La casa editrice Bompiani, la cui costanza nella diffusione dell’opera tolkieniana è ben nota a tutti gli studiosi dell’universo de Il signore degli anelli, ha recentemente pubblicato il pionieristico studio di Paul Harold Kocher, professore presso numerose università statunitensi e attento lettore dell’opera del filologo inglese. Il volumetto ripercorre ampie sezioni del corpus tolkieniano, attraverso una serie di chiavi di lettura che ne svelano l’intima attualità. “Tolkien era un ecologista, difendeva il meraviglioso ed era nemico del «progresso», amava l’artigianato e detestava la guerra assai prima che questi sentimenti divenissero una moda” (pp. 53-54); il che lo rende, scrive Kocher, un interlocutore decisamente privilegiato per chi voglia sondare la stoffa del proprio presente. Le sue interpretazioni, che precorrono numerosi dibattiti successivi, sono assai variegate. Ad esempio, la mescolanza di mitografia e scenari contemporanei, secondo la tecnica dello “strano ma non troppo strano” (p. 25): i paesaggi dell’opera del filologo inglese non appartengono ad una realtà totalmente aliena dalla nostra ma presentano numerosi caratteri comuni, di modo che il lettore non li veda come un mondo dietro al mondo ma come una dimensione in qualche modo sempre possibile.
Non mancano nemmeno numerosi riferimenti al temperamento antimoderno di Tolkien, che vedeva nei sacrifici compiuti dal mondo moderno a danno della bellezza e della natura un gesto disumanizzante, atto ad insediare la cupa Mordor nel pianeta che ci ospita. Così, nello studio viene messa a fuoco “la consueta vendetta di Tolkien contro la nostra Era delle Macchine” (p. 53), ma anche le sue invettive “contro il materialismo e lo scetticismo moderni” (Ibidem).
Nella onnicomprensiva operazione di Kocher – limitata certo dal fatto di essere stata composta prima dell’uscita del Silmarillion e della History of Middle-Earth, i cui deficit vengono indicati nella curatela e nell’apparato di note relativo – trovano spazio le caratterizzazioni delle genti libere, ognuna con le proprie ineliminabili peculiarità, funzionali all’armonia del tutto. Importante è l’accento posto dal critico su come la cooperazione di tutti gli elementi del cosmos tolkieniano possa farsi Katechon, agente che ritarda di volta in volta un male mai eliminabile del tutto. Affinché il Sauron di turno possa venire ricacciato nel nulla, ad ogni individuo è richiesto di sviluppare la propria natura, in un’ottica comunitaria, in senso ampio.
Per poi non parlare dell’interpretazione di Bene e Male non come forze contrapposte in modo manicheo ma compresenti in ogni essere creato – solo una visione di questa sorta, argomenta il nostro critico, è in grado di conciliare Provvidenza e libero arbitrio. L’interpretazione del male nell’opera tolkieniana è poi particolarmente acuta: al contrario del bene, che ha una esistenza propria, esso è una mera negazione incapace di porre dei valori e destinata così a capitolare, rivolgendosi contro se stessa – tragico destino incarnato ne Il signore degli anelli dalla creatura Gollum. Da qui, l’idea di una Provvidenza non totalitaria, che non mutila cioè il libero arbitrio dell’uomo ma richiede la sua collaborazione per potersi espletare totalmente. Queste alcune delle riflessioni kocheriane, le quali, nell’ottica di una ricostruzione della ricezione della produzione tolkieniana, possono dirsi del massimo ausilio.
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Paul Harold Kocher, Il Maestro della Terra di Mezzo, introduzione di G. de Turris, traduzione di R. Valla, Bompiani, Milano 2012, pp. 334, € 12,00.
(Tratto, con il gentile consenso della Redazione, da Antarès, n. 03/2012, J.R.R. Tolkien. Un’epica per il nuovo millennio, http://www.antaresrivista.it/Antares_03_web.pdf)
Kaspar Hauser
Penso che Tolkien detestasse la guerra moderna,più che la guerra in quanto tale…Una guerra dominata dalla tecnica,e con poco o nulla di eroico ormai.E ciò proprio a partire dal primo conflitto mondiale ,che scosse molto il giovane Tolkien,che vi partecipò in prima persona come ufficiale . Una posizione forse simile(per certi versi) a quella di uno Junger,che a una precisa domanda su cosa pensasse della guerra in una intervista nel 1986,prese le distanze da essa,ritenendola ormai”una faccenda di chimici,fisici,ingegneri.”