Tanto tempo fa Conchubar figlio di Ness era il re dell’Ulster, e teneva la sua corte nel palazzo di Emain Macha. E questo è il modo in cui egli divenne re. Era appena un ragazzo, e suo padre non era più in vita, e Fergus figlio di Rogh, che era a quel tempo re dell’Ulster, domandò in sposa sua madre Ness.
Ora Ness, che era a un tempo la più dolce e la più gentile delle donne d’Irlanda, divenne la più crudele e perfida per via di uno sgarbo che le venne fatto, e progettò di strappare il regno a Fergus per darlo a suo figlio. Così ella disse a Fergus: “Lascia tenere il regno per un anno a Conchubar, a che i suoi figlî dopo di lui possano essere chiamati figlî di un re; e questa è la dote matrimoniale che desidero mi venga tributata”.
“Dovresti farlo”, gli dissero gli uomini dell’Ulster; “per quanto Conchubar assuma il titolo di re, resterai tu il nostro re per tutto il tempo”. Così Fergus accettò, e prese Ness in moglie, e il figlio di lei Conchubar divenne re al posto suo.
Ma, nel corso di tutto quell’anno, Ness continuava a tramare per conservare il regno al figlio, e fece grandi doni al comandante dell’Ulster, per portarlo dalla sua parte. E sebbene Conchubar fosse un ragazzetto a quel tempo, fu saggio nel giudicare, e coraggioso in battaglia, e bello nell’aspetto e nella figura, ed essi lo apprezzavano assai. E alla fine dell’anno, quando Fergus domandò di riavere indietro il regno, essi si consultarono; e questo fu ciò che essi decisero: che dovesse mantenerlo Conchubar. Ed essi dissero: “Non si cura granchè di noi Fergus, dal momento che fu subito pronto a lasciare il suo rango elevato per un anno; che Conchubar tenga il regno”, dissero, “e che Fergus si tenga la moglie che si è preso”.
Ora, venne un giorno in cui Conchubar stava tenendo una festa a Emain Macha per il matrimonio di sua sorella Dechtire con Sualtim figlio di Roig. E alla festa Dechtire era assetata, e le diedero una tazza di vino, e appena ella iniziò a bere, un’efèmera volò nella tazza, ed ella la bevve insieme al vino. E subito ella andò nella sua sala esposta al sole, e le sue cinquanta ancelle con lei, e cadde in un profondo sonno. E, nel suo sogno, le apparve Lugh dalla Lunga Mano, e disse: “L’efèmera che venne a te nella tazza ero io stesso, ed è con me che devi venir via adesso, e le tue cinquanta giovani ancelle con te”. E fece assumere loro l’apparenza di uno stormo di uccelli, ed esse andarono con lui verso sud sino a che arrivarono a Brugh na Bonne, la dimora del Sidhe. E nessuno a Emain Macha fu in grado di riferire alcunchè sul loro conto, o sapere dove fossero andate, o cosa fosse loro capitato.
Fu circa un anno dopo, che si tenne in Emain un’altra festa, e Conchubar e i suoi comandanti sedevano alla festa. E improvvisamente essi videro dalla finestra uno stormo di uccelli, che si posò a terra e cominciò a mangiare tutto quello che trovava, al punto che non rimase un solo ciuffo d’erba.
Gli uomini dell’Ulster si arrabbiarono quando videro gli uccelli distruggere tutto quello che trovavano, e misero il giogo a nove dei loro carri per inseguirli. Conchubar era sul suo stesso carro, e vi erano a inseguire insieme a lui Fergus figlio di Rogh, e Legaire Buadach, il Vincitore-di-Battaglie, e Celthair figlio di Uithecar e molti altri, e Bricriu dalla lingua pungente era con loro. Inseguirono gli uccelli attraverso tutto il paese verso sud, attraverso Slieve Fuad, a Ath Letham, ad Ath Garach e a Magh Gossa, tra Fir Rois e Fir Ardae; e gli uccelli erano sempre davanti a loro. Erano i più belli che siano mai stati visti; nove stormi ce n’erano, collegati a due a due con una catena d’argento, e alla testa di ciascuno stormo c’erano due uccelli di colori diversi, collegati con una catena d’oro; e c’erano tre uccelli che volano da soli, e tutti quanti volavano davanti ai carri, verso l’estremo limite del paese, sino a che cadde la notte, e allora vennero persi di vista.
E quando la buia notte stava arrivando, Conchubar disse al suo popolo: “È meglio che ora togliamo il giogo ai carri, e andiamo a cercare qualche posto dove passare la notte”.
Allora Fergus andò avanti a cercare un posto, e il luogo in cui arrivò era una piccolissima casa povera all’aspetto. Vi erano in essa un uomo e una donna, e quando lo videro gli dissero: “Porta qui i tuoi compagni con te, e dì loro che sono i benvenuti”. Fergus tornò indietro dai compagni e riferì loro ciò che aveva visto. Ma Bricriu disse: “Che vantaggio c’è ad andare in una casa come quella, con nessuna stanza, né provviste, né coperte; non è dignitoso starsene qui a meditare se andare o meno”.
Allora Bricriu andò egli stesso nel posto dove stava la casa. Ma quando vi arrivò, quello che vide fu una casa splendida, nuova e ben illuminata; e all’uscio stava un giovane uomo che indossava un’armatura, molto alto e di bell’aspetto e risplendente. Ed egli disse: “Vieni dentro la casa, Bricriu; perché ti guardi attorno?”. E c’era una giovane donna accanto a lui, fine e nobile, e con capelli riccî, che disse: “Certamente sei il benvenuto da parte mia”. “Perché mi dà il benvenuto?”, disse Bricriu. “Se per lei sei il benvenuto, lo sei anche per me”, disse il giovane uomo. “Ma non c’è nessuno che vi manchi a Emain?”, aggiunse. “Certo che c’è”, rispose Bricriu. “Ci mancano da un anno cinquanta giovani ragazze”. “Sapresti riconoscerle nuovamente se le vedessi?”, disse il giovane uomo. “Se non le sapessi riconoscere”, disse Bricriu, “il motivo sarebbe che in un anno potrebbero essere cambiate, e così non le saprei più riconoscere”. “Prova, e riconoscile”, disse il giovane uomo, “dal momento che le cinquanta giovani ragazze sono in questa casa, e questa donna al mio fianco è la loro signora, Dechtire. Sono state esse stesse, trasformate in uccelli, ad andare a Emain Macha e a portarvi qui”. Allora Dechtire diede a Bricriu un mantello purpureo con frange d’oro; ed egli tornò indietro a incontrare i suoi compagni. Ma mentre andava pensò tra sè: “Conchubar darebbe un grande tesoro per ritrovare quelle cinquanta giovani ragazze, e sua sorella con loro. Non gli dirò che le ho trovate. Gli dirò solo che ho trovato una casa abitata da una bella donna, e null’altro”.
Quando Conchubar vide Bricriu, gli domandò notizie. “Che notizie porti con te, Bricriu?”, disse. “Sono giunto a una bella casa ben illuminata”, disse Bricriu; “Vi ho visto una regina, nobile, graziosa, dall’aspetto regale, con capelli riccî; ho visto un gruppo di donne, belle, ben vestite; ho visto l’uomo di casa, alto e di bell’aspetto e risplendente”. “Andiamo lì per la notte”, concluse Conchubar. Così essi portarono i loro carri e i loro cavalli e le loro armi; ed essi stavano a malapena nella casa, tanti i cibi e le bevande di ogni sorta, alcuni da loro conosciuti e altri no, che furono posti loro innanzi, così che essi mai passarono una notte migliore di quella. E quando ebbero mangiato e bevuto e iniziarono a essere soddisfatti, Conchubar disse al giovane uomo: “Dov’è la signora della casa, che non viene a porgerci il suo benvenuto?”. “Non puoi vederla stanotte”, disse, “perché sta patendo le doglie del parto”.
Così restarono lì per quella notte, e alla mattina Conchubar fu il primo a svegliarsi; ma non vide più l’uomo della casa, e ciò che udì fu il pianto di un bambino. E si recò nella stanza dalla quale proveniva il pianto, e vi trovò Dechtire, e le sue ancelle appresso, e un neonato al suo fianco. Ed ella diede il benvenuto a Conchubar, e gli raccontò tutto ciò che le era capitato, e che lo aveva chiamato lì perché riportasse lei e il bambino a Emain Macha. E Conchubar disse: “Ti sei comportata molto bene con me, Dechtire; hai dato riparo a me e ai miei carri; hai tenuto i miei cavalli al caldo; hai dato da mangiare a me e al mio seguito, e adesso ci hai dato questo bel regalo. Che sia nostra sorella Finchoem a crescere il piccolo”, egli disse. “No, non deve essere lei a crescerlo, ma io”, disse Sencha figlio di Ailell, giudice supremo e capo dei poeti dell’Ulster. “Dal momento che io sono esperto; sono versato nelle dispute; ho buona memoria; sono tra tutti il primo a parlare in presenza del re; bado a quello che egli dice; giudico nelle contese regali; sono il giudice degli uomini dell’Ulster; nessuno, al di fuori di Conchubar, ha il diritto di replicare alle mie richieste”.
“Se il bambino verrà dato a me da crescere”, disse Blai, il distributore, “non soffrirà mancanze, né di cure né di attenzione. Sono i miei messaggî a realizzare la volontà di Conchubar; io richiamo i guerrieri da tutta Irlanda; sono in grado senza problemi di rifornirli tutti per una settimana, o anche per dieci giorni; decido sui loro affari e le loro dispute; sostengo il loro onore; chiedo soddisfazione per i loro insulti”.
“Hai un’opinione troppo elevata di te stesso”, disse Fergus. “Sarò io a crescere il bambino; sono forte; sono istruito; sono il messaggero del re; nessuno può competere con me in onore e ricchezze; sono agguerrito in battaglia; sono un buon artigiano; merito di crescere il bambino. Sono il protettore di tutti gli infelici; il forte mi teme; sono il soccorritore dell’impaurito”.
“Adesso calmatevi; e infine ascoltate me”, disse Amergin, “io sono in grado di crescere il piccolo come un re. Il popolo loda il mio onore, il mio coraggio, la mia forza d’animo, la mia saggezza; loda la mia buona sorte, la mia età, il mio modo di parlare, il mio nome, il mio coraggio e la mia razza. Sebbene io sia un guerriero, sono pure un poeta; merito il favore del re; prevalgo su tutti gli uomini che combattono con i loro carri; non sono legato da riconoscenza verso nessuno, a eccezione che per Conchubar; non obbedisco a nessun’altro che al re”.
Allora Sencha disse: “Tenga Finchoem il bambino fino a che non saremo arrivati a Emain, e Morann, il giudice, deciderà la questione quando saremo là”.
Così gli uomini dell’Ulster si avviarono verso Emain, e Finchoem teneva il bambino con sè. E quando furono giunti Morann diede il suo giudizio: “Spetta a Conchubar”, egli disse, “provvedere al buon nome del fanciullo, poiché egli ne è il parente più prossimo; sia Sencha a insegnargli le parole e il parlare; sia Fergus a tenerlo sulle ginocchia; sia Amergin il suo tutore”. Ed egli aggiunse: “Questo bambino sarà lodato da tutti, dalle aurighe e dai guerrieri, dai re e dai saggî; sarà amato da molti uomini; vendicherà tutti i vostri errori; difenderà i vostri guadi; combatterà tutte le vostre battaglie”.
E così fu deciso. E il bambino venne affidato, sino a che non fosse cresciuto, a sua madre Dechtire e al marito di lei, Sualtim. Ed essi lo allevarono nella pianura di Muithemne, ed il nome col quale venne conosciuto fu Setanta, figlio di Sualtim.
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