Il rospo di Cavoretto

Chi sostiene sia Satana,
chi l’ anima di un peccatore in cerca di suffragi.
C’ è anche chi racconta che nell’ ultima cena
il Cristo offrì a Giuda
non un boccone intinto nel piatto
ma un rospo
.

Lui – Aveva piovuto per tre giorni di seguito, come succede spesso dalle mie parti alla fine di agosto: una pioggia fine fine che annunciava l’ autunno precoce. Abitavo allora sulla collina torinese, in una valletta che guardava verso Monviso. La casa risaliva ai primi dell’ Ottocento, l’ aveva costruita un ex ufficiale di Napoleone che era rimasto nel Regno di Sardegna preferendo a Parigi la spartana Torino come un uomo di mondo che si ritiri in una trappa. Era una costruzione molto semplice, a due piani; ma sotto i cedri del Libano che orlavano il giardino alcune statue raffiguravano Venere, Giunone e Diana Cacciatrice imitando con provinciale diligenza lo scultore più celebrato dell’ epoca.

Al tramonto era spuntato un sole lattiginoso tra le nubi che si accavallavano sulle Alpi color del piombo. Con mio figlio, che aveva tre anni, m’ incamminai per la collinetta che saliva dietro la casa per affacciarsi sulla periferia di ciminiere e di contenitori d’immigrati. “Ecco, l’inferno è fatto così”, gli avevo detto un giorno, indicando quel paesaggio. “Allora questo è il paradiso”, aveva concluso lui, ancora ignaro; e da quel giorno la collinetta si chiamò “il Paradiso”.

Tornando a casa nell’ultimo crepuscolo correvamo lungo il sentiero quando il bimbo si aggrappò spaventato alle mie gambe: un rospo enorme palpitava inquieto davanti a noi. “Non aver paura”, gli dissi ridendo, “è soltanto un rospo. E’ buono, sai, ed è anche utile ai contadini perché divora gli insetti nocivi”. Ma lui era paralizzato dal terrore quasi avesse incontrato un mostro o un piccolo dinosauro. “Non ti fa nulla”, continuai. “Prova a toccarlo. Poi però devi lavarti le mani perché ha un liquido sulla pelle che irrita gli occhi e la bocca: gli serve per difendersi dagli altri animali”. Ma non ci fu verso di convincerlo.

Lei – Aveva ragione di spaventarsi: è un animale ripugnante, e non a caso è diventato il simbolo delle forze demoniache. L’abate Rousseau, medico alla corte di Luigi XIV, racconta che un giorno, passeggiando in campagna, s’imbatté in un rospo gigantesco. Aveva letto poco prima che l’uomo che osa fissare un rospo negli occhi impallidisce, trema e può addirittura svenire; ma all’immonda bestia spetta un destino ancora peggiore perché non riesce a sopravvivere allo sguardo umano. Provò dunque a fissarlo con insistenza, da buon discepolo dell’apostolo Tommaso, e la sua curiosità fu soddisfatta: il rospo si gonfiò enormemente e, senza distogliere lo sguardo dall’abate, cominciò a soffiargli rabbiosamente sul viso quasi per cancellarlo; poi, come un pallone che si affloscia, rese l’anima a Dio. Fu tale lo spavento del Rousseau che si sentì sul punto di svenire e cadde in uno stato di prostrazione dal quale sarebbe guarito lentamente, curandosi per otto giorni di seguito con una pozione di polvere viperina.

Lui – Il povero abate aveva visto nel rospo quel che aveva voluto vedere… Nell’antica Grecia il rospo aveva invece due facce, l’ una benefica l’ altra malefica. Impersonava Ecate, la luna nera, collegata alla vita terrestre e sotteranea. Secondo Esiodo, se un uomo la invocava, lei poteva offrirgli la vittoria in guerra o nella gare di atletica e favorirlo nella pesca e nell’ allevamento del bestiame. Per altri scrittori era un’orca che atterriva i viandanti e veniva associata ai riti di stregoneria. Ecate-rospo era cioè bivalente, come d’ altronde tutte le divinità legate alle forze ctonie.

Lei – Ma nel medioevo e nel rinascimento il rospo ha perduto questa ambivalenza.

Lui – Non del tutto, se Giovanni di Salisbury, il segretario di Tommaso Becket, racconta nel Polycraticus sive de nugis curialum et vestigiis phiosophorum che quando un rospo ci viene incontro annuncia avvenimenti favorevoli. E se ci trasferiamo dal 1200 al 1500 troviamo Giambattista Della Porta che nel suo libro sulla magia naturale gli attribuisce facoltà divinatorie. Vuoi far confessare a una donna i suoi segreti? Prendi due o tre lingue di rospi e, mentre lei sta dormendo, posale sul suo petto dalla parte del cuore. Poi interrogala con insistenza fino a quando svelerà tutto.

Ma vi è una leggenda che spiega meglio di tanti pregiudizi la plurivalenza di questo simbolo: quando i contadini di alcuni paesi della Bretagna lo vedono aggirarsi davanti alla loro casa, si guardano bene dal cacciarlo perché sono convinti che sia l’anima di un morto tornato dall’aldilà per chiedere preghiere di suffragio. La leggenda è una contaminazione del cristianesimo con la dottrina pagana della reincarnazione: l’anima di chi è rimasto schiavo delle passioni non perde la memoria dell’ esistenza precedente e non si incarna più in un nuovo corpo, ma risale temporaneamente dal Purgatorio assumendo le fattezze di un rospo per comunicare con i suoi familiari.

Lei – Mi pare una conferma della mia tesi: chi è più adatto ad accogliere simbolicamente l’anima di un peccatore che cerca suffragi? Il rospo. D’ altronde, il gesuita Atanasius Kircher sosteneva che il rospo ha la funzione di raccogliere i veleni dell’ambiente circostante fino a quando non può più trattenerli, diventando pericoloso all’uomo: e allora bisogna ucciderlo al momento giusto, quando non è più utile come contenitore…

Lui – Eppure amica mia, al rospo venivano attribuite qualità terapeutiche. Secondo Dioscolide, la cenere di tre rospi bruciati vivi, mescolate a pece liquida o a miele, guarirebbe dall’alopecia; Sallustio Dionisio raccomanda di sospendere dei rospi per le zampe posteriori in modo che l’umore interno coli dalla bocca in un vaso di aceto bollente: così si ottiene un liquido che rafforzerebbe i denti vacillanti; per Plinio il Vecchio il fegato o il cuore avvolto in una stoffa di color cinerino sarebbe un ottimo amuleto contro la febbre quartana. E secondo i medici del Cinquecento e dell’età barocca la cenere di rospo, sospesa al collo di una donna dai flussi mestruali irregolari, ne ristabilirebbe la normalità. E non è finita: questa polvere miracolosa arresterebbe le emorragie, guarirebbe dall’incontinenza della vescica; bevuta, guarirebbe dall’idropisia; cosparsa sulla parte offesa da un morso avvelenato, succhierebbe il veleno; applicata alle piante dei piedi, sarebbe un rimedio contro le febbri e i disturbi cardiaci. E infine la pelle, disseccata e applicata sulla carne di un appestato, attrarrebbe a sé il morbo pestilenziale.

Lei – ma tu credi nell’efficacia di queste cure?

Lui – Ho usato, come avrai notato, il condizionale, perché non le ho mai sperimentate. Tuttavia non conviene negarle a priori, altrimenti si rischia di cadere nell’ errore di chi, una volta, derideva l’agopuntura considerandola una pratica assurda e prescientifica. Certo, occorre molta prudenza per non cadere nell’eccesso opposto, nella credulità di chi, per esempio, giurava sulle virtù miracolose del bufonius lapis, di un ossicino leggendario nascosto nella testa del rospo. Si diceva che fosse un rimedio sovrano contro molte malattie e si coprisse di sudore appena veniva a contatto con una coppa dov’era stata versata una goccia di veleno.

Lei – Se queste virtù miracolose fossero dimostrate sarebberero un’ulteriore conferma della mia tesi. Si sa che il veleno può essere utilizzato come contravveleno: pensa ad esempio alla vipera. Il veleno come contravveleno è un simbolo del male da cui la Provvidenza sa ricavare il bene: come dalle creature delle tenebre di cui il rospo è un’epifania.

Lui – Interpretare il rospo come veleno – contravveleno mi pare un punto di vista un poco grossolano se pensiamo alla dottrina degli alchimisti che considerava il rospo come il “fondo terrestre”, ma oscuro e fertile, della materia alchemica.

Lei – Se hai visitato la Biblioteca Ambrosiana di Milano avrai notato un san Michele che trafigge non un drago ma un rospo enorme. E sul mantello di papa Clemente V, conservato a Saint – Bertrand de Comminges, il Cristo è raffigurato mentre offre a Giuda, durante l’ Ultima Cena, non il pane ma il rospo. Come vedi, l’ interpretazione cristiana concorda con la mia…

Lui – Consentimi di osservare che l’ Ultima Cena con il rospo è un’ immagine un po’ ardita, pur voluta da un pontefice.

Lei – E perché mai? Clemente V non fece che collegare figurativamente il versetto di Luca, che dice: “Allora Satana entrò in Giuda, detto Iscariota”, e quelli di san Giovanni: “Dette queste cose, Gesù si commosse profondamente e dichiarò: ‘In verità, in verità vi dico uno di voi mi tradirà’. I discepoli si guardarono gli uni e gli altri non sapendo di chi parlasse. Ora, uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola a fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: ‘Dì chi è colui al quale si riferisce?’. Ed egli, reclinandosi sul petto di Gesù, gli disse: ‘Signore, chi è?’. Rispose allora Gesù: ‘E’ colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò’. E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone. E allora, dopo quel boccone, Satana entrò in lui”.

Lui – Povero rospo innocuo e utile! Come il capro, è diventato il ricettacolo di tutti i vizi e dello stesso demonio.

Lei – E così era inteso anche nei riti satanici. Nella bolla Vox in Roma papa Gregorio IX descrive i riti di iniziazione satanica che si praticavano nella regione renana. E’ un documento ufficiale e perciò credibile.

Lui – Credibile in quanto ci spiega come era inteso questo simbolo dalla Chiesa medievale…

Lei – In ogni modo il diavolo compariva sotto le spoglie di un rospo che l’iniziando baciava appassionatamente fino a quando esso si trasformava in un uomo dal pallore straordinario: al Bel Tenebroso il novizio dava un altro bacio che lo spingeva a dimenticare la fede cristiana. Qualche secolo più tardi Pierre de Lancre racconta che alla cerimonia iniziatica seguiva una danza oscena alla quale dovevano partecipare tutti i presenti: immancabili i rospi che, assumendo di volta in volta forme e volti diversi, ballavano con movimenti lascivi spingendo le streghe più belle alla lussuria. E dopo la danza orgiastica si giungeva al banchetto, momento culminante della cerimonia satanica. La strega afferrava un rospo con i denti e lo scorticava vivo gettandolo poi nel calderone fra gli altri ingredienti infernali. Oppure gli troncava la testa con un coltello e, alzando gli occhi al cielo, pronunciava bestemmie contro Dio. Il rito era evidentemente una parodia dell’Eucarestia: il rospo era la vittima sacra che si doveva uccidere e smembrare come l’ostia è spezzata e mangiata. “La ferocia con cui la strega si accanisce contro il rospo”, ha spiegato Giuseppe Faggin, “è bivalente; è da un lato il gesto sacramentale della celebrante che compie il suo rito, ed è insieme il segno dela sua ostilità contro Cristo, di cui il rospo è, in quel momento, l’immagine capovolta e profanata”. Ma di là da queste interpretazioni, c’ è un dato inoppugnabile: che l’ opinione comune lo vedeva come il simbolo del male.

Lui – Un’interretazione che suona manichea. Come puoi accettarla?

Lei – Io non ho mai affermato che il male sia un ente: questo me lo fai dire tu. Per me il male è privazione, nasce dal libero arbitrio degli angeli e degli uomini che tuttavia non possono allontanarsi completamente dal bene. Diceva Dionigi l’Areopagita: “Né tutte le cose sono completamente cattive in se stesse alla stessa maniera per tutti: per il demone il male consiste nell’essere fuori dall’intelligenza conforme al bene, per l’anima è il porsi fuori dalla ragione, per il corpo l’andare contro natura”.

Lui – Ti stai inoltrando su una strada molto accidentata…

Lei – Lo so bene, ma che senso avrebbe camminare sempre per le vie ben lastricate? Ti dicevo che il male in quanto male non esiste. E nessuna cosa, nessun essere, è staccato dalla Provvidenza, né esiste alcun male che non sia mescolato al bene. Anzi, la Provvidenza si serve dei mali per l’ utilità di quelli che li commettono o di quelli che li subiscono. Nemmeno Satana è il male assoluto, perché, se così fosse, negherebbe l’onnipotenza divina. Il fatto che esista il male deriva non dalla potenza ma dalla debolezza. Anche nei demoni il male deriva dalla perdita volontaria del proprio bene, da un indebolimento di una perfezione che si addice alla natura angelica. Se non ti tedio troppo…

Lui – Tediarmi? E come lo potresti? Tuttavia le spiegazioni razionali del mistero mi sono sempre sembrate inadeguate e, qualche volta, anche fuorvianti.

Lei – Ma qualche congettura non del tutto infondata sarà permessa? Ti citavo poco fa Dionigi l’Areopagita che nel trattato sui Nomi divini parla fra l’altro del male. Ecco, questo brano è il degno, pur arduo, commento alla nostra conversazione: “Una sola è la Causa dei beni. Invece se il male è il contrario del bene, le cause del male sono tante: non già ragioni e forze capaci di fare il male, ma impotenza e debolezza e miscuglio sproporzionato di cose dissimili; né i mali sono immobili e sempre identici, ma infiniti e indeterminati, e sono portati in modi diversi nelle diverse cose, le quali sono pure infinite. Di tutti i mali il principio e la fine sarà il bene; infatti, a causa del bene, nascono tutte le cose che sono buone e tutte quelle che sono contrarie: invero, anche queste cose noi facciamo desiderando il bene perché nessuno fa ciò che fa desiderando il male. Perciò il male non ha una sua sussistenza, ma una controsussistenza, ossia un riflesso della sussistenza perché nasce non per se stesso ma a causa del bene”.

Lui – Non posso concordare con Dionigi, ma rimango della mia opinione sul rospo. Preferisco vederlo come il simbolo della terrestrità e non del diabolico. E, se mi consenti l’ ultima parola, vorrei anch’ io citare non un padre della Chiesa, ma più umilmente uno studioso di simbologia, Louis Charbonneau-Lassay, che nel suo Bestiaire du Christe dice: “Animale utile nell’economia generale della creazione, il povero rospo merita di essere trattato meglio dall’uomo che esso aiuta, a suo modo, quanto la rondine o la beccaccia”.

E per cominciare, ti porterò doman una coppia di rospi per il tuo giardino: così sarà più accogliente…

* * *

[Questo testo era stato originariamente pubblicato sul sito Alchemica, oggi non più online. Recava la seguente dicitura: “raccolto da Cristofo Ascosi dal Bestiario segreto, dialogo simbolico”].

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