La tirannide democratica

L'abbazia benedettina di Montecassino, triste simbolo della democratizzazione dell'Europa.
L’abbazia benedettina di Montecassino, triste simbolo della democratizzazione dell’Europa.

Nel 1991, esattamente vent’anni fa si dissolveva l’Unione Sovietica. Da allora siamo entrati in un’epoca nuova, dove non esiste più il mondo diviso, dove non ci sono più due superpotenze che si fronteggiano a livello planetario ciascuna con la sua corte/coorte di satelliti, ma c’è un’unica potenza che domina il mondo incontrastata, gli Stati Uniti d’America.

Vent’anni sono sufficienti per capire, se si vuole usare il cervello, il volto di questa nuova era. Ebbene, una cosa è assolutamente chiara, che essa si presenta in modo assai meno roseo di quel che era lecito presumere all’indomani del crollo del muro di Berlino e poi della scomparsa dell’Unione Sovietica. Noi fino ad allora siamo stati ferventi anticomunisti, e l’americanismo ci appariva tutto sommato un male minore.

Certamente non è il caso di rimpiangere le tirannidi con la stella rossa, tuttavia una cosa è emersa con chiarezza in questi vent’anni, che almeno in una certa misura i due poteri egemoni dell’Est e dell’Ovest si neutralizzavano a vicenda, e il bolscevismo sovietico aveva almeno un vantaggio rispetto all’americanismo, le sue fragilità e contraddizioni interne che ne hanno poi causato la dissoluzione mentre oggi, non più frenati da un reale antagonista (il fondamentalismo islamico e Al Qaeda cui si è voluto attribuire un ruolo sostitutivo di quella che fu la minaccia sovietica, ne è un surrogato davvero miserando) l’egemonia americana su questo pianeta e il democraticismo-americanismo come ideologia che la giustificherebbe, hanno avuto ampio agio di dimostrare di essere una delle peggiori sciagure che l’umanità abbia mai incontrato nella sua storia.

“La democrazia” la cui imposizione a livello mondiale i maggiori leader statunitensi hanno ripetutamente dichiarato di essersi assunti come missione, assolve lo stesso ruolo di giustificazione ideologica dell’egemonia della superpotenza superstite tanto quanto il comunismo aveva una funzione giustificativa dell’egemonia sovietica, e significa “potere del popolo”, dei popoli che sono soggetti ai regimi democratici, e libertà di espressione, tanto poco quanto “comunismo” significava “stato dei lavoratori”.

La “libertà” democratica è fittizia quanto lo era la giustizia sociale sotto i regimi di ispirazione bolscevica. La “sovranità popolare” è un concetto altrettanto fittizio e ancor più ridicolo. In realtà ai popoli “sovrani” non è concesso nemmeno il diritto di continuare a esistere. Nel corso della crisi della ex Jugoslavia e della vigliacca aggressione NATO contro la Serbia, un generale americano di quelli a quattro stelle che erano al vertice dell’aggressione, si lasciò scappare l’incauta affermazione che di lì a poco in Europa non vi sarebbe stato più posto per popoli non ibridati, e che era precisamente questo il fine per cui gli Stati Uniti avevano combattuto dalla seconda guerra mondiale in poi.

Che l’immigrazione, che minaccia di stravolgere le basi etniche dell’Europa, sia manovrata dal capitalismo internazionale con la testa e il cuore a Washington che ha deliberatamente immiserito le economie del Terzo Mondo per provocare la “fuga verso nord” di milioni di persone, su questo si possono nutrire ben pochi dubbi.

Fra le molte funzioni dell’ideologia democratica c’è anche quella di indebolire la resistenza dei popoli europei all’imbastardimento etnico, ma è importante vedere per prima cosa come essa si sostanzia in un sistema di non libertà, dove quelle libertà di opinione e di espressione che in teoria sarebbero garantite da tutte le costituzioni democratiche, sono sistematicamente negate nella pratica.

C’è, a dire il vero, una differenza fondamentale fra l’ideologia democratica e il suo modo di diffondersi/mantenersi/plagiare e quello che invece era adottato dall’ideologia comunista. I comunisti avevano sempre sostenuto che la “dittatura del proletariato”, la “fase post-rivoluzionaria”, in breve loro stessi e i regimi da loro costruiti erano una fase transitoria nell’attesa della realizzazione della rivoluzione socialista mondiale e della costruzione del socialismo e della società senza classi, in altre parole che le drastiche limitazioni che infliggevano alla libertà e al benessere dei loro sudditi, erano delle limitazioni temporanee che sarebbero scomparse il giorno che sarebbe venuta meno la necessità di confrontarsi con il “nemico capitalista”; in pratica, con una tecnica mutuata dalle religioni, rimandavano la realizzazione del loro paradiso in terra a un aldilà posto oltre l’orizzonte della storia altrettanto inverificabile quanto l’aldilà che le religioni promettono post mortem.

Tuttavia, almeno in una certa misura, facevano ancora appello ad argomenti razionali, cosa che invece l’ideologia democratica non fa, basandosi interamente sul peso plagiario del sistema mediatico e sull’assunto che una menzogna o una sciocchezza ripetuta o sottintesa un numero sufficiente di volte finisce per diventare agli occhi del popolino bue una verità indiscussa e indiscutibile. Questo consente il vantaggio supplementare che l’apparato propagandistico, non demandato a una specifica istituzione, è molto meno visibile proprio perché l’abbiamo continuamente sotto gli occhi e ci martella nelle orecchie.

Redigere un elenco di queste menzogne e sciocchezze più sottintese che proclamate, è nello stesso tempo molto facile e molto difficile, poiché si tratta di qualcosa nello stesso tempo potente e onnipervasivo e sfuggente come un’anguilla.

Va notato subito che, poiché abbiamo a che fare con qualcosa che non fa per nulla appello ad atteggiamenti razionali ma sempre e solo al lato emotivo, propagandare nello stesso tempo menzogne e sciocchezze contraddittorie non costituisce per nulla un problema: ad esempio sostenere contemporaneamente il dogma dell’uguaglianza degli uomini e quello della superiorità sugli altri popoli dei bifolchi a stelle e strisce che vivono tra il Maine e la California su una terra di cui i loro avi si impadronirono massacrando gli abitanti originari con un genocidio che per ampiezza supera senz’altro quella del presunto “olocausto”.

Quello che invece è sostanzialmente identico ai non rimpianti regimi comunisti, è l’apparato per la repressione del dissenso, tranne per il fatto che il frastuono propagandistico-mediatico nel quale siamo quotidianamente immersi, rende la sua presenza molto meno avvertibile, al punto che ancora oggi vi sono moltissimi (non si sa se imbecilli, plagiati o in mala fede) che sono persuasi, che sono capaci di asserire senza che cada loro per terra la faccia dalla vergogna, che “democrazia” sia sinonimo di libertà.

Che il dogma fondamentale della democrazia, la pretesa uguaglianza di tutti gli uomini, sia una falsità quotidianamente smentita dalla vita di tutti i giorni e dall’esperienza di chiunque, è una tale banalità che su di essa non vale la pena di soffermarsi; quello che è invece interessante osservare, è come questo dogma centrale dell’apparato ideologico democratico conviva con una serie di dogmi accessori di significato opposto. Questi dogmi sono presentati in maniera surrettizia, in modo che non se ne avverta tutta l’assurdità ma finiscano poco per volta per creare una mentalità di fondo, per far scattare certi riflessi e certe reazioni emotive in maniera automatica e inconsapevole. Il primo di questi sotto-dogmi è la superiorità dei superuomini yankee rispetto a coloro che hanno avuto la disgrazia di nascere in altre parti di questo pianeta.

Bombardamenti terroristici americani su Caen.
Bombardamenti terroristici americani su Caen.

Naturalmente, un concetto simile sarebbe subito visto come inaccettabile se fosse formulato in maniera esplicita, ma si veda ad esempio tutte le volte che si parla della seconda guerra mondiale, il piagnisteo sui caduti americani nel conflitto, soprattutto in certi episodi come lo sbarco in Normandia (un’operazione indubbiamente mal condotta che comportò una notevole emorragia di forze per gli invasori e che, senza l’enorme sproporzione delle forze in campo, si sarebbe risolta in un disastro per i nemici dell’Europa). Più che ridicolo, è vergognoso, perché nel contempo ci si dimentica o ci si vuole far dimenticare dei nostri soldati, questi sì autentici eroi, che ributtarono indietro quasi a mani nude i carri armati britannici a El Alamein e quelli sovietici a Nikolajewka, perché si passano sotto silenzio i quattro milioni di morti civili seminati in tutta Europa dai bombardamenti terroristici angloamericani, fra cui decine di migliaia di nostri connazionali, con episodi particolarmente atroci come la strage di Gorla dove gli assassini dal cielo bombardarono una scuola elementare uccidendo centinaia di bambini, atrocità insensate e inutili dal punto di vista militare con le quali lo stesso Stalin che di certo non era uno stinco di santo, si rifiutò di sporcarsi le mani.

Parliamo dei due bombardamenti nucleari sul Giappone, Hiroshima e Nagasaki, che furono distrutte dall’olocausto atomico quando il Giappone aveva già chiesto la resa, per collaudare sul campo le nuove superarmi e per indurre l’Unione Sovietica a moderare le sue pretese nell’imminente spartizione planetaria.

Vorrei far notare che in questi sessant’anni gli Stati Uniti hanno attuato la stessa “filosofia” assassina dovunque sono intervenuti, colpendo in maniera spietata le popolazioni civili, dal Vietnam all’Irak, alla Serbia, all’Afghanistan, portando a un sostanziale imbarbarimento della guerra e delle relazioni fra i popoli, e trovando, ad esempio, entusiasti emuli negli Israeliani.

Che attorno all’attentato delle Twin Towers dell’11 settembre 2001 si sia, (sia stato) sollevato lo sgomento mondiale, onestamente l’ho trovato grottesco e una riprova di quanto i dogmi democratici abbiano surrettiziamente plagiato l’opinione pubblica internazionale, almeno quella raggiungibile dal sistema mediatico “occidentale”. Due-tremila morti era il numero di vittime che poteva fare un bombardamento su una città di medie dimensioni quasi ogni giorno della seconda guerra mondiale… a meno che …

A meno che non abbiamo fatto inconsapevolmente nostro il dogma democratico secondo il quale la carne dei superuomini statunitensi vale nettamente di più della nostra.

Contrariamente a quanto affermato in teoria dal diritto internazionale gli Yankee non possono tollerare che qualcuno dei loro possa essere processato da sottouomini che non sono nati fra il Messico e il Canada, anche se per conto loro si arrogano il diritto di processare pure capi di stato stranieri come Karl Doenitz, Saddam Hussein, Slobodan Milossevich (assassinato in carcere prima di arrivare al processo quando si sono resi conto che il dibattimento li avrebbe messi in grave imbarazzo), e questo è tanto più grottesco in quanto loro stessi non si fanno scrupoli di somministrare la pena di morte con grande leggerezza ai loro concittadini. E’ per questo motivo che non hanno consegnato alla legge italiana gli assassini di Ustica, quelli del Cermis, l’uccisore di Nicola Calipari e stanno mettendo in atto ogni artificio procedurale per sottrarre alla nostra giustizia Amanda Knox implicata nell’omicidio di Perugia. Ci mancherebbe, i servi, quali noi siamo, quali ci considerano, non possono giudicare i padroni!

Naturalmente, lo scopo dell’ideologia democratica è precisamente quello di impedire ai popoli europei usciti sconfitti dalla seconda guerra mondiale (e su questo punto c’è bisogno di avere le idee molto chiare: tutti i popoli e gli stati europei sono usciti indistintamente sconfitti dalla seconda guerra mondiale, anche quelli che hanno militato nel campo antifascista, perché questa guerra ha determinato la fine della preminenza planetaria del nostro continente, la sua riduzione a una serie di colonie russo-americane allora, esclusivamente yankee oggi), di comprendere di essere vittime di un assoggettamento e di uno sfruttamento imperialistici.

Quando esisteva l’Unione Sovietica, il timore del comunismo assolveva egregiamente questa funzione. Tramontato il pericolo bolscevico, si sono dovute cercare altre giustificazioni, altri pretesti per il mantenimento di un’ “alleanza” che è in realtà un vassallaggio. Il timore del fondamentalismo islamico si è prestato in parte a questo scopo (glissando ovviamente sul fatto che la questione palestinese, il “genocidio al rallentatore” degli originari abitanti della Palestina portato avanti da Israele – che per inciso non ha alcuna connessione etnica, o ne ha infinitamente meno dei Palestinesi arabizzati con l’ebraismo dei tempi biblici – sempre con il costante spalleggiamento americano, è il motivo principale dell’anti-occidentalismo che ha portato alla rinascita del fondamentalismo islamico), ma ciò è ancora poco, e un ruolo molto maggiore ce l’ha il complesso di colpa che si è instillato negli Europei per il cosiddetto olocausto, di cui li si accusa di essere stati complici o di non aver fatto abbastanza per impedirlo.

Qui si arriva a un punto in cui l’ideologia democratica mostra veramente la corda, svela la sua intrinseca falsità, perché si è fatto in modo che il dogma olocaustico diventasse inattaccabile proibendo la ricerca storica, considerando reato l’espressione di dubbi a questo riguardo, trattando gli storici, i ricercatori, gli studiosi “revisionisti” colpevoli di voler capire come sono andate effettivamente le cose, come se fossero loro stessi responsabili di genocidio.

Se l’espressione di alcune opinioni è legittima, mentre asserirne altre porta direttamente in carcere, dove diavolo è la libertà? Che differenza c’è fra la democrazia e qualsivoglia tirannide totalitaria? Evidentemente nessuna!

Tuttavia, e sempre tenendo presente che in ogni caso anche accettando la vulgata ufficiale i numeri di questo presunto sterminio rimangono nettamente inferiori a quelli delle atrocità commesse nel secondo conflitto mondiale dai vincitori, il problema di una quantificazione del cosiddetto olocausto è un problema storico e non politico. La domanda alla quale i democratici non sanno e non possono rispondere, è molto semplice. Perché mai dovremmo trascinarci in eterno un paralizzante senso di colpa per quella o qualsivoglia altra vicenda storica? Perché dovremmo subire per l’eternità il predominio americano come espiazione? La responsabilità è sempre personale, e coloro che sono nati dopo la seconda guerra mondiale non possono averne alcuna.

Noi non dobbiamo dimenticare che in effetti, quando parliamo di Stati Uniti, non parliamo di certo di una realtà socialmente o culturalmente omogenea, ma di una società ancora più stratificata di quelle europee, dove esistono i super-ricchi che costituiscono l’oligarchia del denaro e muovono tutte le leve del potere, e i miserabili, più miserabili dei loro corrispondenti europei, perché un sistema basato sul liberismo puro non contempla o riduce al minimo quegli ammortizzatori sociali che sono comuni in quasi tutte le nazioni europee; che sono o erano comuni, perché da vent’anni è iniziato anche da noi un attacco sistematico a qualsiasi forma di stato sociale.

Il crollo dei regimi comunisti in Unione Sovietica e nell’Europa orientale ha provocato come effetto di rimbalzo il radicamento dell’idea che solo il liberismo selvaggio possa produrre buoni risultati in campo economico, in pratica che lasciare il grande capitalismo soprattutto finanziario libero di esercitare le sue speculazioni piratesche ai danni di tutti gli altri, significhi il benessere complessivo della società.

Si è preteso che questa assurdità sia una forma di pensiero economico talmente vincente da avere del tutto sbaragliato qualsiasi visione antagonista al punto da essere ormai diventata “il pensiero unico” in campo economico. A questo si aggiunge, almeno negli Stati Uniti, un’erronea sensazione di essere gli orgogliosi dominatori del pianeta quando la reale situazione esistenziale di costoro è, sul piano della vita concreta, di uno squallore che cercano di nascondere prima di tutto a loro stessi. C’è qualcosa di allucinante nel vedere appartenenti alla classe media e ai ceti subalterni sostenere con convinzione uomini politici che propongono ricette economico-sociali che giovano solo all’interesse dei super-ricchi, e sono abbondantemente foraggiati dagli stessi. Certo, c’è da fare il conto dell’enorme potere plagiatore del sistema mediatico, ma anche di una vera e propria dissonanza cognitiva.

Con il crollo dell’Unione Sovietica e dei regimi comunisti dell’Europa dell’Est è fallito un modello di socialismo, quello marxista, ma questo evento storico in sé non ci dice nulla sulla validità o non validità del principio socialista in quanto tale, ossia il principio dell’intervento dello stato nell’economia (e/o il controllo dell’economia da parte dello stato) a fini di equità sociale, e di certo non giustifica il “democratico” appoggio/ratifica attraverso il meccanismo elettorale da parte di grandi masse di cittadini-lavoratori di politiche che servono solo gli interessi di una ristretta oligarchia e sono per il “popolo sovrano” un autentico boomerang; uno spettacolo penoso se non fosse tragico, e ci fa vedere come nelle cosiddette democrazie questo “popolo sovrano” è costantemente raggirato e preso per il naso o per il fondoschiena.

E’ quanto meno concepibile un altro modello di socialismo, che non vorrei definire “alternativo” a quello marxista, perché è più antico di quest’ultimo al punto che si può pensare che quello marxista non ne sia altro che una degenerazione. Si tratta dell’idea organica dello stato-comunità allo stesso tempo nazionale e sociale già enunciata da J. G. Fichte nei Discorsi alla nazione tedesca e della quale troviamo un’anticipazione già in Platone che invitava i custodi a vigilare affinché il popolo non si impoverisse e a evitare gli arricchimenti eccessivi. Volksgemeinschaft, l’idea della comunità nazionale e popolare che non ammette disparità sociali eccessive, le quali non consentono che possa esistere fra i membri della comunità uno spirito di solidarietà.

Benché spesso formulata in termini romantici (però è tutto da vedere se quello che nel XIX secolo è stato il movimento romantico non costituisca ancora oggi una riserva di idee preziose per il presente e per il futuro), questa concezione di socialismo è più esatta di quella di Marx che parlava di “capitalismo” senza fare la minima distinzione fra l’imprenditore che lavora e produce ricchezza, e il capitalismo finanziario e bancario che non crea nulla ma sposta solo i flussi di denaro, trasformando il lavoro di molti nella ricchezza di pochi. Si provi a pensare soltanto a come questa differenza sia ancora oggi importante soprattutto in una realtà sociale come quella italiana dove il tessuto sociale e produttivo è ancora composto soprattutto dalla produttività di piccole aziende perlopiù a conduzione familiare.

Ezra Pound, da questo punto di vista, aveva colto molto di più nel segno di Marx nel saggio Denaro e usura, e si ricorderà che anche Mussolini aveva sottotitolato la testata del “Popolo d’Italia” Quotidiano dei combattenti e dei produttori, come a dire che la vera discriminante, la linea di faglia non corre tra “proletari” e “borghesi” ma fra produttori e parassiti.

La vittoria dell’anti-Europa nella seconda guerra mondiale prima, l’egemonia planetaria americana conseguente al crollo dei regimi comunisti nell’Unione Sovietica e nell’Est europeo poi, hanno portato al trionfo del grande capitale finanziario-bancario-parassitario in uno col trionfo della “democrazia”, e questa non può essere certo ritenuta una coincidenza.

I fenomeni ai quali stiamo assistendo oggi, la globalizzazione economica e i flussi migratori che dal Terzo Mondo si riversano sull’Europa sono semplicemente una conseguenza di questo fatto. Non soltanto questo pianeta si è trasformato in un mercato globale, ma l’ibridazione, l’imbastardimento etnico conseguenti ai flussi migratori provocati, rispondono a esigenze precise del grande capitale parassitario internazionale ma in concreto localizzato principalmente negli Stati Uniti.

Per prima cosa, un’umanità meticciata dove non esistono più popoli, culture, tradizioni, identità, ma dominano unicamente le leggi economiche del mercato, è il perfetto mercato globale per fare da supporto all’economia globale. Secondariamente, questa è un’arma diretta in maniera specifica contro l’Europa in modo che il Vecchio Continente non possa mai più rialzare la testa, trasformando i suoi popoli in un ibrido bastardume multietnico come sono gli Stati Uniti stessi, perché diciamolo, il materiale umano che importiamo obtorto collo, che ci ritroviamo in casa con l’immigrazione, vale nettamente di meno degli Europei, è una zavorra, un peso morto a carico della nostra assistenza pubblica o manovalanza per la criminalità. Distruggere le possibilità di rinascita dell’Europa e creare le migliori condizioni per la prosperità del grande capitale internazionale finanziario e parassitario: sono queste le finalità – per loro stessa ammissione, come abbiamo visto – per cui gli Stati Uniti hanno combattuto negli ultimi tre quarti di secolo, ma sicuramente anche da molto prima.

Quando qualcuno ha il coraggio di prendere di petto i dogmi fasulli della democrazia, si scontra inevitabilmente con il suo spietato volto tirannico. Per lo scrittore austriaco Gert Honsik si sono aperte le porte del carcere per aver scritto il libro Il piano Kalergy in 21 punti nel quale ha denunciato il tentativo di distruzione dei popoli europei attraverso il declino demografico provocato e l’immigrazione del pari, come abbiamo visto, provocata. Per incarcerare Honsik si è fatto ricorso in maniera del tutto impropria alle leggi tendenti a colpire il revisionismo sull’olocausto, benché il libro di Honsik dell’olocausto non si occupasse affatto.

Apprendiamo un altro concetto fondamentale: la libertà non si può parcellizzare, suddividere in compartimenti stagni, la lesione della libertà nel campo dell’olocausto si riflette su tutti gli altri. La libertà e il diritto all’informazione, i nemici più odiati dai despoti che preparano la morte dell’Europa celati sotto il manto bugiardo della democrazia.

C’è una domanda che forse i più ingenui dei lettori porranno: l’autodifesa etnica dell’Europa è razzismo? Io credo che a ciò si possa tranquillamente rispondere di no: non si tratta di opprimere o perseguitare etnie altrui ma di difendere le nostre etnie. Poniamoci invece una questione diversa che di solito non viene mai sollevata: la democrazia è esente dal crimine di razzismo?

Precisiamo in via preliminare che si possono commettere crimini orrendi, arrivare al genocidio senza che il fattore razziale sia minimamente in ballo, si pensi per esempio al massacro dei kulaki, i contadini proprietari di terre nell’Unione Sovietica di Stalin: milioni di persone deportate, trucidate o condannate a una lenta morte orribile per freddo, fatica, fame, un vero e proprio genocidio dove la discriminazione non era etnica ma sociale.

In generale, tuttavia, si parla di razzismo quando delle persone sono discriminate o perseguitate non per qualcosa che hanno o si suppone che abbiano fatto, ma per la loro appartenenza etnica, per la loro nascita, per quello che sono. E’ un tipo di crimine da cui la democrazia si può ritenere esente?

In teoria  la democrazia che si baserebbe sull’asserzione dell’uguaglianza di tutti gli uomini, dovrebbe essere quanto di più lontano concepibile dal razzismo, ma noi sappiamo che teoria e pratica sono due cose spesso molto, molto diverse.

Che il comunismo sia un’ideologia intrinsecamente genocida e razzista, questo l’ho spiegato e credo di averlo dimostrato già in alcuni scritti precedenti. Facevo l’esempio della conclusione del secondo conflitto mondiale, quando sovietici e jugoslavi misero in atto in pieno accordo una politica di “pulizia etnica” per far avanzare il mondo slavo verso occidente a spese di quello germanico e latino. Due-tre milioni di tedeschi massacrati dall’Armata Rossa a est dell’Oder, e dodici milioni costretti alla fuga; decine di migliaia di italiani trucidati dai partigiani jugoslavi sulla sponda orientale dell’Adriatico e 350.000 costretti alla fuga. Vorrei sottolineare che se le vittime della mattanza jugoslava furono decisamente inferiori a quelle delle iene dell’Armata Rossa, questo non avvenne perché gli jugoslavi fossero più “buoni” dei sovietici, poiché erano delle belve altrettanto sanguinarie, ma unicamente perché il “teatro di operazioni” era più ristretto. Stiamo parlando di vittime civili, in massima parte vecchi, donne e bambini, bambini la cui colpa non poteva essere altro che quella di essere nati italiani o tedeschi. Questo cos’è se non razzismo della specie peggiore e più bestiale?

Forzati al lavoro in un Gulag della Kolyma.
Forzati al lavoro in un Gulag della Kolyma.

Questi non sono i soli esempi di razzismo di matrice comunista. Ricordiamo che Stalin ha portato avanti una politica di russificazione del suo immenso impero con un’estensione e una capillarità che gli zar non si sarebbero mai nemmeno sognati. Questo ha significato in concreto soppressione o deportazione di minoranze, spesso inghiottite a villaggi interi nell’inferno dei gulag a morire di freddo, di fame, di stenti.

Ancora ricordiamoci, ad esempio, della minoranza ungherese in Romania, che non fu mai infastidita dal regime fascista del maresciallo Antonescu (ma come? Questi fascisti non erano il male assoluto? Come mai, all’atto pratico si dimostrano invariabilmente persone molto migliori di “democratici” e “compagni”?), ma fu spietatamente perseguitata dal dittatore comunista Ceaucescu.

C’è un proverbio che dice: “Tanto è ladro chi ruba che chi tiene il sacco”. Le persecuzioni razziste di Tito e Stalin contro italiani e tedeschi hanno avuto il sostegno, l’incitamento, la fattiva collaborazione degli “alleati” angloamericani. Da questi delitti la “democrazia liberale” non può chiamarsi fuori. La Gran Bretagna in particolare insistette perché all’Armata Rossa fosse demandato il compito di annientare la Prussia, considerata “il nucleo del militarismo tedesco”. Capite quello che significa? Se avevi la disgrazia (la colpa) di essere nato tra Danzica e Koenigsberg, agli occhi di sir Winston Churchill, campione della democrazia cioè squallido e ripugnante figuro razzista, eri per ciò stesso qualcuno da perseguitare, scacciare dalla propria terra o sopprimere.

La città di Zara in Dalmazia, pur non avendo installazioni industriali o una presenza militare di rilievo, fu nel corso del conflitto oggetto di ben 37 bombardamenti terrificanti, di quelli che cambiano la topografia di una regione. E’ stato uno dei contributi dati dagli angloamericani alla “pulizia etnica” jugoslava contro gli Italiani. In più, la Dalmazia dove, a cominciare da Zara, la presenza italiana era innegabile, aveva il torto di dimostrare con il semplice fatto di esistere, che l’Italia era stata trattata ingiustamente a Versailles e che, nonostante l’enorme contributo di sangue dato nella prima guerra mondiale, non le era stata neppure restituita la sovranità su tutte le terre etnicamente e storicamente italiane.

Ma c’è di più, perché la “democrazia liberale” si è resa responsabile anche di manifestazioni di feroce razzismo in proprio, senza interposta falce e martello. C’è una storia assai poco conosciuta, di quelle su cui la storiografia ufficiale non vuole che si punti l’attenzione. Ha avuto il coraggio di rivelarla dopo decenni di silenzio la cantante Frida del complesso musicale svedese degli Abba. Frida ha rivelato di essere nata in un Lebensborn in Norvegia e, dopo l’arrivo degli Alleati, di aver trascorso un’infanzia orribile, fatta di privazioni, umiliazioni e maltrattamenti fino a quando lei e la madre non riuscirono a fuggire e a rifugiarsi in Svezia che, essendo rimasta neutrale durante il conflitto, non era stata occupata dai “liberatori”.

Il Lebensborn (“sorgente di vita”) era un’istituzione del Terzo Reich dove i giovani militari scapoli potevano avere rapporti con delle ragazze selezionate, allo scopo di preservare la loro discendenza. Le ragazze dei Lebensborn non erano prostitute, erano ragazze scelte per essere le madri della nuova generazione del Reich. La testimonianza di Frida è molto esplicita: con il loro arrivo, gli Alleati hanno trasformato i Lebensborn in luoghi di sevizie e di morte; ai loro democratici occhi i bambini dei Lebensborn erano “i figli di Hitler” e dovevano pagare fino in fondo l’inespiabile colpa di essere venuti al mondo. Non ci sono informazioni sugli altri bambini dei Lebensborn in Norvegia, in Germania o altrove, ma è probabile che a ben pochi o a nessuno di loro sia stato concesso di arrivare all’età adulta. Razzismo assassino della peggiore specie che se l’è presa coi più deboli, con coloro che non erano in grado di difendersi, e pienamente democratico che ha fatto ricadere l’odio antifascista sulle teste di bambini che hanno avuto il solo torto di nascere.

In ultima analisi o in estrema sintesi, che cos’è la democrazia? Possiamo dire che è una tirannide liberticida e razzista, o una serie di tirannidi liberticide e razziste, un’arma o una serie di armi puntate contro i popoli europei per togliere loro la possibilità di avere un futuro.  

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8 Responses

  1. max
    | Rispondi

    Mi si permetta una osservazione , quando viene espresso il concetto che l'importazione di masse extracomunitari serve a meticciare e imbarbarire i popoli europei per finalità di mercato globale e arricchimento delle banche e magari delle grandi industrie non sarebbe forse un pò azzardato ? Se ,come il sig. Calabrese afferma ,importiamo nostro malgrado materiale umano che vale meno degli europei e che andrà a far scadere complessivamente l'organizzazione, gli apparati , l'efficienza di paesi di grande tradizione industriale e amministrativa come le nostre nazioni provocando necessariemente impoverimento, fallimento e decadenza come potranno pretendere di arricchirsi le banche e i poteri forti ? Sarebbe come se si stessero paradossalmente dando la mazzata sui piedi ! Un autentico suicidio. Sanno benissimo ,Lor Signori ,che i vari gruppi etnici non si mescoleranno mai nè tra di loro nè con gli europei per motivi religiosi o caratteriali o di tradizioni di cui sono gelosi .

    Le varie comunità cinesi, arabe , filippine , sudamericane , slave ,asiatiche in genere ,africane, formano comunità chiuse e spesso in violenta competizione tra di loro . Non ci sono compatibilità di alcun genere nè volontà di integrarsi, semmai di imporre tradizioni e stili di vita propri a seconda del gruppo che riuscirà a prevalere. Gli Islamici sono i più prepotenti e agguerriti seguiti dai cinesi ( l'attuale situazione di Roma docet !… purtroppo ). Quando L'Italia ,per fare un esempio, si sarà ridotta ad una immensa massa di favelas o kasbe o chinatown come nel napoletano e nel calabrese ma ripeto anche a Roma, Genova, Milano etc. scoppieranno sempre più numerosi i tumulti che sfoceranno nelle rivolte tipo banlieux o come a Londra e allora povertà ,degenerazione, disordine , violenze saranno all'ordine del giorno. Ma dove faranno affari ,torno a domandare , le grandi multinazionali ,le banche , i poteri forti ?

    Ma chi sentirà la necessità di buttare soldi nell'Ipod o nel Suv o nei beni di lusso compresi televisori al plasma a 3D o computer o chi perderà tempo a vedere cavolate come Grande Fratello o gli Amici di Maria De filippi o le partite di calcio.

    Voglio buttare là una cattiveria a mio discapito : perso per perso almeno non vedrò più quella bella faccia di tolla di Totti che guadagna miliardi solo per far pubblicità in Tv ad una nota azienda telefonica insieme alla moglie , o sui cartelloni pubblicitari attualmente vestito da santo illuminato da Dio , o pardon da SKY ! Altri sportivi molto noti partecipano a quello schifo che è lo straguadagno multimiliardario di capitali che puntualmente prendono le vie di banche estere al riparo dal fisco nostrano. Ci si augura un generale risveglio di autentici sentimenti patriottici e di salvaguardia della nostra economia e dei nostri interessi culturali e scientifici. Senza scadere nel razzismo occorre ritrovare un tantino di orgoglio nazionale e rivalutare le nostre tradizioni , il nostro folklore , il piacere di essere italiani semplici ma indaffarati nel lavoro onesto così come lo eravamo nei compianti anni sessanta di cui ho grande nostalgia. Non toccateci la nostre tradizioni regionali , per favore non distruggete la tarantella napoletana e gli spaghetti con le cozze o la pizza; non toccateci Sant'Ambrogio a MIlano , gli stornelli romani, la Taranta pugliese , la caponata di sicilia, il palio di Siena o la giostra della quintana di Arezzo e Ascoli Piceno.

    Sei poteri forti sperano di arricchire impunemente a discapito di tradizioni e culture radicate da centinaia di anni in Italia e in Europa in nome di un falso buonismo o integrazione razziale condite col falso mito delle culture multietniche si sbagliano di grosso. Stanno solo preparando rapidamente la fine !

    Scusate lo sfogo ma ciò di cui sono testimone oculare ogni giorno non mi lascia spazio a molti entusiasmi.

    max

  2. Fabio Calabrese
    | Rispondi

    Può essere che Max abbia ragione, che il calcolo delle multinazionali tendente a un'omogeneizzazione planetaria si riveli errato, che comporterà tragedie e basta, ma mi sembra che ci siano pochi dubbi che sia proprio questa la direzione verso la quale si muovono. D'altronde basti pensare a quante tradizioni produttive, gastronomiche, eccetera, locali sono già andate distrutte a favore di uno stile di vita mondialista, e se il risultato è un immiserimento globale, loro ci traggono comunque un guadagno. Ad esempio, la sostituzione del consumo di miglio, (prodotto locale) con il grano, è stato la causa di buona parte delle carestie dell'Africa subsahariana, ma le multinazionali del settore alimentare ne hanno tratto comunque considerevoli guadagni.

    Stessa cosa l'uso della legislazione della pseudo-Europa di Maastricht, con la messa fuori legge delle erbe officinali e dei pub in Gran Bretagna.

    A ogni modo costoro hanno sotto gli occhi soprattutto l'esperienza degli Stati Uniti dove è proprio lo stile di vita consumistico l'elemento unificante dell'ibridume multietnico chiamato USA, e vogliono trasformarci in una periferia dell'America.

    Questo causerà solo disastri? Può darsi, ma i disastri li sconteremo noi, non loro.

    Comunque, ringrazio Max per l'intelligente confronto dialettico e per il suo intervento che meriterebbe di essere un articolo a sé.

    Fabio Calabrese

  3. max
    | Rispondi

    Ringrazio il sig. Fabio Calabrese per la gentile considerazione e l'illuminante spiegazione aggiuntiva .

    max

  4. gigi
    | Rispondi

    Concordo coll'analisi dell'ottimo Calabrese, che apprezzo assai per l'eccellente sintesi espressa nei vari articoli ,ma qualcosa mi si contraddice,profondamente,dentro: la CONTRADDIZIONE !!

    Perchè il migliore cede inesorabilmente al peggiore ? Non è forse una sintomatica, tautologica,assoluta ed ontologica negazione dell' identità ? Non è forse un SE' che cessa d'essere SE' STESSO ?

    E perchè mai ? L'unica ragione che ho trovato stà nei Purana,nell'inesorabile, assoluta verità del Kaliyuga: in quel Shiva che punisce i propri adoratori, gli Asura, e li sostituisce cogli Dei che ben conosciamo, negatori del prorio SE !!! Una forza ineluttabile, irresistibile, la rinascita dopo la distruzione. Così si diverte il Dio ?

    Grazie.

  5. zerzan
    | Rispondi

    Egregio prof. Calabrese quando asserisce che "Marx parlava di capitalismo senza fare la minima distinzione fra l’imprenditore che lavora e produce ricchezza, e il capitalismo finanziario e bancario che non crea nulla ma sposta solo i flussi di denaro" non riesco a capire a quale concezione marxista si riferisca e temo che non abbia studiato in maniera sufficientemente approfondita i testi di Marx. A parte che l'iper finanziarizzazione del capitale avviene in tempi molto più recenti rispetto a quelli di Marx, e per quanto nel Terzo volume del Capitale Marx si sia soffermato sulla funzione decisiva del credito, delle borse e delle banche, sul capitale d’interesse e sulla rendita, non poteva immaginare il sopravvento del capitale speculativo su quello industriale che avrebbe capovolto il rango tra i due, che il capitale improduttivo avrebbe soggiogato quello produttivo, e che la borghesia sarebbe diventata in larga parte una classe che vive sulla rendita e parassitaria. E comunque chi in realtà più di tutti, studiando il sistema capitalistico, ha rilevato la differenza tra capitalismo produttivo e speculazione finanziaria, fu proprio Marx, le cui analisi e categorie sono ancora oggi indispensabili per capire il capitalismo e le cause delle sue crisi: basta vedere la definizione che Marx da del capitale industriale con il quale non intende solo quello delle fabbriche, ma pure quello impiegato in agricoltura e in genere tutto il capitale produttivo, ovvero quello che crea plusvalore, che fa incontrare mezzi di produzione e forza-lavoro salariata.

  6. Fabio Calabrese
    | Rispondi

    Fuori casa per diversi giorni, ho modo solo adesso di rispondere al commento di Zerzan, che ringrazio, notando con soddisfazione l'ampiezza del dibattito cui il mio articolo sta dando luogo. Ho toccato una tematica molto vasta e su alcuni punti non sono stato preciso. In effetti, ha ragione, in Marx la distinzione fra capitalismo imprenditoriale e finanziario c'è. Attenzione, però: Marx come economista è un esponente non originalissimo della scuola classica: Adam Smith, Malthus, Ricardo. Se la sua importanza fosse lì, non ci occuperemmo più di lui, ma Marx è soprattutto il profeta e il padre dell'ideologia comunista.

    A LIVELLO PRATICO (parola che Marx amava molto), i comunisti questa distinzione non l'hanno mai fatta.

    Contrariamente a quanto profetizzato da Marx, il comunismo si è sempre affermato in società pre-industriali (Russia, Cina, Cuba). Qui l'equivalente dell'imprenditore è il contadino-proprietario, il kulako. La soluzione comunista del problema borghese, l'abbiamo visto, consiste nel genocidio per attribuire al popolo la proprietà TEORICA dei mezzi di produzione, e la loro proprietà reale alla nomenklatura, al "clero" comunista, sancendo il massimo trionfo del parassitismo sociale.

    La finanziarizzazione dell'imprenditoria è una distorsione recente, è una conseguenza del fatto che si sono create le condizioni perché per gli investitori sia diventato più conveniente reinvestire il capitale in attività speculative piuttosto che nella produzione. In questo modo l'economia non cresce e non si creano posti di lavoro, soprattutto per i giovani. Non so se questa sia una situazione prevista dal piano Kalergy, ma sicuramente serve benissimo allo scopo, che è quello di assicurare il declino demografico dell'Europa e dell'Occidente "bianco" nei confronti delle masse sottoproletarie del Terzo Mondo.

  7. Jonathan
    | Rispondi

    Scusate se dopo queste analisi faccio una domanda scema ma a cosa si riferisce Calabrese quando parla della messa a bando dei pub inglesi, nel commento di sopra? Perche in Inghilterra ci abito ed i pub ci sono ancora. Sarei curioso di sapere a cosa si riferiva in particolare. Grazie!

  8. Fabio Calabrese
    | Rispondi

    Caro Jonathan: la notizia era sui nostri giornali qua da noi un paio di anni fa: meglio se infondata, ma sappiamo che la UE sta conducendo una vera guerra contro le produzioni tipiche e le differenze locali, si vuole produrre la massima standardizzazione dei gusti e delle abitudini. Questo è innegabile.

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