Maurizio Makovec ha pubblicato un bel libro sulla fortuna letteraria di Céline in Italia. Il volume, introdotto da una illuminante prefazione di Alain de Benoist, è diviso in due parti: la prima parte è dedicata alla critica e alle interpretazioni di Céline nella cultura italiana, la seconda parte passa in rassegna le traduzioni italiane delle opere di Céline.
La critica italiana si accorge presto del fenomeno Céline, e già nel 1933, a un anno dalla pubblicazione del Voyage au bout de la nuit, si leggono sulle riviste italiane le prime considerazioni su quest’autore, sebbene talvolta superficiali e fuorvianti (Guglielmo Serafini vede nel romanzo una «letteratura di propaganda proletaria»!). Più acutamente, altri critici vedono nel Voyage una potente descrizione della condizione esasperata dell’uomo moderno, e, comunque, il dato importante è che Céline negli anni ’30 viene letto da nomi che saranno decisivi nella letteratura italiana del XX° secolo: Bigongiari, Luzi, Betocchi, Bonsanti. Nel dopoguerra non ci sono significativi interventi in Italia riguardanti Céline, fino a quando, nel 1964, esce Morte a credito, tradotto dal poeta Giorgio Caproni, con un saggio introduttivo del prestigioso critico Carlo Bo. Il libro, introdotto in Italia da questi due nomi autorevoli conosce un buon successo di pubblico e di critica, di conseguenza l’editoria italiana è indotta a pubblicare le traduzioni di altre opere, che continuano a destare un vivace interesse da parte di intellettuali come Guido Ceronetti, Giovanni Giudici, Giovanni Raboni. Nel 1981 compare la traduzione di Bagattelle per un massacro, ad opera di Giancarlo Pontiggia. La pubblicazione di questo pamphlet antisemita, scatena, ovviamente, molte polemiche, e dalla cultura progressista militante si levano lamentazioni rituali fra le quali si segnala quella della poetessa Bianca Maria Frabotta, che scrive: «il famosissimo protagonista del Voyage è il coglione che scrive Bagatelles, e se qualcosa è cambiato è solo il rapporto tra autore e protagonista». In ogni caso i critici più intelligenti, come Ernesto Ferrero e Giovanni Raboni, colgono il valore dell’opera, che è caratterizzata da una notevole vis polemica, ed ha una fondamentale importanza documentaria. Importantissima, poi, è la traduzione del Voyage di Ernesto Ferrero, del 1992: questa versione, accolta con favore dai lettori, consacra definitivamente Céline presso il grande pubblico.
Nella seconda parte del libro, Makovec passa in rassegna le traduzioni delle opere di Céline, mettendo a confronto i tentativi dei vari autori che si sono cimentati in quest’impresa. Com’è noto, il linguaggio di Céline ha uno spiccato carattere popolare, è infarcito di parole che provengono dall’argot, il gergo dei bassifondi parigini, e spesso riproduce il parlato di persone incolte. Forse per questo particolare impasto linguistico, nonché per lo struggente lirismo di tante sue pagine, Céline, come si è visto, ha attratto l’interesse di importanti poeti italiani. Secondo Makovec, i traduttori che hanno saputo rendere meglio Céline in italiano sono Ernesto Ferrero, Giorgio Caproni, Giovanni Raboni, Gianni Celati, Giuseppe Guglielmi. Naturalmente il gusto dei lettori cambia attraverso il tempo, e un linguaggio particolarmente vivace come quello di Céline, avrebbe bisogno di costanti aggiornamenti nella traduzione. Makovec rileva inoltre come spesso i traduttori facciano ricorso a termini dialettali italiani per tradurre l’argot, ed essendo molti di questi traduttori di area padana, una parte di pubblico italiano non è sempre in grado di capire tutti i termini utilizzati. Makovec in questa parte del libro mette a confronto lo stesso brano in due traduzioni diverse, evidenziando differenze talvolta sorprendenti fra traduzioni «brutte ma fedeli» e traduzioni «belle e infedeli». Senza nulla togliere al libro di Makovec, ci sembra opportuno rilevare una imprecisione nella rassegna delle opere tradotte in italiano: Makovec afferma che non è mai stato tradotto il pamphlet antisemita L’école des cadavres. In realtà è esistita una traduzione italiana che però non è più in commercio (Céline, La Scuola dei cadaveri, Soleil, S. Lucia di Piave, 1997).
In conclusione il libro di Makovec è un ottimo punto di partenza per i lettori italiani che vogliono approfondire la conoscenza di uno straordinario e controverso autore che, piaccia o meno, è stato indubbiamente uno dei grandi veggenti del XX° secolo.
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Maurizio Makovec, Céline in Italia. Traduzioni e interpretazioni, Edizioni Settimo Sigillo, Roma 2005, pp.240, euro 20,00.
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