È da poco uscita la seconda edizione – arricchita di nuove pagine e testimonianze – di un libro del giornalista e scrittore Andrea Di Nicola; un saggio notevole per quantità e qualità delle informazioni contenute, che subito dopo la prima edizione (2002) venne rapidamente esaurito. Si tratta della biografia di uno degli uomini più intraprendenti del periodo fascista, che per quelle strane “ragioni” della storia venne completamente dimenticato nel dopoguerra, cadendo in un ingeneroso oblio che l’avrebbe accompagnato fino alla riscoperta operata fra gli altri proprio dall’autore. Lodovico Spada Potenziani questo il suo nome, che dà anche il titolo alla seconda edizione del libro di Di Nicola, con sottotitolo: “biografia di un realizzatore” ed edito nel 2009 dalla fondazione “Marchese Rodolfo Cappelletti di Santa Maria del Ponte” (pp. 390, euro 12.00), fu un principe reatino, classe 1880, e grande protagonista nelle terre d’oltreoceano al tempo in cui Italia e America coltivarono un’amicizia sincera, nel nome dei principi di una modernizzazione variamente realizzata nella prima parte del Novecento.
Il libro di Di Nicola oltre a immagini e fotografie inedite provenienti da archivi italiani e americani, presenta una serie rilevante di documenti derivati da archivi, privati e pubblici, di svariate città della Penisola. Un lavoro che non si è svolto in un giorno solo come a testimoniare del peso reale del personaggio cui è dedicata la biografia. Potenziani infatti, fu quel che si suole dire un uomo capace e concreto le cui realizzazioni – ecco il significato del sottotitolo del libro, peraltro azzeccatissimo – vengono sintetizzate come meglio non si potrebbe, dallo storico Giuseppe Parlato che ha curato la prefazione ad entrambe le edizioni del volume: «pioniere dei voli aerei, amministratore locale, nazionalista e, successivamente, fascista, Potenziani fu uno dei tecnici che maggiormente diede lustro alla modernizzazione in agricoltura, tanto da diventare, negli anni Trenta, il Presidente dell’Istituto Internazionale di Agricoltura, quell’organismo che, dopo la seconda guerra mondiale, si sarebbe chiamato Fao. Alla fine degli anni Venti era stato Governatore di Roma, realizzando, nella veste di primo cittadino dell’Urbe, diversi interventi di carattere urbanistico, primo fra tutti la Roma-Ostia. “Ambasciatore” di Mussolini presso gli Stati Uniti, tanto da organizzare per l’Italia l’Expo internazionale di Chicago e da presiedere il Comitato nazionale per il bicentenario della nascita di Giorgio Washington, Potenziani cadde in disgrazia quando l’Italia decise di modificare radicalmente la sua politica estera avvicinandosi sempre più alla Germania hitleriana: per l’ex nazionalista filoamericano la scelta non poteva essere più errata e la seconda guerra mondiale – con le sue terribili conseguenze – avrebbe dato ragione al principe».
Il nostro fu insomma un personaggio positivo e propositivo – anche mecenate e uomo-immagine per la sua città si direbbe oggi – del quale certi teorici dell’ideologia “spinta” tratterebbero con difficoltà. Monarchico e fascista dal 1921, orgoglioso del proprio status nobiliare non coltivò mai velleità rivoluzionarie o populiste e riuscì a stare al proprio posto (prassi non facile ora come un secolo fa), godendo della fiducia di Mussolini in più occasioni. Di Nicola scrive in proposito che la sua adesione al fascismo fu indiscussa anche se il principe non fu mai «in perfetta armonia con esso» e che venne meno quando il fascismo entrò in urto con quel mondo anglosassone del quale Potenziani – senatore del regno, esponente di una destra modernizzatrice ed anche coraggioso sperimentatore – era profondo estimatore. Conclusa l’avventura fascista, nel dopoguerra si sentirà parlare assai poco del principe della Sabina: Potenziani tenterà l’avventura politica del 1953 col partito nazionale monarchico, ma senza alcun successo; di lui rimarranno oltre alle realizzazioni (fu protagonista nel rilancio del Terminillo), una dignitosissima e generosa vecchiaia (conclusasi con la morte nell’autunno del 1971) e l’ombra di un dubbio che Di Nicola riesce a sollevare con la discrezione dello storico (Parlato gliela riconosce), che è ben altra cosa rispetto all’ineleganza del pettegolo. Più o meno negli anni Dieci il principe avrebbe frequentato signore di teatro, nobildonne e borghesi che avrebbero potuto dargli anche un “erede”. Un figlio che, anche per la straordinaria somiglianza (vedere per credere), potrebbe essere stato il grande Indro Montanelli. Del caso, scrive lo stesso Di Nicola, si parlò all’epoca della prima edizione del libro. Ma la questione resta sospesa nonostante l’autore offra l’impressione di conoscere particolari ancora del tutto inediti.
Giovanni Pasquali
Dove posso comperare il libro? Grazie, Giovanni Pasquali.