Georg Brandes

L’intellettuale danese Georg Brandes (1842–1927) fu il primo a scrivere un libro sulle opere di Frederich Nietzsche mentre il filosofo era in vita nel 1889. Il libro che si presenta al pubblico in edizione italiana, curata dalle Edizioni di Ar nel 1995, contiene nel titolo l’espressione di “radicalismo aristocratico”, denominazione che il pensatore di Röcken giudicò come una delle migliori cose scritte sul suo pensiero.

Come è noto, l’autore di Così parlò Zarathustra non fu molto considerato in vita e i suoi lavori furono poco diffusi, mentre dopo essere stato preso dalla follia nel 1889, la sua opera conobbe un’importanza sempre maggiore, fino a farlo assurgere come uno dei più grandi filosofi di tutti i tempi. Ma cosa intende Brandes con quei due termini?

Sicuramente lo scrittore di Copenaghen interpreta il pensiero nietzscheano come un’opposizione ai valori dominanti nella società del XIX secolo: la democrazia borghese viene respinta perché si ha l’abbassamento della politica al livello della plebaglia ad uno squallido grigiore e piattume; il socialismo e l’anarchismo vengono altresì rifiutati come conseguenza dell’avvento al potere delle masse proletarie e materialistiche, il femminismo è rigettato per la concezione anti egualitaria che il pensatore tedesco aveva nei riguardi dei diritti delle donne. Infine abbiamo l’avversione più conosciuta e dibattuta ancora oggi che è quella dell’anticristianesimo. Nietzsche condanna la Chiesa principalmente per l’idea di amore per il prossimo, per la compassione, la misericordia e come rifugio di tutti i falliti e i malriusciti della vita, cioè di coloro i quali non provano altro che il rassentiment ed ostilità verso una razza di uomini superiori che proclamano la propria morale dei signori, in contrapposizione alla pietistica morale del gregge. Il filosofo esprime quindi anche la repulsione per il pensiero di Marx, giudicandolo come una filosofia pericolosa, in quanto con la liberazione delle masse dal schiavitù capitalista e l’avvento della classe operaia al potere, i valori più nobili e quindi aristocratici si dissolverebbero in un magma umano indifferenziato e senza volto. Il libro comprende anche la corrispondenza che i due letterati ebbero tra il novembre 1887 e il gennaio 1889, cioè fino quando i filosofo ebbe il crollo psichico a Torino e i successivi dieci anni li trascorse nel silenzio e nell’oscuramento delle sue facoltà mentali, fino alla morte avvenuta nel 1900. Successivamente allo studio di Brandes molto è stato scritto su Nietzsche, interpretazioni del suo pensiero e biografie, ma l’opera dello scrittore danese resta pioneristica nel suo genere, in quanto ha contribuito a far conoscere ad un pubblico sempre più vasto di lettori la sua opera per certi versi controversa, ma comunque indispensabile per la conoscenza di un pensatore che ha segnato da protagonista la scena della filosofia e della storia mondiale.

Brandes nacque primogenito a Copenaghen da una famiglia borghese di origine ebraica; tuttavia più tardi nella vita non si considerava più ebreo. Nel 1859 iniziò lo studio della giurisprudenza all’università di Copenaghen, come volevano i genitori, ma si dedicò poi alla filosofia e all’estetica. Nel 1862 ottenne la medaglia d’oro dall’università per un saggio intitolato L’idea di Nemesi tra gli antichi, al quale stava lavorando dal 1858. Studiò soprattutto gli scritti di Johan Ludvig Heiberg e il pensiero di Søren Kierkegaard.

Ai tempi dell’università aveva scritto delle poesie, che pubblicò nel 1898 in una raccolta, dopo aver abbandonato l’idea di diventare poeta.

Lasciò l’università nel 1864.

Tra il 1865 e il 1871 aveva viaggiato molto per l’Europa, accrescendo le proprie conoscenze culturali. Forte di queste esperienze, nel 1866 prese parte alla polemica sollevata dalle opere di Rasmus Nielsen con un trattato intitolato Dualismo nella nostra recente Filosofia (“Dualismen i vor nyeste Philosophie”).

Nel 1868 pubblicò Studi sull’estetica (“Æsthetiske Studier”), la sua prima grande opera, dopo aver iniziato l’attività di critico con brevi monografie sui principali poeti danesi. Continuò comunque a studiare filosofia interessandosi alle teorie di Taine, in base alle quali scrisse nel 1870 L’estetica francese dei nostri giorni. Approfondì inoltre gli studi di John Stuart Mill sulla “naturale sottomissione della donna”.

Divenne docente di Belles Lettres presso l’università di Copenaghen, continuando a tenere conferenze interessanti e famose come quella del 3 novembre 1871. Quando, nel 1872, si liberò la cattedra di estetica, Brandes sembrava il naturale candidato al ruolo, ma su di lui pesavano le ascendenze ebree e le accuse di radicalismo e ateismo. Le autorità dell’università si rifiutarono di eleggerlo, ma non scelsero neppure un sostituto per cui la cattedra rimase vacante per circa 20 anni.

Nonostante le polemiche scrisse Hovedstrømninger i det 19e Aarhundredes Lieteratur (Principali correnti nella Letteratura del Diciannovesimo secolo), il più ambizioso dei suoi lavori, pubblicato in quattro volumi tra il 1872 e il 1875, ma reso noto agli altri critici europei solo nel 1901 con la prima traduzione in lingua inglese oltre che in tedesco. Così la fama di Brandes crebbe, soprattutto in Russia e in Germania.

Nel 1877 scrisse la monografia di Kierkegaard e nel 1899 di Henrik Ibsen, entrambe considerate la sua massima espressione critica.

Fu il destinatario di uno dei biglietti della follia di Nietzsche.

Sempre nel 1877 si trasferì a Berlino, diventando in poco tempo un punto di riferimento per gli studi estetici in quella città. Tuttavia il suo punto di vista politico non era condiviso dalla maggior parte dei Prussiani e, sentendosi a disagio, decise di tornare a Copenaghen nel 1883.

Dal 1897 al 1898 approfondì lo studio dell’opera di William Shakespeare e pubblicò su varie riviste le sue analisi, molto acclamate specialmente in Inghilterra, dove furono introdotte da William Archer. Nel 1900 iniziò a raccogliere tutte le sue opere in una completa edizione popolare, tradotta poi in tedesco nel 1902.

Tra il 1886 e il 1888 ebbe un rapporto con la scrittrice svedese Victoria Benedictsson, che era annoiata dalla banalità del proprio matrimonio. La relazione fu breve e finì in modo drammatico per la Benedictsson, che si suicidò tagliandosi la carotide con quattro tagli di rasoio nel 1888.

Dal 1890 Brandes si dedicò allo studio delle grandi personalità che stavano influenzando particolarmente la cultura del suo tempo. Iniziò dunque a studiare il pensiero del grande Friedrich Nietzsche, a cui scrisse una lettera nel 1888 chiedendogli di leggere le opere di Kierkegaard. Furono particolarmente influenzate da questi studi le sue opere più tarde: Wolfgang Goethe (monografia di Goethe scritta tra il 1914 e il 1915), François de Voltaire (su Voltaire, scritta nel 191617), Cæsar (su Giulio Cesare1918) e Michelangelo (1921).

Brandes era però ormai quasi scomparso dallo scenario culturale internazionale, pur essendo ancora considerato il principale filosofo danese.

In Danimarca qualcuno paragonò Brandes a Voltaire per la sua costante condanna del maltrattamento delle minoranze e del fanatismo, fatta sempre con grande autorità morale. Durante la prima guerra mondiale tornò sulla scena internazionale condannando l’imperialismo, il colonialismo e dedicandosi ad una polemica anti-religiosa.

Inoltre in questo periodo conobbe gli scrittori Henri BarbusseRomain Rolland e E.D. Morel, con i quali intraprese una fitta corrispondenza.

Oggi Brandes è considerato uno dei principali filosofi danesi assieme a Søren Kierkegaard, Grundtvig e Holberg, tuttavia è sicuramente il più criticato e meno studiato. La Destra danese lo ha decisamente condannato definendolo un sovversivo e nemico della patria, blasfemo e fornicatore; la Sinistra ha criticato il suo atteggiamento troppo elitario eccetto il movimento femminista, che considera positive le sue idee di parità sessuale.

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