Gli studi sulla lessicografia medievale sono un importante punto di riferimento per la conoscenza di quella splendida stagione letteraria rappresentata dalla latinità medievale: un patrimonio di eccezionale vastità dal punto di vista quantitativo e di straordinaria ricchezza e versatilità, che merita una diffusione maggiore di quella che ha avuto finora.
I lessici medievali erano vocabolari latino-latino ad uso delle scuole, ma erano utilizzati anche da persone colte che avevano interessi letterari e filologici. Non si deve, naturalmente, pensare che i lessici medievali fossero simili agli odierni vocabolari. Prima di tutto si usava elencare le parole non solo e non sempre in ordine alfabetico, ma anche seguendo lo schema della derivatio, ovvero si partiva da una parola per poi elencarne tutti i composti e i derivati. Inoltre la stessa scelta delle parole che si trovano in questi vocabolari, era solo in parte dettata dall’esigenza di elencare in uno scrupoloso ordine alfabetico le parole conosciute della lingua latina: gli autori spesso sceglievano le parole in base all’importanza che veniva loro attribuita dagli schemi culturali dell’epoca. Di conseguenza le parole acquisivano, per così dire, una loro auctoritas in quanto utilizzate dagli autori classici, dalla Bibbia, dai padri della Chiesa, e da altre opere che all’epoca avessero una significativa diffusione. Non infrequenti erano, infatti, le citazioni letterarie che gli autori dei lessici riportavano nella spiegazione dei lemmi, e uno dei motivi che spingono gli studiosi a occuparsi di questi vocabolari è la speranza di trovare frammenti di opere perdute. Ma al di là di questa possibilità i vocabolari medievali sono la testimonianza del lessico letterario che costituiva il fondamento della cultura medievale, con tutte le imprecisioni e le contraddizioni che la caratterizzavano. Questi testi, infatti, offrono un repertorio di lemmi latini che rasenta l’inverosimile, e che dà luogo a veri e propri monstra linguistici che documentano gli errori dei copisti e l’approssimazione con cui venivano trascritte parole tramandate a memoria. Gli intellettuali medievali erano assai lontani da una concezione scientifica della filologia, e pertanto tramandavano in maniera per lo più acritica i testi e le parole che avevano letto nei manoscritti.
Possiamo renderci conto di quel che accadeva nella trasmissione dei testi con questo esempio. In un lessico anonimo del 1450 ca., conservato alla Columbia University Library, si legge il seguente lemma: Abelios grece, latine dicitur sol. Evidentemente l’autore aveva letto una glossa che traduceva giustamente il greco elios con sol latino. La glossa originaria doveva suonare più o meno così: sol dicitur ab elios grece. Ovviamente l’autore del lessico che riporta il lemma abelios non conosceva il greco e ha letto come un’unica parola la preposizione ab e la parola greca elios. Inutile dire che questi autori riportavano le notizie in loro possesso senza alcuna preoccupazione di verifica scientifica, così parole di origine germanica vengono confuse col greco, i lemmi vengono corrotti nella maniera più bizzarra, le parole vengono agglutinate l’una con l’altra, oppure vengono troncate in vari modi, e spesso queste assurdità linguistiche erano dovute a errori di lettura nel copiare dalle fonti.
Talvolta questi lessici latini riportavano anche alcune parole in volgare, a testimonianza di un uso ormai letterario della lingua madre che cominciava ad affiancare il latino. È il caso, ad esempio, del Declarus di Angelo Senisio, scritto attorno al 1350, che riporta vocaboli in volgare siciliano, e del lessico anonimo precedentemente citato, che riporta parole in volgare riferibili ad area centro-italica, probabilmente umbra.
Le opere più importanti e diffuse della lessicografia medievale erano le Etymologiae di Isidoro di Siviglia, l’Elementarium doctrinae erudimentum di Papias, il Catholicon di Giovanni Balbi, il Doctrinale di Alessandro Villadei, le Derivationes di Osberno di Gloucester e, soprattutto, le Derivationes di Uguccione da Pisa. Quest’ultima opera, infatti, fu utilizzata come testo di riferimento anche da Dante, e la sua grande diffusione in epoca medievale è testimoniata dal fatto che di questo lessico sono arrivate fino a noi circa 200 copie. A questi testi di riferimento erano ispirati i numerosi lessici di autori poco noti o sconosciuti che attendono ancora una edizione critica che li metta a disposizione degli studiosi.
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Bibliografia
Iohannis Balbi Catholicon, Mainz, 1460 (anast.1971).
Corpus Glossariorum Latinorum, I-VIII, ed. Goetz, Leipzig, 1888-1901 (anast.1965).
Alexandri Villadei Doctrinale, ed. D. Reichling, Heiligenstadt, 1893 (anast. New York 1974).
C. D. Du Cange, Glossarium mediae et infimae latinitatis, I-X, Niort, 1883-1887 (anast. 1954).
Glossaria latina iussu Academiae Britanicae edita, I-V, ed. W.M. Lindsay, Paris, 1926.
Eberhardi Bethuniensis Graecismus, ed. J. Wrobel, Vratislaviae, 1887 (anast.1987).
Uguccione da Pisa, Derivationes, I-II, ed. E. Cecchini, G. Arbizzoni, S. Lanciotti, G. Nanni, M.G. Sassi, A. Tontini, Firenze, 2004.
S. Hieronymi Liber interpretationis Hebraicorum nominum, ed. P. De Lagarde (CCSL, 72), Turnhout, 1959.
Isidori Hispalensis Etymologiarum sive originum libri XX, I-II, ed. W.M. Lindsay, Oxford 1911 (anast.1966).
Osberno, Derivazioni, I-II, ed. F. Bertini, V. Ussani Jr, P. Busdraghi, M. Chiabò, A. Dessì Fulgheri, P. Gatti, R. Mazzacane, L. Roberti, Spoleto, 1996.
Papiae Elementarium Doctrinae erudimentum, Venezia, 1496 (anast.1966).
Walafridi Strabonis Glossa ordinaria. Liber Isaiae Prophetae, in P.L.113, 1259.
Guillelmi Britonis Summa sive expositiones vocabulorum Biblie, I-II, ed. L.W. Daly e B.A. Daly, Padova, 1975.
Dal Declarus di Angelo Senisio (lettera T): edizione critica e glossario, tesi di laurea in Storia indirizzo medioevale di Michele Fabbri (relatore Prof. Giuseppe Cremascoli), Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, 1995.
Il lessico del ms. New York, Columbia University Library, George A. Plimpton 152: edizione del testo, tesi del Dr. Michele Fabbri per il XII° ciclo del dottorato di ricerca in “Filologia Mediolatina” all’Università di Firenze, 2000.
prof. Andrea Padovani
Qualcuno riesce a spiegare il riferimento a ‘Poll.’ o ‘Polli.’ – certo un lessicografo, spesso accostato a Papia – contenuto negli scritti del canonista Guido da Baisio (m. 1312/13) ?