«La Lombardia è una nazione, l’Italia solo uno stato».
Questa affermazione di Umberto Bossi sintetizza meglio di qualsiasi analisi politologica il senso della cultura indipendentista che si è fatta strada nel panorama politico italiano a partire dalla fine degli anni ’80. La nascita di un movimento identitario nell’Italia del Nord è stata la più grande novità politica di tutta la storia dell’Italia come stato unitario.
Il giornalista Guido Passalacqua ha scritto Il vento della Padania, un libro sulla storia della Lega Nord, il movimento politico di Umberto Bossi che è riuscito a coagulare un insieme di movimenti regionalisti padani e che, pur fra alti e bassi, è sempre stato protagonista delle vicende politiche degli ultimi vent’anni.
Bossi fonda la “Lega autonomista lombarda” nel 1984. All’inizio non è che una delle tante liste minori che affollano i manifesti elettorali, tuttavia nel 1987 Bossi riesce ad essere eletto senatore: da allora per i militanti e i simpatizzanti del movimento sarà il senatùr. Nel 1991 il movimento cambia nome e si chiama Lega Nord; è il periodo in cui finisce la guerra fredda e la classe dirigente del pentapartito a guida democristiana è travolta dagli scandali di corruzione. La situazione si presta all’emergere di forze nuove e a significativi cambiamenti strategici: la Lega si inserisce molto bene in questo scenario e ben presto diviene partito di massa in Lombardia e in altre zone del Nord. Lo sviluppo di un movimento identitario disturba interessi molto grossi e da quel momento la classe politica e intellettuale italiana si scatena in una rabbiosa campagna di discriminazione e di vera e propria istigazione all’odio contro il partito di Bossi, una campagna che dura a tutt’oggi.
Da parte loro i leghisti hanno avuto atteggiamenti a volte folcloristici, dando l’impressione di essere un movimento improvvisato, e faticano molto a costruire una classe intellettuale che fiancheggi la battaglia indipendentista. Anche per questo Gianfranco Miglio, il più importante intellettuale di area leghista, ha avuto rapporti non facili con la Lega Nord.
Nel 1994 si affaccia sulla scena politica un’altra novità destinata a segnare a lungo le vicende politiche: l’imprenditore milanese Silvio Berlusconi. La Lega si allea con Berlusconi governando assieme a lui, ma già all’inizio del 1995 Bossi rompe l’alleanza. Sono stati versati fiumi d’inchiostro per spiegare questa mossa: l’ipotesi più probabile è che Bossi abbia voluto fare un salto di qualità lanciando la secessione della Padania nel 1996. È sicuramente una grande occasione di crescita per la Lega, che seleziona una classe dirigente di sicura fede indipendentista andando da sola alle elezioni: una mossa gratificante, perché la Lega si attesta su un lusinghiero 10%. In questo periodo la Lega Nord è l’unico movimento che elabora riti e miti che si pensavano esclusi dal freddo orizzonte burocratico della politica moderna: il richiamo alle origini celtiche della Padania, lo stretto legame con gruppi di cattolici tradizionalisti, un vivace antiamericanismo sono i tratti distintivi del movimento in questo periodo. Fra i patrioti padani maggiormente impegnati nella battaglia indipendentista si mette in luce il pirotecnico Mario Borghezio, parlamentare europeo.
Sul piano strategico Bossi fa passi importanti, schierandosi contro l’aggressione americana alla Serbia e muovendosi in sintonia con i nazionalisti austriaci di Haider. Si tratta di mosse coraggiose che cercano di muovere le acque intorpidite della politica tecnocratica, ma l’opinione pubblica, rimbecillita dai media di regime, fatica a seguire certe posizioni. Nel frattempo il quotidiano del partito, La Padania, svolge un’importante opera di alfabetizzazione civile, informando l’opinione pubblica sui retroscena massonici della globalizzazione e divulgando i temi del revisionismo storico, soprattutto in relazione al cosiddetto “Risorgimento”.
In quegli anni i consensi che la Lega raccoglie fanno paura perché l’Italia si delinea ormai come un paese a tre velocità: al Nord i Padani lavorano per ingrassare i “terroni” che vivono di assistenzialismo, di parassitismo e di attività mafiose, e nel contempo in Italia si riversano milioni di immigrati extracomunitari che vivono in clandestinità esercitando attività criminali o di lavoro nero. Gli immigrati clandestini formano una società parallela che vive al di fuori della legalità, e i Padani sono praticamente sottoposti a regime di apartheid sul loro stesso territorio. In questo scenario allucinato la magistratura non sa fare di meglio che perseguitare dirigenti e militanti della Lega: le denunce per reati politici contro i leghisti non si contano. In quest’opera di persecuzione giudiziaria si moltiplicano i processi per “istigazione all’odio razziale”, e fra i più solerti carnefici della Lega si segnala il procuratore di Verona Guido Papalia (un cognome assai poco padano…).
La battaglia contro l’immigrazione clandestina diventa il primo tema della propaganda leghista: la Lega è l’unico partito rappresentato in parlamento che solleva il tema dell’Identità, mentre tutti gli altri sono, seppur a vario titolo, complici del mondialismo.
Andare da soli è una battaglia romantica che può pagare per qualche tempo, ma non può durare in eterno. Nel 2000 la Lega si allea di nuovo con Berlusconi per cercare di entrare ancora nelle istituzioni, ma l’elettorato leghista non sembra gradire la svolta moderata: il Carroccio vede dimezzati i suoi consensi e, pur partecipando al governo con ministeri importanti, deve mettere la sordina ai toni più estremisti. Tuttavia negli anni di governo è sempre la Lega che solleva questioni politiche decisive, come la sciagurata ipotesi di ingresso della Turchia in Europa, o il mandato d’arresto europeo che di fatto ripristina il sistema concentrazionario sovietico e che verosimilmente sarà utilizzato per attuare espropri proletari e deportazioni di massa.
Nel 2004 Bossi è anche colpito da una grave ischemia che compromette l’organizzazione del movimento, fortemente incentrato sulla figura del leader. Nel 2005, al termine del mandato, i risultati ottenuti dalla Lega sono davvero magri: Roberto Castelli, ministro della giustizia, è riuscito in extremis a ridurre le pene per i reati d’opinione, ma non a cancellarle, come sarebbe più opportuno in un sistema sedicente “democratico”, e le riforme federaliste vengono pesantemente battute nel voto referendario.
Quando la sinistra va al governo con Prodi, non perde tempo e spalanca i cancelli dell’inferno: gli immigrati cominciano a formicolare come e più di prima, spalleggiati da torme di zingari venuti dai paesi dell’Est recentemente entrati in Europa, e il nuovo ministro della “giustizia”, Clemente Mastella, dopo aver concesso l’indulto ai criminali che affollano le carceri, inasprisce le pene per i reati di pensiero, arrivando a vietare la libertà di ricerca storica. Sotto il governo Prodi i criminali extracomunitari si scatenano in una sarabanda di delitti particolarmente efferati, che hanno tutto il sapore di omicidi rituali commissionati dalle oligarchie mondialiste per seminare il terrore fra i cittadini italiani…
Tuttavia la sinistra ha un consenso debole ed è divisa al suo interno: in questo periodo la Lega rispolvera toni forti e i suoi sindaci mettono in atto iniziative di difesa del territorio che irritano prefetti e magistrati. Il risultato sarà trionfale per la Lega: nelle elezioni del 2008 i suoi consensi superano l’8%. La Lega comincia a raccogliere voti in quantità considerevoli anche in Emilia e in Romagna. È l’ennesima prova che l’elettorato leghista risponde bene quando i suoi leader usano un linguaggio massimalista, mentre si sente demotivato quando sente toni moderati.
La Lega ha ottenuto importanti successi sul piano della sicurezza, ottenendo l’istituzione del reato di immigrazione clandestina. Purtroppo, come era accaduto nel caso della legge Bossi-Fini, molti magistrati mettono in atto sabotaggi contro le leggi che non gradiscono, confermando l’ipotesi di un controllo di forze occulte sul funzionamento delle istituzioni.
Tuttavia l’opinione pubblica cova un profondo malessere verso la società multicriminale, e per questo le potenzialità della Lega per il futuro sono immense: la Lega ha la possibilità di diventare un movimento di socialismo etnico che può scardinare i piani mondialisti e determinare fenomeni analoghi in altri paesi. La lotta non sarà facile, ma dopo tanti anni di attività gli esponenti leghisti sembrano aver maturato esperienza e capacità di compromesso e di mediazione che sono sempre utili in certe fasi politiche.
Una nota che non si può fare a meno di rilevare è che l’autore del libro, Guido Passalacqua, scrive per un giornale di regime come La Repubblica, e quando parla di temi come l’Identità e la Tradizione si muove come un elefante in una cristalleria…
Ad ogni modo il libro è un gradevole saggio di tipo divulgativo, scorrevole e sufficientemente obiettivo: nel complesso una buona introduzione per approfondire l’argomento.
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Guido Passalacqua, Il vento della Padania. Storia della Lega Nord 1984-2009, Mondadori, Milano 2009, pp.258, € 18,50.
giuliogerdol
Complimenti per "l'elefante nella cristalleria identitaria", caratteristica anche comune tra esponenti di destre e identità avverse.
Il succo non cambia, anche se la lega Nord non è che un contenitore che a giudizio di tutti gli scrittori indipendentisti e autonomisti, come di tutta la popolazione, ha fatto poco e male; Padania è un termine accademico geografico che non appassiona, ma come per ogni popolo e carattere nazionale ci sono manciate di termini sinonimi per la nazionalità.
Resta, generazione dopo generazione, anche sotto l'apparente rassegnazione dei più anziani, il distacco verso la vera Italia, l'estraneità verso il suo carattere nazionale italiano, la mancata partecipazione, soprattutto dei giovanissimi, alla sua vita nazionale, il mancato ingresso degli italiani veri nel nostro focolare, anche se non si nega una cordialità nella vita pubblica.
giuliogerdol
Niente di sbagliato, non si può andare contro le leggi della vita, del carattere nazionale. Le mogli slave e rumene lamentano di non entrare nei focolari e nei matronei pugliesi, mentre entrano nei focolari parmensi e veronesi, e non è un caso. (gli italiani poi non conoscono e equivocano la nazionalità rumena e slava, ma questo è un altro discorso).