Gli studi sull’antico Iran del tempo pre-islamico in Italia sono sempre stati limitati ad una esigua élite di studiosi. Quando Raffaele Pettazzoni pubblicò il primo profilo italiano su Zarathustra inaugurando così la collana di “Storia delle Religioni” da lui diretta (La religione di Zarathustra nella storia religiosa dell’Iran, Zanichelli, Bologna 1920, rist. anast. presso Forni di Bologna, e poi riproposto con una presentazione di Pio Filippani Ronconi per le Edizioni del Senato di Torino), la sua opera costituiva una vera e propria novità culturale che ebbe anche il privilegio di indicare un indirizzo di ricerca alle nostre università afflitte dalla filosofia idealistica e dal positivismo trionfante. Dopo il 1930 cominciarono ad apparire le opere, apprezzate in tutto il mondo scientifico, del p. Giuseppe Messina (fra i tanti altri ricordiamo Der Ursprung der Magier und die zarathustrische Religion, Roma 1930; Cristianesimo, Buddhismo, Manicheismo nell’Asia antica, Roma 1947; i saggi sull’apocalittica iranica, etc.), assieme ai primi approcci iranisti del notissimo linguista Antonino Pagliaro che poi nel dopoguerra pubblicò una serie di ricerche, di articoli e di studi culminati nella stesura della parte relativa all’antico Iran pre-islamico della Storia della letteratura persiana, Milano 1960. Fra gli scritti di Antonino Pagliaro qui è utile menzionare anche il dotto profilo su Alessandro Magno pubblicato dalle ERI, contenente una serie di argute analisi delle condizioni spirituali dell’impero achemenide al tempo dell’invasione macedone.
La seconda parte di questa Storia delle letteratura persiana, quella relativa alla Persia islamica, fu compilata da Alessandro Bausani, uno dei più eruditi orientalisti italiani, poliglotta come pochi e maestro insuperabile di dottrina, al quale si deve addirittura una pionieristica trilogia sull’Iran (Testi religiosi zoroastriani, Milano 1957; Persia religiosa, Milano 1959, rist. nel 2005 da Lionello Giordano di Cosenza; I Persiani, Firenze 1962). Seguiva un’opera di Ugo Bianchi (Zaman I Orhmazd, Torino 1962) che pur non possedendo le necessarie basi filologiche (Bianchi non conosceva le lingue iraniche), intendeva studiare dal punto di vista di uno storico delle religioni lo zervanismo e le correnti dottrinali tardo-iraniche. A concludere queste breve rassegna degli iranisti italiani troviamo Gherardo Gnoli, attuale presidente dell’ISIAO [che, fra i moltissimi saggi disseminati nelle riviste di tutti i continenti, può vantare anche un’importante trilogia comprendente Zoroaster’s Time and Homeland, Roma 1980, The Idea of Iran, Roma 1989 e un profilo su Zoroaster in History, New York 2000], seguito dal più giovane Antonio Panaino, autore di autorevoli interventi in riviste varie e in molti Convegni internazionali e della traduzione, presentazione ed esteso commento degli inni avestici relativi alla stella Sirio, due importanti volumi pubblicati nel 1990 e nel 1995 a cura dell’allora ISMEO di Roma.
Il ristrettissimo elenco di studi italiani viene adesso arricchito dall’ultimo libro di Pio Filippani Ronconi, Zarathustra e il Mazdeismo, pubblicato dalle Edizioni Irradiazioni di Roma nel 2007. Filippani Ronconi è un orientalista italiano fra i più affermati nel panorama accademico mondiale. Non solo la quantità stupefacente di lingue da lui conosciute non trova eguali in Italia e pochissimi corrispettivi altrove, ma la dottrina che supporta il suo impegno scientifico ha dell’incredibile per la sua capacità di scendere in profondità, di penetrare i significati più arcani delle religioni che illustra, per la sua consuetudine con i sistemi spirituali più diversi che ne fanno uno studioso particolarmente idoneo a cogliere la radice profonda delle religioni orientali.
Questo suo profilo sulla spiritualità iranica si aggiunge agli altri testi che l’Autore ha dedicato all’India, al Buddhismo, al Tantrismo, al pensiero cinese e agli aspetti meno conosciuti di quel complesso fenomeno spirituale che fu l’Ismaelismo. Ma Filippani Ronconi ha scritto moltissime altre cose e ha toccato ambiti spirituali che in vario modo possono essere ricondotti al suo interesse per le correnti più arcane ed elevate dell’esperienza mistico-estatica. Di lui qui menzioniamo la traduzione delle 13 principali Upanishad, di alcuni testi canonici del buddhismo pâli, del Libro dello Scioglimento e della Liberazione, dell’Ummu’l-Kitab, del Roseto di Sa’di. E’ intervenuto con una serie molteplice di studi sul Vajrayana (ricordiamo solamente i saggi dedicati ai primi due capitoli dell’arcano Guhyasamajatantra e il profilo sulla “preghiera” nel lamaismo); non si contano i suoi scritti sparsi in autorevoli riviste che toccano aspetti particolari dell’Islam, delle sue dottrine o di Sohrawardî (Filippani Ronconi in gioventù ha studiato ad Isfahan presso i maestri Ishrâqiyûn e, fra l’altro, è stato uno degli allievi prediletti di Henry Corbin e di W. Ivanow, i massimi esperti mondiali di Ismaelismo). A tutti noto è poi il suo interesse per il bushido e le forme spirituali che ne costituiscono la ragion d’essere (è stato fra i primi praticanti di ai-ki-do in Italia già nell’immediato dopoguerra ed apprezzato allievo del M° Tada, della “cerchia interna” del fondatore di quest’arte marziale, il M° Morihei Ueshiba).
Questo testo su Zarathustra ha i pregi di tutti gli altri suoi libri: ampia conoscenza diretta delle fonti, attenta esegesi linguistica, capacità di spaziare in mondi spirituali assimilabili a quello oggetto dell’analisi, studio profondo delle dottrine, dei simboli, della vita liturgica e rituale, comparazione con dottrine similari o “vicine”. In questo caso, addirittura, la perfetta conoscenza del vedico e del sanscrito permette all’Autore di fare delle comparazioni con la spiritualità indiana che illuminano in profondità, come in pochi altri studi, la spiritualità originaria di quei popoli, quando era possibile ancora parlare di genti “ario-iraniche”. Il libro ha una sua storia. Scritto parecchi anni fa per le Esperienze di Fossano che chiesero all’Autore un’impossibile, corposa riduzione del testo, programmato fra le pubblicazioni dell’Accademia Imperiale di Teheran (la rivoluzione khomeinista abolendo l’Accademia, impedì la realizzazione del progetto), tenuto nel cassetto da un editore milanese che ha rimandato indefinitamente la stampa, può ora finalmente essere proposto agli studiosi in una veste editoriale dignitosa e con una presentazione di Alessandro Grossato.
È diviso in quattro parti che tratteggiano:
1) la situazione del vasto territorio che si chiamerà Iran, la varietà delle civiltà che ne hanno contrassegnato la storia prima dell’arrivo delle genti iraniche, le forme spirituali che ne hanno arricchito la vita e la storia;
2) un tipo di Mazdeismo antecedente alla predicazione di Zarathustra che Filippani Ronconi chiama “mazdeismo preter-zarathustriano”, quel complesso spirituale che, ancora legato alle più arcaiche consuetudini indo-iraniche, in epoca storica sembra essersi perpetuato essenzialmente nel simboli e nelle forme divine vicine alla casta guerriera, in quei complessi rituali spesso combattuti dal “Riformatore”, ma che non saranno mai debellati nonostante il rigore morale e liturgico della nuova religione;
3) il Mazdeismo di Zarathustra con le sue dottrine, la forte moralità, l’attenzione ai principi spirituali, la convinzione che la lotta fra il Bene e il Male è il compito affidato a coloro che qui ed ora, sulla vasta scena del mondo corporeo, sono capaci di lottare contro lo spirito di Menzogna assumendo un compito che ha il proprio “luogo” nelle rarefatte “regioni del cielo”, accettando virilmente e fino in fondo il proprio destino;
4) la leggenda di Zarathustra, quella “tipologia mistica” sulla quale si sofferma in modo particolare Filippani Ronconi, che la rende molto simile alle similari leggende indiane di Rama e di Krishna. Due appendici concludono il testo. La prima traccia un attento profilo storico ed esegetico della “letteratura religiosa mazdaica” e la seconda indica gli elementi fondamentali del rituale mazdaico praticato ancor oggi dagli zoroastriani.
Quella che rende particolarmente ricca questa trattazione è la capacità di esaminare i testi con un’attentissima esegesi linguistica e la loro interpretazione in un ambito di spiritualità che non si esaurisce nell’elencazione di dati e fatti cultuali o in un elenco di divinità, ma penetra il loro significato simbolico, ne spiega la rilevanza rituale, delinea il ruolo formante che la tradizione mazdaica ha avuto per l’insieme dei popoli che poi andranno a costituire l’impero achemenide prima, il regno dei Parti dopo ed infine l’impero sassanide. Ma c’è di più. Filippani Ronconi è uno dei pochi studiosi che sviluppando i temi sui Männerbunde ampiamente studiati da George Dumézil e dalla scuola svedese di iranistica (Widengren e Wikander), ritrova il sostrato “religioso” pre-zarathustriano nel complesso di riti e nel simbolismo spirituale che ha contrassegnato il modo di essere della casta guerriera, mentre gli elementi più propriamente consequenziali alla predicazione di Zarathustra possono essere rinvenuti nelle forme spirituali degli arcaici Maga (già studiati con maestrìa da Gherardo Gnoli in un saggio che ha fatto epoca e che Filippani Ronconi utilizza ripetutamente) e nelle dottrine di quello che con molta approssimazione può essere definito il sacerdozio mazdeo. Tutte le differenze rituali, dottrinali e simboliche che si ritrovano nel vasto mondo cultuale dei “Magi ellenizzati” (per usare la celebre e fortunata espressione coniata da J.Bidez e F.Cumont in un loro famoso libro), trova in queste differenziazioni indicate da Filippani Ronconi, in questa tipologia di divinità che assegna un ruolo importante al dio Mithra e al “sistema” spirituale che ne consegue, una loro spiegazione poggiante sulle radici spirituali dalle quali sono scaturite le complesse figure divine che hanno contrassegnato l’antica storia spirituale dell’Iran.
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