Tra gli intellettuali che reagirono al mesto autunno del berlusconismo, riconoscendone i limiti, va annoverato Sandro Giovannini. A lui si deve il primo tentativo di rianimare un’area politica e culturale devastata da vent’anni di svendita del patrimonio ideale ereditato dal passato, ai nuovi dei del mercatismo trionfante, ma anche la volontà di rinnovare questo lascito, da parte dei nati nel secondo dopoguerra. L’operazione appariva tanto più necessaria, alla luce della realtà che si stava materializzando in termini politici ed esistenziali: il Nuovo Regime della governance, alla quale bisognava fornire risposte forti, fondate sulla elaborazione di nuovi Orientamenti ideali.
Nel 2011, a seguito di una serie di incontri caratterizzati da acceso dibattito, venne dato alle stampe per la Heliopolis edizioni il Manifesto Per una Nuova Oggettività. Popolo, partecipazione, destino, opera corale e comunitaria, cui contribuirono un centinaio di autori (cosa unica nel suo genere), dalla cui lettura emergeva l’esistenza di un’identità plurale, sulla quale poter progettare un diverso orizzonte storico. Negli anni successivi, il gruppo della Nuova Oggettività ha lavorato ad altri volumi, mirati a suscitare discussioni, a smuovere il paludato mondo dell’intellettualità nazionale da tempo ancorato al culturalmente e al politicamente corretto. La stampa “libera” (sic!) ma, cosa ancor più negativa, anche i residuali mezzi comunicativi d’area, hanno sottaciuto, a dir poco, i risultati di questo percorso. Ci auguriamo che ciò non accada con l’ultimo e recente volume messo in campo da questo movimento di pensiero. Ci riferiamo al collettaneo Non aver paura di dire… edito dall’Heliopolis nella collana Tabulae, i cui volumi hanno per modello i “libri del deserto” ritrovati nell’oasi egiziana di Dakhleh, con copertina lignea incisa a laser. La cura di questo prezioso libro che, al medesimo tempo, è oggetto d’arte, la si deve a Sandro Giovannini, Luigi Sgroi e Gianni Bertuccioli (per ordini: giovannini.sandro@libero.it; euro 50,00). Il libro richiede la nostra attenzione in quanto, da qualche mese, nella versione e-book ampliata, curata da Roby Guerra per La Carmelina editrice, compaiono altre rilevanti firme di pensatori controcorrente, tra essi lo scrittore Roberto Pazzi e Giovanni Balducci (per ordini: 0532/206734; euro 4,50).
All’inizio, la richiesta di collaborazione era stata rivolta a ben 250 personaggi di rilievo del mondo della cultura. Hanno aderito effettivamente in 42. Rispetto alle opere precedenti, il Non aver paura di dire…, lo si può affermare, rompe i confini, ormai desueti, non solo del senso comune, ma anche quelli artificialmente costruiti, della “destra” e della “sinistra”. Ciò non solo per le differenti provenienze ideali degli aderenti, da Marcello Veneziani ad Adriano Fabris, ma in termini contenutistici. La potenza teorica del volume è riassunta da saggio del teologo Marco Vannini che si occupa di menzogna religiosa sostenendo che: “Oggi le Chiese ci vogliono rendere falsi, mentitori…vogliono riportarci al giudaismo: il maggior editore sedicente cattolico italiano presenta la Bibbia come “Via, verità, vita”, attribuendo a un libro ciò che Cristo dice di se stesso” (p. 108). Un libro dai contenuti anti-dogmatici, fuori dal coro delle voci afone, che oggi tutto pervade, capace di porre in discussione la logica e il pensiero dominante d’Occidente: quello di ascendenza eleatico-parmenidea. Lo si evince dal contributo di Massimo Donà, Hortus Imperfectus, nel quale il filosofo tematizza l’arte quale evento in cui si dà l’ascolto dell’Altro che vive in tutte le cose “positive”, l’ascolto di quel Principio Infondato che “è” il nulla di ente. La cosa è rilevata, da altra prospettiva, da Vito Limone, giovane studioso di Schelling, che viene a ricordarci come ci sia qualcosa: “di cui il linguaggio sempre tace, ed è quello stesso di cui anche sempre parla, dice; le cose, per quanto sempre possano essere dal linguaggio dette…sempre anche abitano il silenzio” (p. 71). Con Romano Gasparotti, noto studioso di Emo e di Evola, è possibile sostenere che: “Aderire totalmente alle cose e ragionare solo sui fatti…insistere in un mondo di puri excrementa– è per l’uomo vivente un’illusione” (p. 62). Alla prospettiva speculativa eraclitea, della “natura che ama nascondersi”, ci richiama il saggio di Eduardo Zarelli, al fine di liberare il nostro sguardo dal punto di vista utilitaristico. Questo sguardo altro sul reale è condizione imprescindibile per addivenire a scelte di sobrietà, fondate sul valore ontologico del limite e sull’: “…intima sensibilità del pudore” (p. 119), sintonica con il cosmo.
Ci pare che in tali asserti teoretici, muovendo però dalla Tradizione del Sanātana-dharma, si riconosca anche Giuseppe Gorlani che, proprio in questi giorni, ha ricevuto un significativo riconoscimento nazionale per le sue prose-poetiche dalla rivista Anterem. Egli scrive: “Nel minimo l’immenso, nell’insignificante, il sommo… E nella nudità il desiderio, la gioia di dire non periscono” (p. 63). E’ ancora possibile dire l’Unico, nella notte.
Non è concesso, nello spazio di una breve recensione dar conto di tutti i contributi che animano le pagine del volume, eterogenei per contenuti e forma, ma estremamente stimolanti. Alcuni tra gli scriventi hanno interpretato il Non aver paura di dire… in termini di risposta pratico-politica alla realtà contemporanea. Tra essi vale la pena menzionare, per la rilevanza del tema affrontato, Giovanni Damiano. Lo studioso salernitano nel suo scritto ripropone all’attenzione le tesi di Giorgio Cesarano che elaborò, tra i pochi, una teoria critica del capitale, cogliendo il tratto pervasivo, la colonizzazione dell’esistente, messa in atto dalla produttività capitalista. Cesarano si fece latore di una “rivoluzione biologica o dei corpi”, totalmente inattuale. Una rivolta che, a differenza della rivoluzione: “vive nell’eccedenza del tempo storico…è subitanea epifania pronta ad inabissarsi di nuovo per re-iniziare…in quel domani del domani che custodisce un suo sempre possibile nuovo cominciamento” (p. 42). Il superamento della corporeità puramente in-animata e “cadaverica”, emerge anche nelle performance di Vitaldo Conte, che ha firmato un testo del libro. Infine, va segnalato l’intervento forte, in termini politici, di Gianfranco de Turris, che attacca la sacralizzazione della Resistenza. La Resistenza è stato una guerra civile, le guerre civili sono immorali, spargono sangue fraterno, inoltre in Italia i partigiani comunisti si battevano non per la libertà, ma per l’instaurazione di una dittatura.
Non aver paura di dire…è un libro definibile come anti-monoteistico, in quanto contrapposto al Pensiero Unico e ai fanatismi religiosi di ogni specie. La sua logica conclusione è ravvisabile in una serie di iniziative che alcuni degli autori stanno realizzando per ricordare la figura dell’archeologo di Palmira, Khaled al-Asaad, assassinato dall’Isis. Khaled al-Asaad non ha avuto paura di dire…
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