In questo articolo esporremo i principali elementi della politica religiosa di Costantino. Su questo argomento sono stati scritti molti articoli e libri e le opinioni sono molto discordi tra loro, poiché la politica religiosa di questo imperatore si può prestare a più interpretazioni. Ad esempio, alcuni autori sostengono che la conversione di Costantino al cristianesimo fu un semplice calcolo politico e quindi assolutamente non sincera, mentre altri sostengono che la conversione di Costantino al cristianesimo deve essere considerata sincera in quanto fu conseguenza della visione che il futuro imperatore ebbe poco prima della battaglia di Ponte Milvio nella quale egli sconfisse Massenzio. Un’altra vexata quaestio è rappresentata dal problema dell’evidente sincretismo che caratterizzò la politica religiosa di Costantino: tale sincretismo religioso risulta ancora più difficile da spiegare se si parte dalla convinzione che la conversione di Costantino alla religione cristiana fu sincera. Infine è stato oggetto di vivaci discussioni tra gli studiosi il fatto che trascorse molto tempo dall’anno in cui Costantino affermò di essersi convertito alla religione cristiana a quello in cui chiese di essere battezzato (e cioè solamente poco prima di morire, quando era già gravemente ammalato): tale fatto non è irrilevante, poiché come tutti sanno si diventa pienamente cristiani solamente dopo il battesimo e non quando si dichiara di essersi convertiti al cristianesimo, a meno che non esistano cause di forza maggiore. Nel caso di Costantino non vi fu alcuna forza maggiore a impedire che l’imperatore romano si battezzasse molti anni prima di trovarsi sul letto di morte.
A nostro avviso per cercare di dare una spiegazione convincente delle scelte che caratterizzarono la politica religiosa dell’imperatore romano bisogna tenere presente un dato storico di fondamentale importanza, che un uomo politico esperto ed intelligente come Costantino non poteva non tenere in debita considerazione, e cioè che durante il periodo nel quale egli regnò la grandissima maggioranza dei suoi sudditi erano pagani, mentre i cristiani costituivano un’esigua minoranza della popolazione quasi totalmente priva di potere, poiché non molti anni prima Diocleziano aveva scatenato una durissima persecuzione contro di loro, considerandoli un grave pericolo per gli ideali della romanitas. Nel nostro libro La crisi della religione cattolica abbiamo messo in evidenza che la persecuzione scatenata da Diocleziano colpì in primo luogo i cristiani che possedevano un qualsiasi tipo di potere nell’impero romano e successivamente tutti coloro che più in generale professavano la religione cristiana, poiché Diocleziano non voleva soltanto diminuire il numero dei cristiani, ma voleva anche eliminarne il prestigio. Gli storici sono concordi nell’affermare che la percentuale di cristiani esistenti nell’impero romano al tempo del regno di Costantino era inferiore al dieci per cento della popolazione totale dell’ impero romano.
Un secondo dato storico dal quale non si può prescindere se si vuole comprendere la politica religiosa di Costantino è che l’imperatore romano si trovò a governare in un momento molto difficile della storia romana, nel quale si ebbe un forte aumento della frequenza e della violenza dei conflitti sociali nonché un evidente degrado delle città dovuto sia alle invasioni barbariche sia alla grave crisi economica che cominciò nel III e si aggravò nel IV secolo, costringendo molti abitanti dell’impero a lasciare i luoghi nei quali erano nati per emigrare in zone dell’impero dove speravano di migliorare le proprie condizioni economiche e sociali. Il proletariato urbano e la crescente massa di poveri che abitava nelle zone rurali si sentivano sempre più frustrati ed erano sempre più inclini a commettere azioni violente sia contro i ricchi sia contro i rappresentanti del potere imperiale, cosicché l’esercito dovette intervenire spesso e in molte città per evitare il linciaggio di personaggi particolarmente odiati dai membri delle classi popolari. Spesso accadeva che le forze dell’ordine che dovevano fronteggiare le sommosse popolari che scoppiavano in varie città dell’impero non riuscissero ad arginare le violenze contro coloro che si erano attirati l’odio delle masse popolari, cosicché doveva intervenire l’esercito, che in alcuni casi venne a sua volta sopraffatto dagli attacchi subiti dalle masse popolari in rivolta.
Da quanto abbiamo detto si evince che gli imperatori romani che governarono in questo periodo molto difficile si preoccuparono di non prender decisioni che avrebbero potuto far ulteriormente infuriare il popolo, mettendo a rischio sia il trono sia la loro stessa vita. Anche Costantino si rese conto della necessità di evitare decisioni in politica religiosa che gettassero benzina sul fuoco e contribuissero ad aumentare ulteriormente il livello e l’intensità dei conflitti sociali esistenti.
Ciò premesso, cercheremo ora di affrontare la prima delle tre questioni principali riguardanti la politica religiosa di Costantino, ovvero la vexata quaestio sulla sincerità o meno della conversione di Costantino al cristianesimo. Come abbiamo sostenuto nel nostro opuscolo Il neopaganesimo dei contemporanei ci sembra assurdo affermare che Costantino si sia convertito al cristianesimo per semplice calcolo politico, in quanto se fosse vera tale ipotesi bisognerebbe concludere che Costantino sia stato un politico molto scadente, il che non corrisponde al vero, in quanto Costantino fu non solo un valoroso condottiero ma anche un avveduto ed esperto uomo politico. Se Costantino si fosse convertito per un mero calcolo politico si sarebbe trattato di un clamoroso errore in quanto la conversione poteva solo creare problemi e non dargli alcun vantaggio, poiché la maggioranza dei suoi sudditi era pagana e i cristiani erano una minoranza che non godeva delle simpatie né delle masse popolari né degli appartenenti agli ambienti militari ed intellettuali dell’impero romano.
Per quanto riguarda la seconda questione, ovvero i motivi che indussero Costantino a praticare una politica religiosa basata sul sincretismo, non è difficile comprendere i motivi che indussero (o per meglio dire costrinsero) Costantino ad optare per tale tipo di politica, pur essendosi egli convertito alla religione cristiana in seguito alla visione che egli ebbe prima della battaglia di Ponte Milvio nel 312. La scelta di praticare una politica religiosa basata sul sincretismo fu un calcolo politico, un compromesso assolutamente necessario che Costantino dovette accettare per salvare il trono e la vita dal momento che la maggioranza pagana considerò la conversione dell’imperatore un tradimento nei riguardi della religione tradizionale degli antenati e della stessa famiglia di Costantino (il padre Costanzo Cloro era un convinto adepto della religione solare e anche lo stesso Costantino in gioventù ne era stato un adepto).
Riteniamo opportuno dire qualcosa sulle caratteristiche che aveva assunto il paganesimo prima della salita al trono di Costantino. Come abbiamo messo in evidenza in un nostro libro intitolato Il neopaganesimo nella società moderna già a partire dal III secolo nell’universo pagano esistevano diverse correnti di pensiero in aperto conflitto tra loro; la forte conflittualità all’interno del paganesimo deve essere considerata una delle cause che favorì la vittoria del cristianesimo sul paganesimo. La causa principale di queste divisioni era la crisi della religione tradizionale romana, che favorì l’entrata e l’affermazione nell’impero romano di culti e divinità provenienti dall’Oriente.
Quando Costantino iniziò la propria ascesa politica e militare due erano le più importanti correnti religiose esistenti nel mondo pagano: la prima era costituita dagli adepti della religione tradizionale romana, che faceva ancora presa sulla maggioranza del proletariato e delle classi popolari urbane e rurali; la seconda corrente religiosa dominante era costituita dagli adepti della religione solare, la maggior parte dei quali faceva parte degli ambienti militari e di quelli intellettuali dell’impero romano. Quando Costantino si convertì alla religione cristiana dovette quindi guardarsi da un doppio pericolo, ovvero l’ostilità delle masse popolari e l’antipatia dell’esercito. Come si può constatare, Costantino corse quindi un grave rischio convertendosi alla religione cristiana.
Affronteremo ora la terza questione riguardante la politica religiosa di Costantino, ovvero i motivi che spinsero l’imperatore a non battezzarsi subito dopo la conversione al cristianesimo ma a rimandare il battesimo per moltissimo tempo, sino al letto di morte. A nostro avviso tale decisione è da ricondurre agli stessi motivi che lo spinsero a praticare una politica religiosa basata sul sincretismo religioso, e cioè a compromessi dettati dalla ragion di stato. Costantino si rese conto che se si fosse fatto battezzare subito dopo la vittoria su Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio, o dopo la vittoria su Licinio, tale scelta avrebbe aumentato l’ostilità del mondo pagano nei suoi confronti. Tuttavia quando si rese conto che aveva pochissimo tempo da vivere fu preso da quella paura che prende chi sa di essere sul punto di morire e teme di affrontare il giudizio divino rischiando la dannazione eterna.
Riteniamo opportuno aggiungere qualcosa sui principali elementi che caratterizzarono la politica religiosa dell’imperatore romano ovvero l’atteggiamento assunto nei riguardi della magia e degli aruspici, le leggi riguardanti i templi pagani e gli spettacoli che si svolgevano nelle arene degli anfiteatri e il fatto che quando Costantinopoli venne nominata nuova capitale dell’impero Costantino decise di far celebrare nel corso dei festeggiamenti di inaugurazione sia riti cristiani sia riti pagani.
Cominciamo col prendere in considerazione le leggi emanate da Costantino sulla magia tenendo presente che mentre nel mondo pagano la “magia bianca” era pienamente accettata ed apprezzata – a differenza della “magia nera” e di quella tendente a procurarsi l’amore o i favori sessuali di altre persone – al contrario il cristianesimo condannava tutte le forme di magia, ivi compresi quei riti tendenti ad aumentare la fertilità dei campi e a mantenere o riconquistare lo stato di salute. Nel mondo pagano, anche ai tempi di Costantino, era attribuita molta importanza alla lex Cornelia emanata da Cornelio Silla. In tale provvedimento legislativo venivano previste pene severissime, ivi compresa la condanna a morte, contro coloro che praticavano la magia nera oppure si procuravano l’amore o rapporti sessuali con persone a loro gradite mediante riti magici o filtri d’amore. Nei suoi provvedimenti legislativi Costantino si mantenne sostanzialmente fedele alla forma mentis del mondo pagano, poiché condannò severamente la magia nera e la magia amorosa e sessuale, mentre ritenne pienamente legittima ed accettabile la magia bianca, soprattutto quella finalizzata ad aumentare la fertilità dei campi, nonché quei riti magici che avevano per scopo la cura delle malattie o il mantenimento dello stato di salute. Come si vede, nonostante la conversione al cristianesimo Costantino non accettò la condanna cristiana della magia bianca, partendo dal presupposto che sia la magia nera che quella bianca trovassero la loro origine nel potere dei demoni. Tale scelta, anche se non coerente, è comprensibile pensando a quelle ragioni di ordine pubblico cui prima abbiamo fatto riferimento.
Anche i provvedimenti legislativi emanati da Costantino riguardanti le attività degli aruspici non furono coerenti con la sua conversione al cristianesimo ma tennero in conto che tali riti erano considerati estremamente importanti nella religione pagana, poiché sia nella Roma repubblicana sia in quella imperiale quando si dovevano prendere importanti decisioni politiche spesso venivano consultati gli aruspici. Anche i privati cittadini, tanto tra gli appartenenti alle classi dominanti quanto il ceto medio, erano soliti consultare gli aruspici, invitandoli spesso nelle loro case prima di prendere decisioni importanti. Sia nel periodo repubblicano sia in quello imperiale esistevano a Roma due tipi di aruspicina, ovvero quella pubblica, che aveva luogo nei templi, e quella privata, che si svolgeva appunto nelle case private. Costantino adottò la decisione di permettere l’aruspicina pubblica e di vietare con pene severissime (ivi compresa la condanna a morte) l’aruspicina privata. Dalle leggi emanate da Costantino traspare con evidenza che egli disprezzava sia l’aruspicina pubblica sia quella privata, ma non ritenne opportuno proibire le attività pubbliche degli aruspici per ragioni esclusivamente di opportunità politica. Al contrario Costantino giudicò molto pericoloso per la stabilità del suo regno, e per la sua stessa incolumità fisica, permettere agli aruspici di recarsi nelle case dei privati cittadini, poiché era conscio che gli aruspici lo avversavano per essersi convertito alla religione cristiana e avrebbero quindi potuto effettuare predizioni strumentali finalizzate a suscitare delle rivolte popolari contro l’imperatore. Le predizioni che gli aruspici effettuavano nelle case sfuggivano infatti totalmente al controllo dell’imperatore, al contrario delle predizioni formulate in luoghi pubblici.
Per quanto riguarda le leggi emanate da Costantino riguardanti i templi pagani gli autori cristiani sostengono che Costantino emanò una legge che ordinava la chiusura dei templi pagani: in realtà sappiamo benissimo, anche da varie fonti pagane contemporanee a Costantino o di epoca immediatamente successiva alla fine del suo regno, che solamente pochi templi pagani vennero effettivamente chiusi e che solo un numero limitato di templi subì la confisca dei beni immobili, il che non impedì ai sacerdoti di continuare a svolgere i riti, sebbene la confisca dei beni li costrinse a chiedere l’aiuto economico dei fedeli o a condurre una vita caratterizzata da difficili condizioni economiche. In linea generale la legge emanata da Costantino fu applicata a quei templi nei quali si svolgeva la prostituzione sacra oppure particolarmente prestigiosi nell’universo religioso pagano, o situati in città ove si erano verificati episodi di violenza contro i cristiani. Sappiamo anche sia da fonti cristiane che pagane che in alcune città nelle quali vennero chiusi i templi pagani scoppiarono rivolte popolari, tanto che Costantino dovette inviare l’esercito per sedarle. In sostanza la legge che prescriveva la chiusura dei templi pagani venne applicata solo in pochi casi ed ebbe più che altro lo scopo di dimostrare ai cristiani che Costantino conduceva una politica religiosa a loro favorevole e di far capire ai pagani che l’imperatore non tollerava né la prostituzione sacra (anche in alcuni ambienti pagani la prostituzione sacra non era vista di buon occhio, in quanto non in linea con la tradizione religiosa romana) né che nelle città dove erano avvenuti linciaggi o episodi di violenza contro i cristiani i sacerdoti dei templi continuassero a fomentare comportamenti violenti contro i cristiani.
Anche per quanto riguarda la legge emanata da Costantino che proibiva i combattimenti tra gladiatori nelle arene degli anfiteatri (tali combattimenti erano pesantemente condannati dai cristiani ma erano molto graditi ai pagani) possiamo ripetere ciò che abbiamo detto riguardo la chiusura dei templi, poiché anche questa legge venne applicata in pochissimi casi ed ebbe quindi un carattere esclusivamente dimostrativo e simbolico, tendente cioè a dimostrare che tali forme di spettacolo non erano gradite dall’imperatore convertitosi alla religione cristiana. L’applicazione di questa legge fu quindi sostanzialmente solo simbolica.
Sempre per puro calcolo politico Costantino decise che durante l’inaugurazione di Costantinopoli, la nuova capitale dell’impero da lui fatta costruire, si svolgessero riti religiosi sia cristiani sia pagani.
In conclusione possiamo quindi affermare che Costantino fu costretto ad applicare una politica religiosa basata sul sincretismo religioso ed ad accettare in più di un’occasione compromessi con l’universo pagano perché in caso contrario avrebbe perso la vita ed il regno. Per questi stessi motivi Costantino accettò e mantenne il titolo di Pontefice Massimo sebbene tale ruolo fosse evidentemente incompatibile con la conversione al cristianesimo, poiché nella religione tradizionale romana la carica di Pontefice Massimo conferiva nello stesso tempo all’imperatore la massima autorità politica e religiosa dell’impero. Per questo anche alcuni dei successori cristiani di Costantino ritennero opportuno non rinunciare alla carica.
Riferimenti bibliografici
G. Pellegrino, La crisi della religione cattolica, New Grafic Service, Salerno, 2005.
G. Pellegrino, Il neopaganesimo dei contemporanei, New Grafic Service, Salerno, 2000.
G. Pellegrino, L’atteggiamento di Costantino nei riguardi dei templi pagani e degli anfiteatri.
G. Pellegrino, Il neopaganesimo nelle società moderna, Edisud, Salerno, 2000.
M. Sordi, L’impero romano-cristiano, Coletti Editore, Roma, 1991.
AA. VV., Il conflitto tra cristianesimo e paganesimo nel IV secolo (a cura di A. Momigliano), Laterza, Bari, 1974.
L. De Giovanni, Costantino e il mondo pagano, D’Auria Editore, Napoli, 1983.
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