Numerose e contrastanti sono le notizie che in queste ultime settimane giungono da Hollywood e che riguardano un possibile ritorno sul grande schermo del barbaro più famoso di tutti i tempi: Conan Il cimmero. Da tempo si rincorrono le voci di un nuovo ingaggio milionario per il non più giovanissimo, ma pur sempre granitico, Arnold Schwarzenegger, ora Governatore della California, che potrebbe tornare a vestire i panni del guerriero frutto dell’estro letterario del geniale scrittore americano Robert E. Howard, creatore dell’heroic- fantasy e suicidatosi a soli trentatre anni con un colpo di pistola alla testa.
Secondo alcuni questo terzo episodio della fortunata saga potrebbe essere un semplice remake del primo Conan il Barbaro, diretto magistralmente da John Milius del 1982 e con protagonista un Arnold Schawarzenegger appena sceso dal podio del Mister Olympia. La Warner Bross ne avrebbe già ceduto i diritti alla Millennium e la regia dovrebbe essere affidata a Fredrick Malmberg. Per questo nuovo King Conan: Crown of Iron (Re Conan, La Corona di ferro) sono però spuntati, insieme al nome della “quercia austriaca”, anche quello di Milius che secondo un’altra fonte sarebbe invece il regista in corsa per dirigere questo nuovo film. E tanto per creare ancora più mistero sembrerebbe che Schwarzy abbia rinunciato all’ultimo al ruolo per limiti di età. Ed ecco che si sarebbe aperta una vera e propria caccia per trovare il “nuovo” Conan che potrebbe essere selezionato tra alcuni dei più famosi body builder del momento o tra i campioni di wrestling.
Di certo l’eredità lasciata da John Milius è di quelle non facili da raccogliere; già il secondo episodio Conan il distruttore datato 1984, diretto da Richard Fleischer, seppur campione di incassi, non ebbe il fascino del primo film. Di certo, in questo continuo avvicendarsi di notizie e smentite, emerge l’autentico revival per gli eroi senza compromessi, protagonisti di epiche saghe e di altrettanto titanici scontri tra bene e male che investe la cinematografia internazionale. Conan il cimmero, dal giorno della sua nascita, sancita con il racconto La fenice sulla lama, pubblicato sulla rivista americana Weird Tales nel dicembre del 1932, fu dotato di una precisa connotazione: barbaro, nel senso di insofferente alla vita comoda, guerriero abile e spietato, ladro e mercenario, ma sempre pronto a mettersi dalla parte dei deboli e dei bisognosi rischiando la vita in prima persona. Naturalmente Howard lo pensò fisicamente come un guerriero imponente, dotato di una forze eccezionale, agilissimo quanto astuto, capace di gettarsi nella mischia in battaglia, incurante delle forze nemiche soverchianti, così come di improvvisarsi ladro e di darsi alla fuga dopo aver rubato preziosi tesori.
Certamente la psicologia di Conan è figlia di quello spirito critico, ribelle e antiborghese di Howard che non perdeva occasione per criticare la società del suo tempo inflacidita da progresso e falsi miti. Per Conan Howard creò con meticolosa precisione un’epoca immaginaria, la cosiddetta “Era Hyboriana”, dominata da caos e guerre, una sorta di medioevo cupo e fantastico nel quale convivono i miti nordici, quelli di Atlantide e influenze esotiche.
“Di quell’epoca, conosciuta dai cronisti nemediani come il Pre-Cataclisma si sa poco, salve per l’ultima parte, e anche questa è velata dalla nebbia della leggenda” dice Howard. E ancora: “Atlantide e Lemuria sprofondarono e le isole dei Pitti furono sollevate a formare le vette delle montagne di un nuovo continente”. Conan, figlio di un fabbro, trascorre la sua infanzia e adolescenza in Cimmeria, una regione aspra e montagnosa dove il giovane eroe forgerà la sua tempra di barbaro e guerriero, insuperabile nelle prove di forza quanto nell’uso della spada. La cosmogonia del cimmero è semplice: sarà Crom, il dio depositario del segreto dell’acciaio, l’unica divinità alla quale Conan si appella più per imprecare che per pregare.
Ma Conan non è destinato a rimanere col suo popolo. Lo aspetta il viaggio, il vagabondaggio in terre straniere, spesso ostili, dove Conan conoscerà re, avventurieri, ladri e splendide donne e diventerà re lui stesso, con la propria forza. Il tema è lo stesso di sempre, quello del viaggio, dell’uomo che abbandona la propria casa, quello che ha, che seppur poco, è comunque una sicurezza: in questo caso la terra natia, il proprio popolo. Il cimentarsi in nuove imprese, mettersi in cammino per confrontarsi con quello che sta fuori dal nostro mondo accomuna un certo tipo di visione del mondo, dai cavalieri erranti medioevali fino alla Beat Generation raccontata da Kerouac. La sola differenza è nell’epoca e nei modi, ma il senso del viaggio è lo stesso: guardarsi fuori per conoscersi dentro.
Questo aspetto psicologico fondamentale della saga del cimmero era stata pienamente capita dal regista John Milius che meglio di chiunque altro avrebbe potuto mettere sullo schermo Conan. Lo stesso Milius, classe 1944, originario del Missouri, all’età di sedici anni, dopo aver letto I vagabondi del Dharma di Kerouac intraprese un avventuroso viaggio sui treni merci nel cuore dell’America. Svolse le professioni più disparate (dal bagnino all’istruttore di surf). Regista di film che hanno segnato la storia del cinema (Un mercoledì da leoni, Apocalypse Now, Lo squalo, Ispettore Callaghan, il caso Skorpio è tuo ecc) Milius è un personaggio poliedrico, estremamente colto e complesso, sempre dominato da un’insofferenza per quel tipo di visione comoda e borghese della vita già ampiamente criticata da Howard. Nei suoi confronti le accuse di fascismo non sono mai mancate. Una frase dello stesso Milius è indicativa del suo spirito libero e in antitesi allo star system holliwodiano: “La mia immagine di destra è di un genere pagano, animalistico e permeata da un’idea di libertà. Non ha niente a che fare con cose come la censura e le imposizioni religiose…sono un pagano, un pagano onesto”.
Nel film Conan il barbaro non a caso il cimmero è alle prese con una pericolosa setta che non solo, dopo avergli massacrato la famiglia, lo ha ridotto in schiavitù per anni, ma che successivamente mira al controllo del mondo attraverso l’indottrinamento di nuovi adepti. Così nella saga letteraria, Conan si trova più volte a lottare contro il potere subdolo quanto potente della magia che a volte può sconfiggere quello della spada, rappresentato dall’acerrimo nemico Toth Amon, il mago. Quella di Howard-Conan-Milius appare oggi più che mai una triade mossa da un viscerale amore per la libertà dell’individuo e dal desiderio di combattere, di impugnare penna, ascia bipenne o cinepresa che sia, per ribellarsi al nemico. Un nemico che manipola le menti, che ricorre alla magia, come alla morale, lo stesso che incatena a sé sia con malefici che con raffinate operazioni di marketing. E’ ancora lo stesso Milius a dire: “Vedo tutti questi controlli, tutte queste regole, che stanno calando su di noi: corsie divisorie, limiti di velocità, niente fuochi d’artificio il 4 di luglio, orari per le famiglie alla tv, pressioni contro i giocattoli bellici. Protezione dai cattivi istinti. E’ un modo di effeminare gradualmente la nazione affinché possa essere intimidita e conquistata dai totalitaristi. In fondo al cuore io sono un anarchico di destra: non ho programmi costruttivi, perché ogni programma puzza di governo, di sistema. Meno organizzazione c’è, meglio è”.
E questa contraddizione di fondo si rivela anche in tutto il cammino-parabola di Conan che lo vede nascere barbaro, diventare mercenario, ladro e infine re. Il terzo episodio cinematografico dovrebbe appunto ispirarsi alla biografia del cimmero che da poco superati i quarant’anni si ritrova ad aspirare al trono di Aquilonia. Conan, dopo aver guidato da generale le truppe di Re Numedide di Aquilonia, temendo costui la popolarità crescente del cimmero, lo fa imprigionare. Una volta sfuggito alle catene e ritrovato il grande tesoro di Tranicos, con l’aiuto dei suoi commilitoni di un tempo, Conan marcerà contro il re che lo ha tradito e ne prenderà l’ambito trono, subito dopo aver strangolato il contendente.
Un cenno lo merita anche la carriera fumettistica di Conan che per lunghi anni ha appassionato una nutrita schiera di appassionati. Era il 1970 quando la per la Marvel uscì la serie Conan the barbarian disegnata da Barry Windsor Smith che durò per ben 275 numeri fino al 1993.
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Tratto da Il Secolo d’Italia del 10 novembre 2007.
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