Perché l’Italia per circa 80 anni è stata ossessionata dalla conquista dell’Africa? E il colonizzatore Mussolini fu davvero più crudele dei liberaldemocratici che lo avevano preceduto al governo del Regno? A rispondere a queste domande Marco Iacona, in un breve saggio dal titolo: La politica coloniale del Regno d’Italia dal 1882 al 1922, edito da Solfanelli, collana Saperi, costo 8 euro, che fa luce sulla storia del colonialismo italiano nel Continente Nero.
No, Mussolini non fu più crudele dei liberaldemocratici, anzi non fece che ereditate metodi di “conquista” già largamente perpetuati dai colleghi. Anzi, quando Mussolini arrivò sul territorio africano l’Italia aveva si e no “due brandelli di terra” in cui vigeva lo stato di guerra perpetuo, il Duce ne fece delle colonie a tutti gli effetti. Ma perché gli italiani o meglio il Regno d’Italia decise di colonizzare l’Africa?
Semplice, i principi colonizzatori del periodo 1880-1900 facevano seguito a un bagaglio culturale di antica data: missione civilizzatrice di stampo mazziniano, guerra come catarsi dei popoli, eredità romana. A questi principi vanno poi aggiunte le mire commerciali e i fenomeni migratori. Il Sud è quello più coinvolto, in quel periodo, ogni anno, lasciavano l’Abruzzo, la Basilicata, la Calabria e la Sicilia 150.000 persone. Per loro si voleva trovare delle terre, un’estensione del teritorio italiano in Africa. Infine, non vanno trascurati i rapporti politici internazionali. Durante il Congresso di Berlino del 1878 l’Italia si accorge di essere fuori dallo scacchiere internazionale, perde la possibilità di conquistare la Tunisia, Paese che il Regno considerava già sua derivazione per motivi commerciali e che finirà in mani francesi. L’Italia dunque vorrebbe cimentarsi nella conquista del nord Africa ma per motivi politici è costretta a virare sull’Africa orientale: Eritrea, Etiopia, Somalia.
Dal 5 luglio 1882, data di inaugurazione della prima colonia ad Assab, sul Mar Rosso, fino alla clamorosa sconfitta di Adua del 1896 Crispi sogna di attuare il suo progetto politico di espansione in Africa. Fallito questo tentativo il desidero colonizzare ritorna agli inizi del Novecento con i nazionalisti, tra questi alcuni protagonisti della futura impresa libica: Carducci, D’Annunzio, Oriani e Corradini. Nel frattempo l’antico nemico francese diventa alleato. Nel 1906 l’Italia stipula con Francia e Inghilterra un accordo di influenza economica in Africa orientale. La Penisola mantiene il controllo sulla Somalia e l’Eritrea. Il sogno di un paradiso africano per i senza lavoro italiani viene nuovamente alimentato dai nazionalisti e dall’impresa di Libia. Protagonista questa volta è Giovanni Giolitti. Mentre in Patria si afferma di aver assoggettato la Libia, nel Paese nord africano si assiste a una carneficina che per l’Italia si trasformerà il 15 aprile 1915 a Gasar Bu Hadi in una seconda Adua. All’insorgere della marcia su Roma gli italiani in Africa avevano mostrato tutto di sé, la loro bellezza e la loro bruttezza.
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Tratto da Linea del 26 gennaio 2010.
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