Aveva sempre «l’Unità» sottobraccio e, sole o pioggia, vestiva un impermeabile sporco e sgualcito. Il fisico era asciutto, lo sguardo sveglio, il sorriso pronto a trasformarsi in sberleffo o in qualcosa di peggiore. Negli anni Cinquanta un tizio così sarebbe potuto essere chiunque: un bidello, un giornalista di sinistra, un impiegato controcorrente o uno sportivo in pensione, ma lui invece era il professor Renato Caccioppoli, uno dei più prestigiosi e “matti” matematici del Novecento e non un semplice Carneade. ‘O prufessore (napoletano e) comunista. Comunista – fortunatamente – più per la natura ribelle che per lo spirito dispotico, più per ideali rivoluzionari di un figlio della borghesia intellettuale, che per adesione ragionata. Caccioppoli non aveva mai avuto la tessera del Pci, ma di comizi ne aveva fatti tanti ugualmente.
Cosa si sa, oggi a cinquant’anni dalla morte, di Renato Caccioppoli? Pochissimo dei suoi studi matematici (teoria delle funzioni di variabili reali e analisi funzionale), ma molto poco anche della biografia. E ciò malgrado i libri a lui dedicati o che doviziosamente lo citano (La regola del disordine di Roberto Gramiccia, Mistero napoletano di Ermanno Rea e Renato Caccioppoli. L’enigma di Pietro A. Toma), i premi, i convegni, i documenti, i riconoscimenti post mortem ed un film – senza retorica – sugli ultimi giorni di vita del nipote di Bakunin (Morte di un matematico napoletano di Mario Martone, scritto con Fabrizia Ramondino – 1992), un folto materiale cioè che ha reso di pubblico dominio la sua figura di intellettuale eretico, irregolare e libertario.
Diciamolo pure, allora. In primo luogo Renato Caccioppoli era un uomo innamorato della musica e del sapere (cinema e letteratura). Influenzato dall’anticrocianesimo di Pietro La Via – un aristocratico che ospitava nei suoi salotti Salvemini e Bontempelli e teneva contatti epistolari con Henry Bergson, Thomas Mann, Maurice Ravel e Roger Peyrefitte – parteciperà attivamente alla vita culturale napoletana, e fra un caffè e l’altro, incontrerà Gide e discuterà di Nietzsche, Proust e l’amato Rimbaud.
L’8 maggio del 1959 Caccioppoli deciderà però di togliersi la vita con un colpo di pistola alla nuca, deluso da un’esistenza che, dopo tanta acqua sotto i ponti, non gli avrebbe potuto riservare più alcuna soddisfazione. Depresso e scontentato come qualunque borghese dalle donne e dagli amici. Deluso dalla moglie che gli preferiva Mario Alicata, al tempo funzionario del Pci, e “tradito” da un Pci filo-totalitario che nel ’56 opporrà un misero e debole miagolio all’invasione militare dell’Ungheria. Deluso infine da se stesso, forse in debito con quell’arte della creatività scientifica che aveva caratterizzato tutta la sua vita. Caccioppoli aveva già detto e fatto tutto in 55 anni di vita, la metà dei quali trascorsi da professore universitario. I suoi maggiori risultati li aveva ottenuti durante il fascismo quando (anche) i geni e non solo (anche) i furbi riuscivano a conquistavate posizioni di prestigio; un fascismo che però – croce e delizia – non amava granché né la ricerca scientifica, né chi vi si dedicava e non era devoto al regime, né d’altra parte coloro che vivevano da “matti” anche se conquistavano ruoli di prestigio.
Così quello stesso fascismo che negli anni Venti darà una cattedra universitaria al giovane Renato, pochi anni dopo lo accompagnerà in gattabuia per punire una volta per tutte i suoi comportamenti anarchici. Verità? Leggenda? Pare che nel maggio del 1938 (giornata particolare napoletana per l’arrivo di Hitler), Caccioppoli avesse messo su un’orchestrina al “Grottino” – trattoria locale – per suonare la marsigliese (secondo altre fonti, però, l’aveva suonata egli stesso al pianoforte). D’altra parte, qualche anno prima, avendo vissuto per un po’ da barbone, Caccioppoli era già stato carcerato, a proposito, eccome, di anarchia.
La storia del professore – il suo destino – comincia, se vogliamo, già nell’800 con Michail Bakunin, il notissimo anarchico e aristocratico – morto nel 1876 – autore di Stato e anarchia e con le sue due figlie, Sofia e Maria. La prima delle due va in sposa al noto chirurgo Giuseppe Caccioppoli e nel 1904 dà alla luce Renato. La seconda, invece (la zia Maria), è uno stimato chimico che fa sentire la sua presenza a casa-Caccioppoli e dopo l’episodio della marsigliese interverrà presso le autorità fasciste per far scarcerare il nipote “filofrancese”, asserendo che il professore di “Teoria dei gruppi” è in realtà un malato di mente. Per Renato si apriranno le porte ora di una clinica psichiatrica, ora di una casa di cura di Capodimonte (non smetterà affatto di lavorare, ma l’esperienza da “matto ufficiale” sarà per lui e per la futura moglie, Sara, indimenticabile).
Il percorso di questo genio dell’intuizione matematica e attivista politico è dunque pieno di stravaganze (ad oggi molto più conosciute dei suoi contributi scientifici). Tanto che potremmo dividere il suo prestigioso curriculum in tre paragrafi purtuttavia dal “peso specifico” assai diverso. Capitolo uno: la politica, capitolo due: la ricerca, capitolo tre: le anarco-bizzarrie.
Il primo capitolo è abbastanza ricco. Caccioppoli è un non-conformista nato, è antifascista durante il Ventennio (ma insieme a lui si trovano – purtroppo – anche non pochi stalinisti che nulla hanno a che fare con l’indole ribellistica del nipote di Bakunin), ed è, più in generale, insofferente alle logiche di partito. In gioventù è assistente del carismatico Mauro Picone notoriamente fascista e col quale rimane in contatto nel dopoguerra. Fa la fronda anche ad un Cln (per lui) esageratamente moderato, è critico di un Pci troppo rigido, fedele solo ai propri obiettivi, a se stesso e a chi lo giuda; detesta, infine, l’Uomo qualunque di Giannini venuto alla luce sul finire della guerra. Caccioppoli è un uomo di sinistra, quello sì; e lo è perché la sinistra riesce ad essere faro per gli intellettuali – alcuni dei quali già naufraghi della portaerei fascista – che desiderano navigare in acque più sicure fra un verso di Baudelaire e una carezza agli autoferrotranvieri. Con spirito sostanzialmente analogo, partecipa all’Associazione dei partigiani per la pace (per il disarmo). Tuttavia non ama la politica sovietica e non ama la presunta scientificità delle “certezze” che, negli anni Cinquanta, giungono dalle terre slave; per lui come per altri spiriti indipendenti l’invasione armata dell’Ungheria da parte sovietica sarà un vero shock. La classica goccia finale.
Il secondo capitolo, assai complicato, è per addetti-ai-lavori. Caccioppoli si occupò di teoria geometrica della misura, equazioni differenziali e negli anni Venti di funzioni lineari e analisi funzionale; già nel ’28 è libero docente, nel ’31 è professore di analisi algebrica all’università di Padova, dal ’34 insegna a Napoli, teoria dei gruppi e analisi matematica. È socio di prestigiose associazioni scientifiche e nel 1953 ottiene un premio dall’accademia dei Lincei. Non molto amato dalla politica per le sue scelte libertarie, considerate alquanto bizzarre (sappiamo quanto sia importante farsi amare dal potere…), dopo la morte spetterà ai matematici rendere omaggio al suo lavoro, che verrà portato avanti in più direzioni (Caccioppoli è noto soprattutto per le anticipazioni del teorema Hahn-Banach e i suoi studi su Hilbert). Gli verrà perfino dedicato un intero dipartimento dell’università “Federico II” di Napoli.
Il terzo capitolo, infine, è colmo di pettegolezzi, facezie e mezze verità. Ne sa qualcosa il suo amico e collega Carlo Miranda, ne sanno qualcosa i suoi studenti (fra questi il noto scrittore Luciano De Crescenzo), che tuttavia, in molti casi, conservano del maestro un eccellente ricordo. «A uno studente che durante un esame voleva strafare per impressionarlo e strappare un voto più alto, una volta Caccioppoli rispose: “Lei è tenuto a dire le fesserie obbligatorie, non quelle facoltative”. Riferendosi con l’abituale, tagliente ironia alla necessità di occuparsi dello specifico dei programmi di studio previsti, rispetto alla vastissima distesa dello scibile matematico». Chiunque sostenesse esami con o’ professore (per strappare appena un 20 forse un 24…) era considerato un eroe. Molti (molti), studenti preferivano cambiare corso e sostenere l’esame col collega “buono”, cioè col professor Miranda. Il record delle stranezze (ma a pensarci bene, era un modo geniale di dissociarsi da decisioni imbarazzanti), è rappresentato dall’episodio della gallina al guinzaglio per protestare contro le disposizioni – in tema di “virilità” – del governo fascista…
Già, era un tipo enigmatico il professor Caccioppoli, così quando, in quel giorno del ’59, fu trovato morto a casa sua, a palazzo Cellamare, con la testa bucata da un proiettile della sua pistola, in pochi si meravigliarono del gesto. Per un’Italia che non capiva (ancora) i ribelli senza-partito, si trattò dell’ultima definitiva bizzarria di un anarchico alla ricerca del numero finale. Un gesto al di là del bene e al di là del male: Drieu La Rochelle, Pavese, Mishima… quanti prima e dopo di lui ci avevano provato.
Gianfranco Busatti
Grazie per le lucide, sintetiche parole su Caccioppoli che mi hanno fatto rivedere il Professore, dal quale sono stato "bocciato" e poi "promosso", nella sua dimensione vera. Quanti ricordi e quanti aneddoti mi sono tornati alla mente!
La gallina | Accogliamo le Idee
[…] Monari era un ribelle colto e solitario, si è suicidato come Carlo Michelstaedter, come Cesare Pavese, come Renato Caccioppoli. […]
Orlacchio Domenico
Fascista ho sostenuto senza successo L esame di calcolo con Caccioppoli docente dal 28 fine al suicidio del 59,mai contestato dal fascismo. Che ne dite. Prof arch.Orlacchio Domenico diNapoli.