Libertà e Tradizione

«Le coeur a ses raisons que la raison ne connaît point»
(B. Pascal, Pensées)

«Legum…servi sumus ut liberi esse possimus» (1), così recita una diffusa citazione di Cicerone, nella quale egli esprime l’idea della libertà politica come conseguenza dell’asservimento alla Legge (2). È fatto noto, d’altra parte, che lo Ius romano, e la connessa Iustitia, erano intese come manifestazioni del Fas, il diritto divino; la Libertà, in senso metafisico, era quindi una conseguenza del rispetto del Fas.

L’Idea della Libertà rappresenta l’origine di ogni pensiero sul rapporto tra umano e divino e, in generale, tra creatura e Creatore: qualsiasi rapporto tra finito ed infinito, e finanche tra enti finiti, è misurabile innanzitutto come un dato grado di libertà di un ente rispetto all’altro, o della creatura rispetto al Creatore. Questo grado di libertà è esprimibile come rapporto numerico, concettuale o sensoriale.

Questa Libertà intesa come conseguenza del rispetto del diritto divino, rifacendosi alla classica distinzione tra libertà di e libertà da, è sì una libertà di manifestarsi come soggetto, come Io, ma ciò a patto di essere libero, a tal fine, da ogni impedimento altrui. Ogni Libertà, sin dalla sua radice metafisica, quindi, è innanzitutto una libertà da, e solo come conseguenza una libertà di (3). In altri termini, poiché la mia libertà da impedimenti, all’interno di una comunità, può essere garantita solo da una Legge superiore, e non certo da me stesso o da altri singoli individui, la libertà da richiede a monte un dovere di rispetto della Legge, che ordina tale libertà da, per tutti i soggetti subordinati. In senso metafisico, per tutti gli enti.

L’idea tradizionale di considerare i doveri come requisito necessario al fine di usufruire di diritti, non è quindi una semplice ideologia dottrinaria, contingente, bensì una reale necessità logica metafisica e, di conseguenza, “fisica”.

Mentre la libertà di sottintende l’uguaglianza di tutti in tale libertà, non può dirsi altrettanto per la libertà da: essa, casomai, sottintende al contrario la disuguaglianza da tutti, dai quali il soggetto di tale libertà intende proprio svincolarsi al fine di differenziarsi.

la-democrazia-in-americaD’altra parte, il pensiero liberale, anche in senso politico, e almeno fino alla metà dell’Ottocento, non sottintendeva alcuna uguaglianza tra le persone, ma era anzi in opposizione a quello democratico: «Il fatto che imbroglia la dottrina è che nella seconda metà del XIX secolo l’ideale liberale e quello democratico sono confluiti l’uno nell’altro, e che fondendosi si sono confusi. […] Molti, da Tocqueville a Kelsen e a Raymond Aron, hanno messo in evidenza quanto la libertà sia estranea alla logica interna della concezione democratica» (4). Questa contrapposizione tra pensiero liberale e pensiero democratico, come inteso soprattutto nel periodo successivo alla rivoluzione francese, rappresentava nei fatti una contrapposizione tra diversi interessi, che corrispondeva ancora, nella sostanza, ad una contrapposizione tra classi, quella della borghesia e quella emergente dei proletari. È solamente dal 1848 che i due termini iniziano a sovrapporsi in modo più netto (5), ed a formare un’idea di democrazia liberale in Europa, ma che già era ben avviata negli Stati Uniti d’America (6). Per divenire, infine, in particolare dal secondo dopoguerra, pressoché fusi, e confusi.

Nella democrazia liberale moderna, di stampo americano, è la parte “liberale” del termine, per quanto in senso puramente economico ed egoistico, che ha prevalso, sebbene per lo più mascherata da democrazia: «Ma allora (dopo il 1848, NdA) non era affatto di tutta evidenza che cosa l’innesto tra liberalismo e democrazia avrebbe prodotto […] Nella sostanza ha prevalso il liberalismo nel senso che i democratici hanno acceduto alla tesi che la libertà è il fine e la democrazia ne è lo strumento. Ma in apparenza, o meglio ufficialmente, è stata la democrazia a prevalere. […] «liberalismo» è oggi un’etichetta senza ormeggio. È perché chi rinunzia al nome perde l’identità. Così «liberale» finisce per diventare una parola vacante, figlia di nessuno e catturabile a vista» (7). A differenza di Sartori, tuttavia, noi riteniamo che la liberal-democrazia non sia un esperimento ben riuscito, bensì l’ultima forma della degenerazione del pensiero politico, economico e culturale dell’umanità. Non si può che ripartire dal portare distinzione netta tra questi due termini che, in ultima analisi, ed in senso prettamente metafisico, rappresentano rispettivamente una visione gerarchica ed una visione democratica della società. Due visioni che riteniamo, a differenza di Sartori, incompatibili in senso orizzontale, ma compatibili invece in senso verticale.

sartori-democraziaMa al di là degli avvenimenti storici, e delle diverse vicende e significati di tali termini nei vari paesi, soprattutto nel caso del termine liberale (8), ci vogliamo soffermare sul significato metafisico di tali concetti, sui quali ogni valutazione ed orientamento fenomenico si dovrebbe basare.

Introduciamo a tal riguardo una distinzione radicale nel processo della Conoscenza, ricollegandoci a quanto sopra accennato e rifacendoci ad una classica distinzione utilizzata da Blaise Pascal: riteniamo infatti che è solo attraverso il processo conoscitivo che si possa raggiungere la Libertà metafisica.

Il filosofo francese distinse tra esprit de géométrie ed esprit de finesse. Il primo termine indicava uno spirito (mens) di geometria, che potremmo definire razionale puro o razionalista. Il secondo, invece, uno spirito di finezza, che non si limita ad una comprensione razionale pura, induttiva o deduttiva, di tipo cartesiano, ma si affida ad una intuizione di tipo puntuale, che potremmo definire intellettiva. Pascal associa tale esprit de finesse al cuore ed alla fede, in sostanza un’intuizione spirituale, che noi definiamo intellettiva poiché mens, intelletto o spirito sono tradizionalmente usati come sinonimi.

Non ci riferiamo qui ad un “cuore” o ad una fede di tipo, rispettivamente, sentimentalistico e fideistico, quanto piuttosto ad una percezione intuitiva, non prettamente razionale, ma sovrarazionale, che richiede un allineamento al Tempo dell’Essere, possibile solo attraverso un abbandono interiore, ed in tal senso una fede, verso il divino. Questa interpretazione è quella tradizionalmente adottata dai sufi, e dai kabbalisti, quando si riferiscono ad una “via del cuore”. Il che non è in contraddizione con la visione tradizionale, più occidentale, dello spirito come mens o intelletto: ogni livello metafisico comprende in sé, infatti, un aspetto mentale ed uno senti-mentale, da intendersi come il sentire della mente. La focalizzazione, in via terminologica e dottrinaria, su uno o l’altro dei due fattori, non comporta nei fatti alcuna differenza, trattandosi entrambi di due aspetti divini, ricollegabili alle due facce di Giano: laddove la Mente è dell’Essere, del Padre, la seconda faccia di Giano, ciò che sente tale Mente è invece la connessione con l’Assoluto o Infinito, la prima faccia di Giano. Così è a livello macrocosmico, così è per il singolo umano nell’esercizio delle sue facoltà razionale ed intuitiva spirituale.

L’esprit de géométrie, come sopra definito, conduce ad una Conoscenza dello Spazio, tipicamente sensoriale, mentre l’esprit de finesse può condurre ad una Conoscenza del Tempo, che è da intendersi come Tempo dell’Essere, che l’umano può intuitivamente afferrare con lo spirito, con l’intelletto, come Tempo dello Spirito. Quest’ultima è una forma di Conoscenza tipicamente tradizionale: «…è tipico l’equivoco di chi scambia per immobilità ciò che nelle civiltà ad orientamento tradizionale ebbe un assai diverso significato: significato di immutabilità. Quelle civiltà furono civiltà dell’essere. La loro forza si manifestò appunto nella loro identità, nella vittoria da essi conseguita sul divenire, sulla “storia”, sul mutamento, sull’informe fluire. Sono le civiltà che scesero nel profondo, oltre le mobili e infide acque, e nel profondo stabilirono salde radici. L’opposizione fra le civiltà moderne e quelle tradizionali può esprimersi come segue: le civiltà moderne sono divoratrici dello spazio, le civiltà tradizionali furono divoratrici del tempo» (9).

arco-e-la-clavaLa Conoscenza dello Spazio è ottenibile con una libertà di, una libertà spaziale, esteriore, di muoversi e conoscere sensorialmente. La Conoscenza del Tempo, invece, è ottenibile con una libertà da, una libertà temporale, interiore, priva di movimento e che conduce ad una conoscenza metafisica. Va da sé che la prima forma di Conoscenza è ottenibile da tutti coloro che sono dotati di sensi, è una Conoscenza democratica per raggiungere la quale vi è uguaglianza di possibilità tra i soggetti. Diversamente accade, tuttavia, per la seconda forma di Conoscenza, che richiede invece una percezione non solamente sensoriale, ma extra-sensoriale (10) o metafisica, che possiamo definire, genericamente, spirituale o intellettiva: è una Conoscenza aristocratica per raggiungere la quale vi è disuguaglianza di possibilità tra i soggetti.

Un pensiero tradizionale che voglia definirsi tale, non può prescindere dalla ricostituzione di un fondante pensiero liberale, in senso metafisico, che possa fungere da guida per un pensiero tradizionale politico, economico e culturale e libero dal demos, inteso come minimo comune pensiero della collettività (11). La liberazione da tale minimo comune pensiero, può essere espressa, nei vari ambiti sociali, con determinati termini chiarificatori, sia in senso passivo che attivo.

Come libertà passiva, libertà da: in politica, è libertà dall’istintualismo del demos, in economia dal suo servilismo, nella cultura dal conformismo, in filosofia dal relativismo e, nella scienza, dal positivismo.

Come libertà attiva, libertà di: in politica, libertà di azione ordinatrice, in economia libertà di azione distributrice (12), nella cultura libertà di azione formatrice, in filosofia libertà di azione morale (13), nella scienza libertà di azione razionale (14).

Questi due aspetti, lo spirito di geometria e quello di finezza, ci ricorda Pascal, sarebbero da sviluppare entrambi in sé, al fine di avere una comprensione del Reale la più vasta e completa possibile. La facoltà dell’ente, come parte dell’Essere, di sviluppare al contempo la mente e ciò che sente la mente, è egregiamente espressa, in modo conciso, dall’espressione indù riferita al Padre, all’Essere, come Sat-Cit-Ananda: Essere, Consapevolezza e Beatitudine.

iustitiaSenza dimenticare, tuttavia, la precedenza logica della libertà da sulla libertà di o, per dirla in altri termini, della libertà in senso stretto sull’uguaglianza. Lo stesso Sartori, ci ricorda che «in ultima analisi l’eguaglianza è allargamento orizzontale, la libertà slancio verticale» (15), esse appartengono a due logiche distinte, due diverse visioni del mondo: «libertà e uguaglianza segnano la demarcazione tra liberalismo e democrazia in ordine a una diversa logica di fondo, in ragione della quale la liberal-democrazia è come una matassa a due capi. Finché il gomitolo non si tocca, tutto va bene; ma se cominciamo a disfarlo si avverte subito che è fatto con due fili» (16).

La democrazia liberale moderna, ottocentesca, ha raggiunto nell’ultimo secolo, con il comunismo, una forma ulteriormente degenerata, nella quale anche la parte liberale è venuta meno: «Da un secolo a questa parte alla democrazia nel liberalismo si è opposta e contrapposta una democrazia senza liberalismo. Sul punto il socialismo occidentale si è pienamente ravveduto: è oggi un socialismo che accetta senza riserve lo Stato costituzionale. E la catastrofe del comunismo ha definitivamente screditato, oso sperare, la dottrina marxista-leninista dello Stato» (17).

Il pensiero liberale, in senso metafisico, non è limitato al liberalismo e liberismo di stampo borghese, egoistico e mercantilistico, ma indica la necessità logica della precedenza della Libertà metafisica, interiore e verticale, su ogni determinazione fenomenica dello Ius: la precedenza, quindi, del Fas sullo Ius, del dovere sul diritto.

La libertà liberale è una libertà da, che deve precedere la libertà democratica che è libertà di: senza tale ordine gerarchico, logico e metafisico, non vi può che essere disordine fenomenico. La libertà metafisica del volere è libertà antecedente alla libertà “fisica” dell’azione, una libertà interiore che già Einaudi aveva intuito come necessaria ad un pensiero liberale realmente fondante: «Liberalesimo…è quella politica che concepisce l’uomo come fine…e se l’uomo non è un mezzo ma è il fine, si deve fare tutto ciò che porta al perfezionamento dell’uomo, si intende dell’uomo vero, dell’uomo completo, che è quello vivente nella società dei suoi simili» (18). Un ribaltamento totale, quello prospettato da Einaudi, rispetto al pensiero sopra citato da Sartori come tipico della democrazia liberale: non più la democrazia come mezzo per raggiungere la libertà, ma la libertà, ed in senso interiore, come mezzo per portare una reale uguaglianza nei diritti, ed in tal senso, e solo in tal senso, come garanzia dei diritti del demos.

Note

1 M.T. Cicerone, Oratio Pro Aulo Cluentio Habito, LIII.

2 Idea, questa, ripresa anche da Rousseau, ma anche e soprattutto dal “padre” del pensiero liberale moderno, Locke, del quale si ricorda sovente l’affermazione «Dove non c’è legge non c’è libertà».

3 «Tutte le libertà sono libertà di: ma la condizione di tutte le libertà è di essere liberi da. Non si può saltare la libertà in senso negativo, poiché altrimenti non si arriva più alla libertà in senso positivo» (G. Sartori, Democrazia. Cosa è, RCS, Milano 2007, p. 157).

4 G. Sartori, cit., p. 203.

5 «Il nuovo dissidio ideale, nell’esperienza che segue la rivoluzione del 1789, fu tra liberalismo e democrazia; ma per poco. Con la entrata in scena, nel 1848, del socialismo, si impone un nuovo riallineamento, un nuovo fronteggiarsi. […] Libertà e eguaglianza restano nemiche, ma sotto nuove etichette: l’eguaglianza negatrice di libertà rifluisce nel socialismo, mentre l’eguaglianza assertrice di libertà confluisce nella democrazia anti-socialista, nella democrazia liberale» (G. Sartori, cit., p. 205).

6 Cfr. A. de Tocqueville, De la démocratie en Amérique, Charles Gosselin, Paris 1835-1840.

7 G. Sartori, cit., pp. 205-206.

8 «…mentre un liberalismo innominato – e quindi non identificato – ha costituito per quasi quattro secoli l’esperienza fondamentale dell’uomo europeo, «liberalismo» come denominazione apprezzativa […] ha trionfato solo per pochi decenni, per poi passare in sottordine a «democrazia» […] se «liberalismo» fosse stato inventato, mettiamo, un secolo prima nessuno gli avrebbe potuto attribuire le colpe economiche che non ha, e nessuno avrebbe potuto pasticciare – come a tutt’oggi si pasticcia – il liberalismo politico con il liberismo economico. Locke, Coke, Blackstone, Montesquieu, Madison, Constant, non furono in alcun modo i teorici di una economia del «lasciar fare»: di economia, in verità, nulla sapevano. Furono invece i teorici del costituzionalismo, e la libertà della quale si sono occupati e preoccupati era la libertà politica, non la libera concorrenza e tantomeno la legge spenceriana della sopravvivenza del più capace. […] il liberalismo puro e semplice […] è la teoria e la prassi della libertà individuale, della protezione giuridica e dello Stato costituzionale» (G. Sartori, cit., pp. 197-198).

9 J. Evola, L’Arco e la Clava, Mediterranee, Roma 1995, p. 24.

10 Non ci riferiamo chiaramente ad una extra-sensorialità di tipo eterico-astrale, ma ad una reale percezione intellettiva del Logos divino, ove si trova la radice delle Idee metafisiche, percepibili dall’umano con l’intelletto spirituale ed affermabili, di conseguenza, razionalmente.

11 Facciamo qui notare, in proposito, che apparentemente sia demos che daimon provengono entrambi dal verbo daiomai, che sta per spartire, dividere; quindi l’opposto, in sostanza, di ciò che unisce.

12 Nella tradizione, l’economia (oikonomia) è intesa come “cura della casa” e non come accumulo o crematistica. In essa, l’aspetto distributivo, quindi, prevale su quello produttivo ma anche sull’effettivo consumo finale dei beni e servizi.

13 La filosofia, in senso metafisico, o è morale o non è che filosofia della riflessione, astratta dal Reale.

14 Il rapporto tra scienza e metafisica è stato al centro delle riflessioni epistemologiche del XX secolo; prima di ogni altro ambito fenomenico, la scienza si sta gradualmente liberando dal pensiero del demos, il positivismo scientifico, ma forse non ancora abbastanza tale da poter influire sulle altre sfere sociali in modo evidente. Ricordiamo, tra gli altri, a livello filosofico i contributi di Popper e Lakatos, ed a livello fisico-teorico le varie teorie del tutto, quali la gravità quantistica, che cerca di conciliare meccanica quantistica e relatività generale.

15 G. Sartori, cit., p. 207.

16 G. Sartori, cit., p. 206-207.

17 G. Sartori, cit., p. 211-212.

18 L. Einaudi, Memorandum, Marsilio, Venezia 1994, p. 72.

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *