Guerrieri dell’età del ferro in Lunigiana: è questo il titolo del catalogo, illustrato e arricchito di molti studi, offerto in occasione dell’apertura della mostra, inaugurata sotto lo stesso nome presso la pieve di Sorano a Filattiera lo scorso 22 settembre. Qui ci riferiremo non alla mostra in sé, ma al contenuto del volumetto, patrocinato da vari enti pubblici e dalla diocesi di Massa Carrara e Pontremoli ed edito da Giacché della Spezia (pp. 80, lire 15.000).
È diviso in due parti, dedicate al “guerriero di Sorano” e a quello “di Pulica”, cioè rispettivamente alla statua-stele maschile rinvenuta l’anno scorso nei lavori di restauro delle pieve e al corredo della tomba a incinerazione trovato quasi contemporaneamente nel territorio di Fosdinovo.
Come rileva giustamente nell’introduzione la Sovrintendente Paribeni, i due reperti hanno in comune “la figura del guerriero nell’età del ferro in Lunigiana”, che bene evidenziano “il ruolo egemone dei guerrieri nella società dell’antico popolo dei Liguri… uno dei più sfuggenti dell’Italia antica”.
E al guerriero di Sorano sono dedicate considerazioni di Ambrosi, Perazzi, Maggiani, Gervasini, della stessa Paribeni e di Enrico Giannichedda, il quale ultimo, succeduto a Tiziano Mannoni negli scavi di Filattiera, ha sottolineato come il recente reperto consenta “nuove ipotesi interpretative sull’uso delle statue-stele e sulla storia dei culti in Lunigiana”. Risulta infatti che la Sorano V rimase visibile in loco “per quasi due millenni, fra l’età del rame e la prima età del ferro, quando venne modificata aggiornandone i caratteri stilistici, ma lo era certamente ancora dopo altri mille anni”, probabilmente fino all’VIII secolo d.C., al tempo in cui il famoso missionario longobardo Leodgar della lapide di San Giorgio hic idòla fregit.
Dunque “nell’Altomedioevo alcune statue-stele erano conservate in superficie e probabilmente oggetto di culto”. Risulterebbe inoltre che la stele Sorano V, non diversamente da quella di Lerici, rinvenuta nel 1992 in un ignoto contesto di provenienza, fosse stata rielaborata nel VII-VI secolo a.C. riadattando una statua-stele molto più antica, con l’aggiunta di elementi nuovi su modelli originari etruschi (Maggiani, Gervasini).
Ma bisognerebbe mettersi d’accordo: la Sorano V è “certamente di carattere funerario”, come dice Maggiani o è solo un’ipotesi “suggestiva ma lecita” (Gervasini) o ancora, come afferma Ambrosi, non si tratta di “statue funebri… ma simboli a protezione dell’uomo in una vasta area religiosa protostorica”? Bisogna sottolineare, infatti, come la ricorrente ipotesi funeraria abbia sempre urtato con l’assoluta mancanza di ogni contesto archeologico del genere: è ciò a maggior ragione vale anche per la recente stele di Sorano.
In quanto allo splendido reperto della tomba del guerriero di Pulica, cui dedicano attente analisi Paribeni, Fabiani, Maggiani e altri, si nota soprattutto l’elmo di bronzo a corna lunate (raro a trovarsi in area ligure, ma si veda il recentissimo reperto di Pisa San Rossore), “simbolo di vittoria per qualche generazione di guerrieri”, secondo la Paribeni, e infine “deposto nella tomba di un capo ligure”. Un elmo probabilmente elaborato in area gallica, ma prodotto dalle officine di Arezzo (Maggiani) e che forse aveva per cimiero “bianche penne di cigno, come descrivono alcune fonti letterarie” (Paribeni). Non vi è nessuna traccia dello scudo oblungo di tipo celtico” (Maggiani): ma come avrebbe potuto essere inserito nelle modeste fosse a cassetta delle necropoli liguri? (quella di Plica è di cm. 36×27 di pianta e di cm 34 di profondità).
Resta da chiedersi: quando mostre e analisi saranno terminate, dove finiranno questi importanti reperti (penso soprattutto alla statua-stele)?
Esisteva un giorno il museo del Piagnaro… Che fine ha fatto e – soprattutto – chi se ne occupa?
Tratto da Algiza 16 (2003).
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