“Ecco un testo di Drieu La Rochelle, scritto in un’epoca di crisi, che sarebbe bene prendere in considerazione. La nozione di decadenza, che ha così grande rilievo nella sua opera ed ha avuto tanto peso nella sua vita, in questo libro è messa in prospettiva […] la separazione dell’anima e del corpo si trova all’origine di quell’indebolimento complessivo che è la decadenza”. Con queste parole, André Bourgeois riassume icasticamente la nuova edizione del libro di Drieu (1893 – 1945), uscito nel 1941 col titolo di: Notes pour comprendre le siècle. La prima edizione italiana risale al 1985. Quella di cui parliamo qui non va comunque considerata una semplice “ristampa”, bensì una nuova edizione: nuova traduzione, nuovo saggio introduttivo e apparato iconografico, con le belle foto di Cristina Gregolin che ritraggono quegli “eroi di pietra” dello Stadio dei Marmi a Roma, i cui corpi scultorei si sposano perfettamente col pensiero dell’autore francese.
Drieu combatté durante la Grande Guerra, venendo più volte ferito, ma ciò non lo scoraggiò nel sentire il fascino dell’azione. La sua tormentata ideologia, ispirata da un acceso nazionalismo, durante il Secondo Conflitto Bellico lo spinse persino a collaborare con l’occupante nazista. Egli diresse dal 1940 la Nouvelle Revue Française, dando la propria impronta impetuosa alla rivista. Con la liberazione, le sue posizioni gli procurarono l’arresto, ma Drieu preferì il suicidò alla prigione e all’onta della persecuzione intellettuale. Da questo breve profilo, viene quasi naturale un parallelismo con Yukio Mishima. Patria, antimodernità, il culto dell’azione e il mito del corpo, per finire con l’auto-annientamento; Drieu e Mishima, come vedremo, hanno non poche cose che li accomunano, come si capisce chiaramente leggendo le Notes.
Due personaggi al limite che giurarono fedeltà alla giovinezza, lottando contro la decadenza morale della propria Nazione. La decomposizione fisica risulterà essere una specie di vessazione in Drieu, un “trauma” generato nel suo animo probabilmente a seguito della esperienza da ragazzino con i nonni. Nell’assistere al loro decadimento corporeo, lo scrittore maturò una intolleranza alla vecchiaia e comprese che la sua, proprio come avvenne in Mishima, dovesse essere la Via dell’Azione, che passava inevitabilmente per quella del corpo.
Per capire la vita e il pensiero di un personaggio che, in definitiva, non è molto conosciuto né citato nemmeno nel mondo della cosiddetta “Destra Culturale”, si consiglia la lettura del saggio introduttivo, firmato da Attilio Cucchi, dove si forniscono indispensabili chiavi di lettura sulle Notes, che nelle parole dello stesso Cucchi sono: “[…] un momento significativo e una diagnosi precisa della patologia nichilista del Novecento […]” (10).
Oltre a una ben evidente somiglianza di posizioni con l’ultimo Mishima, vi è in Drieu una prospettiva che ricorda quella del grande tradizionalista Julius Evola e, come evidenzia sempre Cucchi, una parabola che, sin dal Medio Evo, traccia una linea di costante decadenza, alla quale il francese cerca di opporsi, osteggiando l’affermarsi del “secolo americano”, triste campione di una democrazia ingannatrice, che lo scrittore associa, in modo talvolta compulsivo, all’invecchiamento individuale. Solo nel Medio Evo egli intravede un periodo post-classico puro e totalmente immune alla influenza del mercantilismo che connota la cultura anglosassone, spingendolo a considerare questa epoca quale un fondamentale punto di ritorno: “È vero ciò che amo in questo Rinascimento è ancora il Medio Evo, quel che gli resta del Medio Evo, amo in quest’ultimo Rinascimento ciò che sussiste del primo” (58). Ecco che qui il punto di vista di Drieu risulta essere praticamente identico a quello di John Ruskin (1819 – 1900).
La continua metafora politica presente nelle Notes si sublima in una “ossessione per il corpo”, che non può non rimandare al pensiero mishimiano. Due autori, Drieu e il giapponese, che, malgrado cresciuti in luoghi e contesti culturali totalmente diversi, sono sorprendentemente giunti a conclusioni simili: la bellezza e la forma fisica non sono concetti fini a se stessi, ma strumenti di “rivoluzione politica”, alla ricerca di una estetizzazione totale che potesse innervare uno Stato nazionale forte.
Contro il progresso sempre e comunque, proponendo quale capo di accusa verso la modernità una “fenomenologia della decadenza” che lascia pochi alibi al mito fasullo dell’Occidente industrializzato, ponendo l’attenzione sulla dimensione storico-sociale, come su quella artistico-culturale; in altre parole, quella di Drieu è una sofisticata incriminazione in forma di libro, intrisa dello stesso malessere che logorò gradualmente l’animo di Mishima. E, ancora una volta, entrambi si trovano d’accordo, opponendo allo svilimento dell’anima tipico dell’uomo borghese, un elogio della guerra. Se per il nipponico era l’americanizzazione del suo Paese il grande male da combattere; nel transalpino i problemi che egli stigmatizza hanno radici ben più “antiche”, poiché Drieu non fa mistero nel ritenere che il Razionalismo settecentesco avesse creato un vulnus, uno squilibrio tra corpo e anima, a cui cercò di opporsi – aggiungiamo noi senza esiti veramente incisivi – successivamente il Romanticismo. Vedendo trionfare il progresso, Drieu scelse, al pari di Mishima, il suicidio. Entrambi giudicarono questo gesto estremo un atto di libertà e non la incontrovertibile presa di coscienza di una sconfitta, come invece fu in verità.
Concludendo, Drieu denuncia la “patologia” della civiltà europea, le sue Notes sono un appello, in alcuni casi persino disperato, alla vita, una ribellione istintuale e corporea. Non il migliore tra i tradizionalisti o antimoderni che dir si voglia sia chiaro, eppure egli fu una anima acuta, una mente capace inconsapevolmente di percorrere le medesime “nobili strade” di alcuni grandissimi quali Ruskin, Evola e Mishima. Nel 2012, Drieu è entrato a far parte delle blasonatissima Bibliothèque de la Pléiade, mentre Mishima è ormai considerato da tutti i maggiori yamatologi il più grande autore prodotto dal suo Paese nel secolo scorso. Purtuttavia, il loro pensiero, le loro opinioni sono tuttora bandite dalle università, giacché ritenute “pericolose”. Idee che fanno paura, perché profondamente valide e attuali, come si evince anche nelle Notes. Dare il “contentino postumo” nel considerarli degli ottimi scrittori non salverà la intellighenzia postbellica dal giudizio storico, che forse non è ancora giunto, ma presto o tardi arriverà, dacché una cosa da sempre vince su tutto, come ci ricorda questa locuzione latina: historia rerum gestarum.
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Pierre Drieu La Rochelle, Appunti per comprendere il secolo, Edizioni All’Insegna del Veltro, Parma 2016, pp. 160.
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