L’area geografica sulla quale si irradiarono gli impulsi della civiltà persiana è ben più ampia degli attuali confini dell’Iran. Essa corrisponde a una gigantesca piattaforma con picchi elevatissimi che fonde in un unico blocco l’Iran attuale, l’Afghanistan, il Belucistan, ma anche le antiche regioni persiane più esterne e settentrionali oggi turchizzate come il Tajikistan, l’Uzbekistan, il Turkemenistan; laddove sorgeva il regno della Bactriana. È un paesaggio rarefatto e inondato da una Luce intensa, quasi tangibile.
«Il carattere degli Iranici sembra in qualche modo rispecchiare le contraddizioni fisiche della loro patria, nella quale ridenti città-oasi e vallate feconde si alternano a spaventose solitudini lunari. Fuori di queste si dilata l’infinito deserto stepposo, regno dei nomadi, discendenti di quelle stirpi calate dall’Asia Centrale turanica, cioè anti-iranica per eccellenza» scrive Pio Filippani-Ronconi nel suo ultimo libro pubblicato da Irradiazioni e dedicato a Zarathustra e il mazdeismo. E continua: «Il viaggiatore che giunga in aereo dall’Occidente o dall’India o dall’Asia centrale ex sovietica ha immediatamente l’impressione di trovarsi in una regione contemporanea chiusa e rarefatta, sì che suscita sorpresa il trovarsi un’umanità intelligente, affabile, infinitamente più socievole e aperta al prossimo di quanto non lasci sperare la remota ed aspra regione in cui si è svolto il millenario cammino della sua civiltà».
Anche chi non scende dalla scaletta di un aereo, ma si limita a osservare le immagini dei telegiornali rimane stupito dai volti stranamente “europei” dei giovani iraniani, e da come le donne avvolte in foulard un po’ civettuoli (“islamici” ma con gusto…) ricordino certe nostre zie, signorine degli anni Cinquanta-Sessanta. Se è vero quello che dicono sondaggi più o meno attendibili, che cioè la grande maggioranza dei giovani iraniani sono oggi insoddisfatti del conformismo clericale degli ayatollah e che aspirano a una maggiore libertà, tale orientamento forse non è solo il frutto di motivazioni contingenti ma affonda le sue radici nella cultura trimillenaria della Persia.
Vi è una Persia profonda che ha influenzato tutto l’Oriente, che ha riplasmato finchè ha potuto la stessa religione islamica (creando l’eresia sciita). Questa Persia trova in Zarathustra la sua figura più rappresentativa. Zarathustra ha rappresentato per la Persia ciò che Buddha è stato per l’India e Socrate per la Grecia: un grande riformatore che ha riassunto in sé gli impulsi fondamentali della civiltà e li ha riformulati secondo una intonazione straordinariamente “moderna”. Del Mazdeismo – la religione diffusa da Zarathustra – generalmente si sa che è incentrata sul culto di Ahura Mazda, e su una aggressiva polemica nei confronti dei “Demoni” venerati in molte tribù del tempo: i “Daeva”. La parola stessa “Daeva” – inconfondibile suono comune alle grandi lingue indo-europee – indica che originariamente si trattava di Dei. Al principio i Persiani veneravano gli stessi Dei dell’India: esseri carichi di potere magico, sostanzialmente posti al di là del bene e del male, esattamente come in natura il fulmine o il fuoco. Nelle epoche più arcaiche la psiche degli uomini era immersa nelle immagini di questi numi che ne orientavano il comportamento, in una maniera simile a come gli istinti guidano oggi i comportamenti animali.
L’avvento di Buddha, di Zarathustra o il sincronico apparire di Pitagora nella cultura greca segna una trasformazione di coscienza che è stata colta da alcuni fini psicologi come Jaines (autore del saggio sul Crollo della Mente Bicamerale). La coscienza dell’uomo si ampia, le primitive intuizioni sciamaniche lasciano il posto a una più sicura razionalità; anche l’orientamento verso il Divino necessariamente deve cambiare. La riforma di Zarathustra si inserisce in questo passaggio cruciale: egli bandisce i sacrifici cruenti, i riti orgiastici, le bevande inebrianti e afferma un nuovo culto basato sulla rettitudine del pensiero, sulla eticità dell’azione. Il Dio di Zarathustra, Ahura Mazda, si connota come il Signore dalla Mente Luminosa, non certo come un despota dalla volontà tirannica. «Quei che pensò per primo, colmando di Luce gli spazi beati, Costui per la sua forza meditante ha creato l’Ordine… Io ti ho conosciuto o Mazdah, con la mente, come il Primo e l’Ultimo». Dice Zarathustra con un afflato mistico, che commuove anche l’uomo occidentale moderno, “razionale” per estrazione di civiltà, e ancora alla ricerca di una espressione del Divino che possa essere compatibile col suo stato di coscienza.
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Tratto da L’Indipendente del 15 luglio 2007.
Musashi
Ottimo articolo, il raffronto tra il simultaneo apparire di Zarathstra, Buddha, Pitagora e poi Socrate, annuncia una similtaneo cambiamento "planetario" per quei cicli di civiltà.
Cambiamento rispetto all'antica chiaroveggenza e alla promiscuità fra uomini e Potenze astrali o cosmiche (Deva). Specialmente mi ha colpito l'ultimo passaggio, con il riferimento a J.Jaynes e al suo "crollo della mente bicamerale e l'origine della cosienza"… anche io avevo spesso notato la convergenza fra il pensiero di questo psichiatra americano e la Scienza dello Spirito antroposofica. Specie laddove essa annuncia la nascita dell' "anima cosciente" e l'affrancarsi dello Spirito dell'uomo, che acquisisce autonomia rispetto alle Forze astrali che agiscono sulla psiche.