I Celti, misterioso e antico popolo europeo, prima della romanizzazione del continente, rivestirono una grande importanza. Caio Giulio Cesare nel De bello gallico ha fornito anche notizie interessanti su questa civiltà. E due libri ora fanno il punto sulla ricerca più aggiornata. Sono La grande storia dei Celti di Venceslas Kruta (Newton Compton editori, Roma) e I Celti. Una civiltà europea, di Elena Percivaldi (Giunti, Firenze, con numerose fotografie e schede).
Kruta, direttore degli studi di Protostoria d’Europa all’Ecole des hautes études di Parigi, direttore di varii scavi archeologici e autore di molte opere e saggi pubblicati su riviste specialistiche, ha scritto un testo quasi esaustivo, con un’imponente bibliografia che ha le caratteristiche di un saggio a sé, oltre che un’utile fonte per ulteriori approfondimenti. Nel libro di Kruta emerge con rigore storico e filologico la dinamica sociale di questo popolo attraverso la nascita, lo sviluppo, e la decadenza a seguito della sottomissione a Roma fino al lento sbiadirsi della visione classica (e pagana) della religione e perciò, del mondo.
In questo libro emerge la storia dei Celti, con riferimenti e rimandi alle istituzioni, alle leggende, agli aspetti religiosi e alla cultura materiale, per usare un’espressione della scuola delle Annales. Emerge, da questo affresco, un panorama completo ed esaustivo.
Ma questi Celti chi erano e che rapporto avevano con l’Europa? Cosa resta della loro cultura, della loro lingua, delle loro tradizioni?
Traccia un’analisi divulgativa, ma precisa nei riferimenti culturali, Elena Percivaldi, giornalista professionista, una laurea in Storia medievale e studi sull’antichità che l’hanno spinta ad approfondire la cultura e la civiltà dei Celti. Un libro divulgativo che affronta e risponde in maniera pratica all’interrogativo su chi erano i Celti, come era strutturata la loro società, gli usi e i costumi.
Un popolo che anche al proprio interno aveva realtà differenziate: era un insieme di popoli con una comune origine, presenti dalla Scozia alla Spagna, dal Nord Italia all’Asia minore, dall’Est Europa alla Turchia. Una cultura che la conquista romana cancellò, ma della quale sopravvivono alcune tracce nell’arte, nella toponomastica e nella linguistica. Dopo la conquista da parte di Roma, le tradizioni e la cultura celtiche scomparvero e ciò che rimase vivo continuò a esistere fino all’affermarsi del cristianesimo, specialmente in Irlanda.
Così Elena Percivaldi rintraccia le lingue parlate oggi in Europa e le rapporta a espressioni e realtà linguistiche tipiche della cultura celtica, ricostruendo una sorta di mappa della presenza dei Celti in Italia e in Europa, un’analisi che concretamente offre spunti per attualizzare anche la storia antica. I Celti, del resto, utilizzavano un vero e proprio alfabeto, anche se quasi sicuramente preso dagli etruschi, mentre le tribù celtiche in Irlanda avevano, addirittura, inventato un alfabeto misterioso e, secondo gli studiosi, con componenti esoteriche.
Ancora: nelle campagne di varie città del Nord, esistono ancora feste e riti agresti (per esempio, la festa della Gibiana che si tiene in Brianza) che derivano dalle tradizioni celtiche. Il capitolo sulla religione, nel volume di Percivaldi, ad esempio, è di particolare interesse proprio perché spiega la visione del sacro, al centro della comunità celtica, come di tutte le società tradizionali, connessa alla natura attraverso la mediazione dei druidi, sacerdoti che esercitavano l’autorità spirituale.
Percivaldi affronta anche un tema di attualità: il revival di interesse per il mondo celtico e non solo, per il moltiplicarsi di associazioni culturali e di musicisti che oggi si ispirano alla musica celtica. Rintraccia e descrive i filoni culturali che dal Seicento in poi, ma più compiutamente nell’Ottocento, hanno avuto influssi nella cultura europea, nella musica classica, nei fumetti (Asterix), nell’arte, nel cinema, nella letteratura fantasy, fra cui John Ronald R. Tolkien. Una cultura, insomma, che ha esercitato non poche suggestioni e che tuttora esercita un forte richiamo se si pensa alla annuale massiccia partecipazione al festival di Lorient.
Insomma, due libri interessanti e suggestivi, dalle caratteristiche differenti: uno è un saggio di uno dei maggiori esperti della civiltà celta, di taglio scientifico, con un’imponente bibliografia per rimandi e approfondimenti e l’altro, nel quale però manca la bibliografia, è un volume di divulgazione, di qualità, e con il pregio di essere di agevole lettura e preciso nei riferimenti culturali. Insomma, un’interessante introduzione a quel popolo importante della civiltà europea.
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Venceslas Kruta, La grande storia dei Celti, Newton Compton.
Elena Percivaldi, I Celti. Un popolo e una civiltà europea, Giunti.
Tratto da La Gazzetta del Mezzogiorno del 5 gennaio 2005.
alberto
… Una cultura che la conquista romana cancellò, ma della quale sopravvivono alcune tracce nell’arte, nella toponomastica e nella linguistica. …
Chiedo scusa all'autore, ma credo che affermazioni come quella sopra riportata siano assurde e mi duole dirlo anche minimamente vere.
La romanità non ha cancellato quasi nulla dei popoli italici ed europei e altrettanto delle loro lingue e culture.
Il mito della romanità che ha ricreato il mondo a sua immagine e somiglianza è una demenza culturale, una patologia ideologica.
Elena
Sei sicuro che i romani siano riusciti a "cancellare" la cultura celtica, o meglio Insubre ?
in realtà non è mai morta ma, al contrario, come si può leggere nel libro della Percivaldi, è rifiorita anche nel medioevo.
Per quello che riguarda, poi, le divinità, i romani si sono limitati a "sostituire" i nomi celti con quelli latini. Di più: non riuscendo a sradicare le credenze della popolazione, le hanno a loro volta assorbite.
Lily
LA CULTURA CELTICA ESISTE ANCORA ED E' PIU' FPRTE CHE MAI….IO APPARTENGO AD UN CLAN..E VI DICO CHE CE SONO MOLTI ALTRI!
Melmedoch
Elena Percivaldi è una grande medievalista e profonda conoscitrice della cultura Celtica: libro stupendo !
Alberto Pento
Molto ha "cancellato e violentato" il cristianesimo imperiale sia romano che germanico; ma molto ha assorbito e integrato mascherandolo ma non cancellandolo.