Alfredario

Come sempre succede quando si deve parlare di un amico scomparso, non si sa bene da dove cominciare. I ricordi ti si affollano nella mente e t’inceppano le dita. A più di un mese di distanza dalla sua morte, ti sembra di avere le idee più chiare, ma in fondo non è vero.

 

Di Alfredo Cattabiani si può parlare in molti modi: oltre all’uomo c’è il direttore editoriale, il giornalista e il polemista, il traduttore e il curatore, l’organizzatore culturale, il conferenziere, il narratore. Qui voglio ricordarne un aspetto per me fondamentale: il direttore editoriale, il promotore di una cultura alternativa a quella imperante (quella “cattocomunista”, per usare un termine coniato dal filosofo Augusto Del Noce, suo maestro a Torino).

 

Alfredo tentò un’operazione allo stesso tempo titanica, coraggiosa e incosciente, se si considera che quelli erano gli anni della “egemonia culturale del PCI”, come la definì Nicola Matteucci: dal 1962 al 1979, quando diresse, in successione, le Edizioni dell’Albero e Borla a Torino e la casa editrice Rusconi a Milano dimostrò l’esistenza di una cultura diversa, agli antipodi di quella progressista o di Sinistra che dir si voglia. Alfredo non amava, e lo sostenne sempre, la dicotomia Destra/Sinistra che sapeva troppo di politica politicante, piuttosto amava definire l’altra cultura tradizionale o, meglio, sapienziale: la cultura della perennità contro l’effimero, del sacro e dello spirito contro il materialismo, della fantasia contro il neorealismo, della libertà contro il determinismo, della classicità contro il modernismo, dell’idealismo contro lo storicismo e lo scientismo.

 

Un vero scandalo, un attentato ai sacri principi, un complotto dei reazionari: questo, e peggio, scrissero di lui e delle sue case editrici, soprattutto della Rusconi, quando propose autori volutamente dimenticati dalle censure ideologiche dell’editoria italiana dal 1945 in poi (lo dimostrano, ad esempio, i carteggi editoriali di Einaudi e di Mondadori), che hanno fatto credere, privilegiando solo alcune correnti culturali, che il mondo fosse sempre stato e andasse, in ogni caso, sempre “a sinistra”.

 

La sua pionieristica attività fu per questo interpretata, paradossalmente, grottescamente, come un attentato alla libertà di pensiero. Per questo pagò dure conseguenze: gli attacchi concentrici, i ricatti pratici e morali, le accuse false, le insinuazioni malevole, costrinsero la Rusconi pian piano a emarginarlo, sino a che, nel 1979, Alfredo fu costretto ad abbandonare la casa editrice e Milano per trasferirsi a vivere e a lavorare a Roma. Negli anni Settanta ci fu chi scrisse che intorno alla Rusconi bisognava costruire un “cordone sanitario”! Come se le idee che Alfredo voleva diffondere fossero un morbo, una peste, un’epidemia.

 

Non che la Destra abbia avuto meno colpe nei suoi confronti, anche se di segno diverso.

 

È possibile che non ci sia stato modo d’impiegare al meglio la sua creatività e le sue conoscenze trovandogli un posto stabile in una rivista, in un quotidiano, in una casa editrice?

 

Sembra di no, e Alfredo è andato avanti quasi con le sue sole forze. Eppure aveva dato a una Destra metapolitica una serie incredibile di strumenti e di riferimenti: da Il signore degli anelli, un capolavoro non solo di fantasia ma di stile di vita, al revisionismo ante litteram di Carlo Alianello; dai romanzi di Ernst Junger alle opere di René Guénon; dai classici dimenticati della filosofia a quelli della tradizione in senso lato (basti ricordare Joseph de Maistre, Donoso Cortes e Pavel Florenskij); dalla riscoperta, come alternativa culturale e civile, dei pellerossa a quella di autori italiani negletti e misconosciuti (Cristina Campo per tutti); dalla polemica antiscientista e antidarwinista (Giuseppe Sermonti, Roberto Fondi) alla ricerca di altre forme di spiritualità; dai primi libri sui gulag a quelli sull’aristocrazia antinazista; da una storia delle religioni antistoricistica e antimaterialista (in primis Mircea Eliade) ai grandi documenti sulle persecuzioni comuniste (in Tibet, in URSS ecc.).

 

È sufficiente?

 

Si capisce come Alfredo abbia dovuto lottare contro un establishment che si riteneva consolidato e intoccabile e che, invece, avrebbe potuto essere combattuto, come proprio lui fece, con le sue stesse armi: quelle dei libri e dellla cultura. La sua è stata un lezione e una testimonianza, l’individuazione di un metodo, di un percorso e di uno stile.

 

Cerchiamo di fare in modo che tutto ciò non sia stato inutile, cerchiamo di non farlo cadere nel vuoto della dimenticanza, del disinteresse, della superficialità, gli stigmi del nostro tempo.

 

* * *

 

Tratto da Il Domenicale del 28.VI.2003.

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Giornalista, vicedirettore della cultura per il giornale radio RAI, saggista ed esperto di letteratura fantastica, curatore di libri, collane editoriali, riviste, case editrici. E' stato per molti anni presidente, e successivamente segretario, della Fondazione Julius Evola.

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