J. F. Kennedy conservatore. La politica come arte

Tra le icone indiscusse del gauchisme internazionale, più in particolare della sua variante liberal, figura John F. Kennedy. Il presidente assassinato a Dallas nel 1963 è considerato strenuo difensore dei diritti umani e simbolo, per antonomasia, del progressismo. Eppure, ciò non è del tutto vero. Infatti, le guardie bianche del politicamente corretto hanno, come loro costume, volutamente obliato parte della storia personale di Kennedy, nonché i suoi reali interessi ed intendimenti intellettuali. A  chiarirlo è la recente pubblicazione di un libro del presidente cattolico, Ritratti del coraggio. Quando la politica era un’arte per statisti, apparso nel catalogo della OAKS editrice (per ordini: info@oakseditrice.it, euro 24,00). Si tratta di un volume uscito in Italia in prima edizione per i tipi de “il Borghese” nel 1960, fortemente voluto in quella collana dallo scrittore Henry Furst, compagno d’armi di D’Annunzio a Fiume e, nel dopoguerra, vicino agli ambienti intellettuali della destra italiana. In realtà, a Kennedy è ascrivibile anche un altro libro controcorrente uscito per “il Borghese” nel 1964, Perché l’Inghilterra dormì. I due testi testimoniano che la riduzione del leader statunitense ad immaginetta “liberal”, non regge alla prova dei fatti.

Gennaro Malgieri, autore della Introduzione, chiarisce che l’anima “conservatrice” di John Fitzgerald, è innegabile. Non è casuale, ricorda, che lo stesso Reagan tentò di appropriarsi, per ragioni ideali ed elettoralistiche, del personaggio in questione, giungendo a comporre una silloge di citazioni kennedyane mirata a convincere i democratici “ad approvare i provvedimenti repubblicani in materia fiscale” (p. 8). Il politologo neocon Norman Podhoretz sostenne, in un’intervista, Kennedy essere l’erede della tradizione Old Democrat, dichiaratamente conservatrice, tanto che i suoi cavalli di battaglia durante la campagna elettorale presidenziale negli anni Sessanta, furono adottati, in seguito, dallo stesso Reagan. Si capisce, pertanto, per quali ragioni la destra italiana durante lo scontro elettorale Nixon-Kennedy, in larga parte, si schierò per quest’ultimo. Quindi, non è lecito, alla luce della storia, vedere nei Clinton o in Obama, gli eredi diretti della “nuova frontiera” del presidente di origine irlandese. Peraltro, chiosa Malgieri, dalle biografie più documentate come quella di Palazzolo, si evince addirittura una certa simpatia, sia pur espressa in età giovanile, di Kennedy per il sistema corporativo italiano e la difesa degli aiuti USA alla Spagna di Franco.

Il primo abbozzo dei Ritratti comparve su “Harper’s Magazine”. Si trattava di un lungo articolo centrato sull’analisi del “coraggio politico”. Successivamente, Kennedy proseguì le ricerche storiche su una serie di protagonisti della vita politica statunitense. Nel libro che presentiamo compaiono così i “medaglioni” di John Quincy Adams, Daniel Webster, Thomas Hart Benton, Sam Houston, Edmund G. Ross, Lucius Lamar, George Norris, Robert A. Taft. Li accumunava la subordinazione dell’interesse personale, o di quello del partito di appartenenza, al perseguimento del bene comune. Tra i ritratti,  il più riuscito è  dedicato a Taft, senatore repubblicano che si oppose tenacemente al liberticida processo di Norimberga. Le scelte politiche del senatore, a dire di Kennedy, erano connotate da uno spiccato senso della realtà, che gli permise di sviluppare proposte legislative tese a favorire l’azione dello Stato Federale, ad esclusivo vantaggio della collettività. Inutile dire che in Italia, pur venendo esaurita in poco tempo la prima edizione, il libro non ebbe alcuna attenzione da parte della critica e della grande stampa.

L’unica eccezione è rappresentata da Luigi Covatta e Gino Rocchi, noti intellettuali di sinistra,  che ebbero l’ardire di sostenere che:“l’esaltazione del coraggio politico fino ad identificarlo con la capacità di sottrarsi ai condizionamenti di partito era una posizione sostenuta in Italia soltanto dai ‘reazionari di estrema destra’ “ (p. 15). Effettivamente, il coraggio di cui Kennedy tesse le lodi nelle pagine di questo libro che, tra l’altro, si legge con estrema piacevolezza, è il grande assente dalla scena politica contemporanea. Anche in quell’area un tempo occupata dalla “destra”, assolutamente silente nel dibattito delle idee contemporanee. I Ritratti del coraggio possono essere monito e stimolo per riprendere un percorso interrotto.

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Giovanni Sessa è nato a Milano nel 1957 e insegna filosofia e storia nei licei. Suoi scritti sono comparsi su riviste e quotidiani, nonché in volumi collettanei ed Atti di Convegni di studio. Ha pubblicato le monografie Oltre la persuasione. Saggio su Carlo Michelstaedter (Roma 2008) e La meraviglia del nulla. Vita e filosofia di Andrea Emo (Milano 2014). E' segretario della Scuola Romana di Filosofia Politica, collaboratore della Fondazione Evola e portavoce del movimento di pensiero "Per una nuova oggettività".
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