Fin dai primi secoli della cristianità si è sostenuto che, come nel corpo vi sono i cinque sensi, così esiste il loro corrispondente nell’anima: i sensi spirituali. Ne testimoniavano i Padri della Chiesa, specie Origene al quale si sarebbe ispirato Bonaventura da Bagnoregio, spiegando che nella conoscenza sensitiva “è contenuta segretamente la sapienza divina; ed è meravigliosa la contemplazione dei cinque sensi spirituali considerati nella loro conformità ai sensi corporali”. Così si sono sempre espressi i mistici che attribuiscono a ogni senso interiore una esperienza particolare: gli occhi vedono la luce dello Spirito Santo, le orecchie sentono le voci interiori, l’odorato valuta la santità, il gusto sperimenta la dolcezza divina, il tatto sente la vicinanza di Dio. Ma per ritrovare i sensi spirituali occorre superare un duplice ostacolo, quello dovuto alla nostra natura ferita e conseguentemente quello che dipende dalla nostra negligenza.
Nella condizione postedenica la percezione di Dio e della sua presenza nella vita e nel cosmo si è infatti attenuata: “La genuinità della fede cede il posto all’idolatria e i sensi non sono più in grado di adempiere alla loro funzione più profonda”, scrive Antonio Gentili in I nostri sensi illumina (Ancora 2000) che porta come sottotitolo “Saggio sui cinque sensi spirituali”. Nel suo libro Gentili, religioso barnabita che vive nella casa per esercizi spirituali di Eupilio, in provincia di Como, ed è autore di eccellenti opere di spiritualità, ci conduce alla scoperta di questa dimensione e nello stesso tempo ci offre una serie di consigli, di itinerari per accedervi. Occorre prima di tutto una conversione che consiste, come scriveva Sant’Agostino, nel rientrare nel proprio cuore, guidati dal Cristo: “Entrai nell’intimo del mio cuore sotto la tua guida; e lo potei perché divenisti il mio soccorritore”. Ma si deve in primo luogo allontanare l’attaccamento alle pulsioni e ai desideri, alle passioni e alle sollecitazioni esteriori che chiudono “l’orecchio del cuore”, come osservava Gregorio Magno. Soltanto così è possibile aprire il cuore alla contemplazione: “L’orecchio del cuore percepisce furtivamente” scriveva il Padre della Chiesa “il soffio del celeste sussurro perché l’anima ispirata conosce in modo rapido e occulto il misterioso linguaggio interiore. Se non si sottrae ai desideri esteriori, l’anima non può percepire quelli interiori”.
Gentili ci guida in questo itinerario spiegando come sia poi necessario l’assorbimento dei sensi materiali nella sfera dell’interiorità per abilitarli alla percezione del mistero umano-divino del Dio fatto uomo. Noi possiamo dunque udire, ascoltare, sentire, toccare, odorare il divino attraverso i nostri sensi trasfigurati grazie al Verbo incarnato, fatto carne e dimorante nel cuore dell’uomo, Cuore che informa il cuore. È un’esperienza testimoniata, come s’è detto, da tanti mistici ed è la dimostrazione che la dimensione corporea non è destinata a scomparire ma ad essere trasfigurata e glorificata attraverso la resurrezione. “La soprannaturalizzazione dei cinque sensi” scriveva Cristina Campo, che Gentili cita più volte nel suo libro, “è la grande avventura del corpo a contatto con il divino. Un corpo vivente può diventare qualcosa di molto simile a un corpo glorioso”. D’altronde sarebbero impensabili i sacramenti se si prescindesse dai nostri sensi e dall’umanità di Cristo. Essi infatti si materializzano nei segni sacramentali, dal battesimo all’unzione degli infermi e alla eucarestia dove noi gustiamo il cibo divino nutrendocene. I sensi costituiscono perciò un ponte fra corpo e spirito, tra la sfera esteriore – materiale – e quella interiore – animica -. Sulla scia di Origene e dei Padri della Chiesa Bonaventura scriveva a questo proposito: “L’anima credendo in Cristo recupera l’udito spirituale per ascoltare le parole divine, la vista per contemplare gli splendori della sua luce; sperando in Cristo riacquista con il desiderio e l’amore l’olfatto spirituale; amando il Verbo incarnato, che la riempie di delizie e in cui si trasforma con l’estasi, ricupera il gusto e il tatto”.
* * *
Tratto da Avvenire del 22 luglio 2000.
Lascia un commento