Quest’anno si sono celebrati i centoventi anni dalla nascita di Julius Evola. Il suo nome sulla stampa che conta, è accompagnato da aggettivazioni limitative che non corrispondono alla grandezza della sua figura. Giornalisti culturali, o presunti tali, continuano ad etichettarlo secondo i consueti cliché: fascista e razzista. Eppure sembrava che la critica più accorta, stesse finalmente lasciandosi alle spalle i pregiudizi nei suoi confronti. Negli anni Novanta, perfino sul Corriere della Sera, era possibile leggere esegesi oggettive della sua filosofia. Le speranze sono andate deluse: Evola è tornato a rappresentare un tabù non rimosso dall’intellettualmente corretto. Una cappa di silenzio è stata stesa sul suo nome. Ciò non poteva che stimolare la pronta reazione di chi, da una vita, si dedica alla diffusione e alla contestualizzazione del pensiero evoliano. Ci riferiamo a Gianfranco de Turris, curatore del volume, Il Barone immaginario, da poco edito da Mursia (euro 19,00).
De Turris ha chiamato a raccolta diciotto autori, diversi tra loro per formazione, accomunati dalla conoscenza della Tradizione, ed ha dato luogo ad una provocazione intellettuale definita in Prefazione, una “bizzarria, un ghiribizzo” (p. 6). Di che si tratta? Il libro raccoglie racconti fantastici che hanno come filo conduttore la figura di Evola. Il titolo fa il verso a Calvino, al suo Il Barone rampante. Dalla lettura emerge l’Evola ‘personaggio’. Tale il filosofo fu nel corso della vita, proteso oltre il proprio tempo e il senso comune. La successione dei racconti segue l’ordine cronologico: l’incipit del volume è un testo di Volt, alias Conte Vincenzo Fani Ciotti, autore di manifesti futuristi, nel quale Evola è collocato nel milieu delle avanguardie primo novecentesche.
Del personaggio Evola, dissero allora, Sibilla Aleramo in Amo, dunque sono, presentandolo nella figura del magico Bruno Tellegra, ed Edmondo Dodsworth, che gli dedicò un componimento poetico, comparso sulla rivista “Il Mare” di Rapallo. Il filosofo svolge un ruolo centrale anche in altri testi: con il nome di Lintword ne Il castello del Graal, di Paolo M. Virio, con lo pseudonimo di Ieronim Tanase nel romanzo di Mircea Eliade, Diciannove rose.
Il fascino esercitato dalla sua personalità, lo ha reso protagonista, ricorda de Turris, di romanzi di ‘storia alternativa’. In essi i riferimenti ideali di Evola vengono presentati quale possibile alternativa al fascismo storico. Alberto Henriet, in L’uomo che cavalcava la tigre, ha elaborato una sorta di biografia iniziatica di Evola, muovendo dalla successione cronologica dei suoi dipinti, ognuno dei quali ha occasionato una storia del libro.
Ne Il Barone immaginario il lettore incontrerà l’uomo Evola, con pregi e difetti. Inoltre, poiché chi lo conobbe e frequentò in vita, per ragioni anagrafiche, non è più tra noi, il volume potrà essere valido ausilio per i giovani, al fine di conoscere la sua personalità e la sua storia. Nei racconti sono presenti i topoi, ideali e geografici, del pensatore: la montagna, la Tradizione, la magia, l’arte, il Graal. Apprezzabili risultano le puntuali ricostruzioni d’ambiente. Si tenga presente, suggerisce il curatore, che “queste sono tutte opere di narrativa e quindi d’invenzione che hanno comunque sempre un retroterra storico generale e/o personale, e che quindi possono permettersi delle licenze” (p. 11).
Adriano Monti Buzzetti, narra di un possibile incontro Evola-Hesse in Canton Ticino, nella villa di Montagnola, dove l’autore di ‘Siddharta’ si era ritirato. Un incontro, in realtà, a tre, in quanto Hesse aveva quale coinquilino un sadhu tibetano che subito comprende come Evola avrebbe potuto far maturare in lui ulteriore consapevolezza. Decide così di far ricongiungere il suo corpo astrale a quello fisico. Il dato storico dal quale Monti Buzzetti prende le mosse, va rintracciato nelle lettere di Evola a Tzara, fondatore del dadaismo, del maggio-luglio 1921. Max Gobbo, sulla scorta di quanto attestato in Dux da Margherita Sarfatti, ricorda che il Duce nel 1923, mentre i suoi uffici si trovavano a Palazzo Chigi, ricevette in dono, da una delegazione straniera, una mummia egizia. Venuto a sapere della prematuro decesso dello scopritore della tomba di Tutankhamon, ordinò che il sarcofago venisse trasferito in un museo. Il racconto si sviluppa attorno all’incontro Evola-Mussolini. Quest’ultimo aveva richiesto la presenza dell’esoterista, in quanto nel suo studio si verificavano fenomeni paranormali. Era in atto una cospirazione contro di lui, ordita da una potenza nemica, che si avvaleva del contributo del satanista Alister Crowley.
Mario Bernardi Guardi immagina un incontro di Evola con il poeta orfico Dino Campana, occasionato da una richiesta rivolta da Bottai al filosofo: questi avrebbe dovuto intervistare il poeta, recluso in manicomio, in merito alla sua intensa relazione con Sibilla Aleramo. La cosa più significativa ci pare la sottolineatura della prossimità ideale del giovane Evola all’esperienza di Campana. Manlio Triggiani immagina Evola nel contesto dell’ambiente esoterico kremmerziano di Bari, alla ricerca del Graal nella cattedrale di S. Nicola. Dettagliata la ricostruzione ambientale, che fa da cornice alla narrazione. Marco Cimmino ipotizza l’intervista di un giornalista alla guida alpina Eugenio David, che aveva accompagnato Evola sul ghiacciaio del Lyskamm molti anni prima. In essa l’alpinista sostiene che il filosofo, su quelle pareti, avrebbe rintracciato il varco dei Grandi Antichi, che periodicamente, il 30 agosto, subisce gli attacchi di forze dal basso. La dispersione delle sue ceneri in quei luoghi, la sera del 29 agosto 1974, rese Evola un guardiano della soglia.
Dalmazio Frau, in una storia ben costruita che si legge d’un fiato, ambientata in una profondità sotterranea romena, discute dell’eterno confronto con le potenze titanico-demoniache. Dai colloqui del pensatore con gli ufficiali tedeschi, si evince la sua distanza dal nazismo. Andrea Scarabelli ricostruisce con modalità fantastiche un incontro che probabilmente è avvento, quello tra Evola ed Jünger. Il tedesco soggiornò a Roma tra il 23 marzo e il 31 maggio del 1968. Nei suoi diari mancano le pagine datate 21 e 28 marzo, 7 aprile e 10 e 27 maggio. Scarabelli ipotizza in quei giorni l’incontro tra il Barone e l’Anarca, in una Roma magica sotto il segno di Kūndalini. La storia che abbiamo maggiormente apprezzato è quella ideata da Enrico Rulli. In essa Evola ha i tratti umani, dimessi, lettore di Tex, che osserva le fattezze della sua vicina spagnola, mentre discute con lei dei drammi prodotti dalla modernità. Notevoli anche gli altri testi della silloge.
Questo libro ha il merito di dissipare dicerie e falsità su Evola, potrà essere utilizzato quale primo accesso al complesso mondo del suo pensiero, consentendo, al lettore accorto, di scoprire l’eccezionalità dell’uomo Evola, al di là del mito.
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