Pochi si sono accorti nella società delle Belle lettere e nelle Accademie del pensiero della scomparsa di Alfredo Cattabiani. Ma pochissimi si erano accorti di lui, nel pur vasto clero degli Intellettuali, mentre era in vita: non lo notavano, non ne parlavano, non lo invitavano nei luoghi sacri in cui si barrica il consenso culturale del Paese. Potremmo rifugiarci ipocritamente dietro il suo stile discreto e lieve, la sua indole gentile che non amava la chiassosa evidenza e il rumore grossolano delle polemiche. Ma non è così. Se la casta degli intellettuali ha ignorato Cattabiani in vita e ora in morte non è a causa del suo appartato e vellutato vivere in altri mondi e in altri tempi. Ma a causa del suo modo di essere e di pensare.
Cosa non hanno perdonato ad Alfredo Cattabiani? Direi o tre quattro cose. La prima è che Cattabiani smentiva l’archetipo del tradizionalista, come è stato fabbricato in questi decenni: non era grezzo e squadrista, fanatico e superstizioso, ma raffinato e delicato, un po’ dandy e orientale, tutt’altro che autoritario nei modi e nei pensieri. Smentiva il luogo comune della rozzezza culturale della destra, in senso lato; perchè Cattabiani era un impolitico e quell’etichetta ideologica l’ha subita più che rivendicata. Cattabiani era persino torinese (con ascendente parmense) come molti degli intellettuali neoilluministi che hanno detenuto il potere culturale del nostro paese: era dunque una specie di rimedio omeopatico rispetto all’egemonia gramsciano-gobettiana dell’ideologia piemontese o come la definivano Del Noce e Noventa, della “scuola torinese”.
La seconda è che Cattabiani più di trent’anni fa, aveva dato a quel mondo legato alla tradizione, al conservatorismo, cattolico e no, una dignità culturale ricca di riferimenti e di aperture. Era riuscito nell’ardua impresa di mettere insieme scrittori e pensatori solitamente allergici ai sodalizi; un club di intellettuali disorganici è un miracolo già in sé. Fu la sua direzione editoriale di Borla e di Rusconi, oltre il suo ruolo di capo servizio culturale del Settimanale, a far scoprire la vastità e la nobiltà di una cultura tradizionale, conservatrice, a volte reazionaria, non solo italiana. Cattabiani apriva gli orizzonti della cultura non conformista, non legata al pensiero radical-progressista e marxista, scoprendo autori, filoni, tematiche che si sono poi rivelati di sorprendente e lungimirante vitalità.
Cattabiani ha messo al mondo in Italia quella sensibilità editoriale di cui si è poi impossessata negli anni la casa editrice Adelphi; é stato lui il precursore, e molti degli autori che hanno avuto successo con il marchio adelphian, erano stati scoperti e valorizzati da lui. Evito gli elenchi perché li hanno giá fatti gli altri. Ma Cattabiani riuscì a portare allo scoperto autori e sensibilità di cui oggi si nutre larga parte della cultura alta e non solo. E questa progenitura è stata rimossa, anche perché in Cattabiani l’apertura agli autori “esoterici”, antichi e recenti. Che diventarono poi pane dello spiritualismo elitario dell’Adelphi era coniugata con un’attenzione verso la tradizione cattolica e le radici cristiane. Cattabiani ci teneva a ricordare l’impronta cattolica e cristiana per contrastare chi, da Pasolini in poi, accusava la sua cultura di un profilo iniziatico, gnostico, quasi settario.
Neanche il suo itinerario di autore tra i simboli e i mondi ulteriori rispetto a quello storico e umano è stato riconosciuto nella sua integrità: Cattabiani ha calato il senso della trascendenza nel mondo, mostrando i nessi sottili, invisibili ma tenaci, che legano il cosmo in tutte le sue fibre. Cattabiani ha tirato fuori dalla superstizione e dal feticismo, i legami dell’uomo con la terra, con l’acqua, con gli animali, con il cielo, con gli astri; e al tempo stesso ha composto un viaggio spirituale nella fede cristiana vissuta attraverso i santi e le feste, i calendari e gli innesti nelle civiltà precristiane.
Chi oggi accusa di rozzezza e di incultura la destra in Italia, dovrebbe ricordarsi come fu trattato Cattabiani, e con lui i suoi libri, le sue collane, i suoi autori, con la richiesta esplicita di isolare lui e i suoi testi, come se fossero appestati: un’odiosa egemonia culturale ha scoraggiato ogni tentativo di portare alla luce una dignitosa cultura cattolica, conservatrice, legata alla dimensione spirituale, metafisica e tradisionale: Era molto più facile l’alternativa tra progressismo o barbarie, tra cultura impegnata a sinistra e rozzezza squadrista o bigotta tra i cattolici o a destra.
Chissà quanti articoli, quante lauree honoris causa, quante cattedre e quanti premi avrebbe avuto Cattabiani se avesse fatto parte dei club intellettuali dominanti. Se anziché Rusconi avesse fatto parte dei club intellettuali dominanti. Se anziché Rusconi avesse incontrato Einaudi o Feltrinellli…
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Tratto da Il Giornale del 21.5.2003.
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