Solo in Italia, credo (e spero) le sorelle Lecciso possono diventare un caso e solo in Italia, credo (e spero) può andare avanti per giorni, riempiendo le pagine di tutti i giornali, una polemica condita con insulti e controinsulti, come quella nata sull’infelice battuta di Romano Prodi sui “mercenari” di Forza Italia. Invece di dare luogo alle solite “baruffe chiozzote” farebbero forse meglio a interrogarsi sull’esigenza che ha spinto Silvio Berlusconi, uomo pragmatico, a servirsi di mille giovani, regolarmente pagati, per fare propaganda a Forza Italia nelle prossime elezioni regionali. Perché è un’esigenza le cui ragioni hanno radici profonde che riguardano tutti i partiti e non certamente solo quello di Berlusconi, il quale in questo caso, come in altri, ha avuto il merito di non essere ipocrita. In Italia i partiti, soprattutto quelli di sinistra e la Democrazia cristiana, hanno sempre avuto apparati enormi, mostruosi, che non hanno uguale in nessun altro Paese dell’Occidente.
In un’inchiesta che feci per “Il Settimanale” agli inizi degli anni Ottanta veniva fuori che più di un milione di persone era stipendiata dai partiti. O indirettamente attraverso vari marchingegni, come, per esempio, i famigerati “distacchi sindacali” e anche non sindacali (uno prendeva lo stipendio da un ente pubblico, ma in realtà lavorava per il partito che lì lo aveva messo).
O direttamente, attraverso il sistema delle tangenti che serviva a finanziare, decurtato del “magna magna” personale, i famosi “costi della politica” (chi non ricorda, per esempio, i faraonici Congressi del Psi di Bettino Craxi con strutture da piramide di Cheope disegnate dallo pseudoarchitetto Filippo Panseca?). Un sistema che, nei primi anni Novanta, era diventato una piovra così tentacolare da portare il Paese vicino al collasso.
Oggi, ridimensionato il settore pubblico, fattisi più attenti i cittadini, i “distacchi” sono meno facili, in quanto alle tangenti esistono sempre, ma dopo “Mani Pulite”, benché si sia tentato in tutti i modi di innocuizzare la Magistratura, bisogna agire con una certa cautela e una minor sfrontatezza perché l’impunità non è più garantita al cento per cento. Detto e precisato questo, non v’è dubbio che fino a qualche decennio fa intorno ai partiti e ai loro apparati ruotassero anche moltissime persone animate da sincera passione politica che operavano disinteressatamente e gratuitamente. Il tanto decantato crollo delle ideologie ha ucciso queste passioni. Per un’idea come quella comunista, se autenticamente vissuta, si poteva dare il proprio tempo e, in circostanza decisive, anche la vita, per Fassino, pur con tutto il rispetto per quest’uomo sicuramente onesto, materialmente e intellettualmente, neanche un’ora. Chi militava nella Democrazia cristiana era animato, in molti casi, da un sincero “spirito di servizio”, come lo chiamavano i Dc, che è davvero molto difficile individuare nei partitini della diaspora. Chi stava nell’Msi negli anni Settanta od Ottanta aveva tutto da perdere e nulla da guadagnare e quindi la sua adesione non poteva avere che motivazioni ideali. E così via. Oggi, caduto il velo delle ideologie, il re è nudo e i partiti si svelano, appunto, agli occhi dei cittadini, perlomeno della loro stragrande maggioranza e soprattutto dei giovani che, in ragione della loro età, non sono stati intossicati da decenni di retorica sulla democrazia rappresentativa, per ciò che sono sempre stati: delle minoranze organizzate per curare soprattutto i propri affari, delle oligarchie che lottano ferocemente per il potere non per gestire in modo decente la cosa pubblica ma per spartirselo a vantaggio unicamente dei propri adepti. Minoranze organizzate che si azzuffano di giorno, per la platea, e si accordano di notte, al riparo da sguardi indiscreti, perpetuarsi in quanto classe, la classe politica, e su come spennare meglio, dietro roboanti parole quel pollo istituzionale, vittima designata della democrazia rappresentativa, paria invece che pari, che è il cosiddetto cittadino comune. L’avvento sulla scena di Silvio Berlusconi aveva suscitato grandi, e legittime, speranze che un uomo così particolare e singolare riuscisse a sbaraccare quello che lui stesso chiamava, con giustificato disprezzo, “il teatrino della politica”. La politica italiana si mostra, ormai inequivocabilmente, per quello che è: un’accozzaglia di mediocri, che si mettono e tengono insieme proprio perché mediocri, incapaci – e in realtà nemmeno interessati – di gestire un Paese e forse nemmeno un condominio.
Per tutte queste ragioni il solco fra i partiti e la cittadinanza non è mai stato così profondo. In un recente sondaggio il Parlamento, dove i partiti operano ufficialmente, occupa, fra le istituzioni l’ultimo posto nella fiducia degli italiani, preceduto anche dalla denigratissima Magistratura e persino dall’Unione Europea che pur ci ha procurato, finora, solo angustie economiche. E sono convinto che se nel sondaggio la voce “Parlamento”, che in una democrazia conserva pur sempre una certa aureola, fosse stata sostituita da quella “Partiti” la fiducia sarebbe scesa a livelli vicini allo zero. Oggi i partiti si bazzicano per il potere, per ricavarne vantaggi, favori, prebende, per ritagliarsi rendite di posizione e di carriera a danno degli altri, di quelli che rifiutano di umiliarsi infeudandosi, ma in tutto questo la passione politica non vi ha più alcun posto, nemmeno come illusione.
Silvio Berlusconi, stipendiando i mille giovani per uso di propaganda, non ha fatto altro che prendere atto della realtà.
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Tratto da Il gazzettino del 7 dicembre 2004.
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