L’interpretazione cristiana della storia guarda al futuro come all’orizzonte temporale di un fine ultimo e determinato che darà un senso a tutti gli avvenimenti storici. Infatti il cristianesimo ha una concezione rettilinea della storia a differenza della concezione pagana della storia che era caratterizzata dal movimento ciclico dell’eterno ritorno dell’identico.
Agostino nel De civitate Dei elabora una complessa ed interessante filosofia della storia partendo da un punto di vista morale-teologico: Agostino dimostra chiaramente come la concezione cristiana della storia sia incompatibile con quella pagana. Il punto centrale della concezione classica della storia era l’idea sostenuta dai filosofi pagani che il mondo non avesse avuto un principio (il concetto di creazione dal niente tipico del cristianesimo non era presente nel mondo classico) e non avrebbe avuto una fine ma si sarebbe verificato l’eterno ritorno ciclico del tempo e degli avvenimenti.
Questa teoria dell’eterno ritorno dell’identico che era alla base del pensiero classico permetteva ai greci di avere la certezza della stabilità del cosmo e dell’esistenza di un ordine immutabile immanente al cosmo stesso.
Agostino critica duramente questa concezione ciclica del tempo e dell’universo utilizzando un’argomentazione di carattere morale: per Agostino la teoria ciclica pagana dell’universo è priva di speranza perché la speranza è legata necessariamente al futuro e non vi può essere un vero futuro se i tempi passati e futuri sono concepiti come il ritorno dell’identico senza né un principio né una fine. Per dirla in altro modo, l’infinita ripetizione dell’identico alla base della concezione classica dell’universo era alienante e priva di speranza perché non vi era mai niente di risolutivo e di finale e niente poteva proteggere gli uomini dall’angoscia esistenziale e dalla convinzione che il destino dell’umanità fosse veramente misero ed infelice.
Per Agostino come per ogni cristiano una novità irripetibile aveva cambiato il corso della storia: la nascita e la risurrezione di Gesù. In altre parole Agostino utilizza un argomento di carattere metafisico e soprannaturale per criticare la teoria pagana dell’eterno ritorno dell’identico: cioè la convinzione che l’apparizione di Cristo e la sua risurrezione erano eventi unici ed irripetibili quindi non ciclici, che avevano modificato il destino esistenziale dell’intera umanità.
Inoltre Agostino attaccava duramente la concezione pagana dell’esistenza del fato (nella religione pagana il fato era una forza cosmica davanti alla quale si dovevano piegare sia gli uomini sia gli dei) e sostituiva ad essa l’idea della Provvidenza mediante la quale il dio cristiano totalmente trascendente rispetto all’universo guidava il corso degli eventi.
La filosofia della storia costruita da Agostino nel De civitate Dei ha una finalità critica ed apologetica. Tale opera venne scritta in occasione del sacco di Roma compiuto da Alarico nel 410, evento che determinò un enorme impressione in tutto l’impero romano e fornì ai pagani un ulteriore argomento per attaccare i cristiani. Infatti i pagani affermarono che tale evento traumatico si era verificato perché i romani avevano abbandonato gli dei del paganesimo adorati dai loro antenati e si erano convertiti in gran numero al cristianesimo che aveva combattuto e soppresso il culto degli dei pagani.
Non dimentichiamo che anche gli imperatori si erano da tempo convertiti al cristianesimo quando avvenne il sacco di Roma compiuto da Alarico che venne considerato quindi una punizione divina nei confronti degli imperatori che si erano convertiti al cristianesimo.
Agostino replicò a tali accuse formulate dagli intellettuali pagani mettendo in evidenza che simili avvenimenti erano accaduti nello Stato romano anche prima della nascita e della vittoria del cristianesimo e mise in evidenza che anche i romani, quando effettuarono le conquiste che permisero loro di costruire un vasto impero, effettuarono massacri e stragi.
Agostino nella sua opera dà un giudizio moderato e privo di pregiudizi nei confronti dell’impero romano. Dobbiamo anche tenere conto che Agostino era convinto che l’impero romano sarebbe sopravvissuto anche alle invasioni dei barbari. Tuttavia anche se Agostino era convinto che l’impero romano non sarebbe caduto non riteneva che la sopravvivenza o il tramonto di un impero potesse cambiare in maniera decisiva l’ordinamento finale del mondo. Per Agostino l’effettiva importanza dell’impero romano nella storia della salvezza era stata quella di assicurare l’unità politica e linguistica nonché la pace nei suoi territori facilitando in tal modo la diffusione del cristianesimo (appare infatti chiaro che il cristianesimo difficilmente sarebbe diventato una religione universale se non avesse potuto contare sulle condizioni favorevoli create dall’impero romano, come pure il cristianesimo si avvantaggiò notevolmente della grave crisi della religione pagana tradizionale e del crollo dei principi morali che erano stati alla base del mondo pagano. Tra l’altro dobbiamo anche metter in evidenza che nella religione pagana era pressoché assente la dimensione soteriologica che è uno dei punti forti della religione cristiana).
Dobbiamo aggiungere che per Agostino gli imperi e gli Stati non erano in se stessi né opera del Diavolo né un bene assoluto ma la loro esistenza era giustificata dalla necessità di conservare la pace e la giustizia nel mondo, dato che dopo il peccato originale la natura umana si era corrotta e pertanto i singoli individui senza l’aiuto delle leggi dello Stato non potevano fare altro che commettere azioni malvagie. Di conseguenza secondo il filosofo cristiano quello che veramente interessa nella storia non è la transitoria grandezza e potenza degli Stati e degli imperi ma la salvezza e la dannazione eterna dei singoli individui che può dipendere anche dalla capacità degli Stati di mettere un freno alla natura corrotta degli uomini. Per Agostino l’unico senso ultimo che possiede la storia è quello di essere il luogo dove avviene la lotta tra la “civitas Dei” e la “civitas terrena”.
Agostino individua con grande chiarezza le caratteristiche che differenziano queste due città: la “civitas terrena” è governata dalla cupidigia, dalla superbia e dall’ambizione mentre la “civitas Dei” è governata dal sacrificio, dall’obbedienza e dall’umiltà. In sintesi la prima è governata dalla vanitas mentre l’altra è governata dalla veritas. Infine gli abitanti della città di Dio sono interessati a conquistarsi solamente l’amore di Dio anche a costo di disprezzare totalmente i piaceri terreni mentre gli abitanti della “civitas terrena” sono così interessati ai piaceri terreni da giungere a disprezzare Dio.
Possiamo affermare che l’intera concezione della storia agostiniana ha come principale scopo di dimostrare la presenza di Dio nella storia e di evidenziare che tutti gli avvenimenti storici sono interamente subordinati alla volontà di Dio, che agisce tramite la Provvidenza Divina, la quale prevede e oltrepassa le intenzioni degli uomini. Partendo da questi presupposti teocentrici Agostino distingue nella storia dell’umanità sei epoche, corrispondenti ai sei giorni della creazione: la prima epoca va da Adamo al diluvio universale, la seconda da Noé ad Abramo, la terza da Abramo a Davide, la quarta da Davide fino alla cattività babilonese, la quinta dalla cattività babilonese alla nascita di Cristo e la sesta dalla prima venuta di Cristo fino alla sua seconda venuta (parusia) e alla conseguente fine del mondo alla quale seguirà il Giudizio Universale.
Tenendo conto di questa concezione rigorosamente religiosa della storia non possiamo aspettarci da Agostino alcun interesse particolare per la storia profana. Per tale ragione Agostino nella sua opera si interessa solamente di due imperi: quello assiro in oriente e quello romano in occidente (sembra quasi un’anticipazione della tesi hegeliana che tutta la storia fornita di senso procede dall’oriente all’occidente). Egitto, Grecia e Macedonia vengono appena nominati da Agostino, cosa che appare senza dubbio sorprendente.
A nostro avviso pur ammettendo la grandezza e la genialità della filosofia della storia di Agostino è possibile individuare un punto abbastanza debole nella sua opera e nel suo pensiero di filosofo della storia. Infatti senza nessun dubbio Agostino ha tralasciato il tentativo di stabilire una relazione tra le cause primarie ovvero il piano provvidenziale di Dio e le cause secondarie che agiscono nel processo storico in quanto tali cosicché Agostino dimostra scarso interesse nel cercare di stabilire un preciso legame tra il piano storico e quello metastorico.
D’altra parte dobbiamo anche comprendere che aspettarci da Agostino una critica storica dei fatti empirici sarebbe una pretesa del tutto fuori luogo in quanto ad Agostino interessava soprattutto l’intento apologetico. In altri termini ad Agostino interessava creare una filosofia della storia nella quale fosse presente un incondizionato riconoscimento di Dio come autorità sovrana che promuove, frena ed inverte i progetti degli uomini mediante l’utilizzazione della provvidenza divina. Di conseguenza dobbiamo tener presente che qualsiasi concezione provvidenzialistica della storia non può dare molta importanza alla critica razionale dei fatti storici empirici né può cercare di mettere in evidenza in maniera razionale il legame tra il piano metastorico e quello storico poiché tale legame può essere colto solo dalla fede e non dalla razionalità.
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