, della divinità solare (15). Questa affinità favorisce la sintonia fra il mitraismo e la cultura romana e, dunque, la ulteriore diffusione del culto nelle varie province imperiali anche per effetto dell’atteggiamento più favorevole – seppure non ufficiale – da parte dello Stato.
Che all’interno del tempio del Sol Invictus a Roma vi fosse una cappella dedicata al culto di Mithra denota l’instaurarsi di un clima politico più favorevole per questi Misteri, i cui santuari erano di solito ubicati in edifici pubblici, prevalentemente nei complessi termali e nelle adiacenze dei centri cittadini (16).
6) Mithra Sotér.
Il sacrificio del toro primordiale e la nascita della vita universale (il mantello del dio ha l’aspetto di un cielo stellato) connotano questa divinità solare quale salvifica anche ai fini della salvezza individuale. Il dio è anche mistagogo (guida dei misti nel percorso misterico dei 7 gradi di iniziazione) e psicopompo (ossia guida le anime nel post-mortem), aspetto peraltro già presente nella religione iranica pre-zoroastriana (17). La peculiarità del Mithra romano sta nell’essere una figura unica e non quella egemone di un complesso universo di divinità. Le figure di Cautes e Cautopàtes – i dadòfori che recano le fiaccole rispettivamente verso l’alto e verso il basso – compongono, insieme a quella centrale del dio solare, la figura del “triplice Mithra”, figura ternaria ben nota nella storia delle religioni, ma comunque ben diversa dalla funzione e dalla collocazione che ha il Mithra iranico all’interno del pantheon persiano (18).
7 ) Un dio esclusivamente misterico.
Infine, il Mithra romano ha un profilo strettamente misterico, come si evince dalle caratteristiche dei mitrei – templi ipogéi adatti per piccole comunità di seguaci – e dall’assenza di qualunque riferimento, sia in sede epigrafica che sul piano iconografico, a forme di culto pubblico. Peraltro le fonti letterarie in materia, anche quelle cristiane, testimoniano di un culto articolato in gradi di iniziazione e quindi impostato su basi selettive ed élitarie.
Tale fisionomia distingue nettamente il Mithra romano da quello iranico,che aveva una sua funzione su più livelli di partecipazione al culto. Il suo essere garante dei patti, della parola data, dell’amicizia in senso sacrale, aveva, in Iran, un significato interno, esoterico, ma anche una controparte pubblica, segnata da una più vasta partecipazione comunitaria al culto (19).
In conclusione, col mitraismo romano assistiamo al processo di romanizzazione e di rielaborazione originale di un culto che, nella sua terra di origine, aveva caratteristiche ben distinte rispetto a quelle che poi è andato ad assumere in Occidente.
La capacità che aveva il mondo romano di assimilare e rielaborare culti stranieri, conferendo loro l’impronta peculiare della propria identità culturale, ha, in questo fenomeno mistérico, una delle sue espressioni più caratteristiche e significative.
Note
1) Cfr. Introduzione alla Magia (a cura del gruppo di Ur), I, Mediterranee, Roma, 1971; UR (ristampa anastatica del testo originale, con introduzione di M.Scaligero), Tilopa, Roma, 1982; J. Evola, La Via della realizzazione di sé secondo i Misteri di Mithra (a cura di Stefano Arcella), Fondazione J. Evola-Controcorrente, Napoli, 2002, p. 142 ss.
2) J. Evola, La Via della realizzazione di Sé secondo i Misteri di Mithra, cit., p. 135 ss.
3) R. Merkelbach, Mitra, tr.it. Ecig, Genova, 1988; S. Arcella, I Misteri del Sole. Il culto di Mithra nell’Italia antica, Controcorrente, Napoli, 2002, pp.163-170.
4) F.Cumont, Textes et monuments figurés relatifs aux Mystères de Mithra (d’ora innanzi citato : MMM), I-II, Bruxelles, 1896- 1899; Id., Les mystères de Mithra, Bruxeles, 1913.
5) G.Sfameni Gasparro, Il mitraismo: una struttura religiosa fra tradizione e ‘invenzione’, in Mysteria Mithrae, Atti del Seminario Internazionale di Studi Mitriaci su “La specificità storico-religiosa dei Misteri di Mithra” a cura di Ugo Bianchi (Roma, 28-31 marzo 1979), J. Brill, Leiden, 1979, pp. 349.-383.
6) R.. Merkelbach, Mitra, cit., pp. 93 – 96. Di particolare interesse, per l’acume interpretativo, è il contributo di G. Sfameni Gasparro, Il mitraismo: una struttura religiosa fra ‘tradizione’ e ‘invenzione’, in Mysteria Mithrae, cit., ove si supera sia l’ipotesi del Nilsson – ripresa dal Merkelbach – del mitraismo come “creazione” di un’unica personalità religiosa, sia la tesi di F. Cumont che legge il mitraismo romano come una riforma del mazdeismo zoroastriano. L’orientamento della Gasparro è quello di vedere nel mitraismo romano «un fatto nuovo, una creazione religiosa unitaria, costruita peraltro con materiale antico, orientale ed ellenistico, in obbedienza ad un preciso disegno e per il soddisfacimento di particolari esigenze spirituali». (Id., op. cit., p.350). L’aspetto innovativo del mitraismo romano e non la semplice riforma del mazdeismo è il dato su cui si pone l’accento secondo questa linea interpretativa molto convincente. Sul tema cfr. F. Cumont, Les mystères de Mithra, Bruxelles, 1913, pp. 25 – 29 ; M.P. Nillson, Geschichte der Grieschischen Religion (2), II, München, 1961, p. 675 ss..
7) Sulla concezione del mondo nella tradizione cario-iranica v. P. Filippani Ronconi, Il senso morale della regalità iranica e i suoi rapporti con le istituzioni dell’Occidente, (Due conferenze tenute l’11 maggio e il 1° giugno 1976 presso il Centro Culturale Italo-Iraniano), Roma, 1976 , p. 8 ss.; 16 ss. Le osservazioni esposte in queste conferenze sono da integrare ora con quelle contenute nell’ultima opera di questo illustre orientalista, Zarathustra e il Mazdeismo, Ed. Irradiazioni, Roma, 2006, p.117 ss., con particolare riferimento alla funzione “vittoriale” di Mithra ed al suo stretto rapporto con la concezione iranica della “gloria di luce”, lo xvarenāh regale. Sulle connotazioni della regalità nei regni ellenistici v. F. Cumont, Les mystères de Mithra, Bruxelles, 1913, p. 16 ss.; R. Merkelbach, op. cit., pp. 73 – 79.
8) Vell.Pat., II, 24, 3.
9) MMM 14 = CIL, VI, 1778; 15 = CIL, VI, 1779 ; 17 = CIL, VI, 510;MMM 18 = CIL, VI, 2151; MMM98 = CIL, VI, 501; MMM 24 = CIL, VI, 1675; MMM 21 = CIL, VI, 511 ; MMM24 = CIL, VI, 1675; MMM 98 = CIL, VI, 501.
10) Sul Soma – Hauma fonti in Rg-Veda, VIII, 48 ; X, 119 .Per la letteratura sul punto v. M. Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, I, Sansoni, Firenze, 1979, pp. 231 – 234 (sul soma nell’india vedica); 350 – 351 (sull’haoma iranico).
11) G. Dumézil, La religione romana arcaica, Rizzoli, Milano, 1977, pp. 125-129.
12) Sul significato della paternità nella tradizione giuridica e religiosa della Roma antica v. Fustel de Coulanges, La città antica, Sansoni, Firenze, 1974, pp. 94 – 104; J. Evola, Rivolta contro il mondo moderno, Mediterranee, Roma, 1969 (ora: mediterranee, Roma, 1998), pp. 321 ss.; J. Bachofen, Le madri e la virilità olimpica, tr. e intr. a cura di J. Evola, , 1972 2, p.65 ss.; 153 ss.; 180 ss..; J. Bachofen, Il matriarcato, tr. it., Einaudi, Torino, 1988, I, p.88 ss.
13) R. Guénon, Simboli della Scienza Sacra, Adelphi, Milano,.1997, pp. 187-192.
14) Le fonti per Saturnia sono: Varro, De lingua latina, V, 41-2; Dion. Hal. II,1; Macr., Sat. I,7, 24;.Verg. Aen. VIII 355-358; Serv., ad Aen., VI 783. Cfr. A. Brelich, Tre variazioni romane sul tema delle origini, Edizioni dell’Ateneo, Roma, 1970, pp. 85-95 e, in particolare, pp. 90-91; G. Dumézil, La religione romana arcaica, cit. pp. 294-295; M E. Migliori, L’Origo Gentis Romanae. Ianiculum e Saturnia, in La Cittadella. Quaderni di studi storici e tradizionali romano-italici, Messina, n°38-39, aprile-settembre 2010, pp. 35-44.
15) F. Cumont, Les mystères de Mithra, cit., pp. 96 – 104; I. Chirassi Colombo, Sol Invictus o Mithra, cit., in M.M., p. 658 ss. Sul carattere non ufficiale – seppur lecito – del culto di Mithra v. F. Panvini Rosati, Il contributo della numismatica allo studio dei misteri di Mithra, in Mysteria Mithrae, cit., pp. 551 – 555, con fonti e bibliografia ivi.
16) S. Arcella, I Misteri del Sole. Il culto di Mithra nell’Italia antica, cit., pp. 35-42 (sulla topografia mitriaca, con note e bibl. ivi).
17) P. Filippani Ronconi, Zarathustra e il Mazdeismo, cit., pp.111-115.
18) Id., op.cit., pp.110-111.
19) Id., op. cit., p.113.
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