Il sacrificio e il patto cosmico

Numerosi ed insigni studiosi delle epoche passate e presenti hanno messo in evidenza la straordinaria similitudine e coesione culturale tra popoli indoeuropei dell’Europa (celti, baltici, scandinavi, greci, italici….) e del centro Asia (hittiti, persiani, indiani vedici…). Più che di vere e proprie similitudini è più conveniente parlare di un’unità divina che sta alla base di tutte le cosiddette culture indoeuropee: questa unità divina di discendenza Iperborea prende il nome di arianità.

L’unità religiosa degli ariya è figlia di una Scienza Sacra che nello scorrere del tempo si è trasformata in mitologia e uno dei miti più esoterici e misterici di questa genia è il mito cosmogonico. Di tale mito è possibile trovare qualche accenno presso i greci e i romani, che invece ne hanno conservato un sentore più autentico. Tuttavia è presso i cugini indiani del Rig-Veda e i fratelli nordici dell’Edda potetica che è possibile ritrovare la più bella testimonianza di questa conoscenza arcana che, nel passaggio alla storia, è divenuta mito.

Nella Tradizione ancestrale non si parla di Creazione o di origine del mondo, ma ci si limita a parlare di se stessi, dell’Uomo. Uomo in quanto essere divino che fonda nel suo Sacro Fuoco una perfetta unità tra Macrocosmo e Microcosmo. E’ da queste basi che possiamo ora parlare del mito del Macroantropo.

Come fondamento del mondo manifesto c’è l’Uomo, quello che le Tradizioni hanno chiamato Uomo Cosmico o Uomo Universale. Da lui tutto procede, dal suo sacrificio (lo Yajna) si sono manifestati gli Dèi che successivamente hanno plasmato il mondo e hanno dato il soffio di vita all’umanità stessa.

Come dice Giorgio Locchi ne Il mito cosmogonico degli Indoeuropei[1]:

«L’uomo, presso gli indoeuropei, non è soltanto all’origine dell’universo: è l’origine dell’universo, in seno al quale l’umanità vive e diviene. Giacché all’inizio, dice il mito, vi era l’Uomo cosmico: Purusha nel Rig-Veda, Ymir nell’Edda, Mannus, citato da Tacito, presso i germani del continente (Manus, in quanto antenato degli uomini, essendo parimenti conosciuto presso gli indiani)».

Tale Essere primordiale ha delle caratteristiche tutte particolari e per comodità vi riporto di seguito l’inizio del libro decimo del Rig-Veda in cui si parla di Purusha:

«L’Uomo (Purusha) ha mille teste;

ha mille occhi, mille piedi.

Coprendo la terra da parte a parte

la oltrepassa ancora di dieci dita.

Purusha non è altro che quest’universo

Ciò che è passato, ciò che è a venire.

Egli è signore del dominio immortale,

perché cresce al di là del nutrimento».

Analogamente, è da Ymir, gigante norreno Uno indiviso anche lui, che procede la prima organizzazione del mondo. Il Grimnismál precisa:

«Della carne di Ymir fu fatta la terra,

il mare del suo sudore, delle sue ossa le montagne,

gli alberi furono dai suoi capelli,

e il cielo del suo cranio».

Sarebbe bello, in questa sede, trattare profondamente l’essenza esoterica di Ymir e di  Purusha, ma il discorso esulerebbe troppo dagli intenti di questo scritto. Sarebbe necessario un libro intero e in ogni caso non sarebbe sufficiente perché questa conoscenza Sacra presuppone un viaggio all’interno di se stessi che nessun libro può dare.

In questa sede è quindi più conveniente concentrarci solamente sul significato di sacrificio.

La parola italiana sacrificio deriva dal latino Sacrificium, ovvero Sacer-facere, cioè compiere atti Sacri, conformi alla FAS. Tale termine purtroppo non è propriamente conforme al senso vedico di Yajna e la mia ignoranza in materia non mi permette di trovare una parola più precisa nella Sacra Lingua dei nostri Padri. Per tale motivo da qui in avanti userò il termine Yajna.

Ma procediamo con calma e riprendiamo il discorso sull’Uomo Cosmico, Purusha.

L’eccellente Guénon afferma:

“Considereremo ora Purusha, non più in se stesso, ma in rapporto alla manifestazione, per  meglio rilevare in seguito come può essere inteso sotto molteplici aspetti, anche essendo  uno in realtà. Diremo dunque che Purusha, perché la manifestazione si produca, deve  entrare in correlazione con un altro principio, quantunque questa correlazione, relativamente al suo aspetto più elevato (uttama) sia inesistente, e non vi sia realmente altro principio, se non in senso relativo, al di fuori del Principio Supremo; ma, quando si tratta della  manifestazione, anche principialmente, già siamo nella relatività. Il correlativo di Purusha è allora Prakriti, la sostanza primordiale indifferenziata.[2]”

Nel momento in cui il Brahman, l’Essere Indifferenziato, decide di diventare l’Uomo Cosmico Purusha, questi deve rinunciare alla suo essere Assoluto ed unirsi alla Prakriti (ciò che nella Baghavad Gita viene detta forza motrice primordiale). Ed è proprio in questa unione (unione rappresentata successivamente da Shiva e Parvati), è in questo cavalcare la tigre che sussiste il fondamento e l’eternità di ogni manifestazione. Da questo Essere androgino nascerà poi la scissione metafisica tra Uomo-VIR e Donna-VIRgo ed è nella qualificazione e piena espressione dei due principi antagonisti e complementari che è possibile una totale e pura riunificazione come Essere Assoluto.

Continua il Guénon a proposito della forza motrice primordiale:

“Prakriti non può dunque essere veramente causa per se stessa (alludiamo alla «causalità efficiente»), al di fuori dell’azione o piuttosto dell’influenza del principio essenziale o  Purusha, che si potrebbe chiamare il «determinante» della manifestazione; tutte le cose  manifestate sono prodotte da Prakriti, di cui sono determinazioni o modificazioni, però,  senza la presenza di Purusha, queste produzioni sarebbero sprovviste di ogni realtà.[3]

E ancora:

“Ricorderemo ancora che Atma e Purusha sono uno stesso ed unico principio, e che la manifestazione è prodotta da Prakriti, non da Purusha.[4]”

Infatti, nella condizione trascendente di Uno a-cosmico (ricordo che il termine cosmo deriva dal greco cosmos che significa ordine manifestato) non vi è possibilità di divenire in quanto il tempo stesso non esiste giacché esso è partorito essenzialmente come ritmo interno di Purusha che diventa Tempus solo grazie al sacrificio-Yajna [5]. Per questo motivo, la necessità che guida l’azione cosmica (karma) rende necessario il sacrificio stesso di Purusha. Presso i norreni si dice che Ymir sia stato smembrato dagli dèi Aesir che crearono il mondo partendo dai pezzi del suo cadavere. Tuttavia bisogna andare nell’India vedica, dove la memoria è molto lunga, per capire che in realtà l’Uomo Cosmico non è stato sacrificato, ma si è AUTOsacrificato.

E’ questo autosacrificio, lo Yajna per l’appunto, che pone le basi del divenire, l’Essere esce dall’enternità e si vincola in un modo stupendamente paradossale alle leggi del Tempo, dando vita al Riso degli Dèi. Questo, se così si può chiamare è il vero Inizio e a questo inizio sottintende il dio italico JANUS.

I racconti exoterici ci tramandano che Janus è il dio delle porte, degli inizi, ma in realtà Egli è qualcosa di ben più significativo. La sua azione, o per meglio dire il suo OMEN è indissolubilmente connesso al Sacrificio, Janus è l’impulso che ha dato avvio al sacrificio e in quanto tale Egli è una Divinità Polare.

Su questo punto è meglio soffermarsi un istante. Prima di tutto è bene ricordare per l’ennesima volta che il nome che la civiltà vedica usa per indicare il sacrificio è YAJNA che, benché non abbia avvalorati nessi etimologici, richiama per similitudine il termine JANUS. Yajna e Janus sono dunque due Enti che sovraintendono ad un medesimo processo essendo lo Yajna la manifestazione per azione di Janus. Lasciando la trattazione di questa tematica, benché di estrema importanza, ad un’altra sede mi preme qui sottolineare un aspetto sacrale di JANUS.

Egli è il Dio del Tempus e del Templum secondo i cui schemi quadrati è divampato lo Yajna. La Scienza del Templum et Tempus (per comodità chiamerò questa Scienza semplicemente Templum) in tempi storici è stata chiamata Etrusca Disciplina nella penisola italica ed è anche alla base del Vastu indiano. Questa Scienza costituisce la base storica degli scacchi e i suoi segreti sono stati tramandati nella faccia nascosta del gioco medievale, il Filetto.

Lo studioso che nel mondo moderno più di altri ha carpito i segreti nascosti di questa Scienza è il Romano Roberto Zamperini che nel suo Blog ha ampiamente trattato questo tema[6].

Questa scacchiera 9X9 comprende 81 caselle e al centro della struttura c’è il Fuoco Sacro, Ignis, o Agni per usare la dizione vedica, che è il tramite per ricollegare il nostro Sé manifesto al Sé Cosmico immanifesto e atemporale: Brahama. Ovviamente tale riconnessione non è immediata e per un profano senza “addestramento” è impossibile accedervi, per riunirsi al proprio sé assoluto, a Purusha, bisogna praticare la via dell’Ardore, ciò che i vedici chiamavano TAPAS.

Prima di continuare, voglio solo precisare che il Templum è il principio non solo del mondo, ma di ogni Ente, che sia pianta, animale, uomo o anche idea. Dallo Yajna, come già detto si manifesta dunque un Ritmo univoco e che identifica l’essere manifesto; uno speciale rapporto di simpatia viene sempre a crearsi nel momento in cui due Ritmi, ovvero due manifestazioni diverse dello Yajna, vengono ad incontrarsi causando ciò che i fisici delle onde chiamano interferenza costruttiva che costituisce un’amplificazione positiva di entrambi i Ritmi. Esempi significati di tale unione sacra e necessaria sono l’incontro tra la Domus e il Pater familias (qui due enti finiscono per vivere in simbiosi) e la ben più evidente unione tra una Gens e la terra che ospiterà il suo divenire (in tal senso rimando all’episodio che vide la fondazione del tempio a Giove capitolino sul Campidoglio in cui il Dio Terminus rifiutò di spostarsi).

Veniamo ora al tema vero e proprio dell’articolo.

All’inizio di ogni processo, prima di ogni atto, grande o piccolo che sia, al fondamento di ogni Sacrificio, di ogni Yajna c’è un Patto, un accordo tra le parti. Così nel momento in cui l’Uomo Cosmico si autosacrificò venne stipulato un Patto sacrale la cui natura è così profonda che non può essere espresso per mezzo di parole. Basti sapere che tale Patto è ciò che sostiene strutturalmente la manifestazione di un ogni ciclo e che sopra-ordina le leggi stabilite, sia fisiche (legge della gravità, ecc..) che spirituali.

Come il lettore attento avrà già capito, anche all’inizio di questo ciclo cosmico dei quattro Yuga c’è un Patto. Tralasciando i contenuti profondi di questo Accordo Divino, vorrei qui porre attenzione sul fatto che questo ciclo si concluderà con un progressivo ed inevitabile sciogliersi del Patto la cui scadenza era già stata fissata per necessità di ritmo. Lo sciogliersi definitivo del Patto avverrà alla fine del Kali Yuga e lo Ragnarok norreno testimonierà lo scontro tra divinità solari (Aesir e Vanir) e forze ctonie (Joturn capitanati da Loki e dai suoi figli) il cui esito sarà la formulazione di un nuovo contratto e la nascita di uno nuovo ciclo temporale.

Ecco cosa dice la Voluspa:

Si colpiranno i fratelli
e l’un l’altro si daranno la morte;
i cugini spezzeranno
i legami di parentela;
crudo è il mondo,
grande l’adulterio.
Tempo d’asce, tempo di spade,
gli scudi si fenderanno,
tempo di venti, tempo di lupi,
prima che il mondo crolli.
Neppure un uomo
un altro ne risparmierà.

S’agitano i figli di Mímir;
si compie il destino
al suono del possente
Gjallarhorn.
Forte soffia Heimdallr
nel corno che sporge,
mormora Óðinn
con la testa di Mímir.

Come si può notare, al termine di questo ciclo ogni legame di parentela, ogni vincolo, in ultimo ogni Patto verrà a mancare. Colui che darà inizio al Ragnarok è Heimdallr, il corrispettivo di Janus nel pantheon norreno, che con il soffiare attraverso il corno Gjallarhorn sovrasterà ogni suono di questo mondo significando, tramite l’analogia mitologica del suono, che alla fine, come preludio dell’inizio, un nuovo Ritmo prenderà il sopravvento.

Ma qual’è la divinità che presiede al patto? Quale Nume è garante del contratto cosmico? La tradizione norrena ci dà un ottimo indizio. Mi avvalgo qui di cosa dice l’ottimo sito Bifrost a proposito del mito di Fenrir e Tyr:

“Dopo questi fatti, gli Æsir temettero che non esistesse un modo per legare Fenrir. Óðinn mandò allora Skírnir, il messaggero di Freyr, giù nello Svartálfaheimr, presso certi abilissimi nani, perché forgiassero una nuova catena. Questi gli consegnarono un laccio chiamato Gleipnir. Era sottile e morbido come un nastro di seta, ma pressoché impossibile da spezzare. Era fatto di sei cose: rumore di gatto, barba di donna, radice di roccia, tendini d’orso, respiro di pesce e latte (o saliva) di uccello. Ed è infatti questa la ragione per cui, da quel giorno, alla donne non crebbe più la barba, il balzo del gatto non fece più alcun suono e non vi furono più radici sotto le rocce.

Quando Gleipnir fu portato agli Æsir, essi ringraziarono Skírnir per il suo servigio. Poi si recarono al lago Ámsvartnir, sull’isolotto di Lyngvi, e, convocato Fenrir, gli mostrarono il laccio e gli proposero di provare a spezzarlo, avvertendolo che era assai più resistente di quanto non apparisse dal suo aspetto. Gli dèi se lo passarono l’un l’altro, provandolo con la forza delle proprie mani, ed esso non si strappò. Si dissero tuttavia sicuri che il lupo vi sarebbe riuscito senza sforzo.

— Non otterrò alcuna gloria facendo a pezzi un laccio così sottile — considerò Fenrir. — Ma se è resistente come dite, allora vuol dire che è fatto con malizia e inganni, e non legherà mai le mie zampe.

— Spezzare questo nastro di seta sarà uno scherzo, per te che sei riuscito a frantumare robuste catene di ferro! — risposero gli Æsir. — Ma non temere. Se non riuscirai a liberarti da una striscia così sottile, non ci farai più alcuna paura, e quindi ti libereremo.

—Io credo che, se non riuscissi a liberarmi, passerebbe molto tempo prima che veniate in mio soccorso — disse il lupo.

— Sono contrario a essere legato con questo nastro. Tuttavia non mi sono mai tirato indietro di fronte a una sfida. Piuttosto, invece di sfidare il mio coraggio, ché qualcuno di voi metta piuttosto la sua mano nelle mie fauci a garanzia che tutto ciò sia fatto senza alcun inganno.

Gli Æsir si guardarono l’un l’altro, e nessuno voleva assecondare la richiesta di Fenrir. Ma poi avanzò Týr e stese coraggiosamente la mano destra tra i denti del lupo. Fenrir venne legato e cominciò a cimentarsi. Ma più forte si scrollava e scalciava, più forte Gleipnir si stringeva attorno al suo corpo, finché il lupo venne ridotto all’impotenza. Allora tutti gli dèi risero. Tranne Týr, che perse la mano.”[7]

Dumézil, ne Mythes et dieux des Germains a cui rimando il lettore per ogni chiarimento, afferma che è proprio il sacrificio della mano destra (mano dei patti) di Tyr, che qualifica la sua funzione giuridica all’interno del Pantheon. Tyr è dunque il Dio che sovraintende ai patti e anche storicamente era associato ai patti in periodi sia bellici che pacifici, questo elemento segna dunque inequivocabilmente il senso profondo del dio Tyr: custode del sacro Patto compiuto nel momento in cui il mondo si manifestò per mezzo dello Yajna.

E’ dunque Tyr che regge questo Patto e infatti, una delle battaglie mitiche del Ragnarok vedrà la lotta tra Tyr e Garmr, il cane custude degli inferi. Da questa battaglia usciranno entrambi vincitori e perdenti finendo per annientarsi a vicenda. Sarà dunque il custode degli inferi, il Titano che controlla le porte del Caos infero che spezzerà definitivamente questo Patto.

Lo stesso dio Tyr, nell’età dell’argento, dà anche il nome ad un mare tutto italico, il mare Tyr-nus, o meglio Tyr-rhenus.

Ecco cosa dice uno dei massimi cultori della Tradizione Prisca, L.M.A. Viola:

“I Pelasgi-Aborigeni sono la più antica discesa Iperborea nel cuore dell’Italia, essi hanno seguito la direzione Nord-Sud. Le caratteristiche argenteo-lunari, che essi sembrano avere al momento in cui vengono descritti dai Greci, sono inerenti ad un loro ciclo secondario connesso alla migrazione post-albana. Gli Aborigeni-Pelasgi furono indicati anche come Tirreni in un periodo più tardo in relazione alla loro locazione sul Mar Tirreno, mare sacro al dio Tyr-nus. Questo Genus originario ha dato vita al grande periodo argenteo e alla grande civiltà misterica corrispondente, insediata lungo tutto il versante tirrenico d’Italia, dalla Liguria alla Calabria, avente centro arcano nel Lazio, in particolare nella zona dei vulcani di Monte Albano, ma con importanti estensioni a Nord fino al Tevere e a Sud fino a Gaeta, includendovi anche il Circeo e l’attuale Terracina.[8]”

Viola adduce dunque una ulteriore prova metastorica circa la funzione sacra e profonda del dio Tyr che nella sua epifania di Genus del mar Tirreno avrà il compito di sovraintendere al Patto costituente l’età dell’Argento.

In epoche successive, a causa di una maggiore materializzazione dell’Omen divino, il Numen dei sacri Contratti mutò qualifica e assunse una funzione più terrena che, sulla scia delle migrazioni Arie, lo vide  entrare strettamente in contatto con le dinamiche belligeranti umane.

Nella terra italica il Dio dei Patti prenderà di conseguenza un altro nome, un nome che esprime appieno il senso dei popoli Ari: MARS.

Mars non solo è il Dio della Guerra (con la G maiuscola) ma più precisamente è il “Dio della giusta risposta” che custodisce i sacri contratti. I mezzi per difenderli sono molteplici così come sono molteplici le manifestazioni di questo Numen: Quirinus (in quanto protettore dell’ordine sociale basato sulla Fides), Gradivus (il vero e proprio aspetto marziale), Ultor (che riporta un equilibrio macchiato da infamia, si veda a proposito la vita di Augusto Ottaviano). Come vediamo nel popolo latino si conservò la consapevolezza che è Mars il dio dei Sacri Contratti.

Per ultimo vorrei sottolineare che tutto ciò che abbiamo detto non vale solamente per un Ciclo cosmico, ma per ogni tipo di ciclo, giacché ognuno ha un suo ritmo e nasce quindi da un patto attuato tramite l’autosacrificio, foss’anche il semplice ciclo di una vita. Questi cicli non si escludono a vicenda, ma ciascuno di essi rappresenta il divenire di una perfezione che è fomalmente identica alla altre in cui l’ordine di influenza è determinato da una Gerarchia di Significato.

Vorrei concludere il discorso con un piccolo accenno ad una qualifica particolare di Mars. Questa qualifica è lo spirito stesso della Lotta, è il Numen che fa della Lotta un’esperienza mistica il cui vero fine è di forgiare Viri (e ovviamente anche Virgines) nei cui cuori arda un Fuoco che farà divampare nuovamente il senso delle cose divine. E’ solo così che si potrà ricostruire una nuova Pax Deorum Hominumque. Questo Numen ha come nome SPARTACVS, ma questa è un’altra storia.


1 L’articolo di Giorgio Locchi, Il mito cosmogonico degli Indoeuropei, lo potete leggere sul sito Centro Studi la Runa al seguente indirizzo: https://www.centrostudilaruna.it/il-mito-cosmogonico-degli-indoeuropei.html. Il mio vivo consiglio è di leggere con attenzione questo squisitissimo scritto.

2 René Guénon, L’Uomo e il suo Divenire secondo il Vedanta, 1992.

3 Idem come sopra.

4 Idem come sopra

5 Invito il lettore attento ad approfondire nel suo intimo il senso di questa affermazione. Il Tempus (che nasce dal Ritmo interno di Purusha) è ciò che permette alle cose di compiersi, senza di esso non ci sarebbe divenire.

6 Il Blog che consiglio vivamente a tutti lo trovate qui: http://zaro41.wordpress.com/
Gli articoli interenti la Scienza Sacra del Templum li potete leggere qui:
http://zaro41.wordpress.com/2010/05/28/numeri-il-filetto-e-la-dama-sono-solo-giochi-5/
http://zaro41.wordpress.com/2010/05/28/numeri-il-filetto-e-la-dama-sono-solo-giochi-5/
http://zaro41.wordpress.com/2010/05/31/numeri-il-filetto-e-la-dama%E2%80%A6-sono-solo-giochi-6/
http://zaro41.wordpress.com/2010/06/16/il-pantheon-il-tempio-dellenergia-e-dei-misteri-1/
http://zaro41.wordpress.com/2010/09/27/lo-%E2%80%9Cstrano%E2%80%9D-esperimento-col-cleanergy-cl-2/
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http://zaro41.wordpress.com/2010/10/02/da-heim-alla-struttura-geometrica-dello-spazio-sacro-4/
http://zaro41.wordpress.com/2010/10/04/la-quintessenza-di-heim/

7 http://bifrost.it/GERMANI/4.Lestoriedeglidei/04-FiglidiLoki.html

8 Tratto da “Esseri Italiani” ed. Victrix, pag. 179.

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