In questo articolo cercheremo di chiarire qual è la concezione degli dei riscontrabile nei due poemi omerici. In estrema sintesi possiamo dire che il concetto degli dei presente nell’Iliade e nell’Odissea coincide con la concezione degli dei presente nella religione olimpica (dobbiamo tenere presente che nell’universo religioso greco non esisteva solo la religione olimpica ma anche le religioni ctonie-misteriche delle quali parleremo più avanti).
Prima di descrivere la condizione degli dei presente nei poemi omerici riteniamo opportuno fare alcune considerazioni di carattere generale sui poemi omerici. Per prima cosa dobbiamo tenere presente che i poemi di Omero insieme a quelli di Esiodo costituivano il testo base per l’apprendimento della lingua ed erano anche il fondamento principale di ogni forma di educazione. Attraverso di essi l’uomo greco apprendeva i valori generali e le norme etiche a cui fare riferimento e imparava altresì a conoscere il complicato universo religioso esistente nel mondo greco.
L’Iliade e l’Odissea risalgono con tutta probabilità al IX secolo a.C.: il mondo che essi descrivono è la civiltà minoico-micenea fiorita circa tre secoli prima ma il loro valore documentario non è limitato a quel periodo perché non sono infrequenti gli accenni anacronistici a costumi e concezioni tipici dell’epoca in cui i poemi furono scritti.
L’Iliade sembra riferirsi a un’epoca più arcaica in cui l’organizzazione politica della società era ancora rigidamente monarchica mentre nell’Odissea già emergono i tentativi di conquista del potere da parte delle classe aristocratica.
Anche l’immagine dell’uomo che si ricava dalle due opere appare costruita secondo una prospettiva diversa. Nell’Iliade essa trova la sua massima espressione nella figura di Achille, l’eroe per eccellenza. La virtù che viene attribuita ad Achille è indicata dalla parola greca “areté” consistente nel coraggio in battaglia, nella volontà di difendere gli amici e l’onore, nella capacità di ottenere il riconoscimento pubblico del proprio eroismo. Molto importante nell’Iliade è anche la figura altrettanto eroica di Ettore, il più valoroso tra i guerrieri troiani: Ettore è l’eroe umano e morale che va incontro al fatale duello con Achille non per orgoglio ma per compiere sino in fondo il suo dovere di figlio, marito, padre e cittadino.
Molto significativo e commovente nell’Iliade è anche il colloquio tra Achille e il vecchio Priamo che va alla tenda dell’eroe greco per chiedergli di restituirgli il corpo di Ettore: il poeta fa capire in tale colloquio che al di sopra dell’odio, della guerra e della vendetta tutti gli uomini, compreso l’apparentemente invincibile Achille sono accomunati da un identico destino di infelicità e di morte. Significativo a questo proposito è l’incontro negli Inferi descritto nell’Odissea tra Achille e Ulisse. Quest’ultimo saluta l’amico come il più felice degli uomini per la fama e la gloria che lo accompagnano anche dopo la morte avvenuta durante la guerra di Troia. Ma Achille lo rimprovera tristemente dicendo che nella morte non c’è nulla da lodare tanto che Achille afferma che preferirebbe vivere come il più oscuro degli uomini piuttosto che trovarsi nell’Ade.
Il mondo descritto nell’Odissea se da un lato mantiene gli stessi contorni di quello dell’Iliade dall’altro lato appare più variegato tanto che in tale poema omerico è presente una nuova concezione della vita e della virtù. Il personaggio principale di tale poema ovvero Ulisse è un uomo dal multiforme ingegno che senza dubbio è molto diverso dall’invincibile eroe Achille. In sintesi possiamo dire che nell’Odissea viene maggiormente valorizzata l’intelligenza umana e la giustizia che alla fine riescono ad avere ragione sia del destino avverso sia della malvagità degli uomini. Ulisse è anche un fabbricatore di inganni che segue spesso le vie dell’astuzia, vie che erano del tutto sconosciute all’eroico coraggio di Achille che ben sapeva che se fosse partito per la guerra di Troia non avrebbe più rivisto la propria patria ma sarebbe morto durante la guerra di Troia. D’altra parte non dobbiamo dimenticarci che l’astuzia di Ulisse è messa in evidenza anche nell’Iliade in quanto Ulisse è l’ideatore del cavallo di Troia mediante il quale i Greci riescono a conquistare Troia.
Si può dire che le vicende narrate nell’Iliade sono più tragiche di quelle narrate nell’Odissea in quanto la storia di Ulisse è caratterizzata da un “lieto fine” (l’eroe greco dopo dieci anni riesce a tornare in patria). Al contrario nell’Iliade i personaggi più nobili ed eroici quali Achille, Ettore, Patroclo, Priamo vanno incontro ad un destino tragico.
Dopo tali considerazioni di carattere generale sui poemi omerici cercheremo di mostrare che la concezione degli dei presente nei poemi omerici coincide con la concezione degli dei riscontrabile nella religione olimpica. A tale scopo esporremo le principali caratteristiche della religione olimpica per poi mettere in evidenza come tali caratteristiche sono presenti nella concezione degli dei riscontrabile nell’Iliade e nell’Odissea.
In primo luogo nella religione olimpica è presente una complicata costruzione politeistica nella quale accanto alle divinità principali quali Zeus, Era, Apollo, Atena, Marte, Poseidone si profilano numerose divinità minori. Anche nei poemi omerici è riscontrabile tale complicata costruzione politeistica del mondo divino tanto che in questi due poemi rivestono grande importanza non solo le divinità principali ma anche un certo numero di divinità minori (vedasi ad esempio l’importante ruolo che la ninfa Calipso riveste nell’Odissea).
In secondo luogo nella religione olimpica esiste una concezione chiaramente antropomorfica degli dei che pur essendo immortali e beati appaiono tuttavia assai simili agli uomini essendo dotati sia delle migliori virtù umane sia delle peggiori passioni e dei peggiori vizi riscontrabili nel mondo degli uomini. Tale concezione antropomorfica degli dei è riscontrabile senza nessun dubbio nei poemi omerici: basti pensare ad esempio che alcune divinità combattono a fianco dei greci mentre altre combattono a fianco dei troiani. Inoltre nell’Odissea alcune divinità cercano di favorire il ritorno a casa di Ulisse mentre altre cercano di impedire il ritorno ad Itaca dell’eroe greco.
In terzo luogo la religione olimpica era una religione pubblica nel duplice senso che non dava importanza ai rapporti privati dell’individuo con la divinità e che era in sintonia con la vita politica e civile dello stato: non aveva per tema dunque alcun tipo di problematica personale e non accennava a un senso nascosto e profondo dell’esistenza. Anche la concezione della religione riscontrabile nei poemi omerici è senza dubbio un concetto di religione pubblica in quanto gli dei omerici sono in gran parte una proiezione ed anche una giustificazione degli ideali di vita e dei valori degli aristocratici achei. Di conseguenza la concezione della religione presente nei poemi omerici è in perfetta sintonia con la concezione dello stato che era propria degli aristocratici achei.
In quarto luogo nella religione olimpica avevano una grandissima importanza i concetti di “nemesis” (vendetta divina) e “iubris” (superbia umana). Uno dei punti fondamentali della religione olimpica era la credenza che la vendetta divina colpisse inevitabilmente gli uomini che diventavano troppo superbi mancando di rispetto agli dei o comunque provando un’esaltazione eccessiva per le loro vittorie e per il loro potere. Nei poemi omerici lo schema “iubris-nemesis” è senza dubbio presente e riveste una grande importanza. Riteniamo opportuno fare un esempio concreto di “nemesis” divina conseguente a “iubris” umana prendendo tale esempio dai poemi omerici. Nell’Iliade il dio Apollo scatena una violentissima pestilenza nel campo dei greci causando un grande numero di morti tra i soldati greci che assediavano Troia. Tale pestilenza altro non è che la “nemesis” del dio Apollo che punisce i greci per aver mancato gravemente di rispetto al dio (“iubris” umana).
In quinto luogo nella religione olimpica il problema della morte non riceveva nessuna vera spiegazione. I morti indipendentemente da come si erano comportati in vita finivano nell’Ade, che altro non era che un mondo molto triste dove non esisteva una vera sopravvivenza ma solamente una vita infinitamente scolorita, pallida e sbiadita. Tale vita che i morti conducevano nell’Ade in fondo non era altro che la proiezione in immagini concrete del ricordo che i morti avevano della loro vita terrena. In ogni caso nella religione olimpica la morte non instaurava nessun tipo di giustizia perché ciò che distribuiva era uguale per tutti, buoni e cattivi. Di conseguenza non esisteva nell’Ade né un premio per i buoni né una punizione per i malvagi. Anche nei poemi omerici si sostiene che nell’Ade i morti conducono una vita assolutamente sbiadita, scolorita, pallida ed infelice. Infatti nell’Odissea viene significativamente descritto a tale proposito l’incontro nell’Ade tra Achille ed Ulisse. In tale incontro Achille afferma con grande tristezza che nell’Ade non c’è niente di piacevole poiché i morti conducono un’esistenza molto triste. Achille giunge al punto di affermare che preferirebbe vivere sulla Terra come il più oscuro degli uomini piuttosto che regnare nell’Ade.
In sesto luogo nella religione olimpica al di sopra di tutte le divinità, più potente dello stesso Zeus, esisteva il Fato. Esso era una forza cosmica neutra ed impersonale che dominava sia sugli uomini sia sugli dei in maniera assoluta e che né gli dei né gli uomini potevano comprendere in quanto incarnava la necessità cosmica ed oltrepassava i limiti di qualsiasi riflessione umana e divina. Nei poemi omerici viene messa in grande evidenza l’incontrastabile potenza del Fato davanti al quale si inchinano sia gli dei sia gli eroi più valorosi come Ettore ed Achille. Per fare un esempio concreto neppure Achille che era figlio di Tetide (una divinità marina) può sfuggire al Fato nonostante che la madre faccia di tutto per salvarlo. Il Fato ha infatti deciso che Achille deve morire giovane pur essendo il più valoroso tra gli eroi greci e che egli non debba tornare vivo dalla guerra di Troia. Anche la sorte di Ettore il più valoroso tra gli eroi troiani è decisa dal Fato. In sintesi possiamo dire che la potenza del Fato è fortemente messa in evidenza nei poemi omerici sia a livello dei singoli eroi sia a livello dell’intero genere umano.
In estrema sintesi possiamo dire che nella religione olimpica la dimensione soteriologica è totalmente assente. Al contrario tale dimensione riveste una grande importanza nelle religioni misteriche che proprio per questa loro caratteristica rivestirono una loro importanza nell’universo religioso dell’antica Grecia. Riteniamo opportuno chiudere tale articolo dicendo qualcosa sulle due religioni misteriche a nostro avviso più importanti esistenti nell’antica Grecia ovvero i misteri eleusini e i misteri orfici. Per quanto riguarda i misteri eleusini dobbiamo dire che in essi la dimensione soteriologica è importante perché vi è il riferimento a un destino di rinascita oltre la morte. In tali misteri il mondo degli Inferi è rappresentato come una realtà dolorosa e dove l’anima doveva sopportare un tormentoso vagabondaggio in attesa di ritornare a una sorte migliore. Di conseguenza l’Ade non era più come nella religione olimpica la copia sbiadita dell’esistenza terrena ma al contrario era un diverso modo di essere complementare alla vita stessa alla quale era legato secondo un rapporto di reversibilità reciproca. Nei misteri eleusini l’adepto veniva a conoscenza dei misteri e delle formule segrete che gli permettevano di assicurarsi negli Inferi una sorte migliore di quella che toccava agli altri uomini. Tuttavia bisogna mettere in evidenza che tutte le fonti che parlano dei misteri eleusini sono concordi nell’affermare che la condizione per ottenere questa sorte migliore negli Inferi era solo la conoscenza di tali formule e di tali misteri ai quali non andava collegata l’osservanza di alcuna precisa norma morale.
Ben diversa era la concezione soteriologica esistente nei misteri orfici, una tradizione misterica che ebbe grande influenza sulla filosofia. Anche se l’interpretazione globale dell’orfismo è un problema non risolto possiamo dire che gli adepti di tali misteri non potevano conquistarsi una sorte migliore dopo la morte solamente con le conoscenze che acquisivano o con le pratiche rituali ma dovevano anche osservare se volevano ottenere la salvezza precise norme etiche. A questo fine gli orfici usavano riunirsi in comunità impegnate nella realizzazione di un determinato stile di vita che era la condizione essenziale per ottenere la salvezza dopo la morte ovvero una situazione migliore di quella che aspettava gli altri uomini dopo la morte. Come si vede da quanto abbiamo detto i caratteri e i contenuti delle religioni misteriche erano diversi dai caratteri e dai contenuti della religione olimpica ed anche dalla concezione degli dei e del destino esistenziale degli uomini presenti nei poemi omerici.
carla
molto bello e complesso!!! :-)ottimo per una relazioneee!!!!!complimenti ricco di idee!!!!! COMPLIMENTIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
francy
complimenti è veramente ricco di idee!!!e….curiosità!!!! complimentiiiiiiiiiii
🙂
mel
davvero molto utile !!(:
Rosaria
Mi sentirei di dire però che poiché l'episodio del cavallo di Troia non viene descritto nell'Iliade, ma narrato nell'Odissea, è nell' Odissea che ancora una volta viene evidenziata l'astuzia di Ulisse….
Chiara
Hai solo sbagliato a scrivere che Marte fa parte della religione olimpica. Marte fa parte della religione romana ed è l’equivalente di Ares per i greci.
Bud
Interessante come piano informativo culturale per un approfondimento. Grazie