Leggete attentamente questa frase: «Il libro principale che ho pubblicato in questo secondo dopoguerra è stato Metafisica del sesso. Esso è uscito per le edizioni “Atanor” nel 1958…». È una frase contenuta nell’autobiografia di Julius Evola Il Cammino del cinabro edita da Scheiwiller nel ’63 e poi nel ’72. Scarsi dubbi al riguardo del significato che bisogna attribuire ad essa; credo però che, al contrario, in pochissimi, evoliani compresi, ne abbiano mai davvero tenuto conto, dato che Metafisica del sesso (giunto oramai da tempo alla sua terza edizione per i tipi delle Mediterranee), è forse uno dei libri meno letti e meno citati di Evola. E il motivo è apparentemente banale.
L’Evola che piace alla destra dura e pura – che peraltro sconosce certo “realismo” del filosofo – e che per motivi speculari piace soprattutto a una certa sinistra, il cui nemico deve mostrarsi rozzo, pericoloso ed agguerrito, non deve permettersi di sciogliere da se stesso il nodo che lo lega ad un percorso politico fascista e post-fascista nell’accezione peggiore dei due termini… No Evola deve rimanere quel pericoloso figuro da affiancare ai maledetti del Secolo – e ai “brutti” e ai cattivi – anche quando le sue pagine meriterebbero ben altre riflessioni intellettuali e magari anche studi di carattere comparativo. Spesso i “nemici” sono utili più degli stessi “amici”, non è vero?
Ecco perché Metafisica del sesso, ma pensiamo anche a La Dottrina del risveglio (1943), rimangono libri assai poco letti – poco letti rispetto ad altri volumi più “impertinenti” dello stesso autore – e non compaiono quasi mai nei saggi a lui dedicati o quantomeno occupano uno spazio di minima rilevanza nella storia della critica evoliana. Semplice… Ed il discorso a nostro giudizio andrebbe fatto in parte anche per Cavalcare la tigre (1961), un saggio che si avvia a raggiungere il quarantesimo anno di età ma ancora poco compreso dalla maggioranza dei lettori di destra e di sinistra. In questo 2008 che va a concludersi Metafisica del sesso compie dunque cinquant’anni e festeggia senza torta e candeline, malgrado di sesso Evola si fosse occupato per lunghissimo tempo con saggi e articoli nel suo percorso intellettuale, sia nel primo dopoguerra sia per buona parte del secondo.
In verità in un passato non troppo lontano ad accorgersi dell’importanza del libro era stato Franco Volpi che ne aveva fatto cenno nel suo Dizionario delle opere filosofiche (Bruno Mondadori 2000), accanto alla ben più conosciuta Rivolta contro il mondo moderno. Quel Volpi che poi, come sappiamo, approfondirà la conoscenza del “Maestro della Tradizione” scrivendo l’introduzione per l’ultima edizione degli evoliani Saggi sull’idealismo magico. Dalla voce appositamente curata dal filosofo vicentino è agevole apprendere quale sia il contenuto del volume. «In quest’opera», scrive Volpi, «Evola sviluppa una considerazione metafisica del sesso, ritenendo tale fenomeno un elemento troppo importante nella vita degli esseri per lasciarlo a spiegazioni semplicemente positivistiche e sessuologiche». Ecco, dunque, l’Evola che conosciamo come il “difensore” estremo della non-materialità in ambito spirituale, ed ancora come il “difensore” della magia come attitudine superiore. Sì perché, dice Volpi, il sesso è anche «la forza magica più intensa della natura, capace di esercitare su tutti i viventi un’attrazione irresistibile e tale da fornire, secondo Evola, l’occasione per trascendere la mera corporeità ed elevarsi fino al piano dello spirito. Il fenomeno del sesso implica dunque un potenziale estatico, iniziatico, che può essere portato alla luce soltanto guardando a esso dalla prospettiva metafisica».
D’altra parte è a tutti noto come nell’antichità il sesso fosse considerato come qualcosa di sacro, anche all’interno dei rituali religiosi di tipo propiziatorio e fosse ben lontano dall’abitudine all’uso esasperato ed esasperante diffuso nelle società di tipo moderno, bastate sulla vendita e dunque sulla mercificazione di qualsiasi fatto o evento, sesso compreso. All’importanza del sesso è ovviamente legata la “qualità” dei protagonisti, dei soggetti, dell’atto “amoroso” al quale Evola lascia spazio nella sua indagine metafisica che intende distaccarsi (come ha ultimamente notato anche Claudio Risé), da un approccio “moderno”, di tipo esclusivamente psicologico. Per meglio dire, in questo saggio Evola vuol riprodurre ancora una volta una distinzione tra profano e sacro, tipica di certa letteratura esoterica, all’interno della quale si ritiene opportuno riconoscere alcune giuste differenze (come per altri versi aveva già fatto nel saggio Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo). E vuol partire non dal dato “naturalistico” tipico di cerca cultura di tradizione ottocentesca ma da quello spirituale per cui «l’uomo in quanto tale ha una realtà distinta da tutto ciò che è animale e naturalistico, e che solo quando si “snatura” sembra appartenere a tale piano». L’eros per Evola è magia, magnetismo, ed è impulso alla «reintegrazione e riunificazione» delle parti originarie nel quale l’androgine o essere completo si è scisso. Quello dell’androgine è il mito platonico degli esseri divisi dagli dei in cui però «permane il ricordo del precedente stato e si accende l’impulso a ricostituire l’unità primordiale». E di esso Evola fa un importante utilizzo.
Ma questa ricerca evoliana (molto ricca e completa come potrebbe essere quella eseguita per Rivolta contro il mondo moderno), ed effettuata sostanzialmente nel dopoguerra, possiede anche un altro punto di vista altrettanto interessante. Più storico però che di contenuto. Qualora si leggesse infatti Metafisica del sesso insieme all’altro grande volume evoliano uscito nei primi anni Sessanta, Cavalcare la tigre, si noterebbero delle affinità per quanto concerne la cosiddetta “Via della Mano Sinistra” (“via” riportata insieme al ben più noto sadismo).
Si tratta di un tema “pericoloso” ma caro ad Evola che vuol indicare un comportamento di tipo anomico e distruttivo. Un’affinità che Evola stesso spiega in questo modo: «Via della Mano Sinistra è anche quello che dovevo seguire nel mio libro, Cavalcare la tigre, in vista della situazione stessa dei tempi ultimi e del corrispondente bilancio negativo che mi trovai costretto a fare in via definitiva, dopo aver constatato che nessuna iniziativa raddrizzatrice, ricostruttrice (da “Via della Mano Destra”) può illudersi di avere una qualche probabilità di successo nel clima generale del mondo e della società attuali prima del chiudersi di un ciclo. In una epoca di generale dissoluzione, l’unica via che si può tentare è appunto quella della Mano Sinistra, malgrado tutti i suoi rischi».
Una frase che com’è noto è stata interpretata in modi assai diversi (perfino come un “arrendersi” alla violenza), ma che oggi è utile soprattutto a rivelarci quale fosse lo stato d’animo evoliano nel secondo dopoguerra ed, ancor di più, come il punto di vista del filosofo fosse generalmente riconducibile a dei principi molto netti: la condanna del mondo moderno e la forzata abitudine ad un mondo immerso nel caos. Caos ovviamente come sinonimo stesso di modernità. Si ragioni dunque di sesso o di qualunque disciplina esistenziale, quello della “modernità” resta il principale tema evoliano – il suo “eterno” ritorno dell’uguale di maggior presa ed efficacia. Dopotutto anche Metafisica del sesso può essere interpretato come un (attualissimo) testo d’argomentazione “tradizionale” scritto e pensato per l’epoca moderna.
* * *
Tratto dal Secolo d’Italia del 20 dicembre 2008.
rita
Il primo libro che lessi dell'autore. Molto utile come primo approccio per successivi approfondimenti di vario ordine e grado. Saluti .